Carlo Cottarelli (economista, editorialista e scrittore)    Trento 26.5.2024

                             Intervista di Gianfranco Gramola  

“Massimo guadagno con il minimo sforzo” in Italia vorrebbe dire semplificare la burocrazia, perché lo sforzo è notevole ma non  richiede soldi”

Io e Carlo Cottarelli al Festival dell'Economia di Trento)  

Carlo Cottarelli è nato a Cremona il 18 agosto 1954. Laureato a Siena e alla London School of Economics, dopo aver lavorato in Banca d’Italia ed Eni, dal 1988 al 2017 è stato nel Fondo monetario internazionale. È stato commissario straordinario per la revisione di spesa, nominato dal governo italiano, da ottobre del 2013 a novembre del 2014. Dal 2017 è direttore dell'Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’università Cattolica di Milano e visiting professor presso l'università Bocconi.

Opere

La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare (2015).

Il macigno. Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene (2016).

I sette peccati capitali dell'economia italiana (2018).

Pachidermi e pappagalli. Tutte le bufale sull'economia a cui continuiamo a credere (2019).

All'inferno e ritorno. Per la nostra rinascita sociale ed economica (2021).

Chimere. Sogni e fallimenti dell'economia (2023).

Dentro il palazzo, cosa succede davvero nelle stanze del potere (2024).

Ha detto:

- Credo che siamo l’unico Paese avanzato dove quando arriva un nuovo governo si cambiano i vertici della televisione pubblica, i direttori dei Tg e i conduttori dei principali programmi televisivi.

- Ho capelli scuri, occhi marroni e una carnagione mediterranea. Una volta a Washington a una pompa di benzina un tizio si avvicina e mi chiede: “Are you from Tunisia?”. Mi aveva scambiato per un tunisino.

- La macchina Stato riflette i problemi del Paese e nel Paese non c’è abbastanza volontà per cambiare. Siamo costantemente in attesa non di uno Stato che funzioni, ma di uno Stato che ci dia sussidi. Questo atteggiamento non aiuta l’economia e non aiuta la società.

- La formazione è importante. I docenti sono poco motivati e poco formati nel corso di tutta la vita lavorativa. Lo sono meno di quanto avviene invece in altri Paesi.

- In Italia dopo il 2011 e la caduta di Berlusconi, ci si è convinti che possa esserci un  complotto di natura politica per far salire lo spread e far cadere i governi.

Intervista

Quando ha deciso di occuparsi di economia? I suoi genitori avevano in mente un futuro diverso per lei?

Mio papà si è laureato in economia e commercio e quindi in casa giravano dei libri di economia, per cui mi sono iscritto a questa facoltà di scienze economica bancaria perché poi l’economia è una via di mezzo tra materie scientifiche e umanistiche e a dire la verità mi sembrava la cosa più equilibrata, però poi sono diventato economista per caso.

Come per caso?

Si, perché quando mi sono laureato, volevo fare la tesi di laurea in diritto  commerciale perché il professore di diritto commerciale mi piaceva moltissimo. Gli ho chiesto per la laurea ma lui l’anno dopo avrebbe lasciato l’università e quindi non mi poteva curare. Allora ho scelto la mia seconda scelta di un altro professore che mi piaceva molto che era quello di politiche economiche. Quindi ho fatto l’economista per caso perché il primo professore andava via dall’università, altrimenti sarei diventato magari un commercialista. I casi della vita, anche se c’era un inclinazione ma poi è stato per caso che ho fatto l’economista.

Parlando di economia, in questo momento in Italia c’è da stare sereni o da preoccuparsi?

Di preoccupazioni immediate, non credo che ce ne siano nel senso che la nostra economia è un’economia che se non ci sono shock esterni va avanti. E’ come una nave che naviga in acque tranquille, naviga ma se c’è una tempesta allora deve preoccuparsi, ma perché la nave è debole, non perché in assenza di una tempesta noi andiamo a fondo. Lì c’abbiamo un po’ di problemi, però si manifestano soltanto in presenza di una crisi tipo quella del covid, per esempio. La crisi del covid, dal punto di vista economico e finanziario non l’avremmo superata se non ci fossero arrivati centinaia di miliardi di euro dalle istituzioni europee. Siamo più o meno nella stessa situazione e in presenza di shock temo che, a causa di tutto il  debito pubblico,  abbiamo ancora bisogno di un sostegno esterno. Se il cielo rimane sereno non dobbiamo preoccuparci, però questi shock economici vengono inaspettatamente. Per questo in qualche modo dobbiamo essere preoccupati, non perché nell’immediato c’è un precipizio.   

“Massimo guadagno con il minimo sforzo” è un buon motto o una cretinata?

In Italia vorrebbe dire semplificare la burocrazia, perché lo sforzo è notevole ma non  richiede soldi. Visto che soldi lo stato italiano ne ha pochi, allora noi dobbiamo puntare su quelle riforme che non costano soldi. La riforma della burocrazia, la semplificazione è un qualcosa che certo non è semplice, ma perlomeno non richiede soldi, anzi forse fa risparmiare soldi. Adesso sarebbe molto importante per rendere l’Italia un paese dove è più facile fare attività d’impresa, investire e quindi crescere.

Ricchezza è più il denaro che guadagniamo o quello che non spendiamo?

Un po’ tutte e due. Uno deve avere il buon senso di produrre ricchezza però non deve  sprecarla, che non vuol dire fare una vita di stenti, ma non fare cose perché le fanno gli altri, per imitazione. Quindi risparmiare è importante.   

L’economia è più scienza o politica?

Più politica credo, anche qui ovviamente c’è una via di mezzo. L’economia politica o meglio il political economy è nato così il nome, perché questo? Perché ci vuole una base scientifica, però poi ci sono scelte che riflettono priorità che si danno e le priorità che sono politiche. Non dimentichiamoci che le scelte finali devono essere politiche però la politica non può inventarsi di fare una cosa se non hai i soldi.  

La vitalità di un’impresa è legata solo al profitto?

In pratica il profitto rimane molto importante, poi adesso c’è la tendenza di dire che le imprese devono rendersi conto di altre esigenze sociali. Allora io la metterei in questi termini, se quelle esigenze sociali riesci a trasformarli in obiettivi di profitto di lungo termine per l’impresa, allora si che funziona. Abbandonare gli obiettivi di profitto nell’immediato per un orizzonte di lungo periodo è la cosa che appunto può essere anche comprensibile all’impresa. L’impresa non è fatta per fare beneficenza, c’è lo stato che raccoglie le tasse anche dalle imprese per poi fare riparazioni sociali.

Nel libro “Le chimere” parlava dei sogni che si sono infranti. Di quali sogni parlava?

Ho parlato dei sogni che non sono necessariamente infranti anche perché infranti vuol dire una cosa che non ha futuro. Ho parlato di sogni che magari avevano una fondazione valida ma che stanno tutti affrontando delle difficoltà. Sto parlando di liberarsi per sempre dell’inflazione che invece è tornata. Quella di un sistema finanziario per sempre stabile ma un po’ di scricchiolii ci sono stati. Il sogno delle cripto valute, di liberare il mondo dal controllo delle banche e avere una moneta, tra virgolette, del popolo. Le cripto valute son tutto tranne che la moneta del popolo mi sembra. Il sogno della liberalizzazione del commercio, il sogno della tecnologia che ci libera dalla necessità di lavoro più di prima. Il sogno di aumentare le tasse ai ricchi ci guadagnano tutti, invece ci guadagnano solo i ricchi, infine il sogno di una crescita infinita che si scontra contro i vincoli ambientali. Tutti questi sono sogni che non sono tutti sbagliati ma stanno affrontando delle difficoltà.  

Il suo ultimo libro ha per titolo “Dentro il palazzo”. Com’è nata l’idea di questo libro e cosa succede dentro il palazzo?

Il libro nasce dall’esigenza di far conoscere un po’ meglio le cose come si vivono dal di dentro e poi il libro ha un risvolto anche attuale in termini di riforme istituzionali. Io propongo delle riforme per far funzionare meglio la politica, però al tempo stesso dico invece che la riforma del premierato non mi sembra una buona idea perché concentrerebbe troppo potere nelle mani di un’unica persona.

Del festival dell’economia lei è un habitué giustamente. Come vive questa manifestazione? Nota grande interesse da parte del pubblico?

L’interesse da parte del pubblico è evidente dal numero di persone agli eventi che ci sono. La manifestazione mi piace molto e ci vengo sempre volentieri. Quello che vorrei fare di più è venirci come utente, invece ci vengo a parlare poi me ne vado perché ci sono altri impegni. Mi piacerebbe stare qui tutti i giorni e avere il tempo di andare a sentire tante altre cose ma non ho il tempo di farlo.

Quali sono ora i suoi obiettivi e le sue ambizioni?

Io non ho obiettivi a lungo termine. Adesso sto portando avanti questo programma delle visite nelle scuole e l’ambizione è che questo programma funzioni. Il primo anno è andato benissimo, ho visitato 165 scuole con personaggi del calibro di Romano Prodi, Giuliano Amato, Mario Monti, Mario Draghi, i ministri dell’economia degli ultimi anni e grandi imprenditori. Questo mi fa molto piacere come ambizione per il mio paese, perché vorrei avere un paese dove è più semplice vivere.