Carlo Pavia (archeologo, speleologo, fotografo)     Roma 7.1.1992

                                       Intervista di Gianfranco Gramola

“Occorre amare Roma, con tutte le forze e con tutto il cuore. Non usarla solo per produrre soldi o come dormitorio, ma gustarla in tutti i suoi aspetti”

Uno dei libri di Carlo Pavia

Carlo Pavia, nato a Frosinone il 01-04-1955, prima ancora di completare gli studi classici ed universitari ha incominciato ad occuparsi con successo di fotografia applicata all'archeologia diventando fotografo professionista nel 1975. Da allora ha seguitato ad interessarsi con passione delle antichità romane fino ad arrivare alla laurea in Storia dell'Arte Antica con specializzazione in Archeologia e Topografia Antica. Le sue conferenze ed i suoi lavori lo hanno fatto conoscere ed apprezzare nell'ambiente scientifico.
E' autore di numerose opere sui monumenti antichi di Roma. Tra le più importanti vanno segnalate:
“Le Mura Aureliane” - “I Mitrei di Ostia antica” - “Il culto dei Morti” - “I Mercati Traianei,, dall'Emiciclo alla Torre delle Milizie” – “Il Plastico di Roma Antica” - “Roma sotterranea e segreta” - “L'Opus sectile romano” - “Il culto dei Morti” - “Roma Mitraica” - “Il Labirinto delle Catacombe” - “Le origini di Venezia” - “Roma, la città sotterranea” - “Guida di Roma sotterranea” - “Nel ventre di Roma” - “Guida dei Mitrei di Roma antica” - “Guida delle catacombe romane” - “Curiosità del mondo romano antico” - “Guida archeologica di Roma” - “Roma antica in 3Dimensioni” - “Roma antica, com'era”, ecc.
E' inoltre autore dei films
“Un viaggio nella Cloaca Massima” - “Castra Tenebrarum” - “Ipogei romani”.
E'spesso comparso come ospite di rilievo e come collaboratore per i programmi per la RAI come “GEO” di Folco Quilici, “Il piacere di conoscere”, “Colosseum”, “Maurizio Costanzo Show”, “Uno mattina” ed altri oltre a collaborare per le più importanti televisioni estere. Egli non è solo scrittore e documentarista; la sua attività è quella di archeospeleofotosub (archeologo laureato, speleologo brevettato, fotografo professionista e sub pluribrevettato). Hanno scritto di lui frasi encomiabili, puntualmente pubblicate, le più grandi firme della critica letteraria, da Mario Verdone a Fabien Paris, da Fabio Isman a Carlo Carletti, da Fabrizio Carbone a Karl Muller.
E' stato fondatore e Direttore della rivista di Archeologia FORMA VRBIS e dell'Associazione Culturale LUPA (che prende il nome dalle iniziali dei due fondatori, Lucignani e Pavia). Fondatore e Presidente del G.S.U. Lu.Pa. (il Gruppo di Speleologia Urbana che prende il nome dalle iniziali dei due fondatori, Lunardo e Pavia), ancora oggi, a distanza di alcuni decenni, effettua sopralluoghi nelle viscere della Capitale. Attualmente cura totalmente, essendone unico autore, la rivista-mensile di archeologia “Roma e il suo impero” mentre, in concomitanza con il festeggiamento del suo cinquantesimo anno di età, si rivolge al suo pubblico nell'insegnamento delle tecniche da sempre usate nei suoi sopralluoghi e nei suoi studi. “Roma antica in 3D” e “Roma com'era” non sono che i primi volumi della serie riguardante il trasferimento al lettore di un bagaglio culturale estremamente concreto di cui egli si è servito in tutta la seconda metà della sua prima esistenza.

Intervista

Lei non è nato a Roma, ma ci vive da tanto tempo. A quale quartiere si sente più legato?

Non sono nato a Roma ma da piccolo almeno una volta all’anno e durante le vacanze estive, vivevo almeno un mese in questa città, ospite di alcuni zii e cugini. In quegli anni, che ricordo con una certa nostalgia, ho iniziato a conoscere le bellezze della città e soprattutto le antiche meraviglie della gloriosa Urbe; poi arrivò l’Università e la facoltà di Archeologia ed allora tutto è nato … Oggi abito in una zona limitrofa a Trastevere, piazzale della Radio; una zona caotica che potrà anche possedere le sue bellezze e curiosità ma sono praticamente invisibili, soffocate dalla frenesia moderna, dalle auto, dai negozi che cambiano aspetto ogni sei mesi e così via.

Lei è innamorato di Roma? Che sensazioni le regala?

Sono innamorato di Roma, ma non la ritengo la migliore città del mondo. E’ uno strano rapporto il mio con Roma; un rapporto di amore odio, uno strano sentimento che non so bene da dove nasca. Roma è come un’anguria: più si va al centro più si trova il dolce. Allo stesso modo, il mio amore per questa città aumenta se mi avvicino ai Fori Imperiali o al Campidoglio. Le zone limitrofe e soprattutto la periferia sarebbero, a mio avviso, da eliminare. Aah! Meravigliosa Roma cinta dalle Mura Aureliane! Tutt’intorno era solo campagna …

Lei è un esperto dei sotterranei romani. E’ più affascinante la Roma delle catacombe e dei sotterranei o la Roma in superficie?

Roma non possiede monumenti più affascinanti di altri. E’ tutto uno splendore ed il fascino che riesce ad emanare è più o meno sentito da coloro che stanno ammirando questo o quel monumento. Della totalità dei cittadini romani va effettuato subito un ben preciso distinguo. A mio parere, 80 romani su cento sono particolarmente affascinati dallo stadio Olimpico visto, da loro, come tempio per idolatrare la “magica Roma” del pallone. Costoro, ne sono certo, non sono mai entrati nel Colosseo e non hanno mai ammirato le sale dei Musei Vaticani. Sono le stesse persone che si lamentano delle 4000 lire che occorrono per acquistare il biglietto d’entrata di un museo proprio nel momento in cui non battono ciglio nello sborsare più di “cento sacchi” per poter urlare su 22 scalmanati che corrono dietro ad un pallone. Del rimanente 20 per cento dei romani, alcuni hanno preferenze per la Roma Antica, altri per quella barocca, altri ancora per le opere museali tralasciando gli ambienti architettonici. Il fascino per ciò che ammirano varia in questo caso da gruppo a gruppo.  Per ciò che riguarda invece i sotterranei romani il discorso è completamente diverso: quel banale 20 per cento dei romani sono tutti compattamente affascinati (ne ho avuta ampia dimostrazione durante le mie frequentissime visite guidate o conferenze) dagli ipogei. Il tipico carattere di mistero e di fascino che circondano gli ambienti sotterranei, sia pure con quei normali problemi logistici causati dal buio, dall’umidità, dagli odori, attirano tutti e massicci si presentano alle adunate sui tombini da scoperchiare o di fronte alle porticine da aprire. Queste ultime persone allora sono anche capaci di emozionarsi all’interno delle ardite volte di una Domus Aurea o contemplando la grandiosità del palazzo di Sallustio.

Com’è nata la passione  per l’esplorazione del sottosuolo?

Durante il servizio militare frequentavo l’Università ed avevo già scelto l’indirizzo archeologico della mia facoltà di Lettere. Un giorno (ero Granatiere di Sardegna) andammo a prendere per servizio una certa quantità di sedie dalla chiesa di S. Martino ai Monti, sul Colle Oppio. Il parroco, a lavoro ultimato, mi fece vedere i sotterranei della chiesa stessa non appena gli dissi che ero uno studente di archeologia. La visione del monumento ipogeo fu per me una folgorazione. Addirittura la tesi di laurea portò come titolo “Roma, la topografia ipogea”.

Quando vuole fare una passeggiata, che via o zona preferisce?

Per raggiungere il posto di lavoro (al centro di Roma), utilizzo i mezzi pubblici e normalmente scendo qualche fermata prima. Lo scopo è proprio quello di proseguire la corsa infilandomi negli stretti vicoli del Campo Marzio meridionale. Conosco muro per muro via dei Pettinari, via dei Baullari, via dei Giubbonari; una zona che ritengo la più bella in assoluto. A prescindere dal motivo archeologico (la topografia attuale rispecchia fedelmente quella antica), la ragione fondamentale è data dal fascino che le strette viuzze ancora oggi, nonostante le distruzioni di più epoche, riesce a conferire. E’ la gente del luogo, le piccole botteghe dalle porte in legno chiuse da un precario e arrugginito lucchetto, le edicole e madonnine incassate agli angoli delle strade, le colonne che spuntano dai profondi sotterranei, l’odore acre delle cantine che fuoriesce dalle basse feritoie dei palazzi nelle quali un tempo non tanto lontano si gettava il legname per le stufe, questo ad altro ancora mi fanno capire che Roma, la vera Roma, ancora vive e non aspetta che essere amata e posseduta.

Qual è la tua piazza preferita?

Campo de Fiori e piazza della Cancelleria. La prima perché in pochi metri quadrati racchiude le bellezze di una Roma sparita che ancora vive: il mercato la mattina è  punto d’incontro dei chiassosi bambini, nonché degli abitanti limitrofi, il pomeriggio e la sera. La seconda perché è il luogo dove ha sede il mio ufficio: dalla mattina alla sera ho di fronte la spettacolare facciata del palazzo della Cancelleria, conosco a menadito i sotterranei del palazzo e della piazza stessa e quanto pian piano si sta scoprendo (sono ancora in corso degli scavi della basilica paleocristiana di S. Lorenzo in Damaso, nel cortile del palazzo).

Qual è il più grande difetto del romano? E la mejo virtù?

Il romano, quello vero (con alle spalle le famose sette generazioni), è troppo superficiale. E’ un personaggio che affronta le difficoltà come tutti, questo si; appena capisce però che non gli è possibile risolverle in breve tempo, abbandona tutto con un risonante “ … ma chi se ne frega, annamo avanti e volemose bene”. La mejo virtù? Ma naturalmente la stessa cosa: essere superficiale! C’è forse un motivo valido per cui occorre preoccuparsi tanto? La vita è brevissima; va dunque vissuta  per il meglio e allegramente. Il romano è convinto che più problemi si pone più soluzioni occorrerà trovare: … mettece ‘na pezza!

Della cucina romana, cosa apprezza?

La cucina romana, con la C maiuscola, non esiste. Non abbiamo grandi casi di invenzioni culinarie come in quella fiorentina o milanese. L’apertura inoltre di molti ristoranti esotici, snach bar e fastfood, hanno contribuito a distruggere quel poco che rimaneva della cucina romana, ricca unicamente di quei prodotti tipici che costituivano il vanto della gastronomia capitolina. Ciò nonostante, in alcuni vicoli del centro storico, specialmente quelli del Ghetto e del Campo marzio (non più a Trastevere), è possibile imbattersi in caratteristici quanto minuscoli ristorantini nei quali è possibile gustare dei fantastici bucatini alla matriciana, conditi con il pecorino e un sugo di guanciale, peperoncino rosso e pomodoro. E gli spaghetti alla carbonara, dove li mettiamo? Conditi con guanciale soffritto, uova, parmigiano, pecorino e pepe fresco, era il piatto preferito dei boscaioli che si recavano sull’Appennino a produrre  il carbone da legna. Per secondo non c’è nulla di meglio dell’abbacchio arrosto e dei carciofi alla giudia, la coda alla vaccinara, il pollo con i peperoni e soprattutto la romanissima pajata, costituita quest’ultima da interiora soffritte e condite con salsette piccanti. Meglio lasciar perdere il vino dei Castelli il quale appare spesso acido e indigesto. Ci sono tanti vini di produzione propria, senza nomi altisonanti, che i contadini delle campagne limitrofe vendono a questi ristorantini, molto più consigliabili.

Qual è la sua fontana preferita?

Le fontane rappresentano una caratteristica di Roma perché, come è risaputo, è la città italiana più servita dagli acquedotti. Quasi in ogni angolo sgorga acqua romana e le fontane, dal classico “nasone” a quelle monumentali, si contano a centinaia in tutto il territorio. E’ difficile dunque dire qual è la più bella e se proprio devo farlo punterò l’attenzione su quella al centro della piazza del Quirinale. Troppo scontata sarebbe dare la preferenza per la fontana di Trevi, ma quella del Quirinale, così circondata dal traffico caotico, merita più attenzione. La bellezza del monumento è data dai giganteschi Dioscuri di età imperiale, l’obelisco tratto dal mausoleo d’Augusto e la vasca in granito rinvenuta nel Foro Romano, vicino al Tempio dei Dioscuri.

A Roma si fa molta cultura?

Direi di si anche se la cultura non è mai troppa. Basta leggere l’apposita pagina di ogni quotidiano per rendersene conto;  conferenze, visite guidate e mostre sono all’ordine del giorno e non mi sembra che sia il caso di lamentarsi. Il problema è un altro: quante persone recepiscono questi messaggi? Le sedi in cui si svolgono tali manifestazioni sono quasi sempre spoglie. Posso capirlo nei giorni feriali, ma il sabato e la domenica la cosa è in concepibile. Al contrario lo stadio e le strade intorno a Roma sono sempre gremite.

C’è una Roma che lei ama ricordare con molta nostalgia?

E’ una domanda alla quale non saprei rispondere. Forse perché non sono nato a Roma e dunque non ho vissuto i primi anni della mia esistenza in questa città. Suppongo che se questo fosse avvenuto, oggi rimpiangerei una Roma affatto caotica, là dove era ancora possibile giocare a pallone per le strade o sui marciapiedi, quest’ultimi oggi regolarmente e sistematicamente utilizzati a parcheggio d’auto.

Roma è ancora una città vivibile?

“Roma è in agonia; sta morendo pian piano sommersa dai mille problemi che la torturano, dallo smog all’incuria umana”, questo è quanto spesso si dice o si scrive sui quotidiani. Io non credo che sia vero. Roma muta in base a coloro che l’abitano,  ovviamente finché sarà abitata, sarà viva. Sono dell’idea invece che non è più vivibile, questo si. Ed è uno sfogo, il mio, di un cittadino che vive al centro (se per centro si intende all’interno o nei pressi delle Mura Aureliane). Gli abitanti delle zone che una volta costituivano l’Urbe amano il proprio quartiere, lo rispettano, non lo insudiciano, fanno volentieri a meno delle automobili. Il problema sta in quei cittadini che raggiungono il proprio posto di lavoro con le automobili, così in qualsiasi ora Roma è una gigantesca giostra di forsennati automobilisti in cerca di un posteggio che ovviamente non esiste. E di notte è invasa dai giovani che, attirati dal locali notturni, schiamazzano e generano forti rumori con le loro fuoriserie, non si sa perché, sempre più grosse e potenti. In questo senso Roma è invivibile e quanto sarebbe giusto riutilizzare le Mura Aureliane contro l’invasione di questi moderni barbari.

Da anni vive a Roma e può considerarsi romano. Cosa significa per lei essere romano?

Semplicemente rispettare Roma. Quando vado a Venezia mi sento veneziano e amo la città che mi ospita, così avviene non appena metto piede a Napoli, Firenze ed altre città italiane. Ormai il romano delle sette generazioni non esiste più e qualora se ne dovesse incontrare uno, sono convinto che non si sentirebbe più tanto orgoglioso. All’abitante romano può bastare dimostrare il rispetto e l’amore per le sue bellezze, la voglia di aiutarla nei momenti difficili e capirla in altri, per dire di “essere romano”.

C’è un poeta romanesco che apprezza molto?

Ovviamente Trilussa perché è più conosciuto. Va comunque detto che personalmente conosco decine di altri artisti che in cambio di qualche migliaio di lire rallegrano la cena di molto commensali in alcuni ristorantini di Trastevere e di Campo Marzio. Questi non hanno nulla da invidiare ad un Belli o ad un Trilussa che vengono comunque considerati dei maestri in materia. Spesso li ascolto con molta attenzione anche perché, con brevi strofe, riescono a trasmettere quel fascino delle antiche bettole romane e di una Roma sparita che invece è quanto mai viva. Basta semplicemente saperla cercare e la voce di questo popolo ne è testimonianza.

Cosa ne pensa del periodico Rugantino?

Poche volte mi è capitato tra le mani e dunque non saprei dare un giudizio serio. Qualsiasi pubblicazione che riguardi Roma, i suoi problemi, le sue caratteristiche e le sue usanze, è per me manna dal cielo. Non è mai troppo quello che si può scrivere di Roma, come è vero che poco ancora sappiamo di questa città che in verità, più passa il tempo, più ci stupisce per i suoi tesori nascosti. Viva il periodico Rugantino dunque e lunga vita a coloro che lo portano avanti.

Le piace l’isola Tiberina? Ha qualche ricordo o aneddoto?

Di tutta Roma adoro particolarmente l’isola Tiberina, perché la considero la perla di quella grossa conchiglia che è appunto Roma. Il fascino dell’isola si avverte già a notevole distanza, dalle sponde opposte del Tevere. Passeggiare lungo il suo perimetro è quanto di più suggestivo e distensivo si possa augurare ad un amico o ad una coppia di innamorati. Nell’ospedale Fatebenefratelli è nato mio figlio, questo è l’altro motivo che amplifica enormemente il mio amore per il luogo. L’ho voluto chiamare Fabrizio perché, lasciato l’ospedale, egli è “entrato” in Roma passando su uno dei due ponti dell’isola, l’antico ponte Fabricio.

In quale periodo della storia di Roma le sarebbe piaciuto vivere?

La risposta che può dare un archeologo a questa domanda è quanto mai scontata.  Ovviamente in quello imperiale e più precisamente nel 2° secolo dopo Cristo, cioè nel periodo di massimo splendore dell’Urbe. Le antiche fonti e i resti fortunatamente rimasti in piedi dell’antica Roma, mi fanno immaginare una città particolarmente viva. L’immaginazione è l’unica “navicella spaziale” che può riportarmi indietro nel tempo, in quella Roma assolutamente maestosa, piena di monumenti e con grandiose trabeazioni, in quei vicoli e piazze ove era viva la fiera, con quella moltitudine di ambulanti che vendevano zolfanelli, cianfrusaglie varie, oggetti per l’uso comune e le “popinae” che erano i banchi di salsicce cotte, vivande calde e torte di ceci, della quali i romani erano terribilmente ghiotti (ora, pensandoci bene, mi rendo conto che la Roma attuale non è poi tanto diversa da quella antica). Meravigliosa Roma di un tempo ormai lontano! Va però detto che neanche le macerie ammucchiatesi nel tempo e le vegetazioni che hanno coperto i resti delle trabeazioni, delle colonne, delle statue e dei portici sono riuscite a soffocare le urla e il frastuono di un variopinto popolo ormai scomparso.

Qual è il messaggio che vorrebbe lanciare ai romani e ai turisti?

Non mi stancherò mai di ribadirlo: occorre amare Roma, con tutte le forze e con tutto il cuore. Non usarla solo per produrre soldi o come dormitorio, ma gustarla in tutti i suoi aspetti. Ai turisti va solo una raccomandazione: non insudiciarla. E’ già abbastanza sporca, ma quelle lattine di birra nei giardini o quelle buste piene di immondizie nascoste dietro le colonne del Foro, sono delle vere e proprie pugnalate per quei pochi che ancora amano Roma.

Secondo lei se il governo avesse sede a Milano, Roma sarebbe più amata?

Si, certamente! Ne sono più che convinto anche perché i romani non avrebbero più il pretesto per scaricare le colpe delle proprie malefatte su coloro che la comandano. Va ricordato che se Roma sotto alcuni aspetti è in agonia, è proprio per colpa di coloro che la abitano. Forse sarebbe questo il momento in cui i romani potrebbero svegliarsi un po’. Ho inoltre sempre pensato che i milanesi sono un popolo di ottimi lavoratori,  con spiccate ottiche futuristiche proiettate anche e soprattutto verso altre nazioni. Il popolo romano invece, una volta raggiunto il maledettissimo “posto fisso”, garantito dall’immane quantità degli uffici statali che hanno sede in Roma, si adagiano in uno strano torpore, causa di pericolosissimo menefreghismo che va ovviamente a discapito della città e di quei pochi che in verità lavorano sodo da mattina a sera.

Tempo fa si parlava di eliminare il famoso mercato domenicale di Porta Portese. Qual è il suo parere in merito?

La morte di una qualsiasi tradizione romana è per me una grave perdita. Quello che è ancora in vita va tenuto in vita, volente o nolente. Va però detto che tutto il quartiere interessato dal mercato di Porta Portese, vive da tanti anni una domenica terribile. Tempo fa, in pieno svolgimento del mercato, un’anziana signora si sentì improvvisamente male, per cui si rese necessario l’intervento di una autoambulanza. Quest’ultima però non riuscì a raggiungere la casa della malcapitata, proprio per l’eccessiva confusione e le bancarelle che occupavano tutte le strade del quartiere, cosicché la sventurata signora venne letteralmente caricata di peso da alcuni inquilini e trasportata, facendosi strada con difficoltà tra la folla del mercato, fino all’autoambulanza che aspettava pazientemente ad un chilometro di distanza. Non sembra che l’anziana signora si sia salvata. Non eliminare dunque il mercato di Porta Portese, ma semplicemente non utilizzare più quel mercato già di per sé così caotico che è appunto la via Portuense. Era stata proposta l’area dell’ex mattatoio, a poche centinaia di metri di distanza. La nuova ubicazione sarebbe ottimale ma come al solito prima che si possa prendere una decisione ci vogliono anni e intanto Roma seguita a vivere con tutti i suoi difetti e i suoi pregi in quel torpore che è diventato ormai una caratteristica della città eterna.