Daniele Pecci (attore)                                  Roma 20.11.2020

                                  Intervista di Gianfranco Gramola

“Di progetti che riguardano il teatro ne ho moltissimi e riguardano soprattutto gli studi che ho intrapreso, studi che contraddistinguono la mia carriera, che sono quelli del teatro classico e in special modo quello del teatro shakespeariano e della tragedia greca”

 

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Daniele Pecci è nato a Roma il 23 maggio del 1970.  Ha debuttato nel 1990 in teatro, dove ha lavorato quasi ininterrottamente fino alla prima metà degli anni 2000, quando diventa molto popolare grazie alle fiction Il bello delle donne (2002-2003) e soprattutto Orgoglio (2004-2006). Sempre per la televisione, nel 2005 è nel cast internazionale di San Pietro e Giovanni Paolo II, mentre nel 2007 è tra i protagonisti di Eravamo solo mille. Nel 2008 ritorna su Canale 5 nelle fiction L'ultimo padrino e Crimini bianchi, mentre nel 2009 debutta al cinema con il film Fortapasc di Marco Risi, cui segue nel 2010 Mine vaganti di Ferzan Ozpetek. 

Cinema

Appuntamento a ora insolita (2008) - Fortapasc (2009) - Mine vaganti (2010) - The Tourist  (2010) - Manuale d'amore 3 (2011) - Maternity Blues (2011).

Televisione

Deserto di fuoco-  miniserie TV (1997) - Da cosa nasce cosa - film TV (1998) - Il bello delle donne – serie TV, 6 episodi (2002-2003) - San Pietro (2005) - Giovanni Paolo II   miniserie TV (2005) - Orgoglio – serie TV (2004-2006) - I figli strappati (2006) - Eravamo solo mille (2007) - L'ultimo padrino  (2008) - Crimini bianchi  (2008-2009) - Tutta la verità  (2009) - Dove la trovi una come me? (2011) - 6 passi nel giallo - Gemelle (2012) - Sposami  (2012) - Purché finisca bene - Una coppia modello  (2014) - I misteri di Laura  (2015) - Come fai sbagli (2016) - I Medici - Nel nome della famigli (2019).

Teatro

Come vi piace (2011) - Scene da un matrimonio (2010-2012) - Kramer contro Kramer (2010-2012) - Edipo re (2013) - L'ultima notte di Scolacium (2014) - Amleto (2014-2016) - Medea (2015) - Enrico V (2017) - Il fu Mattia Pascal (2018) - Un tram che si chiama desiderio (2019)

Intervista

Com’è nata la tua passione per la recitazione? Hai artisti in famiglia?

Non ho artisti in famiglia. La passione per la recitazione è nata durante le scuole superiori, perché vennero a fare un corso di teatro, ed io vi aderii. Poi decisi di studiare e fare una scuola di teatro e da lì è cominciata la mia carriera.

I tuoi genitori che futuro immaginavano per te?

Non c’era nessun tipo di ingerenza e neanche di speranza. Loro speravano che facessi qualcosa che prima di tutto mi piacesse e qualcosa di sicuro, come tutti i genitori. Avendo io scelto l’attività più insicura che esista al mondo, chiaramente qualche perplessità l’hanno avvertita. Però molto blanda, nel senso che quando hanno capito che la mia era una passione che si stava accendendo in me, sono stati ben felici di assecondarla.

Nel tuo lavoro, oltre al talento, quando conta la fortuna?

La fortuna è tutto, anche perché con un enorme talento senza la fortuna rimani al palo. Alle volte, senza talento, ma con molta fortuna, si possono fare anche intere carriere. Ma senza fortuna non si fa nulla.

Fra colleghi hai trovato più complicità o rivalità?

Non ho mai sentito parlare di rivalità vera fra colleghi, se non quella automatica  quando si è in due su un ruolo, e  uno vince e l’altro perde. Ma questo diciamo che è nella natura del nostro lavoro, così come in tantissimi lavori, per cui non è una rivalità vera. Ognuno fa il suo tipo di carriera e io non ho mai sentito di avere dei rivali, pur vivendo nel mondo dello spettacolo, anche se ci sono tantissimi attori che hanno fatto molto più di me o molte cose che mi sarebbe piaciuto fare. Però non è una realtà ma è più una questione di  opportunità e anche di impostazione del proprio lavoro. Con il tempo ho notato che quando ti impegni tanto per qualcosa, poi i risultati riesci ad ottenerli. Per cui non mi posso lamentare di aver avuto dei rivali, perché ho fatto di più di quello che avrei voluto.

Cinema, teatro, televisione. In quali di questi ambienti pensi di dare il meglio?

Ormai sembra universalmente riconosciuto che il teatro sia il luogo dove mi esprimo meglio per il giudizio da parte del pubblico e poi anche per la critica, ed è il luogo  che amo certamente di più e per il quale sento di avere una sorta di missione teatrale, per dirla con le parole di Goethe. Però recentemente ho lavorato molto per la tv  e adesso da qualche anno sto cercando di lavorare anche nel cinema.

Quali sono le tue ambizioni e i tuoi progetti, lockdown permettendo?

Di progetti che riguardano il teatro ne ho moltissimi e riguardano soprattutto gli studi che ho intrapreso, studi che contraddistinguono la mia carriera, che sono quelli del teatro classico e in special modo quello del teatro shakespeariano e della tragedia greca. Per quello che riguarda il cinema ho un impegno nuovo. Ho una nuova agenzia la Volver, di due ragazzi che sono estremamente in gamba, con i quali stiamo lavorando per un approdo ad un cinema interessante, di giovani che hanno qualcosa da dire, un cinema di qualità, anche se al momento è quello che è.

Oltre al lavoro curi delle passioni, degli hobby nella vita?

Molti dei miei interessi sono relativi al mio lavoro, purtroppo o per fortuna, e sono legati alla lettura e allo studio, che sono le mie due grandi passioni. Oltre a quello, mi piace molto giocare a calcio.

La tua compagna è l’attrice Anita Caprioli. A casa parlate di lavoro, discutete, vi consigliate?

A casa non parliamo molto di lavoro e non abbiamo mai lavorato insieme, anche perché facciamo sempre cose diverse e quindi quando siamo in casa, si stacca. Può succedere di parlare di lavoro, ma non del nostro specifico. Si può commentare una serata particolarmente riuscita o non riuscita. Capita di guardare insieme l’uscita di un nuovo film o una nuova serie, uno spettacolo nuovo, ma così, in modo leggero, molto blando. Non è un tabù, ma non è neanche un argomento principe.

Hai dei rimpianti?

Tutto sommato se mi guardo indietro, forse qualche rimpianto riguarda l’inizio della mia carriera. Ho cominciato a lavorare molto presto, mentre ancora facevo gli studi teatrali. Mi sono sempre detto che quello che allora mi era sembrata un’opportunità di cominciare a lavorare subito e anche piuttosto bene, in realtà ho fatto un errore. Avrei dovuto fermarmi ancora, rinunciare alle proposte di lavoro che già a 18/19 anni ricevevo e continuare gli studi un po’ più importanti, studi certificati. Invece mi sono buttato subito nel mondo del lavoro e questo ha fatto di me, nel bene e nel male, una sorta di pseudo autodidatta. Ho studiato moltissimo, ho fatto le scuole teatrali, mi sono diplomato. Invece sono stato sempre dell’idea che mi sono formato mentre lavoravo, come è naturale che sia, ma forse più degli altri. Se ho un rimpianto è che avrei dovuto ufficializzare i miei studi, perché oggi non tanto, ma allora era ancora importante il fatto di essere diplomato nelle scuole nazionali. Io non ho mai fatto una scuola di teatro nazionale, ho fatto tre scuole che avevano un riconoscimento regionale, che avevano delle borse di studio regionali. Quindi non essendo scuole riconosciute a  livello nazionale, erano scuole per le quali era molto più difficile trovare impieghi di un certo livello, almeno all’epoca. Oggi vedo che è tutto molto più semplice.

Parliamo un po’ della tua città. Che rapporto hai con Roma?

Ho un rapporto molto bello, perché è una città che amo profondamente. E’ una città che mi convince ogni giorno di più, non vorrei vivere in nessun’altra parte del mondo. Non cambierei città, in questo senso sono un romano di tipo classico, che ama il lungotevere, Castel Sant’Angelo, il Colosseo, che ama le bellezze di questa città.

La ami nel bene e nel male.

Si, ma il bene è talmente tanto rispetto al male. Poi sai, che il male è quello di tutte le grandi metropoli che hanno da sempre e che sopportano i loro difetti, come il traffico, la confusione, il caos e l’organizzazione non proprio perfetta. Non posso lamentarmi della città di Roma che negli ultimi anni sta cambiando molto e in meglio.

In quali zone hai abitato?

Ho abitato in molte zone ed è per questo che posso dire di conoscerla bene. Sono nato a Roma nord, sulla Camilluccia, poi mi sono trasferito nel quartiere Prati. Poi con la mia famiglia, prima di andare via di casa, siamo stati nel quartiere Talenti, zona Roma nord, vicino a via Nomentana. Poi ho abitato nel centro storico per tanti anni, a fontana di Trevi. Poi ho comprato la mia prima casa a Trastevere, dove c’ho vissuto moltissimo. Ora vivo a Monteverde.

Per un attore, Roma cosa rappresenta?

Roma è un po’ il centro. A Roma c’è il cinema, il doppiaggio e c’è il teatro. Purtroppo negli ultimi decenni il teatro ha ceduto il passo all’egemonia milanese, che è molto più avanti di Roma, da questo punto di vista e questo è un gran peccato. A Roma si sono chiusi tanti teatri, quelli che funzionano veramente sono alcune realtà private e questo è un grave torto, perché una città come Roma, che è la capitale,  dovrebbe avere un teatro all’avanguardia e non si riesce in nessun modo ad avere una condizione teatrale all’altezza. Abbiamo delle gemme, volute da personaggi “illuminati”. Mi fa piacere ricordare Gigi Proietti, che ha creato la realtà del Globe Theatre di villa Borghese. E’ lo sforzo di un uomo che amava talmente il teatro. Io devo molto a Gigi Proietti anche perché mi ha dato molta fiducia, ha prodotto un mio grandissimo sogno, un grande spettacolo che ho fatto lì. Mi ha messo a disposizione un teatro, una compagnia, una produzione e mi ha dato tutto quello che ho chiesto, per cui gli sono infinitamente grato. Però tranne qualche eccellenza di questo tipo e qualche colpo di testa di qualche artista, Roma è una città che soffre molto dal punto di vista teatrale. Il teatro Valle è chiuso, il teatro Eliseo è praticamente chiuso, il teatro Argentina langue. Il teatro Quirino si è distinto. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di collaborare con loro, è una gran buona realtà, è un teatro privato che praticamente non ha nessun tipo di sovvenzione e che ha prodotto negli ultimi anni probabilmente le cose migliori. E’ il teatro che ha il maggior numero di abbonati a Roma. Però sono piccole realtà. Roma meriterebbe di più.