Diletta Parlangeli (giornalista e conduttrice radio)  Roma 26.9.2024

                                   Intervista di Gianfranco Gramola

“A me piace il contatto umano, io sono ancora una che ci rimane male se quando esco dal condominio io saluto e qualcuno non mi risponde e neanche mi fa un cenno con la testa. Quindi a maggior ragione penso che quando stai davanti ad un pubblico tu debba essere gentile”

Diletta Parlangeli con Saverio Raimondo  

Sono nata a Modena da genitori pugliesi ma sono cresciuta a Firenze. Lì sono stata scippata ai banchi universitari per iniziare l’avventura inaspettata del giornalismo. Prima in Cronaca, poi in altre sezioni dei giornali per cui ho lavorato. Redattrice per due start up (i freepress “Il Firenze”, del gruppo Epolis e “DNews”), dopo una parentesi cagliaritana mi sono trasferita in pianta più o meno stabile a Roma, nel 2008. Un anno più tardi, sono diventata giornalista professionista, mentre qualche anno e due cassa integrazioni dopo, sono entrata nella vasta schiera dei freelance. Ho collaborato per testate nazionali sia online che cartacee (da Wired a La Stampa, da Il Fatto Quotidiano a l’Espresso), occupandomi prevalentemente di Spettacoli (musica) e Tecnologia. Blogger dal 2006, ho conosciuto la rete quando ancora le chat si auto-moderavano e gli utenti venivano identificati geograficamente (“il gruppo della blogosfera romana”, “la blogosfera milanese” etc) e da tempo sufficiente per rimpiangere FriendFeed. Ok, boomer, sono una Millenial: certamente meno geniale di Zuckerberg, ispiro più simpatia. Se parlo di rete e tecnologia, è perché ne ho sempre scritto, orientando il mio interesse e le mie competenze sugli impatti dell’innovazione nella società e nelle nostre vite (per farla breve, raramente scrivo di hardware e per me se un dispositivo si impalla, vale sempre la regola dello “spegni e riaccendi”). Dopo una vita a sentirmi dire “ma lo sai che dovresti fare radio?”, alla fine l’ho fatta davvero, ma prima è arrivata la televisione. Nel 2017 ho scritto e condotto “Kudos”, un programma per Rai4 il cui sottotitolo era “Tutto passa dal web”, e direi che ci siamo capiti. Dopo esperienze di radio dal vivo e comparsate su emittenti locali, nel 2019 sono approdata a RaiRadio2. Ho condotto “CaterAgosto” con Costantino D’Orazio e a seguire, per tre anni, “Prendila Così”, con Francesco De Carlo. Al momento faccio coppia fissa con Saverio Raimondo ogni fine settimana dalle 9 e  per le varie edizioni speciali della fascia del “drive-time” serale (18-20).

Intervista

Com’è nata la passione per il giornalismo? Hai giornalisti in famiglia che ti hanno tramesso la passione?

No, nessuno che faccia il giornalista, né lavori in ambito della comunicazione. In realtà è stato un po’ un treno in corsa su cui sono salita. Io ho avuto un momento universitario di indecisione perché ho provato giurisprudenza sicura che fosse la mia via, invece non era quella. Poi mi sono ritrovata a media e giornalismo a Firenze, sotto scienze politiche e mentre ero lì a fare un corso facoltativo, un mio docente che aveva ricevuto una richiesta da parte di una sua collega, di segnalarle degli allievi e allieve che secondo lui potessero avere le giuste capacità , e anche le giuste inclinazioni e io sono stata segnalata insieme ad altri colleghi di corso. Ci hanno chiamati, all’epoca era all’Epolis, il freepress che era in Sardegna e quindi selezionati Ci hanno poi fatto andare nella sede centrale di Cagliari per conoscerci e vedere se potessimo essere adatti e quando poi il gruppo Epolis aprì la sede di Firenze io ho iniziato a collaborare e da lì a breve sono stata assunta.

I tuoi genitori avevano in mente un futuro diverso per te?

Non so che futuro avessero in mente, sicuramente non mi hanno mai costretta a fare  niente. Sono stati come me disorientati dal fatto che la mia prima scelta poi non mi confacesse, nel senso che io l’ho patita molto questa cosa perché non capivo cosa avessi sbagliato e dove. E lì mi hanno dato assoluta libertà di capirlo e devo dire che sono stati sei mesi un po’ complessi. Quando l’Epolis mi ha chiamato non avevo ben chiaro se mio dovessi trasferire in Sardegna o meno, però sono davvero salita su un treno in corsa e ho voluto provarci ed è stato molto bello. In realtà un amico di famiglia me l’aveva consigliato in tempi assolutamente non sospetti dicendomi: “Secondo me dovresti fare la giornalista”. Io lì per lì ho risposto un po’ piccata: “Perché mi dici questa cosa”. Non avevo riconosciuto che aveva visto lungo.

Nel 2008 ti sei trasferita a Roma. Mi dici il motivo e come ricordi l’impatto con la  Città Eterna?

E’ stato difficilissimo, perché io venivo da Firenze, sono nata a Modena, città sempre di maggiore grandezza, però Roma è un pianeta a parte. Io poi facevo cronaca e  sono venuta a Roma per lavoro, in quel caso per DNews. Pensa che nasceva proprio quell’anno, io fui messa a Roma perché in realtà c’era la scelta Roma e Milano. Io non avevo né parenti né amici in nessuna delle due città, quindi ho detto: “Io vado dove servo”. E quindi sono arrivata così a Roma, lanciata sulla cronaca, il che vuol che vivi la città. Ricordo che andavo a fare i servizi con il Tuttocittà anche se c’era un vecchio tom-tom che però non funzionava perché si doveva sempre riaggiornare. Non era tutto veloce come adesso con il navigatore sul telefono. L’impatto con Roma è stato molto tosto.

La cucina romana ti ha conquistata?

Decisamente. Amo la cucina romana e sono amante dei primi e qui sono al top. La gricia per me è la numero uno a Roma.

Sei una buona cuoca?

Mi diletto, sono forte sulle zuppe. Devo dire che devo imparare a dosare meglio le porzioni perché tendo a farne veramente in abbondanza, ne faccio a pentoloni come se avessi un esercito a cena (risata).

Com’è avvenuta la folgorazione per la radio?

Parlando con te mi ricordo che ho passato una vita nel sentirmi dire: “Lo sai che potresti fare la giornalista? Lo sai che con questa voce potresti fare radio?”. A me è sempre piaciuta la radio e quando andavo alle medie avevo la radio sveglia e mi svegliavo con la radio e quindi era un mezzo molto presente. Però non sapevo proprio da dove cominciare, nel senso come si fa, e non c’era neanche l’offerta e la possibilità di proporti che c’è adesso. Ho iniziato propri qui a Roma a fare una web radio dal vivo, cioè sono entrata in un format di un collega che è molto bravo, che si chiama Valerio Mirabella e trasmettevamo sul web le serate dal vivo, quindi musica e interviste. Contestualmente io avevo già fatto la tv con Kudos che avevo scritto e condotto per Rai 4 e poi la radio. Durante il periodo della seconda stagione di Kudos, ho cominciato con le ospitate fino a che nel 2019 è arrivata l’occasione che andavo cercando con Radio 2. Con Costantino D’Orazio ho condotto “Cater Agosto” all’alba e poi insieme a Francesco De Carlo abbiamo proposto un programma a Radio 2 e l’idea era piaciuta ed ebbe un successo pazzesco.

Hai mai pensato ad un nome d’arte, un nomignolo?

No, non c’ho mai pensato, forse perché ho un nome originale. Adesso con il nome Diletta se ne sentono tanti, ma quando sono cresciuta eravamo in poche. Mi sono sentita dare dei nomi come Elettra, Bidetta e in Alto Adige addirittura mi chiamarono Delice. Quando frequentavo un social network, che si chiamava Friend Feed, che  purtroppo è andato morendo,  anche se  ad un certo punto fu acquistato da Zuckerberg ma purtroppo il progetto andò ad estinguersi, io proprio perché mi chiedevano: “Ma Diletta è il tuo nome vero?” come nickname avevo messo Diletta, tra parentesi “non è un nick”, cioè della serie è il mio nome. Forse è proprio per questo che non ho mai sentito l’esigenza di un nome d’arte, poi sai nascendo giornalista, mi viene difficile pensarlo, nel senso che dovevo firmare i pezzi, quindi non mi è mai venuto in mente.

In radio preferisci un ruolo da provocatore, polemico o caciarone?

A me piacciono tutti i mezzi purché siano gentili ed educati, là dove è possibile. Poi è chiaro che l’ironia e il modo di essere brillanti non è uguale per tutti, quindi inevitabilmente magari a qualcuno non piaci e questo è il rischio dell’esposizione e va bene così. Però a me piace il contatto che sia umano, io sono ancora una che ci rimane male se quando esco dal condominio io saluto e qualcuno non mi risponde e neanche mi fa un cenno con la testa. Quindi a maggior ragione penso che quando stai davanti ad un pubblico tu debba essere gentile e io non sono per la polemica tout court. Questo senza negare le frustrazioni che tutti possiamo vivere, quello è farsi voce di  qualcosa. L’attacco è un genere che non amo.

Nel tuo ambiente c’è meritocrazia e amicizia?

Quante ce ne sono in tutti gli altri ambienti. Vale proprio dappertutto, non è da escludere sicuramente che è un ambiente difficile e io lo descrivo in continuità. Ti assicuro che il giornalismo è un’ottima scuola da questo punto di vista perché anche lì di protagonismo ce n’è, di difesa dell’orticello ce n’è ma c’è e ci può essere anche l’amicizia. Io ho cari amici e care amiche che mi porto dietro dall’esperienze lavorative e per me è difficile non lavorare in squadra. Per quanto io sia figlia unica devo essere una pecora nera da questo punto di vista, ma per me sul lavoro esiste la squadra che non vuol dire cancellare la propria identità personale, però quando mi sono trovata in ambienti dove c’era mancanza di quella componente che vuol dire sentirsi in squadra per me è stato difficile.

Sei in radio con Saverio Raimondo nel programma “Prendila così”. Come scegliete gli argomenti?

Da questo punto di vista siamo piuttosto liberi e abbiamo anche inclinazioni diverse. Qualcosa ovviamente la trattiamo insieme, per esempio le questioni di genere sono sempre temi da trattare, ad esempio il rapporto sui salari ad altri tipi di stereotipi da combattere, che sono temi che scegliamo sempre di affrontare insieme perché ci piacciono e ci piace che ci sia una parità, cioè di tutti. Per il resto ovviamente andiamo ad inclinazione, è chiaro che quando c’è la notizia che riguarda maggiormente l’aria musicale e la tecnologica, di solito ci sono io. Saverio è molto appassionato di cold case (delitti irrisolti, ndr.) ma anche quelli dei ladri pasticcioni (risata) per intenderci come categoria. Diciamo che io e Saverio non ci pestiamo mai i piedi, difficilmente uno prende una cosa dell’altro, anzi ce le segnaliamo in base alle nostre inclinazioni. A proposito di squadra, siamo con Giulia Coltellacci che oltre ad essere una scrittrice lavora nella nostra redazione, ci conosce e ci segnala quando ci sono delle notizie che sono nelle nostre corde.

Quanto contano i social nel tuo lavoro?

Tanto, come nel lavoro di tutti. Io devo dirti la verità che ci sono nata on line, all’inizio la qualifica nel mio primo giornale era “giornalista e blogger” perché curavo un blog già da prima di scrivere per i giornali. Con il tempo, quando siamo diventati tanti blogger, la sensazione di community si è fatta un po’ più diluita e quindi ho notato per esempio che condivido molte meno gli aspetti del tutto personali che era una cosa che mi succedeva di fare con il primo facebook. Era una condivisione di tutt’altro tipo perché tu conoscevi quasi tutti quelli a cui stavi parlando. I social sono assolutamente potenti e a me diverte molto raccontare sicuramente con attenzione. Adesso comprendono tutto, conoscono il tuo tempo libero e comprendono anche la tua veste professionale, ma non mi piace che sia una cosa sola perché nessuno di noi lo è e quindi credo che anche la forma con cui ti rappresenti on line debba essere coerente con la parte di te.

Quali sono le tue ambizioni e progetti?

Una su tutte è fare cose che mi corrispondano. Non mi piace l’idea del prezzemolino e della prezzemolina che pur di farsi vedere e di dire la propria si evidenziano. Io non ho sempre da dire la mia e quando non ce l’ho, taccio che sembra assurdo facendo radio, ma sono scelte. Sono contraria all’opinione su tutto, sempre non si può averla e non è corretto secondo me averla perché per avere un opinione devi essere dentro le cose. Essere dentro le cose vuol dire semplicemente averle trattate e curate in un certo modo. Quindi spero di fare cose che mi corrispondano in pieno, che nella vita vuol dire anche attraversare delle fasi. Sicuramente mi piacerebbe tornare in TV, perché io ho avuto un programma che si chiamava “Play Digital” che ho scritto e condotto sulle innovazioni, sulle nuove tecnologie e sicuramente mi piacerebbe tornare in tv con una nuova cosa mia però al momento giusto e quando ci sarà qualcosa che sento nelle mie corde, non così a caso. Poi la radio ovviamente, lo sto dando per scontato, è il mezzo che mi si addice a tal proposito per tutto. Amo il contatto diretto che c’è con chi sta fuori dalla radio, perché la radio non è un soliloquio, altrimenti uno si metterebbe davanti ad uno specchio. La radio è rapporto ed è quello che mi piace di più di quel mezzo.  

Oltre al lavoro curi delle passioni nella vita? Hai degli interessi?

Sono una assoluta consumatrice di serie televisive che di solito vado a recuperare quando è passato il momento di hype, se mi rendo conto di aver perso qualcosa vado a recuperarlo quando è lontano dalla ribalta, da tutti i commenti e dalle recensioni. Poi ho scoperto alla mia veneranda età che mi piace giocare a tennis, quindi mi sono applicata a questa passione post covid. E’ uno sport che mi diverte, è molto tecnico e ti mette molto alla prova, è una sfida con se stessi e siccome io mi sfido parecchio, mi piace molto il tennis. Avrei dovuto arrivarci prima.