Federica Angeli (giornalista)              Roma 11.7.2018

                         Intervista di Gianfranco Gramola

La presunzione che ho rispetto ad “A Mano Disarmata” è quello di lasciare il lettore, appena di stacca dall’ultima pagina, con la voglia di rimboccarsi le maniche e lottare.

                              

Federica Angeli (Roma, 20 ottobre 1975) è una giornalista italiana conosciuta per le sue inchieste sulla mafia romana. In seguito alle minacce ricevute, vive sotto scorta dal 17 luglio 2013. Si laurea all'Università degli studi di Roma "La Sapienza" nel 2003 in sociologia con una tesi sul ruolo del freelance nei grandi quotidiani italiani. Dal 1998, sulle pagine del quotidiano La Repubblica, si occupa di cronaca nera e giudiziaria. Nel 2011 la procura di Roma apre un'indagine in seguito all'inchiesta realizzata da Federica Angeli insieme a Marco Mensurati che testimonia, con registrazioni video e audio, pestaggi e atti di nonnismo (tra i quali "l'anestesia") compiuti da un gruppo di teste di cuoio nella caserma del Nucleo operativo centrale di sicurezza (NOCS) di Spinaceto. L'inchiesta rivela che il gruppo era stato coinvolto precedentemente nel blitz per la liberazione dell'imprenditore tessile Giuseppe Soffiantini, in seguito al quale aveva perso la vita l'agente speciale Samuele Donatoni. Segue il processo in aula, la sentenza di primo grado e le conseguenti dichiarazioni di due militari su quanto presumibilmente accaduto il giorno dell'arresto di Stefano Cucchi. Come risultato della sua inchiesta del 2013, realizzata insieme a Carlo Bonini, sul legame tra i vari gruppi della criminalità organizzata di Ostia e la pubblica amministrazione, segue un'inchiesta giudiziaria sul racket che si conclude con una maxi operazione di polizia chiamata Nuova alba, in seguito alla quale vengono arrestate 51 persone appartenenti ai clan Fasciani, Triassi e Cuntrera-Caruana. L'accusa è di corruzione, infiltrazione negli organi amministrativi e nell'assegnazione di alloggi popolari, sottrazione di attività commerciali alle vittime di usura e possibili collegamenti con l'omicidio di Giuseppe Valentino, avvenuto il 22 gennaio 2005 all'interno del suo bar a Porta Metronia, nel quartiere San Giovanni a Roma. Minacciata di morte, dal 17 luglio 2013 Federica Angeli vive sotto scorta permanente. Il 21 dicembre 2015 le è stato conferito dal presidente Sergio Mattarella il titolo di Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana per il suo impegno nella lotta alle mafie. Il 25 gennaio del 2018, l’operazione Eclisse porta all'arresto di 32 persone appartenenti al clan Spada a Ostia, arrestate con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. Il 19 febbraio 2018, accompagnata dal direttore di La Repubblica Mario Calabresi e dal vicedirettore Sergio Rizzo, testimonia nel processo contro Armando Spada. Il 7 aprile 2018, una busta indirizzata a lei, contenente un proiettile, viene recapitata alla sede romana del Fatto quotidiano

Opere

Cocaparty, storie di ragazzi tra sballi, sesso e cocaina, Bompiani 2008 -  Rose al veleno, scritto insieme a Emilio Radice Bompiani 2009 - Io non taccio: l'Italia dell'informazione che dà fastidio, Edizioni Cento Autori, 2015 - Il mondo di sotto. Cronache della Roma criminale, Castelvecchi  2016 - A mano disarmata, Baldini + Castoldi 2018

Intervista

Quando hai capito che il giornalismo sarebbe stata la tua professione? Com’è nata la passione?

Avevo 16 anni quando ho iniziato a scrivere per il giornalino del mio liceo. La passione per questa professione nasce quindi dai banchi di scuola. E’ la mia curiosità per il mondo e il non accontentarmi di risposte di facciata, di superficie, che mi ha spinto a impugnare la penna.

Chi sono stati i tuoi giornalisti di riferimento, i tuoi esempi?

Giuseppe D’Avanzo è sicuramente uno di questi. Ho avuto il privilegio di conoscerlo e il suo modo di attraversare la realtà per poi raccontarla mi ha sempre affascinato molto. Oriana Fallaci è un’altra figura di reporter che ho molto amato e che amo. Non c’è un suo libro che non abbia divorato e da cui abbia imparato qualcosa per il mio mestiere. Ma se c’è uno dei giornalisti a cui mi sento più vicina caratterialmente quello è Peppino Impastato. Il suo modo di sfidare la mafia prendendola di petto è un po’ il mio.  

Com’è nata la scelta di occuparti di inchieste, corruzione, cronaca nera e mafia?

E’ stata la cronaca nera a scegliere me a essere sincera. Quando iniziai a 19 anni a collaborare con un piccolo giornale di quartiere, il Giornale di Ostia, dopo un mese trascorso a correggere bozze di colleghi e a sistemare foto negli archivi, si fece male il cronista di nera di punta del quotidiano, Alessandro Fulloni, ora al Corriere della Sera. Il direttore mi chiese di sostituirlo e dalle bozze passai agli omicidi o gambizzazioni. Uno dei miei primi articoli sul clan mafioso Fasciani è del 1998. Da quel momento non mi sono più fermata.

Perché le trasmissioni di cronaca nera hanno tanto successo in TV, secondo te?

A giudicare dagli orari in cui le tv li mandano in onda – sempre dalla seconda serata in poi – non direi che riscuotano il successo che lei gli attribuisce. Al contrario, credo che i talk di politica abbiano molta più audicence e questo è uno dei motivi per cui da 14 anni non accendo la televisione. Non c’è approfondimento di cronaca che meriti di essere guardato. Quanto alla politica non sopporto la maleducazione e le grida di politici in tv che offrono uno spettacolo davvero triste.

L’inchiesta che ti ha dato più soddisfazione più popolarità?

Ogni inchiesta portata a dama per me è stata di grande soddisfazione. Due in particolare mi hanno davvero inorgoglito: quella sui NOCS legata al sequestro Soffiantini che ha portato la procura di Roma a riconsiderare il quadro probatorio con il rinvio a giudizio dei personaggi che nella mia inchiesta avevo indicato come responsabili della morte dell’agente scelto Donadoni e quella sul traffico di armi a Roma che portò ad aprire addirittura due inchieste, una dalla procura di Roma e una di Civitavecchia. Indubbiamente quando un servizio giornalistico offre lo spunto alla magistratura per andare a fondo e arrivare alla verità anche giudiziaria per un cronista è una grande soddisfazione. Almeno per come concepisco io il mio mestiere. Senza ombra di dubbio quella che mi ha dato più popolarità è stata quella contro la mafia di Ostia.

Le doti di una giornalista di “nera”?

Un giornalista di nera non deve avere paura si sporcarsi le mani e di guardare negli occhi il male. Solo così si riesce a sostenere il peso della sporcizia e dello schifo di ciò che via via si scopre.  

Nel tuo lavoro oltre all’esperienza e il fiuto, quanto conta la fortuna?

Nelle inchieste giudiziarie nulla. Sono solo fiuto ed esperienza a farti portare a dama un lavoro sul campo. Per i pezzi di stringente cronaca nera quotidiana invece la “fortuna” di riuscire a intervistare uno dei protagonisti di una vicenda deve assisterti.

Hai scritto 5 libri. Ti hanno mai censurata?

No mai. Neanche una volta, nessun editore lo ha mai fatto.

Veniamo al tuo libro “A mano disarmata”, un titolo forte. (non l’ho ancora letto, ma lo farò) Scriverlo per te è stato un’esigenza personale, una valvola di sfogo o una sorta di dovere?

Un po’ tutte e tre le cose. La presunzione che ho rispetto ad A Mano Disarmata è quello di lasciare il lettore, appena di stacca dall’ultima pagina, con la voglia di rimboccarsi le maniche e lottare. Se ci sono riuscita io, a mano disarmata appunto, o meglio armata solo di penna e ostinazione, può riuscirci chiunque. Perché quello che racconta il libro edito da Baldini e Castoldi è la storia di una persona normale, come tutti, che si è trovata in un gioco più grande di lei, suo malgrado e non ha mai gettato la spugna.

Pensi di dare un seguito a questo libro?

Non saprei. Può darsi. Mai dire mai.

Hai subìto minacce di morte, tu e la tua famiglia vivete sotto scorta. Tornando indietro rifaresti tutto uguale o cambieresti qualcosa? Come vivete la quotidianità?

Sì. Non potrei fare altrimenti, sono fatta così. Non sono capace di voltarmi dall’altra parte, sono nata per guardare dentro le cose e per provare a cambiare quello che non va. La quotidianità è totalmente stravolta e per questa domanda rimando i curiosi al mio ultimo libro. Lì davvero è spiegato come si vive da madre e moglie con la paura di poter essere uccisi da un momento all’altro e come si continua a sorridere.

Perché la cronaca nera affascina tanto le persone?

Ritengo che forse, leggere di tragedie altrui sia un modo per esorcizzare le proprie paure e allontanarle da sé. E’ un modo per liberarsene leggendo di un fatto orribile accaduto ad altri.  

Riusciremo a sconfiggere mafia capitale secondo te?

Assolutamente sì. Ne sono convinta. Ed è questa convinzione che mi fa superare l’angoscia di vivere privata ormai dal 2013 del mio bene più prezioso: la libertà.

Nel 2015 per il tuo impegno nella lotta alle mafie, hai preso un premio dalle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A chi l’hai dedicato?

A me stessa. Fino ad allora tutto quello che avevo vinto, targhe, riconoscimenti, premi, lo avevo sempre dedicato a qualcuno. L’onorificenza di  Ufficiale della Repubblica al valore civile l’ho riservato a me. Tanto che l’ho appeso accanto al mio letto. Non visibile a chi entra in casa mia, ma solo a me, perché ricordi sempre quelle parole, quel momento, e possa fare ancora di più per la mia città e il prossimo.

Com’è il tuo rapporto con Roma, la tua città?

Un rapporto di amore e odio. Scrivo da oltre 20 anni di orrori che hanno attraversato questa città e per questo motivo conosco i segreti più profondi di uno quartiere: questa è la parte che mi spaventa di più della mia città, il suo lato oscuro, radicato e pericoloso. L’amore è per l’orgoglio di respirare le bellezze della romanità e di guardare tramonti mozzafiato.

Tu sei di Ostia, come vivi il tuo quartiere?

Come una cittadina che ama il suo territorio e che spera un giorno di vederlo libero dal malaffare-

La nostra Capitale è piena di problemi (buche, rifiuti, corruzione, ecc… ). Perché non si riesce a risolvere questo problemi. Di chi è la colpa secondo te?

E’ dalla fine del IV secolo che abbiamo prova, grazie alle lettere dell’allora prefetto Simmaco all’imperatore, della corruzione a Roma. Le colpe quindi arrivano da molto lontano e questo presente politico non è stato in grado di porvi rimedio, come promesso e millantato, rendendolo così esattamente come i suoi predecessori.

Un paio di consigli alla sindaca di Roma Virginia Raggi?

Non ho consigli da dare a chi non vuole ascoltarne.