Ferruccio Amendola (attore - doppiatore)       Roma 9.1.1993

                      Intervista di Gianfranco Gramola

La voce delle Star

                                                 

Nato a Torino il 22 luglio 1930 ma romano d'adozione, Ferruccio Amendola è stato il doppiatore più famoso e celebrato del cinema italiano. Ha prestato la sua inconfondibile voce a mostri sacri di Hollywood quali Robert De Niro, Al Pacino, Dustin Hoffman e Silvester Stallone, nonché a Bill Cosby nella serie tv "I Robinson" e agli italiani Maurizio Arena e Tomas Milian. Figlio d'arte e con una nonna essa stessa insegnante di dizione, Ferruccio Amendola ha iniziato a frequentare le sale di doppiaggio a soli cinque anni, quando ha dato la sua voce al bambino di "Roma città aperta".  Suo padre era il regista cinematografico Pietro, mentre i nonni avevano alle spalle lunghi anni di esperienze teatrali. Nel 1959 Amendola ha interpretato il ruolo del soldato De Concini ne "La grande guerra" di Mario Monicelli. Fra gli altri film interpretati vale la pena ricordare "La banda del buco", "Marinai in coperta", "Viaggio di nozze all'italiana" e "Chissà perché...capitano tutte a me". Ferruccio Amendola è diventato un volto noto per il grande pubblico grazie alla fiction tv. Dopo "Storie d'amore e d'amicizia" di Franco Rossi, è stato il portinaio di "Quei trentasei gradini", il barbiere di "Little Roma" e il dottor Aiace di "Pronto Soccorso". Amendola si è speso sovente per girare campagne pubblicitarie a scopo benefico come quella del 1996 per Greenpeace e, negli ultimi mesi di vita, a favore della Giornata dei diritti dell'infanzia. E' stato sposato con Rita Savagnone, anche lei doppiatrice, da cui ha avuto tre figli: Claudio, attore, Federico, musicista e Silvia. E' morto il 3 settembre del 2001 di cancro

Ha detto:

- Il segreto della mia voce inconfondibile ? Fumo 40 sigarette al giorno, gioco a tennis e dopo la doccia non mi asciugo i capelli.

- Recito come se parlassi al mio migliore amico.

- Il buon doppiatore deve rinunciare all' idea di interpretare il ruolo che gli viene affidato, perché è già stato recitato da un altro. Il suo compito è, invece, quello di andare il più vicino possibile all'interpretazione dell'attore cui dà la voce... Obiettivo del doppiatore è capire quello che l'attore ha voluto dire, in qualunque lingua l'abbia fatto. Bisogna porsi al suo servizio.

- Il lavoro è determinante nella vita di ognuno di noi. Fanne uno qualsiasi, ma fallo bene.

- Un doppiatore deve compenetrarsi nella psicologia del suo personaggio, capirlo, amarlo e persino indovinare ciò che si nasconde dietro le sue parole.

Risposta alla mia intervista “postale”.

"Egregio signor Gianfranco, rileggendo le risposte che le ho dato, mi sono scoperto con amarezza, un pessimismo che, Le giuro, non mi è mai appartenuto. Ma non vedo come potrei addolcire i toni delle risposte senza venir meno a quella sincerità che ha sempre accompagnato i miei comportamenti. Detto questo, ecco le risposte alle domande che Lei mi ha fatto avere...."

Intervista

Quando è venuto a Roma la prima volta?

Non ci sono venuto, mi ci hanno portato ….a pochi mesi. Sono figlio d’arte, e per questo, nato a Torino, dove mio padre e mia madre recitavano in quel periodo.

Si sente un po’ romano?

Se mi sento “romano de Roma?” Quando dico di esser nato a Torino la gente non ci crede.

E’ innamorato della Città Eterna?

Innamorato della città, si! Ma non  di questa che sto vivendo oggi, di quella che mi ricordo di aver vissuto quando ero ragazzo. Si usciva la sera d’estate “p’annà a pijà ‘na boccata d’aria” e correre appresso alle “lucciole” che non erano “mignotte”  come pensate voi, ma delicati animaletti con il corpo fosforescente che volavano a un metro da terra.

Come trova i romani?

Il romano ostenta il proprio dialetto appena fuori dalla “cinta daziaria” per farsi riconoscere che è romano. La migliore virtù del romano è il gusto della battuta.

Cosa le piace della cucina della Capitale?

Mi piace tutto ….tranne gli gnocchi e i bucatini.

So che le piace molto l’Isola Tiberina…

Si! È vero. Però la sua bellezza e l’incanto s’è perso nella desolazione degli emarginati che dormono sotto i ponti, o bivaccano sulle scale della chiesa. C’è rimasto solo questo. E il dolore vero dell’ospedale Fatebenefratelli, dove c’ho girato una fiction in cui interpretavo il dottor Aiace. Il tutto bagnato da un fiume zozzo che “je score accanto” che è il Tevere.

C’è una fontana che lei ama in maniera particolare?

La fontana di S. Agnese di via Nomentana, la conosce solo chi ci abita. Quante volte da ragazzo per bere quell’acqua fresca, ho dovuto aspettà che finisse prima er cavallo avanti a me.

Quali sono i mali di Roma che più le danno fastidio?

C’è poco da fa! So’ troppi i mali. Hanno vinto loro.

In quale periodo della storia di Roma le sarebbe piaciuto vivere?

Nel periodo di Pasquino, la voce maldicente di Roma. Avrei fatto volentieri “comunella” con lui.

Ha mai letto poesie romanesche?

Certo! come tutti, penso. Il  Belli, Trilussa, Pascarella e molti poeti  anche meno famosi: Checco Durante e Gualtiero De Angelis.

Qual è il segreto del suo successo?

Credo che il successo si ottenga più con professionalità, che con il sacrificio. O forse con tutte e due insieme…