Giovanni Veronesi (sceneggiatore, attore e regista)      Roma  20.5.2024

                            Intervista di Gianfranco Gramola

“Ho molti ricordi di Francesco Nuti, perché con lui ho passato 10 anni, sempre insieme, tutti i giorni. Abbiamo riso, pianto, siamo andati in vacanza, festeggiato i natali, i compleanni, lavorato, diviso gli appartamenti. Per cui Francesco è come se fosse una parte di me”

Giovanni Veronesi è nato a Prato il 31 agosto 1962. Ha scritto sceneggiature per Carlo Verdone, Francesco Nuti, Leonardo Pieraccioni e Massimo Ceccherini, facendo anche qualche cameo nei film che sceneggiava per loro, prima di raggiungere il successo come regista con Che ne sarà di noi, Manuale d'amore, Manuale d'amore 2 - Capitoli successivi, Italians, Genitori & figli - Agitare bene prima dell'uso e Manuale d'amore 3. Dal giugno 2014 ha condotto su Radio 2, insieme a Massimo Cervelli, il programma Non è un paese per giovani. In un'intervista del 2015, ha dichiarato che il regista Mario Monicelli era stato un modello e "un faro illuminante" della sua carriera artistica, in modo particolare per la pellicola Amici miei. Nel 2018 è uscito Moschettieri del re - La penultima missione, commedia che vede come protagonisti i moschettieri D’Artagnan, Porthos, Aramis e Athos. Il seguito di quel film, Tutti per 1 - 1 per tutti non è stato distribuito nelle sale a causa della pandemia di Covid-19. Del 2024 è il suo film Romeo è Giulietta.

Premi

David di Donatello

2005 - candidatura per il miglior film per Manuale d'amore.

2005 - candidatura per la migliore sceneggiatura per Manuale d'amore.

Nastri d'Argento

2006 - candidatura per il regista del miglior film italiano per Manuale d'amore

2006 - candidatura per la migliore sceneggiatura per Manuale d'amore

2014 - Premio Mario Monicelli dalla Fondazione Grosseto Cultura e curato da Mario Sesti e Jacopo Mosca.

Ha detto:

- Andavo col motorino a fare gli scherzi a quelli che passeggiavano tranquilli lungo la via. Li coglievo di sorpresa alle spalle, con un urlo, per fargli paura. Tra i miei preferiti c’era un vecchio che portava sempre a spasso il suo cane, un dalmata. All’inizio mi odiava, poi diventammo amici. Era Italo Calvino.

- I miei ricordi in Trentino? Le sciate in posti magnifici. Da bambino venivo a fare le gare. Le Dolomiti sono montagne uniche al mondo: aprire la finestra al mattino e poterle ammirare è un privilegio enorme.

- Sergio Rubini, Rocco Papaleo e Leonardo Pieraccioni come li definisci? Sergio è un uomo di profilo, Rocco Papaleo è il capostipite della razza dei papalei e Pieraccioni la pigrizia fatta persona.

- I miei genitori non mi hanno insegnato a vivere, ma come si  muore: con grande dignità.

Curiosità

- E’ amico stretto della cantante Gianna Nannini e ha anche preso parte del coro presente nel singolo “Inno” della cantante.

- Suo fratello Sandro è un noto scrittore.

- Veronesi è anche un bravissimo attore ed ha preso parte ad alcuni film tra cui “Willy Signori”, “Vengo da lontano” e “Ti amo in tutte le lingue del mondo”.

- Dal 2003 è legato sentimentalmente all’attrice venezuelana Valeria Solarino.

Intervista

Mi racconti com’è nata la passione per il cinema?

Io non me lo ricordo com’è nata, mi ricordo che sono sempre stato convinto che dovevo fare questo di mestiere nella vita. Non mi ricordo neanche tanto bene com’era la mia vita prima del cinema. Ho solo dei vaghi ricordi di me quattordicenne, quindicenne con la Vespina a Prato, ma non è una vita che mi piace ricordare. Credo che la mia vita vada a scansione di film e alla passione per il cinema. Sono monotematico io, non ho mille sfaccettature. Ne ho una, quella del cinema che è la mia passione ed è quella sulla quale ho riversato tutta la mia vita, tutto il mio tempo.

Ma i tuoi genitori avevano in mente un futuro diverso per te?

I genitori non pensano mai al cinema. I genitori pensano alla sicurezza e alla felicità dei propri figli, pensano alla sicurezza economica, che uno abbia di che vivere. Mio padre faceva l’ingegnere e voleva che noi figli facessimo gli architetti. Mio fratello Sandro è laureato, io ho fatto architettura ma non l’ho finita perché ho cominciato a lavorare subito. Però ci sono dei genitori illuminati come i miei che capiscono che la passione va oltre, non la puoi eliminare ad un ragazzo. Gli fai veramente il più grande torto della vita e quindi cominci male subito come genitore.

Per lavorare nel cinema ti sei trasferito a Roma. Come ricordi l’impatto con la Città Eterna?

La prima volta che sono andato a Roma ci sono andato in Vespa da Prato. C’ho messo sei ore e quando sono arrivato con la mia Vespa a Roma, ho pensato che sarebbe stata molto dura viverci, con tutti quei palazzi enormi, in quella città così piena di traffico e sebbene fossero i primi anni ‘80 c’era già un gran casino a Roma. Però io non sono andato a Roma perché mi piaceva Roma, ma sono andato dietro al cinema. Dove si fa il cinema? A Roma e io sono andato a Roma. Se il cinema si faceva a Palermo, sarei andato a Palermo, ma forse non in Vespa, ma in barca.

Con quali maestri del cinema di riferimento sei cresciuto? Avevi degli idoli, dei miti?

I miei miti sono stati i registi italiani degli anni ’60 cioè Monicelli, Scola, Germi, Risi. Però se dovessi sceglierne uno, sceglierei Mario Monicelli.

Parliamo di Francesco Nuti. Un tuo ricordo e quali pregi gli riconoscevi?

Su Francesco Nuti ho scritto un articolo su Vanity Fair, dove mi hanno fermato a 72 ricordi perché non c’era più spazio. Quindi ne ho talmente tanti perché con lui ho passato 10 anni, sempre insieme, tutti i giorni. Abbiamo riso, pianto, siamo andati in vacanza, festeggiato i natali, i compleanni, lavorato, diviso gli appartamenti. Per cui Francesco è come se fosse una parte di me, una parte che quando se n’è andata l’anno scorso, ho sentito davvero che usciva da me qualche cosa di importante e sono rimasto un po’ più solo nella vita, anche se lui ormai faceva una vita in un letto d’ospedale e non mi riconosceva più. Però era ancora vivo, adesso che non c’è più sento molto la sua mancanza, non posso più andare a trovarlo, non posso più parlargli anche se non mi ascoltava, per me era uguale perché mi ero abituato a quella vita lì. Adesso mi dovrò abituare a questa vita senza di lui, ma non so se faccio in tempo perché non sono più un ragazzino.

Hai fatto molte sceneggiature dei film di Leonardo Pieraccioni. Come l’hai  conosciuto e quale film ti ha dato maggior soddisfazione?

La più gran soddisfazione è sicuramente “Il ciclone”. Lui l’ho conosciuto perché insistentemente veniva a bussare a casa mia, voleva conoscermi, voleva farmi leggere le sue cose. Io all’inizio, devo dire la verità, non lo avevo considerato, scrivevo con Francesco Nuti quindi ero proiettato nel mondo di Francesco. Poi invece un giorno mi chiamò la moglie di Cecchi Gori, Rita Rusic e mi disse di leggere questo soggetto.  Era un soggetto che aveva scritto Leonardo e mi disse di aiutarlo e di scriverne la sceneggiatura. E da lì siamo partiti e abbiamo fatto “I laureati”.

Hai lavorato anche con Carlo Verdone.

Verdone l’ho visto alcuni giorni fa, lui abita vicino a casa mia. Quindi lo vedo o lo sento quasi tutti i giorni. Lui è un amico vero, uno dei pochi amici che mi è rimasto insieme ad Alessandro Haber e Rocco Papaleo. Mi sono rimasti amici nel tempo, da 30 anni, per cui Verdone non è un ricordo, per me lui è il presente. E’ una persona straordinaria, dal talento incommensurabile, mi sono divertito molto a dirigerlo. È come guidare una rolls royce.

Per uno sceneggiatore tutto comincia con un’idea. Ma l’ambiente che ti circonda è fonte di ispirazione per te?

Sempre. Se non avessi vissuto tutto quello che ho vissuto non avrei fatto i film che ho scritto e non avrebbero quelle battute, non avrebbero quelle scene divertenti, non avrebbero quei momenti romantici. E’ tutto un vissuto che viene romanzato, trasformato, creato in un contesto diverso, ma è sempre un qualcosa che hai trovato.

Noi in Trentino abbiamo il problema degli orsi che attaccano l’uomo. Tu hai detto che vuoi fare un film sugli orsi che vogliono abbattere e sulla cattiveria umana. A che punto sei?

E’ vero. Ora sto cercando di capire se è meglio farci un film o un documentario. Forse il documentario mette più in luce il problema e quindi riesco io a dire in prima persona le cose che voglio dire su questo scempio che sta succedendo in Trentino, su questa malvagità inutile che viene riversata su questi animali. Io non sono animalista di quelli della prima ora, però in questo caso non si tratta di essere animalista, ma si tratta di buon senso, di criterio e il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti è davvero una persona senza criterio e va dietro soltanto ai voti che vuole prendere. Ci sono degli allevatori che hanno dei problemi e invece di risolverli, ne crea un altro nell’uccidere due orsi all’anno. Questo decreto che si è fatto passare è veramente ignobile.

In radio con Max Cervelli hai condotto “Non è un paese per giovani”. Com'è nata la scelta di fare radio?

Andai ospite nella trasmissione di Max Cervelli e lui mi disse: “Ma perché non vieni più spesso in trasmissione?”. Cominciai ad andarci con più frequenza e poi il direttore dell’epoca mi propose di fare una trasmissione insieme a Max e siamo  andati avanti e si è creata questa trasmissione che è andata molto bene. La radio è un mezzo che sento molto mio, mi piace tanto la radio, molto di più della televisione.

A parte il documentario sulla vicenda degli orsi in Trentino, a cosa stai lavorando?

Ho finito adesso un film che aveva per titolo “Romeo e Giulietta”, poi ho fatto un documentario sulla valanga azzurra, che uscirà ad ottobre per la Rai. Gli storici alfieri  della valanga azzurra erano Piero Gros, Gustavo Thoeni, Erwin Stricker, Helmuth Schmalzl e Tino Pietrogiovanna. Un documentario molto emotivo perché io ero un ex sciatore, quindi per me era come chiudere un cerchio. Poi sto lavorando ancora ad altri film e altre cose.

Com’è la situazione del cinema italiano? Gode ottima salute?

Ho attraversato tante crisi del cinema italiano da quando lo faccio e sono passati  ormai 40 anni. Io non mi preoccupo più di tanto perché so che l’arte è una pratica che non muore, che non potrà mai morire, si rigenera forse, si pone in un altro verso nei confronti della società, nei confronti delle nuove generazioni, ma non muore mai, è immortale. Quindi non ho tanta preoccupazione che il cinema possa sparire come dicono le persone. Credo che invece bisogna cercare di portare la gente al cinema con la convinzione che questo sia importante, quindi da parte degli autori, da parte degli esercenti, dei produttori, dei distributori di fare il possibile per far si che la gente vada al cinema. Ma il cinema italiano ha sempre goduto di ottima salute, è che ci sono dei periodi in cui ci sono autori migliori e periodi che ci sono autori peggiori, però se guardi negli ultimi 40 anni il cinema italiano ha vinto 6/7 Oscar, compresi quelli di Roberto Benigni, tre volte Cannes con Paolo Sorrentino e Garrone, ecc… Quindi non siamo messi così male secondo me.

A chi vorresti dire “Grazie”?

A Francesco Nuti.