Michela Miti (attrice e poetessa)       Roma 19.3.2019

                Intervista di Gianfranco Gramola

"Alberto mi ha conquistata con l’innocenza, con la semplicità, con la voglia di amarmi e con la fermezza di avermi. Lui era un gentiluomo ed è stato la mia fonte di ispirazione in assoluto, perché mi ha trasmesso delle emozioni molto forti"

Michela Miti (all’anagrafe Michela Macaluso) è nata a Roma, da padre siciliano e madre toscana. Nel 1978, mentre è in vacanza con i genitori sulla riviera adriatica, partecipa a un concorso di bellezza e viene eletta Miss Riccione, ottenendo subito proposte per iniziare la carriera di fotomodella. Nel 1980 viene scritturata dalla Rai per condurre la rubrica Game all'interno del programma televisivo pomeridiano per ragazzi 3, 2, 1... contatto!. Diventa celebre per le sue partecipazioni in due film cult della commedia sexy all'italiana del filone di Pierino, ovvero Pierino contro tutti e Pierino colpisce ancora. Tra le sue altre pellicole di maggiore successo, ci sono invece W la foca (partecipazione a sketch comici), Biancaneve & Co. e Vieni avanti cretino, tutte degli anni 1982/1983. Prima ancora di avere successo come attrice appare in diversi servizi fotografici di nudo, conquistando le copertine di riviste come Playmen e Blitz. Torna sulle scene nel 1999, in diverse pièce teatrali e nel film Giallo Parma, tutti scritti dal suo compagno Alberto Bevilacqua. Oltre alla carriera cinematografica e televisiva in Rai si è dedicata anche alla poesia, pubblicando per diverse case editrici tra cui la Mondadori che nel 2001 pubblicò la raccolta Alchimia celeste, cui ne segue un'altra (L'innocenza perduta) dieci anni dopo. Ha inciso inoltre qualche brano musicale, come il 45 giri Aria di festa del 1983, pezzo poi incluso nella raccolta The World of Coffee Bar (2005)..

Intervista

Michela, com’è nata la passione per la recitazione? Hai qualche artista in famiglia?

L’artista fondamentale è stata la mia nonna materna, perché lei amava il cinema, amava tutto ciò che era cultura, leggeva “I miserabili” di Victor Hugo da ragazzina. Lei era toscana e veniva da un paesino che si chiama Castel del Piano. Lei andava ad  Arcidosso, che è un paesino di montagna della Toscana, a cercare libri che per quel periodo era difficile da trovare. Mia nonna ha cominciato a portarmi al cinema a soli tre anni e con lei ho continuato la mia strada e l’amore per il cinema e per la poesia lo devo tutto a lei.

Ma i tuoi genitori che futuro speravano per te?

Mio padre proprio non se lo immaginava il mio futuro. Lui era un bambinone, un patatone che mi voleva a tutti i costi e diceva che voleva una bambina meravigliosa e poi mi ha lasciato nelle mani di mia madre, tornava a e ripartiva e faceva quello che gli pareva. Io non ho mai avuto un padre vero, o meglio l’unico padre vero è stato il mio compagno, Alberto Bevilacqua. Lui è stato padre, compagno, amante, senza nulla togliere a mio padre.

Il mondo del cinema era come te lo immaginavi o ti ha deluso?

Francamente non mi ha deluso e nemmeno me lo immaginavo. Era il mondo di mia nonna e quindi io mi sono avvicinata con un approccio particolare, nel senso che io volevo fare il Centro Sperimentale però non mi è stato concesso per varie vicende. Allora ho dovuto percorrere strade alternative rispetto a quello che avrei voluto e non mi sono meravigliata di nulla. Mi sono avvicinata con tutta la pienezza della mia gioventù a qualcosa che volevo approcciare diversamente, ma comunque sempre con molta fedeltà, con molto intento, con molta voglia di lavorare. Il lavoro non è solo quello degli artisti, il lavoro è lavoro e va preso sul serio.

Fra colleghe hai trovato più complicità o rivalità?

Solo rivalità, ma questo è anche nella vita comune.

Hai dei rimpianti?

No. L’unico rimpianto, se così si può chiamare, è un sentimento che si chiama amore,  la morte del mio compagno mi ha lasciata spiazzata, nel senso che per la prima volta mi sono sentita indifesa. Io sono una che combatte, sono una guerriera, ma una cosa così non mi era mai capitata. La sua morte mi ha praticamente lastricata e non ero più io e mi ci è voluto parecchio tempo per riprendermi.

In quel caso, la fede ti ha aiutato?

Non lo so. Io ho fede in me, ho fede in un Dio cosmico e non sono una che  si va a battere il petto in chiesa. Prego, quando ho voglia di pregare ho le mie preghiere, quelle che mi ha insegnato mia nonna. La fede sta nel credere nella vita e credere finché ci sei. Io ho letto tanti libri, mi sono acculturata, ho fatto tante cose, però fondamentalmente noi siamo attaccati alla vita. Noi siamo qui, e quello che viviamo, emozioni, vedere un fiore, un albero, un tramonto, un sole che splende sono cose terrene, che fanno parte del creato e quindi non posso immaginare altro. Credo quindi nel creato che è stato creato da un Dio di cui noi forse non abbiamo abbastanza conoscenza.

Parliamo di poesia, Michela. Chi sono i poeti che hanno influenzato il tuo stile?

Nessuno, nemmeno Alberto, nel senso che lo stile delle mie poesie nemmeno io lo  conoscevo, tant’è che fin da bambina mi esprimevo attraverso i contrari ed ero insicura.  Poi ho scoperto grazie ad Alberto che esiste una parola molto semplice che si chiama “ossimoro” . Questo ossimoro, che mi veniva naturale fin da bambina, non lo capivo e pensavo addirittura di essere folle perché chi non capisce la poesia pensa: “Cosa scrive questa qua, che vuol dire?”. Però il fatto che Alberto mi abbia insegnato a decifrare quello che io già sapevo, è un fatto di DNA, perché non è concepibile per una bambina sapere certe cose, mi venivano spontanee, le scrivevo ed erano bellissime.

Hai lavorato in coppia con Alberto Bevilacqua?

Abbiamo fatto il film “Giallo Parma”. Io per 20 anni ho vissuto  solo di lui e lui di me. Abbiamo fatto tutto insieme. Noi due abbiamo fatto trasmissioni televisive, anche se lui a volte  si tirava indietro, oppure tiravo indietro io. Noi eravamo una cosa unica e il risultato è stato ottimo. Purtroppo quello che dovevamo finire, non è stato finito e spero di finirlo io. Lui mi ha detto: “Porta avanti tu la bicicletta”. Una bicicletta un po’ rotta …

Alberto come ti ha conquistata?

Con l’innocenza, con la semplicità, con la voglia di amarmi e con la fermezza di avermi. Lui era un gentiluomo.

Tornando alla poesia, qual è per te il momento più fertile della giornata, quando arriva l’ispirazione?

Io ho sempre scritto poesie fin da bambina, alcune non le ho mai pubblicate, ma le rivedrò in futuro. Non c’è un momento più fertile della giornata. Magari è una mia intuizione, anche se non è detto che sia cosi, come una bella foto che tu immagini in un modo e poi ti risulta  in un altro modo. Alberto è stato la mia fonte di ispirazione in assoluto, perché lui mi è valso due libri, ma non perché lui mi abbia detto cosa scrivere, ma mi ha trasmesso delle emozioni molto forti. Ieri sera da Fabio Fazio c’era Ornella Vanoni che cantava: “ Non esiste luna e cielo, non esiste nulla senza te”. Frasi poetiche e sono vere perché se non c’è amore non c’è più il cielo, le stelle e la luna.

Per te scrivere corrisponde ad un’urgenza personale, ad uno sfogo?

Si quando mi riesce è uno bello sfogo. Alberto mi diceva: “Non buttare quello che scrivi, perché staio facendo una cosa immonda”. Ancora oggi mi capita di scrivere delle cose troppo più grandi di me e che mi irritano, poi non essendoci Alberto che mi ferma, le strappo. Ci vuole un altro amore che mi fermi (risata).

Quali sono i tuoi progetti ora?

Il progetto principale sono io, perché tutto riparte da me, riparte dalla voglia di vivere, di essere, dalla mia voglia di rimettermi in gioco, che è una fatica enorme. Devo farcela da sola, perché non siamo più in coppia, come prima. Mi sono un pochino liberata da quel dolore ossessivo e terribile che avevo e che non mi faceva vedere più nulla. Ora non voglio annunciare nulla, però mi sto rimettendo in corsa.

Cinema o poesia?

In questo momento credo che per me sarebbe più risolutivo lo scrivere, perché me lo sento più mio e quindi scrivere mi diventa più facile. Quando scrivo  ho sempre un team, quindi quello che scrivo va anche rivisto, corretto e non corrotto, insieme ad altre persone. Quindi questo non mi preoccupa. Ho bisogno di uno sfogo sentimentale, scenografico e anche cinematografico. Ho bisogno di esprimermi come attrice e questo mi servirà come sfogo meglio di un’analista.

Parliamo un po’ di Roma. Come ricordi la tua gioventù?

Roma era incasinata ed era molto bella. Era una Roma dove vivevi tutto e il contrario di tutto. Mi sono divertita, mi sono anche afflitta, perché noi giovani eravamo già grandi, eravamo già preparati, eravamo più impegnati dal punto di vista sociale, dalle rivendicazioni, dall’esserci. A 18 anni parlavamo di cose troppo più grandi di noi. Da questo punto di vista mi pare che siamo tornati un pochino più indietro. Ma non è detto perché l’evoluzione e l’involuzione fanno parte dello stesso gioco. Certo che a 18 anni quando andavo al Pantheon con i miei amici non si parlava di cose semplici, perché eravamo già dei piccoli intellettuali.

In quali zone di Roma hai abitato?

Io ho abitato Roma, che è la casa più grande. Ho girato praticamente tutte le zone della capitale. Sono nata in un quartiere che era in via di crescita, dove mia madre e mio padre hanno deciso di mettermi al mondo, ossia in una casa che sta in via Tuscolana e poi sono nata al San Giovanni. Ti racconto una cosa molto buffa, che mi  ha raccontato mia madre e che mi fa molto ridere. Mia madre voleva un figlio maschio e appena sono nata non mi voleva vedere. Pesavo 4 chili, ero un bolide, ma ero bellissima e con gli occhi azzurri. Il caporeparto e il dottore dissero a mia madre: “Guardi quanto è bella”. E mia madre: “Ma io volevo un maschietto”. Nel frattempo all’ospedale  mi elessero “Miss reparto” (risata). Il mio destino era già scritto. Poi mamma mi ha abbracciata e mi ha allattata fino a tre anni, pure troppo. Vita strana la mia.

Ho letto che vuoi andare a vivere in periferia. E’ vero?

No, Roma non l’abbandono. Voglio vivere a Roma e ora devo decidere cosa fare,  cosa rimane del mio passato, del mio presente e cosa sarà il mio futuro. Devo fare delle scelte, perché è assolutamente necessario.

Roma per una che scrive poesie, può essere una fonte di ispirazione?

Lo è stata, in momenti passati forse di più. Adesso è più difficile incontrarsi e le persone che prima frequentavo, grazie ad internet, ora le sto recuperando. E’ molto faticoso, perché non c’è più l’incontro. Una volta ci si incontrava al Pantheon o al caffè Greco di via Condotti e lì nascevano dei punti d’incontro, dove si poteva parlare di poesia, di arte e di cultura. Nel 2001, quando ho pubblicato il mio primo libro “Alchimia celeste”, ho fatto la presentazione alla caffetteria di via Margutta, che adesso non c’è più. Stanno scomparendo un sacco di locali bellissimi, dove gli artisti avevano l’occasione di confrontarsi, di esprimersi e anche di arrabbiarsi. Tutto questo purtroppo sta scomparendo e speriamo risorga presto. Me lo auguro vivamente.