Nando Paone (attore)                      Trieste 1.3.2024

                      Intervista di Gianfranco Gramola

“A 16 anni andai al cinema a vedere il film “L’inquilino del terzo piano” di Roman Polansky, rimasi folgorato e in quel momento mi son detto che dovevo fare l’attore”

Nando Paone, all'anagrafe Ferdinando Paone, è nato a Napoli il 27 novembre 1956. Cresciuto nel quartiere napoletano di Bagnoli, inizia la sua professione nel 1974, a Napoli, lavorando in varie compagnie teatrali, tra le quali fa spicco l'Ente teatro cronaca di Mico Galdieri, gruppo nel quale lavora per cinque anni, interpretando una decina di commedie, in dialetto e non, tra le quali Assunta Spina e La buffa historia di capitan Fracassa..., con Ida Di Benedetto e Antonio Casagrande. Approdato a Roma nel 1976, viene scritturato in numerosi cast cinematografici: ricordiamo Caro papà, diretto da Dino Risi, in cui recita a fianco di Vittorio Gassman, che successivamente incontrerà in Camera d'albergo di Mario Monicelli e ne Il turno di Pirandello, regia di Tonino Cervi. Nella sua carriera ha recitato in più di trenta film e in oltre quaranta spettacoli teatrali (la lista è lunga). 

Intervista

Dal 6 al 10 marzo sei al teatro Basilica di Roma con “La lezione”. Mi racconti un po’ la trama e  qual è il tuo ruolo?

Il testo è di Eugène Ionesco, il pioniere del “teatro dell’assurdo”, la regia è di Antonio Calenda. Insieme a me in scena ci sono Daniela Giovanetti e Valeria Almerighi. Io sono il professore che tiene questa lezione all’allieva Daniela Giovanetti, con delle incursioni della governante Valeria Almerighi. Diciamo che Antonio Calenda in questo spettacolo ha sottolineato la valenza politica di questo testo. Bisogna sapere che Ionesco era un autore di origini rumene, quindi ha vissuto il totalitarismo rumeno in piena seconda guerra mondiale, ha vissuto la deportazione, l’olocausto e in questo pezzo lui vuole rappresentare un po’ un apologo del nazismo o meglio ancora fare un focus sulla violenza verbale, nel caso di questo testo, piuttosto che fisica, anche se poi nello spettacolo, nella commedia, sfocia anche proprio nella violenza fisica. E’ a detta dallo stesso autore una commedia tragica, nel senso che è molto pervasa di momenti leggeri e divertenti in quanto questo professore apre la sua lezione con la sua allieva in maniera molto soave, lui è un anziano molto timido, rispettoso e molto gentile mentre l’allieva si presenta un po’ spocchiosa perché sicura di sé, di buona famiglia, della borghesia, in qualche modo  e pian piano durante il protrarsi della storia i ruoli si invertono, perché l’allieva comincia a subire la violenza verbale di questo professore che la inonda di parole apparentemente senza senso, ma poi una loro logica, ce l’hanno sicuramente. L’allieva comincia a cedere mentre il professore pian paino diventa una bestia, una iena che la sopraffà. Poi non ho paura di svelare il finale, perché essendo considerato questo testo un classico del teatro, supponiamo che molto sappiamo come va a finire. In pratica il professore la uccide letteralmente con un coltello che è immaginario, cioè che non si vede, è solo mimato.

Sarai in tournée con lo spettacolo o solo a Roma e dintorni?

Siamo in tournée, abbiamo fatto la Romagna, ora sono a Trieste e poi saremo a Roma dal 6 al 10 marzo, ma si sta già lavorando per la prossima stagione.

Mi racconti com’è nata la tua passione per la recitazione? Hai artisti in famiglia?

No, nessun artista in famiglia, tutt’altro. I miei genitori non mi hanno mai visto sul palcoscenico perché purtroppo sono morti molto giovani e io ero giovanissimo. Non saprei com’è nata la passione per la recitazione, ma come tutti i bambini del mondo amavo giocare e raccontare storielle, fare il buffoncello in famiglia. Poi questa passione è cresciuta inconsapevolmente  perché appartenendo ad una famiglia modesta, non si andava a teatro. Come dicevo prima, ho perso mio padre che ero molto giovane e fino ad allora non ero mai andato a teatro, ma io ero un bambino sempre appiccicato al televisore a guardare i sceneggiati e tutto quello che era spettacolo. Poi a 15/16 anni andando al cinema fui folgorato da un film che non c’entrava niente con la mia carriera, che era “L’inquilino del terzo piano” di Roman Polaski, che era tutt’altro che comico. Rimasi folgorato e in quel momento mi son detto che dovevo fare l’attore. Poi ho iniziato come iniziano un po’ tutti gli attori, prima tra amici poi sono stato scoperto e segnalato ad un regista che mi prese in una compagnia teatrale napoletana con la quale ho girato per quattro anni, dopodiché approdato a Roma ho cominciato con il cinema e da lì è partita la mia carriera.   

Con quali miti dello spettacolo sei cresciuto? Chi sono stati i tuoi idoli?

Il mio idolo era Vittorio Gassman con cui successivamente ho avuto il piace di lavorare. La mia passione per lui è nata prima di lavorarci quindi perché l’ho sempre considerato un attore a tutto tondo, comico, drammatico, il bello, il brutto, il buono, il cattivo, insomma un genio perché sapeva interpretare qualsiasi ruolo. E’ stato ed è un modello tuttora irraggiungibile.

Mi racconti com’è nata la tua collaborazione con Vincenzo Salemme?

La collaborazione con lui nasce da un’amicizia. Ci siamo incontrati artisticamente nella compagnia di Luca De Filippo dove Eduardo De Filippo faceva il casting, faceva la regia e decideva tutto insomma. Ci siamo conosciuti lì e abbiamo stretto ancora di più la nostra amicizia che finora era solo una conoscenza. Poi dopo lui mi fece leggere un suo testo che io trovai meraviglioso.

Che titolo aveva?  

Si chiamava “Lo strano caso di Felice C”. Lo trovai bello e da allora mettemmo su una compagnia dove lui forniva i suoi testi e ne faceva la regia e così è nato il nostro sodalizio che è durato un bel po’ e che dura tutt’oggi come una bella amicizia.

Hai lavorato con molto artisti famosi. Due parole su Marcello Mastroianni e Bud Spencer.

Mastroianni è un altro mio mito, nonostante fosse distante dalle mie corde, per questo mi sono concentrato su Vittorio Gassman. Io con Mastroianni ho fatto una partecipazione in un film con la regia di Steno che era “Doppio delitto” e ricordo il fascino incredibile di Marcello, un fascino che mi ricordava molto mio padre, per quanto mio padre fosse meno bello di Mastroianni. Ma ho sempre avuto per lui una grande ammirazione, perché era un attore che ha fatto anche delle dichiarazioni molto belle.

Per esempio?

Ce n’è una che io sposo in pieno e che dice che un attore può essere il più bravo al mondo ma se non ha l’aiuto del testo, c’è poco da fare. Anche Bud Spencer era un mio mito da ragazzino, non mi perdevo un suo film sia che fosse da solo o in coppia con Terence Hill, per cui puoi immaginare quando l’ho incontrato in ben due film. Per me era un eroe e a quei tempi io ero giovanissimo, avevo 20 anni e lui una ventina di più di me, quindi era già un mito, era già un attore affermato. Io ero un ragazzino alle prime armi e avevo una sorta di timore reverenziale nei suoi confronti. Tuttavia lui mi rivolgeva la parola e mi salutava in quanto napoletani entrambi. Lui sentiva questa sorta di appartenenza e di tutto il gruppo di giovani presenti io ero l’unico che salutava, quindi una cosa molto carina da raccontare che destava l’invidia da tutti gli altri.

Quali sono le tue ambizioni?

So che un attore deve essere ambizioso e la mia ambizione principale è quella di avere la fortuna di trovare sempre il testo giusto, la regia giusta, il ruolo giusto e quindi in sintesi di trovarmi al momento giusto nel posto giusto. Poi ambizioni di carriera io non ne ho, sono soddisfatto di quello che ho fatto e ringrazio il cielo per tutto quello che ho avuto, poi se viene qualcosa in più non lo sdegno, ma mi accontento.   

Il tuo rapporto con la Fede?

E’ un po’ controverso, nel senso che ho dei seri dubbi di tipo spirituale, cioè a quello che è l’aldilà. Se mi chiedessi se sono un fervente cattolico, ti direi che credo di essere molto più vicino alla filosofia e non alla religione.

Quale filosofia?

Quella buddista e francescana. Posso dirti che mi affascina la filosofia francescana per quanto riguarda lo spogliarsi dei propri beni a favore del prossimo e buddista in quanto mi piace credere che Dio è in ciascuno di noi. Quindi alla domanda se Dio esiste, rispondo di si, credo nell’esistenza di Gesù Cristo perché è storica e ci sono testimonianze della sua esistenza. Tuttavia mi piace credere che Dio sia in ciascuno di noi.

Oltre la lavoro curi delle passioni nella vita?

Io ho studiato arti figurative, quindi ancora oggi nei momenti di pausa, mi esprimo con le arti figurative, quindi disegno, dipingo, scolpisco, sego, intaglio, incollo e plasmo un po’ tutto quello che riguarda le arti figurative. Ho una casa che è un piccolo museo (risata).