Raffaele La Capria (scrittore e sceneggiatore)   Roma 12.3.2010

                Intervista di Gianfranco Gramola

Un napoletano nella Roma della Dolce Vita di Fellini

Lo scrittore e sceneggiatore Raffaele La Capria è nato a Napoli il 3 ottobre del 1922. Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Napoli nel 1950 ed aver soggiornato in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, ha vissuto a Roma. Collabora alle pagine culturali del Corriere Della Sera, è condirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti ed autore di radiodrammi per la Rai. Nel 1957 ha frequentato ad Harvard l'International Seminar of Literature. È stato anche co-sceneggiatore di molti film di Francesco Rosi, tra i quali Le mani sulla città (1963) e Uomini contro (1970). Nel settembre del 2001 ha ricevuto il Premio Campiello alla carriera e nel 2002 gli viene assegnato il Premio Chiara sempre alla carriera. Più recentemente, ha collaborato per la Giulio Perrone Editore. Nella sua carriera Raffaele La Capria ha pubblicato oltre venti libri. Ha esordito con il romanzo Un giorno d'impazienza nel 1952. Il suo secondo libro,Ferito a morte, è uscito quasi dieci anni dopo, nel 1961, ha vinto il Premio Strega, ed è il suo romanzo più noto. Nel 1982 ha raccolto i tre romanzi "Un giorno d'impazienza", "Ferito a morte" e Amore e psiche (1973) nel volume Tre romanzi di una giornata. Ha pubblicato anche racconti come La neve del Vesuvio, la raccolta Fiori giapponesi (1979), la raccolta 4 storie d'amore (2007), Colapesce (2008), e si è dedicato molto alla saggistica pubblicando, tra gli altri, False partenze (1964), Il sentimento della letteratura (1974)), La mosca e la bottiglia (1996), e un'autobiografia, Cinquant'anni di false partenze (1964).

Bibliografia:

Ferito a morte – Amore e psiche – Tre romanzi di una giornata – Letteratura e salti mortali – Armonia perduta – Un giorno d'impazienza – Variazioni sopra una nota sola. Lettera a Francesca – L’occhi di Napoli – False partenze –  Conversazione con Raffaele La Capria – Il bambino che non volle sparire – Assolo napoletano – Sentimento della letteratura – Capri e non più Capri – Ferito a morte – L'apprendista scrittore. Dieci saggi in forma di racconto – La neve del Vesuvio – Colapesce – Napolitan Graffiti. Come eravamo – Ultimi viaggi nell'Italia perduta – Lo stile dell'anatra – La mosca nella bottiglia. Elogio del senso comune – Me visto da lui stesso. Interviste 1970-2001 sul mestiere di scrivere – Letteratura e libertà. Conversazione con Emanuele Trevi – Cinquant'anni di false partenze ovvero l'apprendista scrittore – Opere – Caro Goffredo. Dedicato a Goffredo Parise – L'estro quotidiano – L'amorosa inchiesta – Quattro storie d'amore – Guappo e altri animali – Colapesce – America 1957 – A cuore aperto. 

Ha detto

- Credo che la vita non si possa raccontare soltanto attraverso fatti, eventi, persone, ma vada indagata anche attraverso gli incontri che abbiamo fatto con i libri e i pensieri degli altri.

- Uno scrittore ha il dovere di far vedere sia le ombre sia le luci; e forse io nelle mie opere ho insistito un po’ troppo con queste ultime.

- Ho sempre avuto una istintiva avversione per le persone che fanno mostra, in letteratura, della loro abilità e intelligenza.

- Non sono lo sgobbone letterario che costruisce il proprio monumentino giorno e notte come Pasolini o Calvino. Io scrivo per esprimere le mie idee e i mie sentimenti, non per erigere l’altare a Raffaele La Capria.

Curiosità

- È sposato con l'attrice Ilaria Occhini e insieme hanno una figlia attrice e scrittrice: Alexandra (ex moglie di Francesco Venditti).

Intervista

E’ nel suo accogliente studio (stracolmo di libri) del suo appartamento di via Grazioli.

Chi le ha trasmesso la passione per la scrittura, per i libri?

Nessuno! Fu una passione innata. Sono i libri che sono venuti a me.

Che lavoro faceva suo padre?

Mio padre era il direttore del Consorzio Agrario di Napoli, poi fu nel commercio del grano.

Qual è stata la sua più gran soddisfazione nel campo letterario?

Il Premio Strega del ’61 dato al mio secondo libro “Ferito a morte”, perché arrivò  quand’ero ancora giovane e fu un buon lancio nel mondo letterario. Dopo si seppe che io esistevo.

Quando scrive a quale modello di scrittore si ispira?

Mi ispiro a me stesso, al mio talento, guidato dalla mia cultura e dalla mia esperienza della vita.

Gli scrittori italiani da lei più amati?

Italo Svevo e Goffredo Parise.

Per uno che scrive, in quale momento della giornata arriva l’ispirazione?

Nei momenti più imprevisti, anche in autobus o in treno e allora segno su un taccuino   un pensiero, uno spunto, un’idea. Questo mi garantisce una certa immediatezza.

A quale suo libro si sente più legato? Perché?

“Ferito a morte” e “L’armonia perduta”, per quanto riguarda Napoli, mentre “La mosca nella bottiglia” e “Lo stile dell’anatra” per quanto riguardano le mie idee – guida.

Ha pensato mai di scrivere un libro che come sfondo abbia la città di Roma, tipo ”Racconti romani” di Moravia?

Sinceramente no!

La cosa più cattiva che hanno detto o scritto su di lei?

Se ne hanno scritte, le ho cancellate.

A chi vorresti dire grazie ?

A chi mi vuol bene.

Quali sono i suoi progetti come scrittore?

Continuare a scrivere.

Quando si è stabilito a Roma e in quale occasione?

Nel ’52, per curare i programmi culturali della Rai, per la radio. Allora non c‘era la televisione.

In quali zone di Roma ha abitato?

A quei tempi abitavo in periferia. Ora sto in centro, a piazza Grazioli, a due passi da via del Corso.

Com’era la Roma culturale di quei tempi?

Culturalmente era molto più viva di oggi sia nel cinema, nel teatro, nella letteratura e anche nella vita mondana. Quella fu per Roma una specie di “belle époque”.

Quali personaggi frequentava in quel periodo?

Il mio lavoro alla Radio mi mise praticamente in contatto con tutti quegli artisti e scrittori che contavano.

Come ricorda la Dolce Vita? Un aneddoto curioso e divertente?

Fui presente a Milano al clamoroso fiasco della commedia che Ennio Flaiano ricavò dal suo racconto “Un marziano a Roma”. Vi fu quasi una rivolta in platea, di Milano contro Roma, contro l’idea di Roma che veniva fuori dalla commedia. I protagonisti erano Vittorio Gassman e mia moglie Ilaria Occhini. Fu allora che Flaiano disse una delle sue famose battute:” L’insuccesso mi ha dato alla testa”.

Attualmente com’è il suo rapporto con Roma?

Roma per me è come un buon albergo. Non mi pone problemi, come Napoli.

Com’è il suo rapporto con la cucina romana ? Trattoria preferita ?

E’ un po’ truculenta. Vado spesso “Al Buco”, trattoria toscana, anche perché é vicina alla mia casa.

C’è un angolino romano che ama particolarmente?

Tanti sono i posti e gli angoli che amo. Tra questi piazza del Quirinale. E’ un puro De Chirico.

Cosa le manca di Roma quando è lontano per lavoro?

Mi manca la luce, la chiara luce romana che batte sulle architetture e sulle pietre barocche.

Come trova i romani (pregi e difetti)?

Li trovo bulli, intelligenti e anche un po’ grevi e indolenti. In Belli il loro dialetto diventa dantesco.

Qual è il fascino di Roma, secondo lei?

Il fascino? Le fontane, le piazze, i monumenti e soprattutto la storia.

Cosa le dà più fastidio di Roma?

Mi da fastidio l’offesa continua che gli amministratori arrecano alla sua bellezza. Basta uno sguardo alla meravigliosa piazza del Popolo, con tutte quelle baracche e quelle tende, destinati alle adunate politiche di questo o di quel partito, o piazza Navona nel periodo natalizio o piazza del Pantheon invasa dai tavolini dei ristoranti. Una vera profanazione della bellezza.

In quale Roma del passato le sarebbe piaciuto vivere e nelle vesti di chi?

In quella in cui ho vissuto durante la mia giovinezza, la Roma della Dolce Vita, di via Veneto, della Ekberg nella fontana di Trevi. Nella Roma di Moravia, della Morante, di Gadda, di Parise, degli incontri a piazza del Popolo da Rosati alle due di notte per conversare con De Feo e Patti, la Roma di Visconti, di Giorgio De Lullo, di Vittorio Caprioli, di Patroni Griffi, di Paolo Stoppa, di Alberto Sordi o di Gassman e di tanti altri che adesso non ci sono più.