Red Canzian (musicista e polistrumentista)    Corvara  (Bolzano) 14.7.2018

                        Intervista di Gianfranco Gramola

Quello del musicista è un mestiere che dà tantissimo, ma ti toglie anche tantissimo. Ti toglie vita privata e ti toglie tutto quello che tu vorresti fare in una vita normale che a volte non riesci a fare

Per contattare l’artista il suo sito ufficiale è www.redcanzian.it

Red Canzian, all’anagrafe Bruno Canzian, nasce il 30 novembre 1951 a Quinto di Treviso (TV).  Comincia a suonare la chitarra in piena epoca beat e nella seconda metà degli anni sessanta partecipa ad alcuni concorsi in Veneto, quando approda nel gruppo musicale dei Prototipi, formato da alcuni amici d'infanzia che lo convincono ad entrare nella band dopo averlo sentito cantare. La band si guadagna da vivere, per una stagione estiva, nei locali della Riviera; al ritorno a Treviso il produttore Pino Massara decide di cambiare il nome del gruppo musicale in Capsicum Red. Con il gruppo trevigiano Rednel 1972  pubblica un LP progressive intitolato Appunti per un'idea fissa,. L'anno precedente i Capsicum Red avevano pubblicato due 45 giri (Ocean e Tarzan) e partecipato al Festivalbar 1971; una delle loro canzoni (Ocean) era stata scelta come sigla del programma televisivo della RAI ...e ti dirò chi sei, condotto da Enza Sampò. È proprio durante il Festivalbar che avviene il primo incontro fra i Pooh e Red, che rimangono ore a parlare di musica. Successivamente, a causa del servizio di leva, alcuni componenti del gruppo sono costretti a lasciare e la band dei Capsicum Red si scioglie. Red milita per un breve periodo negli Osage Tribe, dopodiché partecipa al provino per entrare a far parte dei Pooh. Il 15 febbraio 1973 viene convocato dai Pooh, che stanno cercando un bassista per sostituire Riccardo Fogli e hanno già visionato più di trecento musicisti. Tre settimane più tardi avviene il cambio con Riccardo e, dopo un po' di prove e un paio di concerti al Sud, debutta con una tournée negli Stati Uniti, coi pezzi in scaletta imparati a furia di sentire le cassette del gruppo. Al ritorno dagli USA, viene ufficialmente ammesso nel gruppo e ci resterà fino al 2016, anno dello scioglimento dei Pooh, dopo parecchi Lp,  firmando anche numerosi successi. Red Canzian ha partecipato al Festival di Sanremo 2018 con il brano Ognuno ha il suo racconto, piazzandosi in finale al 15º posto, il brano anticipa il nuovo album intitolato Testimone del tempo, che è uscito il 16 febbraio 2018.

Ha detto:

- Dipingo da sempre: disegno con la mano sinistra, ma scrivo con la destra. Una volta a scuola, la sinistra era la mano del demonio, dicevano … e così fui costretto a fare il dovere con la destra, ma il piacere, quello di disegnare e dipingere, almeno quello, lo riservai alla sinistra.

- Mio papà mi regalò la prima chitarra che era acustica, e non elettrica come avrei voluto, perché non poteva permettersela. Più tardi  scoprii che la pagò 5 mila lire, ma chiese se poteva pagarla a rate.”

- I libri mi piacciono tanto, mi piace proprio il profumo della carta stampata … ma oltre a leggerli mi piace anche scriverli. Trovo che scrivere sia una sorta di seduta psicoanalitica …  dove la penna o, ad oggi, il computer, diventano il prolungamento della tua anima, delle tue paure o dei tuoi sogni più belli. 

- Non mi vedrai mai arrabbiato per una critica. Mi arrabbiavo a 23 anni, quando dicevano che ero "il bello dei Pooh", mentre io avrei voluto essere considerato come musicista. Oggi sono un uomo sereno e in pace con sé stesso.

Curiosità

Red Canzian è sposato dal 9 luglio 2000 con Beatrice "Bea" Niederwieser e ha una figlia, Chiara, mentre Bea ha un figlio, Philipp Mersa, il quale poi, quando debutterà nel mondo della musica come batterista, si farà chiamare semplicemente Phil Mer.

Il 24 aprile del 2012 è uscito nelle librerie Ho visto sessanta volte fiorire il calicanto, autobiografia in cui Red si racconta per la prima volta parlando di sé, della sua infanzia tra Quinto di Treviso e Treviso, del suo mestiere di musicista, della sua famiglia, delle sue passioni, della sua scelta vegana e dei suoi sogni.

È un grande amante della natura, un grande coltivatore di "bonsai" (ha un'azienda agricola) e questa sua passione si trova nei libri che ha pubblicato: "Magia dell'albero" (1992), "Storie di vita e di fiori" (1996), "Magia dell'albero" (2007), "I bonsai - La natura in miniatura", "Un albero per la vita" e "Bonsai".

Red non suona solo il basso ma anche la chitarra (acustica o elettrica), il flauto dolce e il pianoforte. È anche un abile contrabbassista, violinista e violoncellista.

Intervista

Mi racconti quando ti sei avvicinato alla musica?

Io credo che per anni ci si dedicava alla musica su intuizione di quello che facevano gli amici. La musica era la cosa più importante, perché vivevamo di 45 giri, di mangiadischi, di jukebox e di feste in cui si ascoltava la musica e in cui la musica era più popolare del calcio adesso per i tifosi. Era il polo di attrazione per tutti i giovani e quindi ci fu un avvicinamento globale alla musica. Ognuno voleva avere uno strumento e cercava in qualche maniera di imparare a suonarlo. Poi come tutte le cose, avvengono le selezioni della razza. Solo i più forti resistono e quelli che avevano un motivo per andare avanti. E così è avvenuto per me.

Chi erano i tuoi musicisti di riferimento?

All’epoca, dopo i Beatles che furono la grande big band, sono stati Jimi Hendrix, Eric Clapton dei Cream. Il mondo girava intorno a questi e poi sono arrivati i Genesis, gli Yes, Emerson, Lake e Palmer. Diciamo che io nella mente ho cominciato con il rock, con il blues e quindi Hendrix, anche Mick Taylor quando fece un disco di blues molto bello, era un disco che ho consumato, specialmente sulle parti di chitarra. Da lì in poi ho seguito tutto quel mondo della musica prog, come i King Crimson che facevano ricerca e musica particolare.

Prima di dedicarti completamente alla musica, hai fatto altri lavori?

No, ero studente quando ho cominciato e spesso mi addormentavo sul banco a scuola perché la sera prima avevo suonato a cento km da Treviso, fino alle due di notte.

Quali sono le doti di un buon musicista? Il talento, la passione, l’orecchio?

Devi innanzitutto amare questo mestiere, perché è un lavoro che dà tantissimo, ma ti toglie anche tantissimo. Ti toglie vita privata e ti toglie tutto quello che tu vorresti fare in una vita normale che a volte non riesci a fare. Ti fa nascere il figlio quando tu sei in tournée, morire i genitori quando devi essere a Milano a presentare un disco e c’è il funerale di tuo padre in corso. Questo è un mestiere che devi fare solo se realmente capisci che è la tua vita. Io ho capito che è la mia vita e sono stato disposto a farlo, con tutte le cose belle che mi ha dato e le cose che mi ha tolto. Poi c’è il periodo prima che le cose vadano bene che la fame fa il suo bel dovere, parecchi anni prima che succeda qualcosa.

Come vivi il successo, la popolarità?

Io la vivo molto serenamente, forse perché ho avuto un padre che ha fatto l’operaio tutta la vita e che mi ha insegnato il valore delle cose belle che non sono misurabili con il successo, ma sono misurabili con la forza di rialzarsi ogni volta che ti fai male, ogni volta che cadi. Quella è la vera forza di un uomo. Quando va tutto bene sono capaci tutti di fare i fighi. Comunque io vivo il successo molto serenamente e lo considero un lato bellissimo del mio mestiere. Non sono mai scocciato se mi chiedono un autografo e allo stesso tempo non vado a cercarlo e non giro con le fotografie in tasca, come fanno certi colleghi per ottenere l’approvazione del pubblico.

Hai mai avuto delle fan un po’ troppo invadenti?

(risata) Devo dire che ai tempi d’oro non ci lamentavamo. Le trovavamo nei corridoi degli alberghi che ci aspettavano. La vita sai, è fatta di momenti. C’è il momento in cui la fan ti aspetta sotto casa e magari scegli la donna della tua vita, poi c’è il periodo in cui non te ne frega niente di certe cose e ti imposti su altro. Io credo che siano le stagioni della vita a cambiare i frutti di quello che arriva.

La musica secondo te, può essere una forma di preghiera e anche una terapia per stare meglio?

Sant’Agostino diceva: “Chi canta, prega due volte”. Io credo che a me la musica abbia fatto molto bene. Mi hanno operato di un tumore al polmone il 13 aprile e il 23 dello stesso mese ero già sul palco per fare le prove per poi partire per il tour estivo. Dieci giorni dopo l’operazione, ancora con i drenaggi, sul palco. Perché? Perché la musica ti fa bene, ti aiuta, ti dà entusiasmo, di carica di adrenalina positiva, ti dà la forza di superare tutto. E’ più importante quello che vai a fare di quello che hai avuto, quindi lo rimuovi, lo dimentichi.  E guarisci in fretta e ti ritrovi che hai fatto un mese di tournée e stai da Dio. Guarire sul palco è la cosa più bella. Chi ha la fortuna di avere un pubblico che ti applaude tutte le sere? Gli applausi ti danno veramente una  carica che è meglio di una medicina. Ed è anche meno tossica (risata). Anche se questi applausi, questo stare sul palco è un virus del quale non guarisci mica quando l’hai provato. Io avevo 17 anni quando ho capito che quella era la mia vita e dal palco mi tiravano giù a cannonate, altrimenti io non sarei più sceso, perché è una cosa che ti entra nella pelle. A me piace questo mestiere e il rapporto con il pubblico, il live, è la parte più vera, più solida di questo mestiere che, se ci pensi, é tutto etereo. La vera magia del live è quando vai sul palco e metti alla prova quello che hai fatto, che hai scritto, come canti, come ti poni quella sera per la gente.

Hai dei rimpianti?

No. In una vita che è andata bene come la mia, sarebbe irriconoscente nei confronti di Dio, del cielo e della vita. Tornando indietro è sicuro che rifarei le stesse cose e cercherei magari di farle meglio, perché tutto si può migliorare. Per esempio darei più spazio per quello che è la mia creatività all’interno del gruppo, ma questo lo faremo nella prossima vita (risata).

Ti ho visto in una foto insieme a Paul McCartney. Come l’hai conosciuto?

Io e lui abbiamo fatto un video contro il maltrattamento degli animali per una società animalista americana, che si chiama “Delta”. Loro ci hanno fatto incontrare e mi ha fatto sorridere quando gli americani hanno scoperto che anch’io ero un bassista come lui e che ci conoscevamo artisticamente. E’ stato un incontro carino che ricordo con molta simpatia.

Mi racconti del tuo tour estivo “Testimoni del tempo”?

Il tour estivo sarà non solo “Testimoni del tempo”, ma anche “Red in blue”, nel senso che questa estate giro con due tour. Il 31 luglio sarò ad Aquila con l’orchestra sinfonica abruzzese, con 30 elementi d’orchestra più un trio e canto le canzoni della nostra vita, i più grandi classici della musica, le canzoni più belle, quelle che hanno attraversato la mia vita e non solo la mia. Canto “Michelle” del Beatles, “Torna  a Surriento” in napoletano, “My Way” di Frank Sinatra  e tante altre belle canzoni. Mia figlia Chiara mi dà una mano e canta anche lei alcune canzoni, come “Caruso” – “Se telefonando” di Mina e “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli. Io canto “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco. E’ un viaggio basato solo sul canto e sul suono dell’orchestra, su questi arrangiamenti particolarissimi. Ogni canzone è stata spogliata e rivestita di un arrangiamento nuovo, per cui sono delle versioni bellissime. Suono solo tre canzoni con il basso, le altre le canto ed è uno spettacolo bellissimo. Poi il 4 agosto sono a Treviso con “Il testimone del tempo” che è la grande storia della musica attraverso video, filmati, fotografie, racconti e musica in cui canto “Yesterday” dei Beatles, dedicata al mio incontro con Paul McCartney, a  “California Dreamin” dei The Mamas & The Papas e poi tante altre canzoni di grandi artisti come i Pink Floyd, Elton John e tanti altri.

Cosa farai Red quando appenderai gli strumenti al chiodo?

Faccio a meno di appenderli (risata). Credimi Gianfranco, spero di finire i miei giorni il più tardi possibile sul palco o appena sceso dal palco. Credo che sia terribile finire una vita come la mia, in un letto d’ospedale. Mi piacerebbe appunto terminare un concerto e poi finire tra le braccia di Dio, tra gli applausi del mio pubblico. Finire tutta la mia storia in maniera elegante, bella. Chiaramente spero che questo avvenga il più tardi possibile, tipo verso i 97 o i 98 anni (risata).

Ho letto del tuo tumore. Vuoi lanciare un messaggio a quelli che lottano con questa brutta malattia?

L’unico messaggio che posso dare è che la prevenzione ci salva la vita. Dopo l’operazione che ho avuto al cuore, sono costretto a fare delle Tac ogni sei mesi, dei check-up  di controllo. Se non avessi fatto queste Tac, non avrei scoperto di avere un tumore sul polmone. Quindi la prevenzione è la cosa più importante, la base di tutto,  perché la medicina e quindi la ricerca, è arrivata ad alti livelli e ti salva la vita nel 90 per cento dei casi, però devi dare la possibilità di indagare. E poi una volta fatta, non abbattersi, reagire, guardare il sole, guardare i figli che crescono, guardare la natura che ci circonda. Si deve reagire con positività. Non è facile. Anch’io che ho avuto questo problema ho avuto delle ripartenze demoralizzanti, ma mi sono durate mezz’ora, non mesi. Io ho un amico che, tre anni prima di me, ha avuto gli stessi problemi al cuore come me. Ora sembra un vecchio di 90 anni e ha 5 mesi meno di me. E’ sempre in casa che si lamenta. Mi hanno aperto come un pollo e sono stato 8 ore e mezza con il cuore fermo e 5 giorni dopo l’intervento ero a Bolzano a suonare in teatro. Bisogna reagire così, ma non perché sono bravo io, è che sbaglia il mio amico a non farlo. Lamentarsi non serve a niente e non puoi metterti in pantofole. Bisogna uscire, fare qualcosa, incontrare e chiacchierare con gli amici.  

In questi casi la Fede conta?

Sicuramente. Io uomo, sono vigliacco, come la maggior parte degli uomini, perché prego quando ho bisogno. Siamo fatti così, perché è evidente che un po’ ci passi sopra, perché pensi “tanto c’è Lui”. Da quando è morto mio padre è cambiato un pochino il mio modo di pensare, perché penso a lui la sera e penso anche al cielo, alla fede. E allora credo che lassù lui mi darà sicuramente una mano, chiamando a raccolta un po’ di anime. E allora la fede ti entra, quantomeno ti fa sentire a posto, ti fa sentire meglio. Anche i nostri padri che stanno lassù, ci aiutano nelle preghiere. Ci aiutano a ritrovare la concentrazione e la spiritualità dentro di te, in un mondo fatto di gente che corre e basta.