Rossella Monaco (attrice, autrice e regista)
Roma 25.6.2019
Intervista
di Gianfranco Gramola
Un
motivo per cui uno dovrebbe leggere il mio libro? Per scoprire il “reietto”
dentro di sé, ma anche il mostro, nell’accezione positiva del termine.
Etimologicamente Monstrum significa prodigio. Noi non lo sappiamo, ma possiamo
essere prodigiosi.
Il libro di Rossella Monaco
"Reietti"
Rossella
Monaco è nata a Roma. Autrice e attrice, lavora da anni nel teatro e nella
televisione. Ha recitato con i
grandi nomi del teatro italiano, tra cui Vittorio Gassman e Alberto Lionello.
Studiato con maestri del calibro di Anthony Quinn, Francesco Rosi, Orazio Costa.
Tra i ruoli televisivi ha interpretato Rosalia, nella Piovra 3. Tra i suoi testi
recentemente rappresentati ricordiamo L’Orgasmo
della mia migliore amica, diventato a Roma un vero cult.
Ha
pubblicato il romanzo Orgasmi
geneticamente modificati (Effequ editrice, 2015); la commedia Esercizi
di Sesso vincitrice del primo premio Inner
Wheel 2003 (Borgia editore); il libro di racconti Reietti (Harpo editore, 2019).
Intervista
Dopo
“Esercizi di sesso” e “Orgasmi geneticamente modificati”, è uscito il
tuo nuovo libro: “Reietti”. Raccontami la trama.
Ecco
una parte della quarta di copertina: Il
lato comico della ferocia umana in un’antologia di racconti dissacranti
popolati da una galleria di “reietti” suggestivi e divertenti. Nei
diciassette racconti “politicamente scorretti” i perdenti assurgono al ruolo
di protagonisti.
I
personaggi delle storie sono straordinariamente diversi. In Bee
c’è l’uomo pecora creato dagli umani come fucina di organi di ricambio; in Gratia
Plenae un gruppo di suore ispirate al mito della Papessa Giovanna combatte
il maschio “egosistema” della Chiesa, non disdegando Karaoke blasfemi; in Zombi,
un uomo in stato vegetativo riesce a fregare lo Stato che gli nega
l’eutanasia; in Molestie persino per
entrare in Paradiso è necessario “darla” ai santi più potenti; in Milf
una filologa decodifica il misterioso codice Voynich scoprendo un elisir
rivoluzionario; in God Dog un gruppo
di extracomunitari costretto a partecipare a un “boat realty” escogita una
fuga fantasmagorica; in Oggi a me, domani
a te finalmente gli animali da batteria avranno la meglio sugli umani. Solo
per citarne alcuni.
Perché
il titolo Reietti?
Perché
i personaggi del libro, così fuori dagli schemi, sono considerati reietti dal
mainstream, in realtà il titolo cela un inganno, un significante ambiguo, chi
è il vero reietto? Colui che agisce liberamente seguendo la sua natura? O la
società omologata formata da individui giudicanti e tutti uguali, allontanata
dalla libertà di pensiero, emarginata dalla profondità delle emozioni e peggio
dalla fantasia?
Un
motivo per cui uno dovrebbe leggere il tuo libro?
Per
scoprire il “reietto” dentro di sé, ma anche il mostro, nell’accezione
positiva del termine. Etimologicamente Monstrum significa prodigio. Noi non lo
sappiamo, ma possiamo essere prodigiosi.
Scrivere
per te è uno sfogo, un’urgenza personale o una sorta di dovere?
La
creatività è un piacere necessario. La scrittura è un idioma ibrido, c’è
il linguaggio, la parola scritta e c’è il silenzio, la meditazione. È nel
silenzio che avviene il meglio. Il silenzio evoca, racconta, mi racconta.
Hai
mai pensato di scrivere un libro autobiografico?
Magari
un giorno narrerò le rocambolesche avventure dei miei tredici e quattordici
anni vissuti in strada assai pericolosamente. Eravamo un nugolo di ragazzini
reietti, così catalogati dal pensiero comune, in realtà i nostri cuori
viaggiavano in dimensioni libere, istintuali e fuori da ogni schema perbenista.
Nel
tuo libro c’è un messaggio che vorresti far arrivare al lettore?
Contrastare
la banalità del Nor-MALE, parafrasando Hannah Arendt.
Scrittori
preferiti
Borges,
Saramago, Carter, Chandler, Kafka, Pirandello, Palahniuk, la lista è lunga.
Una
citazione dal tuo libro
“…
avevano oltrepassato la catena della religione, niente più dogmi, comandamenti,
chiese, moschee, santi, martiri o rivalità tra credi diversi puf,
spariti, via l’inferno, il paradiso, il concetto del peccato. Erano liberi da
tutte le perversioni inflitte dalle religioni.”
Parliamo
di teatro. Com’è nata la passione per lo spettacolo? Chi te l’ha trasmessa?
Mia
nonna Leda, attrice di teatro, in casa non faceva che rappresentare monologhi di
sue vecchie commedie. Poi il grande Francesco Gisondi, anarchico e geniale
maestro delle elementari, mi ha spinto sulle scene del teatro Quirino per un
saggio scolastico. Ho fatto il botto. Da timida sono diventata una tigre,
sciantosa a dieci anni, “seduttrice” e “comica sapiente”. I lunghi
applausi a scena aperta sono stati fatali.
I
tuoi genitori che futuro speravano per te? Che lavoro fanno?
Volevano
la mia felicità. Non avevano preconcetti, né aspettative, ero libera di
scegliere. Una libreria piena di gioielli della letteratura è stata più
efficace di qualsiasi parola. La sensibilità artistica l’ho ereditata da
Marisa, mia madre, donna originale e pittrice di talento. Dal babbo Guido, taxi
driver di professione, “Nomen omen”, ho preso l’amore per il gioco in
tutte le sue forme.
Hai
lavorato con molti grandi artisti. Un tuo ricordo (aneddoto) di Vittorio
Gassman.
Una
sera in particolare. Recitavo con lui a Firenze nel Kean di Dumas, nel ruolo di
Anna Damby. La scena: una giovane donna si presenta al cospetto
dell’istrionico e geniale attore del teatro britannico, Edmund Kean. Bene,
stiamo recitando davanti alla sala gremita quando Gassman inizia a improvvisare,
invece della battuta scritta nel copione me ne porge un’altra. A questo punto
avevo due possibilità, continuare come nulla fosse o improvvisare. Ho scelto la
seconda. Il suo genio mi ha trascinata in un mix di realtà e finzione. Quando
Gassman-Kean chiede a me-Anna Damby quale mestiere facesse mio padre, rispondo
serafica, il tassista, ed eravamo in pieno ottocento. C’è stata una fragorosa
risata del pubblico. Abbiamo continuato a giocare sulle parole e sui tempi
comici. Grande lezione di teatro.
Un
aneddoto che riguarda Giorgio Albertazzi?
Mi
ricordo la sua propensione per i giochi esoterici. Un giorno mi fece il test
delle porte, dovevo immaginare di varcare una dopo l’altra quattro porte
colorate, rosa, azzurra, bianca e nera, descrivendo cosa ci fosse dietro.
Consegnate le risposte mi fa il profilo psicologico sentenziando che da lì a
poco la mia sessualità sarebbe esplosa in un canto gioioso e sfrenato per poi
essere sublimata nell’arte. A farglielo pensare deve essere stato lo scimmione
intellettuale da me immaginato dietro la porta nera.
Un
tuo ricordo di Antonella Steni?
Una
grande attrice e cantante, un po’ schiva. Però quando entrava in scena faceva
più luce dei riflettori.
La
popolarità crea vantaggi e svantaggi. Hai mai avuto qualche fan un po’ troppo
invadente?
Ne
ho avuto uno troppo timido. Un giorno trovo un pacchetto nella cassetta della
posta. Lo apro un po’ titubante. Nella mia fantasia galoppante poteva essere
un esplosivo o una miscela di uranio impoverito, ma sorpresa, la scatolina
contiene un paio di grossi orecchini a cerchio d’oro. Sul bigliettino c’è
scritto: “Sarai sempre nel mio cuore”. Niente firma. Non saprò mai di chi
fosse quel cuore nel quale a mia insaputa soggiornavo allegramente.
Hai
fatto cinema, teatro, la regista … in quale di queste professioni pensi di
dare il meglio di te (ti senti più a tuo agio)?
In
ogni cosa che faccio. Al momento le più grandi soddisfazioni le sto avendo con
la scrittura.
Qual
è stata la tua più grande soddisfazione artistica?
Scrivere
il mio ultimo libro "Reietti", un viaggio straordinario.
E
delusione?
Lavoravo
in teatro con Alberto Lionello, Divorziamo
di Sardou. Una sera dopo una replica Alberto mi suggerisce carinamente di dire
una delle mie battute verso gli spettatori, il regista Mario Ferrero me
l’aveva impostata diversamente, vedrai la differenza, concluse. Detto fatto,
per cinque sere ho ricevuto applausi a scena aperta su quella battuta, felicità
alle stelle. Alla sesta sera Lionello mi aspetta fuori del teatro per dirmi di
tornare alla prima impostazione. A nulla sono valse le suppliche e le proteste.
Poi ho scoperto il busillis. La sua donna, attrice molto competitiva, nonostante
avesse un ruolo principale nella commedia, mal sopportava i miei successi.
Il
complimento più bello che hai ricevuto?
“Mattatrice
insuperabile” commento di un giornalista del Tg 2. Ma ce n’è un altro
migliore, un uomo innamorato mi ha detto: “Tu sei: La Rosa nel Cosmo”,
anagrammando il mio nome e cognome.
Ti
sei mai infatuata di un collega?
Erano
loro che s’infatuavano di me.
Quando
non lavori, curi qualche hobby? Fai collezioni?
Leggo
molti libri, ma rientra nel mio lavoro. Colleziono piume di uccelli raccolte nei
boschi, voglia di volare?
Quali
sono le tue ambizioni?
Contribuire
a migliorare il pianeta. Esseri umani vegetariani e animali liberi e felici.
Chi
e cosa porteresti su un’isola deserta?
Un
uomo interessante e perché no? Virile, pronto a declamarmi a memoria i classici
della letteratura.
Qual
è il tuo tallone d’Achille?
Achille.
Un maschilista orribile, preferisco Ettore. A parte gli scherzi, sono impulsiva
e perfezionista, un bell’ossimoro.
Hai
un rito scaramantico prima di entrare in scena?
No,
ma ne ho visti di strani. C’era un’attrice, di cui non faccio il nome, che
fingeva di masturbarsi, però lo faceva come se fosse un uomo, forse lo era
stata nella vita precedente.
Hai
dei complessi?
Naa.
La
cosa più folle che hai fatto nella vita?
Il
bagno con i caimani in Pantanal, Brasile, oppure girare completamente nuda e
senza scarpe nella foresta messicana, o passeggiare nella giungla di notte con
una candela, c’erano i giaguari e le scimmie urlatrici, non potevi distinguere
di chi fosse il ruggito. Sono anche entrata in uno dei peggiori bar di Caracas
per bere una guarapita, mi sono salvata ballando, so farlo molto bene.
La
dichiarazione d’amore (o lettera) più stramba e divertente che hai ricevuto?
Abbaiata,
il mio amore sosteneva dessi troppe attenzioni al cane e per averne anche lui
iniziò a latrare. Uno spasso.
Un
tuo sogno nel cassetto?
Buttare
tutti i cassetti e liberare i sogni.
A
chi vorresti dire grazie?
Grazie
è una parola da usare come una mantra, è prodigiosa. Va detta continuamente, a
chiunque, alla vita, al cosmo, agli animali, alla natura, agli uccelli, alle
madri, alla madre terra, alle opere d’arte, ai filosofi, e in primis
all’amore.
Tu
sei romana. Che ricordi hai della tua gioventù?
La
Roma di Nicolini. Una manciata di anni d’oro, pieni di fermenti culturali e di
musica. Grandi eventi, concerti e spettacoli. A Roma venivano divinità
internazionali. Non dimenticherò mai Ella Fitzgerald al Circo Massimo. L’urbe
era così energica e divertente da farmi partire in tournée con le valige già
piene di nostalgia.
Quali
sono state le tue abitazioni romane (in che zona hai abitato)
Montemario;
Via Trionfale, di fronte a Villa Miani; al residence Villa tre Colli
all’inizio della Cortina d’Ampezzo; e attualmente Pineta Sacchetti, nei
pressi della Biblioteca del Parco. Gli alberi sono un comune denominatore.
Attualmente
com’è il tuo rapporto con Roma?
Vivo
molto in casa, scrivere è una disciplina costante e poi la città si è
imbarbarita, via la cultura, la mediocrità ha preso il sopravvento sulla
bellezza.
Il
tuo rapporto con la cucina romana? Cosa ti piace e viceversa? Trattoria
preferita?
Sono
vegetariana, quasi vegana, cucino in maniera meravigliosa e a Roma ci sono solo
due ristoranti vegetariani, ergo sono autarchica.
Cosa
ti manca di Roma quando sei via per lavoro?
I
miei amici. Le piante del terrazzo, i passeri e i merli ospiti del mio
ristorantino di semi sempre aperto. Poi l’arte della città, il Barocco, Roma
antica.
Roma,
con tutte le sue contraddizioni, può essere fonte di ispirazione per i tuoi
spettacoli?
Come
no. C’è una romanità assai divertente e picaresca. Si pensi al Belli a
Pascarella, a Trilussa, Flaiano, Gadda e soprattutto a Petrolini. Quei prodigi
non sono morti, vagano ancora sotto il nostro cielo. “Da cristiano! Si mmoro e
ppo’ arinasco. Pregh’Iddio d’arinassce a Rroma mia.” (Belli)
Cosa
ti dà più fastidio di Roma (esiste una Roma da buttare?)
La
corruzione, il commercio selvaggio, le catene di ristorazione, i troppi negozi,
uccidono il fascino della città.
Nei
momenti liberi in quale zona di Roma ami rifugiarti?
Davanti
casa ho il bellissimo parco protetto del Pineto, prendo S’Agapò il cane, e
insieme ci inoltriamo nel sughereto tra volpi e uccelli. La sera ogni tanto
porgo un salutino a Giordano Bruno e mi fermo nella piazza adiacente per bere un
drink con gli amici.