Tiziana Foschi (attrice e regista)       Bologna 6.2.2020

                   Intervista di Gianfranco Gramola

A teatro si lavora, si suda, si prova e si riprova, si cerca di fare tutto insieme, perché la cosa più importante è lo spettacolo, non sono i provini personali.

   

Tiziana Foschi è nata a Roma il 15 febbraio del 1964. Formatasi presso l'Accademia "La Scaletta",  debutta a teatro con Carlo Croccolo nel 1986 con O Capitan c'è un uomo in mezzo al mar di Barbara Alberti. Nello stesso anno ha fondato con Roberto Ciufoli, Francesca Draghetti e Pino Insegno la Premiata Ditta. il quartetto comico che per più di vent'anni ha occupato spazi televisivi importanti come le prime serate di Rai 2 e delle reti Mediaset. Hanno collaborato con volti molto noti della tv come Raffaella Carrà, Lorella Cuccarini, Gianni Boncompagni, Paolo Bonolis, Giancarlo Magalli e Fabio Fazio. Non ha mai trascurato il teatro, sia con la stessa Premiata Ditta e più tardi con altri attori come Massimo Giuliani con il quale ha interpretato Uscirò dalla tua vita in taxi nel 2011, o Paolo Triestino e Nicola Pistoia in È ricca, la sposo, l'ammazzo nel 2005 e Festa di compleanno nel 2005. Nella sua carriera ha spaziato dalla commedia al teatro d'autore con Cinzia Villari e Stefano Benni in Cibami nel 2008, tre monologhi tragicomici dove attraverso il cibo si raccontano le voci della società. Con Rossana Casale inizia una lunga esperienza di teatro concerto. Con questa grande cantante affronta la tematica del jazz (Donne invisibili, 2007), con un racconto tutto al femminile di mogli, amanti, figlie e madri dei jazzisti maledetti degli anni Quaranta e Cinquanta. Prosegue la sua esperienza nel teatro concerto in I bambini morti di mafia e Il sole smarrito nel 2008, diretti dal Maestro Gabriele Bonolis per La Verdi di Milano. Nel 2015 approda alla regia teatrale portando in scena l'attore Marco Falaguasta in Prima di fare l'amore nel 2015, e Non si butta via niente nel 2017, "inventando" assieme a lui, un nuovo genere teatrale: lo stand-up comedy unito alla commedia brillante. È autrice di molte commedie e sceneggiature cinematografiche.

Cinema

Uccelli d'Italia (1985) - L'assassino è quello con le scarpe gialle (1995) - I miei più cari amici (1998) - Una sconfinata giovinezza (2010) - Nobili bugie (2017)-

Televisione (Con la Premiata Ditta)

1986 - Pronto, chi gioca? - 1987 - Pronto, è la Rai?- 1987  (Rai 3) - 1988Chi tiriamo in ballo (Rai 2) - 1988 - Domani sposi (Rai 1) - 1990 - ... E saranno famosi (Rai 2) - 1991 - Ciao Weekend (Rai 2) - 1991 - Ricomincio da due (Rai 2) - 1993 - Cinema Insieme (Rai 1) - 1995 - Vita da cani (Rai 2) - 1995 - I cervelloni (Rai 1) - 1996 - Buona Domenica (Canale 5) - 1996/1998 - Campioni di ballo (Rete 4) - 1998 - A tutta festa! (Canale 5) - 1999/2002 - Finché c'è ditta c'è speranza (Canale 5) - 2000 - Premiata Teleditta (Canale 5) - 2001 - Premiata Teleditta 2 (Canale 5) - 2002 - Telematti (Italia 1) - 2003 - Oblivious (Italia 1) - 2005 - Premiata Teleditta 3 - Non sono repliche (Italia 1) - 2006 - Premiata Teleditta 4 (Italia 1) - 2006 - Ciufoli tra le stelle, solo con Roberto Ciufoli (Sky Cinema) - 2007 - Tutto Ditta (Italia 1)

Teatro (Con la Premiata Ditta)

Gallina vecchia fa buon Broadway - Baci da Broadway - Preferisco ridere 1 - Preferisco ridere 2 - Non solo Bbiutiful - Preferisco ridere 3 – Sottosopra – Soap - Sottosopra 2   

Altro

1986 - O Capitan c'è un uomo in mezzo al mar - 1986 - L'Amleto non si può fare - 1987 - My fair west - 1988 - Giulio Cesare è... ma non lo dite a Shakespeare! - 1992 - Appartamento a parte - 2001 - Pierino e il loop- 2002 - Pierino e il lupo - 2004 - La valigia blu - 2004 - Ragazze da marito- 2004 - Lover man - 2005 - Festa di compleanno - 2005 - Storie di Garbatella - 2005 - Due dozzine di rose scarlatte - 2005 - È ricca, la sposo, l'ammazzo- 2006 - Hanno sequestrato il Papa - 2006 - Parole di Note - 2007 - Donne invisibili - 2008 - I bambini morti di mafia - 2008 - La cuoca - 2008 – Cibami - 2008 - Il sole smarrito- 2009 - Diversamente giovani - 2009 - Assolo di coppia - 2010 - Ho sposato un colonnello - 2011 - Uscirò dalla tua vita in taxi - 2012 - Momento di follia -2013 - Appunti dal corpo - 2014 - Lettere di oppio - 2014 - Ti amo o qualcosa del genere - 2015 - Delirio a tre - 2018 - Pesce d'Aprile  

Regie teatrali

2015 - Prima di rifare l'amore (con Marco Falaguasta) - 2016 - Delirio a tre (con Antonio Pisu e Piji) - 2017 - Non si butta via niente (con Marco Falaguasta) - Neanche il tempo di piacersi (2020)

Radio

2011 - La notte di Radio2 (con Roberto Ciufoli)

Intervista

Tiziana Foschi è in tournée con Cesare Bocci con lo spettacolo “Pesce d’aprile”. Dal 19 febbraio al 1° marzo è al Teatro della Cometa di Roma con “Neanche il tempo di piacersi”, dove cura la regia.

Mi racconti di cosa parla “Neanche il tempo di piacersi”?

Sono cinque anni che lavoro con Marco Falaguasta. Lui viene dalla commedia, come scrittore e come interprete. Ha fatto anche molte regie. Ad un certo punto ha cominciato ad andare sulla stand-up comedy e quindi pian piano dalla scena sono spariti gli altri attori. E siamo andati a depurare dalla zona commedia e sperimentare una stand-up che però non è uno spettacolo di cabaret, ma ha comunque un capitolo narrativo. Quindi venendo dalla commedia c’è sempre un’ambientazione, un percorso, un racconto che è un tracciato molto preciso nel quale io ho potuto lavorare sia per la messa in scena che per gli umori di Marco che è in scena in prima persona. Marco in questo spettacolo deve andare a prendere la figlia adolescente ad una festa e  fa tutto un percorso durante lo spettacolo per occupare questo tempo, un percorso ambientato sotto la metropolitana. Praticamente il tracciato è che deve andare a prendere la figlia e in questo caso partire da casa sua, prendere la metro, andare dall’altra parte della città, andare a cena sempre nello stesso posto, poi riprende la metro, ecc … crea tutta una serie di inciampi, di difficoltà per occupare il tempo. Intanto ci sono questi grandi momenti che occupano gran parte dello spettacolo dove lui racconta, pensa e cerca di ragionare con il pubblico sulle nostre manie, sui vizi di questo tempo, anche le abitudini e le cose alle quali ormai ci appoggiamo anche. Abitudini che però sono anche sbagliate e soprattutto indugia molto nel rapporto con i figli. E lui racconta anche che non ci si da più neanche il tempo di piacersi, cioè di fermarsi un attimo a pensare a cosa si sta facendo.

Quindi si ride molto ma si riflette anche.

Si, lo stand-up può essere molto trasgressivo, può essere a volte cabaret, comunque ragiona su certi dolori della contemporaneità. Dolori, amori, vizi e si ragione soprattutto su questo rapporto che è cambiato tutto improvvisamente dell’essere padre/madre, in questo caso al computer, all’essere sempre connessi, e lì anche un padre ha perso i suoi riferimenti. Lui, Marco, si dice pronto ad essere un padre e questo cambia un po’ tutto. Cambia il modo di parlare, di approcciarsi, anche se lui non è preparato, perché viene da un’educazione totalmente analogica, quindi c’è l’affanno di recuperare la propria genitorialità.

Sarete in tournée?

Si, verremo a Roma, al teatro della Cometa dal 19 febbraio al 1° marzo.

Mi racconti com’è nata la tua passione per lo spettacolo? Hai artisti in famiglia?

No, non ho nessun artista in famiglia. Mio padre però si esibiva nel suo bar e ogni  volta che saliva la pedana del suo caffè, era uno spettacolo. Era un animale da palcoscenico, perché era simpatico, era spiritoso, faceva un sacco di battute e ascoltava molto le persone che frequentavano il bar della Garbatella, tutte battute che oggi Battista le mette nel suo spettacolo e ci compra le ville (risata). Io non ho preso questa qualità, non ho riportato in scena le battute del bar, soprattutto  adesso che sono in scena con questo spettacolo che è profondamente emotivo, che si scosta moltissimo dalla mia estrazione comica, brillante, però mi piace molto.

Ma i tuoi genitori che futuro pensavano per te?

In realtà io volevo fare il classico, ma era l’epoca in cui mia madre  voleva che facessi il professionale, perché poi avevamo il bar, una bella azienda che lavorava bene. Era il periodo in cui andavano di moda i professionali, una scelta che adesso è un po’ calata, nel senso che tutti i ragazzi scelgono il liceo e poi non hanno voglia di studiare e lo finiscono in otto anni invece di cinque. Allora io mi sono dedicata alla letteratura che amavo, alla lettura dei classici, soprattutto quelli russi. Non mi annoiavo soprattutto d’estate quando andavo nelle Marche, nel paese d’origine dei miei nonni, dove non c’era niente. Era un paesino piccolo e io potevo leggere e giocare tranquillamente e starmene in pace. Ho amato da subito la mia solitudine e credo che questo mi sia tornato utile, perché insegna ad entrare in contatto con la propria esistenza interiore. Non vorrei usare parole troppo ampollose, però quando entriamo  in contatto con la noia, subito inventiamo un qualcosa per distrarci. Ad esempio quando i piccoli vengono a cena con noi, vedi tutti i ragazzini con il tablet in mano. Non si distraggono più e non costruiscono con le mani, come facevamo noi, non fanno le forme con i tovaglioli o con gli stuzzicadenti, che è una grande pratica sulla fantasia e sull’idea, che noi in prima persona, ci dobbiamo dare da fare per non annoiarci ma per inventare.

Fra colleghe hai trovato più complicità o rivalità?

Io ho frequentato tanto la televisione e frequento sempre di più il teatro. A teatro devo dire che si lavora, si suda, si prova, si cerca di fare tutto insieme, perché la cosa più importante è lo spettacolo, non sono i provini personali. In televisione è più difficile questo, perché un’inquadratura che indugia su di te un po’ di più, rispetto all’altro, può creare tanta rivalità. Può creare una competizione che poi non va da nessuna parte, perché quello che tu sei, la tua formazione, i tuoi sforzi comunque si vedono. Io stavo vedendo un pezzetto di Sanremo, solo un pezzetto perché poi dovevo andare in teatro che è sempre sold out, grazie a Dio, e ho visto le polemiche  del primo giorno di Achille Lauro. A me è piaciuto molto, nel senso che lui ha cercato una costruzione teatrale e si parla comunque di uno show. Poi la canzone magari è una cretinata, l’ascolteremo e avrà ragione la canzone con l’ascolto, però bisogna comunque occupare, dare un colpo di scena in un programma che dura cinque ore. Quindi ben vengano le persone che cercano un modo per rappresentare quello che sono. Lui rappresenta quello che è, poi uno può essere d’accordo o no. Ci sono quelle polemiche, che ho sentito dire da certe persone autorevoli nei vari salotti, in cui  dicevano che non si poteva  permettere quella esibizione perché non ha un bel fisico. Io penso che quando un corpo si denuda, soprattutto a teatro, è quello che ha da dire, non quello che ha da mostrare. Io vado spesso a vedere spettacoli d’avanguardia e lì la novità è roba di casa e non ci deve sconvolgere. Però non si deve spogliare solo la bella donna, magari con il seno rifatto. Un corpo non interessa per quello che mostra, ma per quello che racconta e lui secondo me lì si stava raccontando. Io ho apprezzato molto questa performance e mi è piaciuta.

Nella tua vita professionale sono state più le soddisfazioni o le amarezze?

Io sono stata fortunata, perché io ero molto ma molto timida quando sono entrata in questo mondo, questo mondo meraviglioso che bisogna saperlo anche apprezzare, perché non é tutta falsità, ma dietro c’è duro lavoro e ci sono state molte persone interessanti che ho conosciuto, un gruppo di persone da cui sono stata protetta, ossia la Premiata Ditta. Diciamo che sono stata fortuna a cominciare subito in un gruppo molto forte, dove c’erano persone molto care come Pino Insegno. Roberto Ciufoli e Francesca Draghetti, che erano un po’ più scanzonati rispetto a me, che ero un po’ una timida da montagna. Quindi sono stata fortunata in questo. Poi nel gruppo si crea anche un limite, perché poi molto addetti ai lavori non ti fanno neanche i provini, perché vedono che lavori tanto, sei un gruppo, non ti considerano come una persona singola e quindi quello può essere un limite. Ma pian piano si scavalca tutto, anche i pregiudizi. Ora sto in scena con questo spettacolo che è di matrice fortemente drammatica, poi si ride pure. E’ bello perché il teatro dovrebbero farlo tutti perché racconti quello che sei, quello dove vai a parare e quindi è una conoscenza continua di te.

Prima di entrare in scena hai un rito scaramantico?

Si, quello classico e poi uno mio che è particolare. La mia scaramanzia, di cui faccio un rito, è quella di stare in solitudine, e di fare un esercizio ginnico. Faccio quattro mosse, ma sono sempre quelle fin da quando avevo 19 anni, nell’anno in cui ho cominciato in teatro con Carlo Croccolo.

Un tuo ricordo di Carlo Croccolo?

Lui appena mi ha visto provare ha detto: “Tu sei la figlia di Totò, sei di una comicità e hai dei tempi che non ti ha insegnato nessuno”. Io continuo a pensare che certe cose sono innate. Però servono anche le scuole di recitazione.

Hai un sassolino nelle scarpe che vuoi levarti?

Meritocrazie, raccomandazioni sono cose ritrite. Il problema è che ci siamo molto seduti sulle cose trite e ritrite. Sono diventate cose vuote. Diciamo che in Italia questo lavoro è poco considerato, perché non c’è un grande ritorno economico. La conquista teatrale mi piacerebbe che fosse più aperta e soprattutto ai ragazzi giovani. Quando ero piccola e non avevo un nome, la prima tournée che ho fatto erano dieci date ed eravamo sette ragazzi che venivano da un saggio d’accademia. Adesso i ragazzi non passano, devono prima andare in televisione, farsi un nome e poi cominciare a fare teatro, altrimenti non vengono neanche presi in considerazione.

Parliamo un po’ della tua città, Tiziana. Com’è il tuo rapporto con Roma?

La mia città fa parte di me, poi io vengo da un quartiere che è la Garbatella, una sorta di paese, dove conosco un po’ tutti quelli che sono lì da sempre. Vengono al bar di papà e con loro ho un rapporto umano, fisico e amo molto stare lì. Sono molto preoccupata come tutti i romani da quello che è il pensiero preconcetto su Roma ormai. Chiunque la vada a governare poi sembra non esserne capace, non esserne in grado. In realtà io credo che ci sia un meccanismo talmente pieno di vincoli che uno più di tanto non può fare. Quindi vedendo questa Roma un po’ vilipesa mi dispiace tanto. Quando finisco una tournée e torno a casa è una gioia, però quando rimango a Roma mi rendo conto di quanto sia difficile essere romano e vivere qui.

La tua Roma in tre posti diversi?

Sicuramente i miei vicini di quartiere, ossia Testaccio. Mi piace tantissimo quel quartiere, lo frequento e al contrario della Garbatella è esplosa a rione e quindi è diventata un po’ radical chic, con dei bei negozi ed è tenuta molto meglio di tante altre zone. Poi amo il Tevere e l’Isola Tiberina. Nell’ospedale dell’Isola ho partorito mia figlia che si chiama Nina. Poi mi piace molto il parco dell’Appia Antica che è meraviglioso, grandissimo, con delle fattorie, animali e ancora poco sfruttato. E’ un bel posto perché è un po’ selvatico, al contrario dell’altrettanto meravigliosa villa Pamphili. E poi è grandissimo e si collega con tutti i quartieri di Roma est.

Roma può essere fonte di ispirazione per i tuoi spettacoli?

Sempre. La gente soprattutto. Il dialetto mi ha un po’ stancato perché è super usato, soprattutto nei film. Poi gli attori, anche se non sanno recitare, basta che parlino romanesco e sembrano naturali. Poi Roma è un posto dove le persone sono vere e quindi una continua fonte di ispirazione.