Vittorio Feltri (giornalista e scrittore)              Milano 1.9.2023

                          Intervista di Gianfranco Gramola

“Diciamo che ho avuto una grande ammirazione per tutti i grandi giornalisti del passato. Nella cronaca mi faceva impazzire Dino Buzzati, mi piacevano tutta quella vecchia schiera di giornalisti come Montanelli e Biagi. Ho cercato anche di imitarli nei limiti delle mie possibilità. Però devo dire che seguendo i grandi se non impari, almeno non disimpari”

Vittorio Feltri è nato a Bergamo il 25 giugno del 1943. Dal 1977 al 1989 fu al Corriere della sera, con una breve interruzione nel 1983, quando assunse la direzione di Bergamo oggi. Direttore del settimanale L’Europeo (1989) e del L’Indipendente (1992-94), nel gennaio del 1994 venne chiamato al Il Giornale, succedendo nella direzione ad Indro Montanelli. Nel luglio 2000 ha lanciato un nuovo quotidiano, Libero, di cui è stato direttore fino al 2009. Nello stesso anno è tornato a dirigere Il Giornale, per ritornare nuovamente a Libero dal 2010 al 2011 nella veste di direttore editoriale al fianco di Maurizio Belpietro (direttore responsabile). Da allora è stato editorialista de Il Giornale, e nel 2016 è stato richiamato alla direzione editoriale di Libero, incarico ricoperto fino al 2020. Nel 2021 è stato eletto consigliere comunale a Milano e nel 2023 consigliere regionale in Lombardia nelle file di Fratelli d'Italia.

Pubblicazioni

Fascismo/antifascismo, con Furio Colombo (1994) - Cento anni della nostra vita visti da Vittorio Feltri 1905-2004 (2004) – I presidenti d'Italia (2006) - Sfacciati. Le caricature e gli sberleffi di Libero (2007) - Sesso, potere e intercettazioni ai tempi del Cav, con Daniela Santanchè (2008) - Sfacciati 2. Le caricature e gli sberleffi di Libero, con Benny (2008) - Il Vittorioso, con Stefano Lorenzetto (2010) - Il Quarto Reich. Come la Germania ha sottomesso l'Europa, con Gennaro Sangiuliano (2014) - Buoni e cattivi con Stefano Lorenzetto (2014) - Non abbiamo abbastanza paura. Noi e l'islam (2015) - Il vero cafone. Ciò che non dovremmo fare e facciamo tutti, con Massimiliano Parente (2016) - Chiamiamoli ladri. L'esercito dei corrotti (2017) - Il Borghese. La mia vita e i miei incontri da cronista spettinato (2018) - L'Irriverente. Memorie di un cronista (2019) - Ritratti di campioni. Cronache di un giornalista tifoso (2020) - Atalanta: la dea che mi fa godere , conversazione con Cristiano Gatti (2021) - Com'era bello l'inizio della fine. I grandi incontri della mia vita (2022).

Ha detto (scritto):

- Roma da luogo incantevole si è trasformato nell’ultimo ventennio in un centro spaventoso, dove trionfano caos e pressapochismo sia istituzionale sia sociale e in cui comandano i cinghiali e i gabbiani più aggressivi.

- Lavori chi può. La pensione non fa la felicità.

- Se non ami i gatti, mi stai già sulle balle.

- Mia madre vendeva la pasta Combattenti. La sera mi mettevo alla finestra ad aspettare il suo ritorno. Quando la vedevo arrivare, mi precipitavo di corsa giù dalle scale e la abbracciavo stretta.

- La Mannoia definisce Libero “carta da culo”. Dato che lei canta col culo, sarà a proprio agio leggendolo.

- Il giornale è vita. Noi viviamo attraverso le vite degli altri. Smettere di fare i giornali equivarrebbe a smettere di vivere.

- Mai messo piede al mare, ci finiscono le deiezioni di tutto il mondo.

Curiosità

- E' diplomato vetrinista e laureato in scienze politiche.

- Da giovane ha fatto il fattorino, poi il vetrinista e un po’ di piano bar. “Non ero granché, suonavo le canzoni di Gaber e usavo gli spartiti per la fisarmonica che erano più semplici”.

- Ha avuto ben 35 querele da parte di Antonio Di Pietro.

- Nel 2006 è stato insignito dell’Ambrogino d’oro.

- L'unico social il giornalista utilizza è Twitter.

- Nel 2000 venne radiato dall'albo dei giornalisti ma tre anni dopo la condanna si è tramutata in censura e fu riammesso.

Intervista

Com’è nata la sua passione per il giornalismo?

Diciamo che avevo quattro anni quando in casa mia mi rifiutai di andare all’asilo. Feci un tale casino per cui i miei decisero di tenermi a casa, però a casa mi rompevo le palle. Allora che cosa facevo? Pigliavo la sedia e poi pigliavo uno sgabellino, la sedia serviva come scrivania e lo sgabellino come luogo dove sedermi e così continuavo a sfogliare i giornali che c’erano in casa mia e non capivo niente. Però avevo una zia in casa, sostitutiva della mamma, che mi seguiva molto amorevolmente e io le rompevo le palle ogni due minuti per sapere cosa c’era scritto e cosa vuol dire. A forza di fare questo esercizio, ho imparato a leggere e dopo aver imparato a leggere ho continuato con questa solfa e ho imparato anche a scrivere. In quel momento mi è venuto il mente, guardando i giornali, che mi sarebbe piaciuto fare il giornalista e in effetti poi sono riuscito a farlo, attraverso varie traversie, perché la strada non è stata tutta in discesa, non è stata una passeggiata.  

Ha mai avuto dei giornalisti di riferimenti, dei maestri nel giornalismo?

Diciamo tutti i grandi del passato. Per esempio nella cronaca mi faceva impazzire Dino Buzzati. Poi ce ne sono stati tanti altri che non mi vengono in mente. Mi piacevano tutta quella vecchia schiera di giornalisti come Montanelli, Biagi, ecc … Tutti giornalisti che naturalmente hanno lasciato il segno nella storia del giornalismo, perché nessuno di questi è passato inosservato. Per cui ho cercato anche di imitarli nei limiti delle mie possibilità. Però devo dire che seguendo i grandi se non impari, almeno non disimpari.

Quante ore al giorno dedica alla scrittura e qual è il momento della giornata più fertile per scrivere i suoi pezzi?

Diciamo che io scrivo abbastanza in fretta, di solito dalle 3 e mezza del pomeriggio fino alle 4 e mezza, poi dipende anche dalla dimensione dell’articolo, dalla situazione e posso anche metterci di più. Però sono sempre stato abbastanza svelto nel comporre, quindi la cosa non mi pesa, anche perché questo mestiere coincide con la mia passione e questo mi agevola, perché tutto sommato mi diverto ancora anche se ho la bellezza di 80 anni.

E’ mai stato querelato?

Querelato come direttore si, lo sono stato diverse volte e lei sa meglio di me che il direttore risponde anche degli articoli dei colleghi di redazione. Quindi ne ho prese tante di querele e devo dire che ne ho perse pochissime.

Minacce per i suoi pezzi?

No, minacce no, per fortuna.

Nel giornalismo oltre al talento e la passione, quanto conta l’istinto?

L’istinto conta nella vita, quindi anche nel giornalismo, nel senso che tutti noi abbiamo un fiuto, chi ce l’ha più potente e chi meno potente. Però noi normalmente sentiamo, abbiamo la percezione sia dei pericoli, sia delle opportunità, per cui anch’io come tutti gli esseri umani ho seguito il mio istinto che tutto sommato mi ha portato bene. L’unica cosa che devo dire è che oggi questo è un mestiere decaduto purtroppo, perché i giornali vendono poco e quindi incassano poco e non hanno molti soldi per i giornalisti. Quando ho cominciato io i soldi erano tanti e devo dire che nel corso della mia carriera ho guadagnato molto e quindi sono abbastanza soddisfatto. Certo è che le cose oggi stanno cambiando e veramente c’è un calo di tensione, c’è troppa attenzione nei confronti dei social, della tecnologia e anche i redattori sono più seduti, aspettano di leggere le notizie sul computer e poi una volta lette, le copiano anziché andare sul posto a verificare, ad annusare la realtà. Quando c’è una notizia, bisogna andare sul posto a verificare e annusare il clima e questo purtroppo non si fa più.

Il giornalista è più temuto o invidiato?

Secondo me il giornalista non è né più temuto né più invidiato e non ha più il prestigio di un tempo.

Lei ha conosciuto molto bene Oriana Fallaci. Un suo ricordo? 

Oriana Fallaci era qualcosa di più di una collega, era una mia amica carissima con la quale per anni ho avuto un rapporto fraterno e quindi ho imparato a conoscerla ed è stata la più grande giornalista italiana, con una sensibilità particolare, una capacità incredibile di raccontare, quindi io ho per lei la massima stima. Il ricordo di lei ancora oggi mi intenerisce e mi suggerisce il ripasso delle cose che mi ha insegnato.

Ho letto che lei ha una passione sfrenata per i gatti.

Fin da piccolino avevo un gattino e mi sono innamorato di questa bella bestiola, poi ne ho avuti altri. Ora ne ho tre e trovo che i gatti sono intelligentissimi e soprattutto vanno d’accordo con me. Basta uno sguardo e io con loro mi trovo benissimo, li amo tanto perché si tratta di affetto, quindi non ho una passione più forte per nessun altro animale, anche se mi piacciono tutti, dai cani ai cavalli, agli asini, anche le galline mi piacciono, ma per i gatti ho un debole.

Lei ha definito il giornalista Andrea Scanzi “un gigione da tastiera”. Ha scritto male di lei?

No, non me ne frega niente, ce ne sono tanti che parlano male di me e la cosa onestamente devo dire che mi lascia indifferente. Qualche volta se leggo una critica, l’accetto volentieri. Se leggo invece degli spropositi, come quelli che scrive spesso Scanzi, vabbé rido lo stesso ma non me la prendo più di tanto.  

Paola Egonu, la pallavolista di colore, ha detto che gli italiani sono razzisti. Cosa ne pensa? 

Io penso che l’umanità sia abbastanza razzista, però l’umanità attraverso la cultura ha imparato a dominare questo cattivo sentimento. Credo che noi tutti abbiamo imparato la lezione, poi però mi sembra che ci stiamo progredendo su questa strada.

Lei ha definito David Parenzo “l’unico ebreo fesso”. Le litigate a “La zanzara” sono vere o improvvisate?

No, sono vere (risata), ma diciamo che non sono molto serie, questo lo devo ammettere. Mi arrabbio tutte le volte che parlo con lui in trasmissione, ma non è che la cosa mi faccia male o bene, non me ne frega niente. Quando dico “stupido” Parenzo, mi sembra una battuta felice, però niente di più. Lui è un signore che si arrabatta a fare questo mestiere, cercando di mettere insieme il pranzo con la cena.

Ad un ragazzo che si avvicina al giornalismo, che consigli vorrebbe dare?

Di cambiare mestiere, ma lo dico non perché questo sia un mestiere che non mi piaccia, ma come dicevo prima, purtroppo siamo in decadenza e con i giornali non si guadagna più niente. Un tempo si guadagnava parecchio, oggi purtroppo i compensi sono calati moltissimo perché i giornali si vendono poco, incassano poco e quindi non hanno neanche i soldi per pagare i giornalisti. Ora questo è diventato un mestiere di risorsa.  

Un domani come vorrebbe essere ricordato?

Anche se non mi ricordano, non me ne frega un ca…o (risata).