Antonello Dose (autore, conduttore radiofonico e scrittore)     Roma 27.9.2021

                            Intervista di Gianfranco Gramola

“Mia madre mi proponeva sempre di fare l’odontotecnico, perché diceva che era un mestiere “orbo”, cioè che si guadagnava un sacco di soldi”

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Antonello Dose è nato a Palmanova (Friuli Venezia Giulia) il 2 luglio 1962. In coppia con Marco Presta in Il Ruggito del Coniglio, il programma cult di Radio 2, racconta l'attualità con folgorante ironia e le notizie del giorno sono spunto per ascoltare in diretta le esperienze tragicomiche dei radioascoltatori che intervengono al telefono.Dal 1992 collabora con RadioRAI come autore e conduttore di programmi come: Effetti collaterali (1992-’93), Chidovecomequando (1993-’94), Tira imbecille (per i mondiali di calcio del 1998), Buono Domenico (’97, varietà domenicale), speciali da San Remo e Miss Italia. Dal 2 ottobre 1995 è autore e conduttore della seguitissima trasmissione radiofonica Il ruggito del coniglio, vincitrice di importanti premi nazionali, quali il premio Flaiano, il premio Satira Politica a Forte dei Marmi, il premio Aristofane, il premio Bordighera Città dell’Umorismo, il premio Fregene, il Premio simpatia in Campidoglio e numerosi altri. Ha lavorato come sceneggiatore televisivo, per Rai1, nel noto serial Un medico in famiglia e in “Pazza famiglia”. Per il cinema hanno sceneggiato Anche i commercialisti hanno un’anima di Maurizio Ponzi e scritto i dialoghi del film di animazione Opopomoz di Enzo D’Alò.

Intervista

Ho letto che hai iniziato la tua carriera come attore. Com’è nata la passione per la recitazione?

Diciamo che è stata una folgorazione dopo aver visto uno spettacolo. C’era mia sorella più grande che frequentava il teatro Ateneo di Roma, diretto da Ferruccio Marotti, e lì c’erano un sacco di grandi artisti di passaggio all’Università. Anche se ero ancora minorenne, avevo 17 anni, mia sorella mi portò a vedere uno spettacolo di Eugenio Barba che si chiamava “Ceneri di Brecht” ed era una forma di teatro così strana, così appassionante che sono tornato a casa “ubriaco” ed era la prima volta che mi succedeva e mi sono detto: “Io voglio fare l’attore da grande”.

Un colpo di fulmine. Ma i tuoi genitori che futuro pensavano per te?

Mia madre mi proponeva sempre di fare l’odontotecnico, perché diceva che era un mestiere “orbo”, cioè che si guadagnava un sacco di soldi. Quando andavo in giro a recitare mi ripeteva sempre questa frase in friulano: “Si mangia poca oca con il teatro” e poi “Farai una vita misera con questo lavoro”. Non era incoraggiante per un giovane attore.

Come hai conosciuto il tuo collega Marco Presta?

Con Marco ci siamo conosciuti da ragazzi, praticamente da bambini, perché le nostre  sorelle maggiori erano catechiste in un parrocchia di Roma sud. A quei tempi non c’erano tanti posti di aggregazione e le nostre sorelle ci portavano con loro per poi mollarci nel campetto della parrocchia, mentre loro facevano catechismo. E lì abbiamo cominciato a fare i primi danni, a scrivere delle pasquinate sul parroco e a scherzare sul mondo che avevamo intorno.     

Come ricordi gli inizi in radio?

Io in realtà sono una persona molto timida di natura, per cui i primi giorni in radio sono stati un incubo. Me la facevo sotto e non spiaccicavo una parola. Per fortuna che c’è Marco che ha una natura istrionica, con la battuta sempre pronta. Di persone come lui ne nascono una su un milione. Ho avuto la fortuna di lavorare con lui per tutti questi anni e devo dire che siamo una coppia molto complementare.

Ho letto che hai lavorato con Enrico Vaime. Come lo ricordi?

Sono ancora malinconico per la perdita di Enrico Vaime. Però lui era veramente un gran signore d’altri tempi. Ci ha insegnato lo sguardo ironico sulla realtà, ci ha insegnato l’abc della satira. A volte la realtà è talmente drammatica che l’unica cosa da fare è riderci sopra. Mi rimane un po’ il rammarico di averlo frequentato poco negli ultimi mesi, anche se abbiamo cercato di aiutarlo in tutti i modi, perché c’era il lockdown e quindi non era possibile.

25 anni de “Il ruggito del coniglio”. Qual è il segreto del successo della vostra trasmissione?

Quest’anno siamo alla 27esima edizione e il segreto è che non ce ne siamo ancora accorti del grande successo (risata). A parte gli scherzi, io e Marco siamo due grandi lavoratori, lavoriamo tante ore al giorno per portare a casa un buon risultato. Qualche volta riesce bene, altre un po’ meno bene. Poi negli ultimi anni si è creata anche un po’ di esperienza. Viviamo in un paese meraviglioso, pieno di spunti. Pensa che palle fossimo in Svezia, dove tutto è perfetto e tutto molto monotono (risata).

Come autori della trasmissione avete carta bianca o avete la censura in agguato?

Devo dire che abbiamo carta bianca, perché non abbiamo un referente politico. Penso che sia una cosa abbastanza rara, se non unica nella Rai, fare una trasmissione per tanti anni senza avere una tessera di partito.

La città dove vivete influenza il vostro estro creativo?

Sicuramente Roma è una città che crea molti stimoli. Io sono nato in Friuli ma ho abitato poco in quella regione, però ho sempre avuto la sensazione specie nei primi anni, di essere straniero a Roma e questo senso di diversità, di non appartenere al 100 per 100 a questa città, probabilmente mi ha stimolato nel cercare di fare meglio che potevo. Roma è una città millenaria, piena di contraddizioni pazzesche e potendola vivere più profondamente, sicuramente dà molti stimoli. Roma ha dei tempi molto rilassati  a differenza di Milano che devi correre sempre. Anche Milano ha degli stimoli, ma non hai il tempo per goderteli. Io ho questa sensazione.

Come ricordi il tuo incontro con papa Francesco?

E’ stata una cosa molto simpatica. Abbiamo preso il premio Biagio Agnes e tutti i premiati sono stati invitati in udienza privata da papa Francesco e tutti andavano con le proprie mogli, i propri mariti. Io sono gay e mi ero appena unito civilmente con mio marito Fabrizio, quindi mi è nato questo problema. Allora ho chiesto in Vaticano se posso portare mio marito davanti al papa. Era un fatto un po’ delicato che in effetti a questa domanda è seguita una settimana di silenzio e di imbarazzo. Volevo andare fino in fondo a questa cosa, al massimo non ci andavo. Inoltre io sono buddista da tanti anni e il Vaticano ha detto di si ed è stata una cosa molto bella. Però era una cosa molto curiosa pensare a cosa ci facevo io buddista ad un’udienza da papa Francesco. Poi ho iniziato a pensare che questo papa ha un sacco di responsabilità e inoltre è stato il primo papa che ha iniziato a dialogare in maniera seria con l’Istituto Buddista di cui faccio parte, invitando il responsabile nazionale al suo insediamento papale. Ed è stata una bella cerimonia. Diciamo che siamo in un’epoca in cui dovremo guardare le cose che ci uniscono, non che ci dividono. Si sono fatte tante guerre sante che questo pianeta non può più sopportarne. Viviamo in pace.  

Parliamo un po’ di Roma. In quali zone hai abitato?

Io sono cresciuto a Centocelle. Erano i primi anni ’60 per cui c’erano gli scontri dei giovani del ’68. Poi mio papà ha trovato una casa molto carina a Cinecittà, nel quartiere Appio Claudio. Io ho avuto la fortuna di vivere sempre con un po’ di campagna vicina e lì c’era il parco degli Acquedotti, che era un bello sfogo. Ho sempre vissuto in zone laterali, nella Roma periferica e sono andato a godere delle atmosfere della vecchia Roma quando sono diventato un po’ più grandicello. Ho il ricordo di mio papà, grande esperto di cattolicesimo e di barocco, che ogni domenica, siccome mia madre doveva pulire casa, portava me e mia sorella a fare questa passeggiata nel centro di Roma a visitare una chiesa barocca e poi ci comprava una pastarella a testa. Le passeggiate nella Roma anni ’60 – ’70 con questi tramonti, queste vedute, questi panorami e con un cicerone come mio papà, le ricordo con affetto. Viaggiando per il mondo ti rendi conto della fortuna che abbiamo sotto i piedi, perché Roma è fatta di stratificazioni e sotto Roma c’è un’altra Roma. Ora abito nei quartieri alti, mi sono avvicinato alla Rai e ho comprato casa con il frutto del mio lavoro. Sto dalle parti di via Cortina d’Ampezzo e sotto casa passeggiano tranquillamente i cinghiali (risata). In questo periodo di pandemia avere del verde intorno a casa è una fortuna.

Cosa non ti piace di Roma?

Roma è un po’ puttana, come si dice. A Roma devi seguire le relazioni con le persone, le devi corteggiare se no le perdi in un attimo. Devi coltivare le amicizie perché Roma è anche molto dispersiva, la logistica è terribile. Io ho la fortuna di spostarmi per lavoro in orari tra le 6 e le 6.30 e raggiungo la Rai in tempi brevi. Però la logistica è molto faticosa e il traffico è pazzesco. Se tu hai tre appuntamenti in un giorno e in tre punti diversi, cominci a pregare perché non sai se arriverai a tutti e tre. Poi c’è la sporcizia a cielo aperto che sembra di stare ai tempi degli antichi romani, che mi sembra sia un problema senza soluzione perché proprio i romani, o meglio gli abitanti di Roma sono un po’ zozzoni per non dire incivili. I ristoratori ammucchiano i rifiuti vicino ai bidoni e molti cittadini non fanno la differenziata.

Non è una bella cartolina per il turista che viene in visita a Roma.

Quello è un problema in tutto il mondo. Questo gruppo di cavallette che si chiamano turisti, poco o tanto, sporcano. In Germania, per dire, finita una manifestazione, un corteo o una festa di piazza, automaticamente passano quelli della nettezza urbana e tu al passaggio, hai la strada pulita. Da noi, puliscono il giorno dopo. E’ un peccato perché bisognerebbe pulire di più, fare la differenziata come fate voi in Trentino e  magari cercare di fare meno rifiuti. Mia nonna mi ha insegnato a spazzare il marciapiede davanti casa, invece noi aspettiamo che venga il comune a pulircelo. Comunque Roma ha una storia che poche città possono vantare. Vai negli Stati Uniti ed entri in un museo, trovi due cocci di terracotta che hanno 200 anni. A Roma vai ai musei Vaticani e devi starci una settimana per vedere tutte quelle sale piene di reperti. Vai a vedere la chiesa di San Clemente e trovi una chiesa sopra l’altra e lì ci sono quasi 3 mila anni di storia.

Quali sono le tue ambizioni, i tuoi progetti?

Dopo tanti approfondimenti, tante esperienze di vita, aver risolto problemi di salute gravi, scritto anche un libro, la mia ambizione massima in questo momento guardandomi intorno, è avere una rendita che mi permetta di passare il resto della mia vita curando un po’ i miei hobby, le mie passioni.

Quali sono le tue passioni?

Le mie passioni sono la filosofia, lo studio del buddismo, curare le relazioni con gli amici e qualche passione artistica.