Gianluca Semprini (giornalista e conduttore)               Roma 29.10.2021

                               Intervista di Gianfranco Gramola

“Sono cresciuto professionalmente con nessun tipo di modello e senza scimmiottare nessuno”

 

Contatti redazione@rainews.it

Gianluca Semprini è nato a Roma il 31 agosto 1970. Ha iniziato la carriera lavorando per diverse radio romane, e curando da freelance alcune pubblicazioni e collaborazioni. Dal 1995 è giornalista professionista iscritto all'Ordine dei Giornalisti del Lazio. È poi approdato a Sky Italia, dove lavorava per Sky TG24, da luglio 2016 è passato alla RAI. Ha pubblicato due libri sulla strage di Bologna e sul caso di Luigi Ciavardini, in cui contesta la strategia di destra come matrice della strage. Ha inoltre scritto, insieme a Mario Caprara, altri due libri sugli anni di piombo e, in particolare, sul terrorismo di destra in Italia. Ha moderato il confronto televisivo tra i candidati alle elezioni primarie di "Italia. Bene Comune" del 2012 ed ha fatto lo stesso per il dibattito relativo alle primarie del PD del 2013. In occasione delle elezioni comunali 2016, ha moderato sugli schermi di Sky TG24 i confronti tra i candidati sindaco dei principali comuni italiani. Dal 22 febbraio 2017 Semprini lavora come conduttore (prima nella fascia notturna e in seguito in quella serale) di RaiNews24. Da giugno ad agosto 2018 ha condotto in coppia con Ingrid Muccitelli La vita in diretta Estate, mentre dal 2019 è stato co-conduttore di Centocittà, programma mattutino di Rai Radio 1. Da giugno 2021 ha condotto Estate in diretta in coppia con Roberta Capua.

Intervista

Perché hai scelto di fare il giornalista? Com’è nata la tua passione?

Da ragazzo avevo le idee un po’ confuse. Sono figlio di un piccolo imprenditore che era nel campo dell’edilizia e quindi all’età di 15 anni stavo spesso in cantiere, oltre che a studiare. Diciamo che ero predestinato per quel mestiere che però non mi piaceva proprio. Poi ad un certo punto ho deciso che dovevo diventare veterinario e sono andato a iscrivermi a veterinaria. Solo che avevano chiuso le iscrizioni il giorno prima. Mi son detto: “ Vabbè, cambio vita”. E mi sono iscritto a sociologia, intanto continuavo a lavorare e a fare varie cose. Diciamo che ho iniziato a 21 anni  collaborando con piccole riviste e poi facendo una tesi di laurea per sociologia e poi sono andato a parlare per la prima volta in una radio. Questo a 22 anni.  Ho messo le cuffie, ho cominciato a parlare alla radio e mi è piaciuto subito. E lì è scattata la mia passione, quindi ho cominciato a collaborare con le radio a 23 anni. Ora ne ho 51 e da più di metà della mia vita sono quasi sempre in diretta, prima in radio e ora in televisione e questa è la mia caratteristica, star quasi sempre in diretta, che non è male.

Con quali idoli del giornalismo sei cresciuto?

Io non ho mai detto: “Voglio diventare come …”. Però mi ricordo la calma e la compostezza di annunciatrici e giornalisti Rai degli anni ‘70 - ‘80 - ‘90. Mi piaceva molto lo stile di Enrico Mentana che comunque era innovativo. Però devo dire che sono cresciuto professionalmente con nessun tipo di modello. Non sono mai cresciuto scimmiottando nessuno.

Quali sono le doti di un buon giornalista?

Per primo devi essere curioso e secondo devi capire le cose. Se le capisci tu poi le puoi far capire anche agli altri. Devi provare tu ad analizzare le notizie, anche i fatti più ostici, come negli ultimi mesi che abbiamo parlato tanto di medicina, della questione mediorientale, piuttosto che la legge di bilancio. Se le cose le capisci tu, riesci a comunicarle meglio. Certe volte siamo i primi a non capire le cose e quindi a comunicarle male.

Perché la cronaca nera è molto seguita in tv?

Perché tutti abbiamo evidentemente questo fascino represso del male o abbiamo paura di quello che ci può accadere intorno e magari tiriamo un sospiro di sollievo perché questo non è accaduto a noi. Lo dico brutalmente, ma il motivo penso sia questo. Oltre alla morbosità e in qualche maniera quel senso di sicurezza che non è accaduto a te quella cosa.

Fiorello ha criticato l’eccesso di cronaca nera televisiva, dicendo che dovrebbero occuparsene i giornali. Cosa ne pensi?

Si, poi però tante volte la tv fa i conti con lo share e vedendo quanto la cronaca nera interessa al pubblico diventa un problema tra gli obiettivi che uno ha, l’etica che uno ha, e la scelta del pubblico.

Hai scritto quattro libri, parlando di stragi, di terrorismo e degli anni di piombo. Che reazioni hanno avuto i lettori e cosa ti ha spinto ad affrontare questi temi?

Noi da bambini siamo cresciuti in anni molto cupi, nei tempi del terrorismo. La mia genesi dell’essere giornalista, forse nasce in terza elementare, quando ho fatto un tema che poteva essere “Tu e la tua famiglia” o “Le tue vacanze” non mi ricordo esattamente, e io scrissi una cronaca del rapimento di Aldo Moro. La maestra chiamò mia madre e glielo disse. Evidentemente era un fatto che l’aveva colpita molto. Ricordiamoci che Moro era un ex presidente del Consiglio. Erano anni molto cupi e tutto è partito con un’intervista che ho fatto in radio  al presunto autore materiale della strage di Bologna, che poi è stato condannato in via definitiva, anche se ci sono molti lati oscuri ancora. Poi dopo è cominciato quel filone con i ritratti, soprattutto con gli estremisti di destra che hanno avuto delle vite per certi verso molto estreme e che sono delle sceneggiature già scritte. Poi sono stato preso anche dal lavoro in Tv, anche dalla famiglia, ho quattro figli, Gianfranco (risata).

Di cosa parlerà il tuo prossimo libro?

Ho in cantiere alcuni progetti, che ho iniziato e li ho lasciati così. Non lo so di cosa parlerà il mio prossimo libro, per adesso sto leggendo molti romanzi. Riesco a ritagliarmi qualche ora per leggere, mentre mia moglie guarda qualche serie TV, la sera. E quello è un buon rifugio, perché vedo che anche i miei figli sono appassionati di lettura e questa è una cosa molto bella. Forse un giorno scatterà la scintilla per il prossimo libro.

Una tua ossessione professionale?

Ho l’incubo di non riuscire ad andare in onda, nel senso che mentre vado in onda, succede qualcosa che mi impedisce di entrare nello studio o non arrivo in tempo. O non mi esce la voce oppure sta succedendo qualcosa che non controllo. Una ossessione è controllare tutto, perché noi andiamo in diretta e ci occupiamo di tante cose insieme, quindi hai un cervello che va da una parte all’altra in continuazione. Mentre fai una cosa, già ne pensi un’altra e vai avanti. La paura è non riuscire a tenere sotto controllo la diretta.

Oltre al lavoro e alla lettura, curi delle passioni nella vita?

A parte i quattro figli (risata), che è la mia passione più bella, quando posso gioco a paddle, mi piace molto ed è un riscatto, perché io sono uno che ha giocato molto a tennis da ragazzino, poi ho avuto il rifiuto e ora c’è questa moda del paddle. Gioco anche con mia moglie ed è molto divertente. Poi, più che una passione è una ossessione,  è la Roma, che mi fa soffrire tanto (risata). Quella purtroppo è una malattia che ad uno dei miei figli non ho trasmesso e ne sono contento. Purtroppo mia moglie e due figli sono della Lazio, quindi pensa quando c’è il derby (risata). E’ terribile.

Com’è il tuo rapporto con Roma, la tua città?

D’amore e odio. Io mi sento profondamente romano, anche se non sono romano di prima generazione, perché mio padre era romagnolo e mi sento addosso questo spirito romagnolo. Però Roma la maledici  6 giorni su 7, poi un giorno vai in centro per qualche motivo o per fare una passeggiata e ti accorgi che non c’è niente di più bello. Ieri, per dire, moderavo un incontro in uno dei palazzi vicino a piazza Colonna, in piazza Santissimi Apostoli, al secondo piano, in una stanza tutta affrescata che era una meraviglia, una terrazza clamorosa e ho pensato che questo è un posto che in un’altra città se la venderebbero come una delle prime mete turistiche. Questa meraviglia sta qua e nessuno sa che esiste. E’ un peccato.

In quali zone di Roma sei cresciuto?

Io sono di Roma sud, anche se adesso abito a Roma nord. Sai a Roma c’è questa contrapposizione, perché quella  sud è più verace. Io sono nato e cresciuto a San Giovanni, poi quando ero più grande stavo all’Axa, a Casal Palocco, quindi verso il mare. Quindi ho fatto una vita molto bella, molto dissociata. Pensa che all’età di 8 anni giravo per strada da solo, andavo per i prati e  quando uscivo da scuola, c’era il mio cane che mi aspettava fuori. Ho vissuto una Roma molto diversa, molto più tranquilla, molto bucolica da ragazzo.

Cosa ne pensi del nuovo sindaco Roberto Gualtieri?

So’ cavoli suoi (risata). Gliel’ho detto anche in diretta appena è stato nominato sindaco. Nella maratona in diretta gli chiesi: “Adesso, che ti inventi?”. La situazione è tosta, ci vuole veramente una persona con una grande visione. Hai presente Tarzan che si muove nella giungla? (risata). Io non saprei da dove cominciare, si vabbè i rifiuti, le buche, ecc … Anche il discorso della viabilità, bisognerebbe chiudere la città alle macchine per due anni e organizzare per far entrare i cittadini.