Mario Giordano  (giornalista, scrittore e conduttore tv)    Milano 9.6.2022

                             Intervista di Gianfranco Gramola

“Ho scritto questo libro proprio per farne una specie di manuale di autodifesa, per riconoscerli, perché la caratteristica tipica dei “tromboni” è che si presentano con la verità in tasca ed è sempre una verità indiscutibile”

Mario Giordano è nato ad Alessandria nel 1966. Laureato in Scienze politiche, dopo l’esordio nel giornalismo presso il settimanale cattolico Nostro tempo, dal 1994 ha collaborato con L'informazione e dal 1996 con Il Giornale, debuttando nel 1997 in televisione nel programma Pinocchio condotto da G. Lerner. Direttore di Studio Aperto dal 2000, dal 2007 al 2009 è stato direttore de Il Giornale; direttore di News Mediaset (2009-10), nel 2011 è passato alla direzione di Mediaset All-News TGcom24, nel 2013 a quella di Videonews, nel 2014 a quella del Tg4 e nel 2018 delle Strategie e dello Sviluppo dell'informazione Mediaset. Dopo aver scritto per Libero, attualmente scrive per il quotidiano La Verità. Dal 2018 conduce su Rete4 il programma Fuori dal coro. E’ autore di numerose pubblicazioni, tra cui occorre citare: Silenzio si ruba (1997); Waterloo! Il disastro italiano. L'Italia che non funziona (1999); Attenti ai buoni. Truffe e bugie nascoste dietro la solidarietà (2003); Senti chi parla. Viaggio nell'Italia che predica bene e razzola male (2007); Sanguisughe. Le pensioni d'oro che ci prosciugano le tasche (2011); Spudorati (2012); Tutti a casa! Noi paghiamo il mutuo loro si prendono i palazzi (2013); Non vale una lira. Euro, sprechi, follie: così l'Europa ci affama (2014); Pescecani. Quelli che si riempiono le tasche alle spalle del paese che affonda (2015); Profugopoli. Quelli che si riempiono le tasche con il business degli immigrati (2016); Vampiri. Nuova inchiesta sulle pensioni d'oro (2017); Avvoltoi. L'Italia muore loro si arricchiscono (2018); L'Italia non è più italiana. Così i nuovi predoni ci stanno rubando il nostro Paese (2019); Sciacalli. Virus, salute e soldi. Chi si arricchisce sulla nostra pelle (2020); Tromboni. Tutte le bugie di chi ha sempre la verità in tasca (2022).

Intervista

Dopo “Spudorati – Sciacalli – Avvoltoi – Pescecani - Predatori” è arrivato “Tromboni”. Siamo veramente un paese di predicatori che razzolano male? Mi fai un paio di esempi?

Negli ultimi due anni abbiamo avuto molti esempi di predicatori. Pensiamo a tutti i  virologi, tutto quello che hanno raccontato di sbagliato continuando a fallire in cattedra. Ma io nel libro vado anche su altri settori. Penso al tema dell’economia, ai grandi esperti dell’economia, le società di revisione, di consulenza, i commissari liquidatori, che non riescono mai a salvare un’azienda ma che però emettono parcelle astronomiche, mentre gli operai si trovano con le pezze al culo. Sono tanti gli esempi, dalla bontà, alla giustizia, al politicamente corretto. Mai come in questo periodo abbiamo persone che pontificano e mai abbiamo risultati così scadenti. Anzi, si usa pontificare per prendere in giro le persone.

Come possiamo difenderci da questi predicatori fasulli? Tappandoci le orecchie?

Ho scritto questo libro proprio per farne una specie di manuale di autodifesa, per riconoscerli perché la caratteristica tipica dei “tromboni” è che si presentano con la verità in tasca ed è sempre una verità indiscutibile. E’ così e non si discute, è la verità. Allora bisogna imparare a diffidare e scoprire che questa verità non è così verità e questo non ci aiuta a risolvere i problemi ma ad essere presi un po’ meno per i fondelli. Vale nella vita quotidiana, quando sentiamo al telegiornale, come è successo negli ultimi giorni: “Accordo sul prezzo del gas” . “Ci sarà un tetto al prezzo del gas”, basta avere un po’ di orecchio e se uno ha letto “Tromboni” va a scoprire che in realtà il tetto al prezzo del gas non c’è e probabilmente non ci sarà mai. Quindi imparare a diffidare, a dubitare e a riconoscere i “tromboni” aiuta almeno a evitare di essere presi in giro.   

Gianfranco Gramola con Mario Giordano (Rallo (Trento) 3.6.2022

Parliamo del tuo lavoro. Quando hai capito che il giornalismo sarebbe diventato il tuo mestiere?

Lo racconto anche nel libro. Avevo 7 anni e facevo la II° elementare e ho detto alla mia maestra che da grande avrei fatto il giornalista. Non so perché mi sia venuto in mente, ma me lo ha raccontato la mia maestra, che ora non c’è più, ma qualche anno fa l’ho incontrata alla presentazione di un mio libro e mi ha ricordato un pensierino che ho scritto appunto in II° elementare, dove ho scritto: “Da grande farò l’astronauta o il giornalista. L’astronauta mi fa un po’ paura perché sulla luna non c’è l’aria e quindi credo che farò il giornalista”. La mia maestra  rispose: “Se fai il giornalista e non fai l’astronauta, allora rimani con i pedi sulla terra”. Tutti i giorni mi ricordo l’invito a rimanere sempre con i piedi per terra.

Con quali maestri del giornalismo sei cresciuto?

Devo dire che il giornalista che mi ha aiutato moltissimo perché mi ha assunto è Vittorio Feltri. Il mestiere poi l’ho “rubato” un po’ da tutti. Adesso Feltri mi disconosce e non siamo più in ottimi rapporti. Io ho iniziato a fare televisione con Gad Lerner e lui è lontanissimo dalle mie idee, però con Lerner con cui ho lavorato nella redazione di Pinocchio, è stata una bellissima esperienza, che mi ha aiutato moltissimo.

Le doti di un buon giornalista?

Le doti di un buon giornalista sono quelle di ascoltare e pensare a quello che dice la gente secondo me e non quello che dicono quelli che stanno nei palazzi che contano. Il difetto principale del giornalismo di oggi è che è pieno di colleghi che quando scrivono pensano più a chi sta nel palazzo, al politico, al ministro. Chi scrive di sport pensa al direttore sportivo, alla società di calcio e non ai tifosi. Chi scrive di spettacolo pensa più al direttore dell’orchestra che a quelli che vanno ad ascoltare la musica. Io penso invece che il giornalista debba essere quello che quando scrive si avvicina ad un evento, ad un fatto e cerca di raccontarlo alla gente, quindi deve avere sempre in mente le persone e io è questo quello che cerco sempre di fare. Poi la seconda cosa, che si collega anche al libro “Tromboni”, che è quello che poi è nello spirito del libro, è diffidare sempre della versione ufficiale. In ogni versione ufficiale c’è il forte rischio che ci sia una menzogna, una verità raccontata solo in parte per ingannare. Quindi non bisogna fidarsi mai della versione ufficiale che viene calata dall’alto.  

Tu ti fidi di più della tua intelligenza, dell’intuito o dell’istinto?

Secondo me bisogna fidarsi di tutte e tre  le cose e poi ci vuole tanto lavoro e tanto metodo, perché non bastano né l’intuito né l’istinto. Ci vuole metodo, ci vuole applicazione e ci vuole molta fatica. E’ importante anche la semplicità con cui io cerco di raccontare nel libro e in trasmissione, anche fenomeni molto complessi, perché tutto si deve capire quando si racconta. Però la semplicità è il frutto di un grande lavoro, di una grande fatica. Quindi io più che l’intelligenza, l’intuito e l’istinto, confido più nel metodo di lavoro, nella fatica, nello sgobbare. Io sono un grande sgobbone (risata).

Sei mai stato censurato?

Tutti noi siamo in parte censurati, viviamo costantemente in un rapporto di impossibilità di raccontare. Il mondo dell’editoria ha delle regole, delle leggi perché esistono gli editori, esiste la pubblicità e quindi esistono delle regole ben precise. Io ho avuto la fortuna fino adesso di poter trovare all’interno di questi meccanismi sempre grandissimi spazi per poter dire e fare tutte le inchieste che ho voluto fare, pensando, guadagnando, stringendo i denti, sbattendo la testa, scontrandomi, ma riuscendo a fare ciò che ho ritenuto giusto fare.  

Ti seduce di più il successo o la verità?

Dire che il successo non ti seduce è sbagliato, perché è ovvio che se uno fa le cose, le fa per raggiungere il successo. Se io facessi delle trasmissioni senza riuscire a raggiungere il pubblico non otterrei nessun risultato perché il mio scopo è proprio quello di raggiungere le persone e quindi raggiungere la verità, e il custodirla in segreto e tenerla per me non ha senso. Quindi se il successo è inteso bisogna raggiungere le persone, cercando la verità, e portandola alla conoscenza di più persone possibili. Quindi è l’insieme delle due cose. 

Come giornalista sei più amato o temuto?

Metà e metà, un po’ tutte e due le cose. Io vedo, andando in giro a presentare i miei libri, che ci sono tante persone che mi vogliono bene, che mi apprezzano e se non fosse così non riuscirei a fare quello che faccio. Certo è che ci sono persone a cui sto sulla balle, a cui do fastidio, da fastidio la mia voce che mi prendono in giro, come la Lilli Gruber a cui non sto molto simpatico. C’è tutto un mondo che non mi sopporta, però la cosa peggiore quando si fa questo mestiere è passare inosservati. Quando una opinione è urticante è giusto che qualcuno non sia d’accordo, che qualcuno mi tema, e che a qualcuno non  piaccia il modo con cui mi esprimo. E’ legittimo, però l’importante è raggiungere tante persone.

La penna più smagliante del giornalismo italiano?

(risata)  Passo…

Quella più sincera?

Secondo me Vittorio Feltri è sempre stato molto libero e adesso è in una situazione dove scrive sempre quello che gli passa per la testa.

Una tua ossessione professionale?

Cercare di commettere meno errori possibile. Rischiare sempre e come dicevo prima, non accontentarsi mai,  cercare sempre qualcosa di nuovo,  una verità nascosta, senza sbagliare e riducendo al minimo gli errori.

Un domani come vorresti essere ricordato?

Come una persona perbene che raccontava una realtà con onestà.