Giampiero
Mughini (giornalista e scrittore)
Roma 18.12.2015
Intervista
di Gianfranco Gramola
Un
giornalista geniale, dotato di ironia e grande carisma. Uno scrittore
intelligente e colto, con una spiccata allergia per gli imbecilli. In questa
intervista racconta in maniera
semplice i suoi inizi nel giornalismo, la sua grande passione per i libri e per
la Città Eterna di cui dice: “ Roma è una capitale ed è uno specchio, uno
specchio importante di quanto l’Italia sia stata a precipizio”
Giampiero
Mughini è nato a Catania il 16 aprile del 1941. Il giornalista, scrittore e
opinionista è noto
al pubblico televisivo principalmente dagli anni novanta, quando fu lanciato
come ospite frequente da Maurizio Mosca nel programma sportivo L'appello del
martedì e ottenne poi la partecipazione fissa a Controcampo.
Mughini si forma nel capoluogo etneo dove nel 1963 fonda e dirige la
rivista Giovane Critica che, insieme ai Quaderni Piacentini,
accompagnerà il sorgere del Sessantotto. Nel frattempo si laurea in lettere e
lingue moderne, con specializzazione in letteratura francese presso l'Università
degli Studi di Catania. Nel gennaio del 1970 si trasferisce a Roma per seguire
la carriera di giornalista iniziando a muovere i primi passi nel quotidiano Paese
Sera. È tra i fondatori del periodico Il manifesto (1969), ma
l'abbandona dopo soli tre mesi per incompatibilità con i colleghi. È stato
direttore responsabile del giornale del movimento politico Lotta Continua, che
lascia nel 1971. Farà parte in seguito della redazione del quotidiano Reporter.
Negli anni ottanta matura la decisione di separarsi dagli ambienti di quella
sinistra che ha segnato quasi vent'anni della sua militanza politica. Lo fa nel
suo stile, in modo clamoroso, molto schietto, con un pamphlet dal titolo Compagni
addio. Esprimerà posizioni critiche sugli ex di Lotta continua come Adriano
Sofri, pur affermando l'innocenza dell'ex leader di LC nell'organizzazione dell'omicidio
Calabresi,
per cui venne condannato. Sugli anni di piombo ha scritto anche Gli anni
della peggio gioventù. L’omicidio Calabresi e la tragedia di una
generazione; sostiene, tra l'altro, l'estraneità di Valerio Fioravanti e
Francesca Mambro nella strage di Bologna. Collabora per alcuni anni a L'Europeo
e dal 1987 a Panorama, rapporto che si conclude in maniera non
conciliante nel 2005 con l'arrivo del nuovo direttore Pietro Calabrese. Scrive
numerosi libri e collabora con il quotidiano Il Foglio di Giuliano
Ferrara, sul quale cura per un certo periodo di tempo la rubrica quotidiana
chiamata "Uffa!". Nel 1987
si fa conoscere dal grande pubblico televisivo per la sua partecipazione come
ospite fisso alla trasmissione Ieri, Goggi e domani. Negli anni novanta,
pungenti e coloriti sono i suoi interventi nel salotto del Maurizio Costanzo
Show e a L'appello del martedì. Dal 1998 la sua popolarità cresce
per la presenza fissa al programma televisivo Controcampo, in onda
dapprima su Italia 1 e poi su Rete 4, dove si distingue per ironia e vivacità.
Rimane nella squadra della trasmissione ininterrottamente sino al 2010. Nel 2006
partecipa a Controcampo - Ultimo minuto, versione pomeridiana della
trasmissione. Grande tifoso della Juventus, alla squadra del cuore dedica due
dei suoi libri eleggendo come suo eroe personale il tifoso juventino romano
Stefano Discreti, al quale dedica oltre 4 pagine. Nel 2006 vince il Premio
Cimitile, nella sezione di saggistica, con l'opera E la donna creò l'uomo,
edito dalla Arnoldo Mondadori Editore. Lo stesso anno venne operato per un
tumore alla prostata, di cui parlerà pubblicamente nel 2008. Nel maggio 2007 il
Consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti del Lazio lo ha cancellato
dall'albo per aver scritto due articoli pur essendo stato sospeso a causa di uno
spot di telefonini. Nonostante ciò, Vittorio Feltri lo ha voluto nella
redazione del suo quotidiano Libero, da dove è stato licenziato nel
2014. Nel 2008 fa parte del cast del film L'allenatore nel pallone 2, di
Lino Banfi, dove interpreta se stesso. Nel 2010 è membro della giuria nel
programma Il più grande (italiano di tutti i tempi), condotto da
Francesco Facchinetti su Rai 2. Nello stesso anno non fa più parte della troupe
di Controcampo, che lo ha visto ospite fisso per dodici anni consecutivi
e inizia una nuova avventura come opinionista per la radio romana Radio Powers
Stations. Dal 2013 è opinionista e ospite fisso del talk calcistico Tiki
Taka - Il calcio è il nostro gioco, condotto da Pierluigi Pardo su Italia
1. Nel 2015 invece è opinionista ed ospite fisso nel programma di rai uno
condotto da Salvo Sottile ed Eleonora Daniele, Estate in diretta, spin off del
più celebre La vita in diretta.
Ha
detto:
- Mutare e
arricchire la propria esperienza è il motivo per il quale si vive.
- Sono di
sinistra nella vita reale. Non so guidare, non ho una macchina, mi avvalgo dei
mezzi pubblici. Non inquino, non ingolfo il traffico. Ma la prossima volta che
nasco mi compro una limousine con autista e me ne infischio dei mezzi pubblici e
della sinistra.
- Fare il
bastian contrario è diventato un lavoro che mi diverte ed è uno straordinario
trampolino di lancio.
- Tifo
Juventus da quando avevo cinque anni. Ma vi ho aggiunto passioni e competenze
che certi ospiti di “Porta a Porta” non si sognano neppure.
-
I libri ebbero sempre la mia predilezione. Amai i libri ancor prima che li
sapessi leggere e mi ricordo della commozione riverenziale con cui li guardavo
allineati nelle vaste biblioteche- reggimenti d’ingegno pronti a muover
battaglia alla ignoranza, colla differenza, rispetto agli altri soldati, che
mostravano il dorso prima del combattimento, non dopo.
- Dopo aver
lasciato il manifesto, che avevo contribuito a fondare, il mio
telefono non ha squillato per un paio d’anni. E anche oggi continuo a essere off
limits per alcuni giornali. Detto questo, non c’è bisogno di usare certi
termini: Gramsci andò in carcere, Nelson Mandela pure.
Curiosità
-
È stato chiamato da Nanni Moretti a interpretare la parte di un intellettuale
nel film Ecce bombo (1978) e di un cinico presentatore televisivo in Sogni
d'oro (1981). Venti anni più tardi Leonardo Pieraccioni l’ha voluto nel
cast del suo film Il mio West (1998).
-
Nel 2010 ha vinto il premio "San Fele d'oro" per la televisione.
-
Nella sua casa romana ha una collezione di oggetti in stile liberty e, tra
l'altro, di fotografie d'epoca, tavole autentiche di famosi illustratori
italiani del Novecento, e ventimila libri, di cui duemila molto rari. Tra essi
la prima edizione di Canti orfici (1914) di Dino Campana e di Ossi di
seppia (1925) di Eugenio Montale; aveva anche una collezione di 775 pezzi,
venduta poi ad una libreria antiquaria, a espositori e a collezionisti privati,
contenente volumi, riviste e poster originali del futurismo.
-
È iscritto all'associazione Nessuno tocchi Caino, gruppo contro la pena di
morte legato al Partito Radicale.
Intervista
Come è
nata la passione per il giornalismo?
Facevo parte
di una generazione per la quale i giornali erano molto importanti, negli anni
’60 i giornali erano molto importanti, oggettivamente non è che avessi
talenti per fare il medico, l’architetto, il pittore. L’idea di scrivere,
comunicare e di raccontare qualcosa
mi piaceva molto, poi quando sono venuto a Roma ho capito che poteva essere un
lavoro, un lavoro remunerato. Oggi non sarebbe più così, oggi il giornalismo
non esiste più, non esistono i giornali di carta e sul web non c’è la
moderazione.
La
passione dei libri chi gliel’ha trasmessa?
Nessuno, me
la sono auto trasmessa ahahahah. Certo, da ragazzo a 14, 15 anni ho letto i
libri di Emilio Salgari e lì ho capito che la lettura è l’emozione più
grande di tutte. Assolutamente.
Quanti
ne possiede libri?
Ventimila.
In
televisione come c’è arrivato?
Quando ero giovane ho fatto delle
cose che facevano i giornalisti, delle cose di tipo giornalistico. Mi avevano
affidato dei servizi, anche dei documentari, ho fatto un documentario che è
molto famoso nell’ambiente sulla destra giovanile. Si chiamava: “Nero e
bello” (1981). Nero e bello, documentario che a suo tempo ebbe molto rilievo.
Ma questo erano cose tipo giornalismo. Invece la televisione, quella che a me
piace fare, cioè che è un pò a metà strada con lo show, con lo spettacolo e
con l’intrattenimento, cominciai a farla con una trasmissione in cui ero a
fianco di Loretta Goggi. Era il 1987. Mamma mia son passati quasi trent’anni.
Ma i suoi
genitori che futuro speravano o sognavano x lei?
Io non lo so, mi immagino che i miei genitori si aspettassero da me un mestiere
tradizionale, ma io non li sapevo fare. All’inizio mi ero iscritto in legge
(risata), poi ho lasciato perdere perché mi rompeva le balle in modo pazzesco.
Ho preso una laurea in lingue e letterature moderne, specializzazione francese.
Che lavoro
facevano i genitori?
Mio padre un
commercialista molto bravo e mia madre era una casalinga.
Secondo
lei chi è la penna più smagliante del nostro giornalismo?
La penna più
smagliante come si intendevano i tempi di Biagi, Montanelli, Bocca … no,
non si può dire Il patriarca del nostro giornalismo è Eugenio Scalfari.
E
quella più pungente?
(risata) Ma
guardi, ce ne sono parecchie, poi pungere sa, può voler dire tante cose. Io amo
più che le punture i colpi di fioretto che sono diversi.
A chi volesse fare il giornalista che consigli darebbe?
Di cambiare
lavoro (risata) e di fare un’altra cosa. Perché come ho detto prima è un
mestiere che si sta estinguendo come quelli che lavoravano nelle solfare. Questo
perché i giornali vendono pochissimo e quindi non ci sono i denari per pagare i
giornalisti che trent’anni fa erano ben pagati.
Quanti libri
ha scritto fino ad oggi?
24 e
mezzo. Uno è metà scritto da me e l’altra metà da un altro.
Quale dei
suoi libri le ha dato più soddisfazione?
Ogni libro è come un parto. Il libro
è come un figlio, e nei confronti di quel libro, dei ciascuno dei propri libri
nutro affetto. Naturalmente io non sono così stupido nel sapere che alcuni sono
migliori e alcuni sono meno buoni, ma l’atteggiamento, la tenerezza,
l’attenzione, la cura è quella che si ha per un figlio.
Quello
più biografico?
Penso che sia
il libro che ho scritto quando ho cambiato casa. Io ho abitato a Roma per tanti
anni sino al 2002, in una casa in affitto e poi ho cambiato casa e sono venuto
nella casa dove abito adesso, che è di mia proprietà e ho scritto un libro in
memoria di quella casa, di quello che è successo in quella casa e di come sono
divenuto un uomo e si chiamava: “La mia generazione” e lo pubblicò
Mondadori per l’appunto nel 2002.
Senta
come è nata la sua amicizia con la coppia Rutelli/Palombelli?
Nel modo più
semplice. Barbara era una giornalista all’Europeo dove eravamo e quindi siamo
diventati amici, più che amici. Io sono il padrino del loro figlio Giorgio. Più
che amici, molto di più … sento Barbara e Giorgio, il loro affetto ed è come
se facessero parte della mia famiglia allargata.
Ha
altri amici famosi?
Molto amici
sono Marina e Carlo Ripa di Meana. Poi io di amici ne ho pochi, pochi ma buoni.
Lei è
un personaggio molto famoso, ma la popolarità per lei è un vantaggio o un
svantaggio?
No, della
popolarità non me ne frega niente. Il fatto che la gente mi riconosca per
strada non me ne può fregare di meno. Se uno mi dice che ha letto un mio libro
e dimostra di averlo capito, sono contento. Della popolarità non me ne può
fregare di meno. Tutti quelli che vanno in televisione sono popolari, cosa me ne
frega a me? Fabrizio Corona è famosissimo … ci
siamo capiti (ahahahhahah ahahahahh).
La cosa più cattiva che hanno detto o scritto su di lei?
Ne hanno
scritte tante. Una volta hanno scritto che ero talmente ripugnante che la gente
non voleva venire alle trasmissioni in cui c’ero io e che perciò Berlusconi
mi doveva congedare da queste trasmissioni, però mi doveva pagare una
buonuscita e di tutto questo non era vero niente. Quella volta mi sono
arrabbiato, ho fatto anche querela. Come si fa a inventare un cosa così. E il
giudice, per altro questo articolo era apparso sulla Repubblica, non su un
giornale qualsiasi, il giudice di primo grado dice: Ma è un articolo satirico,
scritto molto bene”. Cose da pazzi. …
Tutta questa roba non era vero nulla, tanto è vero che sono ancora in
televisione, ci sono spesso e faccio tante cose, ma non importa. Il giudice,
evidentemente era un grande lettore e ammiratore di Repubblica e uno che mi
aveva in antipatia ha detto che era un articolo ironico (risata). Aveva scritto
che avevo l’aria di uno spastico … Uno non dice di nessuno di andare da uno
spastico, non si può insultare uno spastico, in caso mio l’ha fatto e quel
giudice ha detto che era un articolo ironico.
Oltre
al giornalismo so che è appassionato di sport, della sua juve.
Io sono
appassionato di tante cose, Gianfranco.
Però ama
la Juventus.
Si! Ma non
c’è niente di male. Il campionato è interessante e vedremo
alla fine (risata). La mia Juve è
partita male, adesso sta andando meglio ma su questo argomento non c’è altro
da dire.
Il suo rapporto con la fede?
Io non sono
credente.
Cosa ne
pensa di Papa Francesco?
E’ un
personaggio molto popolare, ed è il personaggio di cui la chiesa aveva bisogno,
è un personaggio che arriva nel momento giusto di cui la chiesa aveva un grande
bisogno, la chiesa mi pare che abbia notevoli difficoltà in questo momento, ma
lo sappiamo tutti.
Ma
queste difficoltà secondo lei allontano un po’ i cristiani dalla chiesa?
Io penso di
si. Io non essendo credente non sono un buon giudice, ma mi sembra di si. Poi
adesso sono usciti due libri famosissimi, dove raccontano che le cose del
vaticano non sono rose e fiori in tutti i sensi. C’è da restare allibiti. Ma
non sono credente quindi queste cose a me non mi fanno né caldo né freddo.
Senta
quali sono i suoi progetti?
Cercare di
campare (risata). E’ già molto pesante campare e non è mica un progetto da
poco.
Lei ha
vinto parecchi premi. A quale è più legato e a chi l'ha dedicato?
E' vero, ho
vinto parecchi premi, fra cui il premio St Vincent per il giornalismo. Se avessi
dovuto dedicarlo a qualcuno, lo avrei dedicato a mio padre che mi ha pagato gli
studi.
Senta,
parliamo un po’ di Roma
Sono venuto a Roma nel 1970 e quindi sono cittadino romano, ossia abitante
a Roma da 45 anni. Non sono mica pochi.
Come
ricorda l’impatto?
Io venivo
dalla provincia, ero nato a Catania, non avevo una lira in tasca, da una parte
era un impatto difficile, e dall’altra parte era una città morbida, che ti
accoglieva, insomma non una città dura. E poi era una grande città e dunque
offriva delle possibilità di lavoro e io le ho prese. I miei lavori sono nati
tutti a Roma.
Quali
sono state le sue abitazioni romane?
Le abitazioni
romane sono state in quella in cui sono andato ad abitare quasi subito che stava
non lontano da campo de Fiori e nel 2002 dopo 32 anni mi sono trasferito dove
abito adesso a Monteverde basso.
La
cucina romana l’ha conquistata?
Per fortuna
noi viviamo in un paese dove ogni regione ha una sua magnifica cucina, poi io
sono conquistato da tutte le cucine regionali italiane. Quando vado nelle Marche
mangio benissimo, quando vado in Liguria mangio benissimo, in Piemonte non ne
parliamo … Tutte le cucine, quella romana è una delle migliori.
A parte
il traffico cosa le da più fastidio di Roma?
Di Roma e
dell’Italia di questo momento, la sciatteria e il fatto che la gente paghi per
le cose che non c’entra nulla. Questo è molto pesante.
Quale
periodo della storia di Roma le sarebbe piaciuto vivere e nelle vesti di chi?
(risata) Non
mi sarebbe dispiaciuto fare il principe rinascimentale (risata).
Nei
momenti liberi in quale zona di Roma ama rifugiarsi?
Il mio
rifugio per eccellenza è casa mia, un angolo che io amo molto, che è piena dei
miei libri. Io esco da casa mia malvolentieri, e a casa mia tutte le cose che ci
stanno sono le cose che io amo: i libri, i dischi.
Ma come
giornalista e scrittore Roma cosa rappresenta?
Dipende da che tipo di giornalista
sei e di che tipo di scrittore sei, è il mondo comunque che conta, non è che
tu conta per le strade che stanno qua attorno a casa tua. Ma comunque Roma è
una capitale ed è uno specchio, uno specchio importante di quanto l’Italia
sia stata a precipizio.
Ha
visto il film “La grande bellezza”?
Certo
Le è piaciuto?
Dunque la
grande bellezza non tantissimo, mi è molto piaciuto quello successivo di
Sorrentino, “Youth” (La giovinezza). La grande bellezza mi è piaciuto meno
e l’hanno paragonato alla Dolce Vita, solo che per me è un paragone
sacrilego. La Dolce Vita è il film, anche con un regista non romano e con gli
sceneggiatori dove nessuno dei quali erano romani.
I
romani come li trova? Pregi e difetti?
Dei romani
c’è di tutto, veramente di tutto. E’ una città molto meticcia, c’è di
tutto, quindi non si può fare uno schema. Ci sono soprattutto gli imbecilli ma
quelli ci sono dappertutto. Io le
convention con gli imbecilli non le amo tanto, quando posso li evito, il che è
difficile.