Pietro Weber (scultore – pittore)     Denno (Trento) 14.4.2013 

                                 intervista di Gianfranco Gramola 

L’universo dell’artista di Denno trova i propri confini fluidi nelle sue sculture variopinte e primordiali, create grazie alla sua genialità, frutto anche di una visione nutrita di consapevolezza, di padronanza tecnica e di una sconfinata passione

 

Pietro Weber al lavoro nel suo laboratorio  

Pietro Weber, è un’artista poliedrico, in grado di spaziare dalla scultura alla pittura, dall’arte povera alla public art. Ma è nell’arte della ceramica che il Weber si esprime al meglio, in una straordinaria produzione che esalta il suo genio di scultore, puntando i riflettori sui dettagli. 

“Sono nato a Cles nel 1959 – racconta Weber - ma risiedo a Denno, in Val di Non, dove attualmente vivo e lavoro. Nel 1970 si sono trasferito a Torino, dove ho fatto il Liceo Artistico. Quelli erano anni culturalmente e socialmente molto interessanti ed è stato in quel periodo che è nata la mia esperienza. Dopo, per un mio interesse culturale, mi sono spostato a Parigi e poi in giro per l’Europa. Nel 1980 sono tornato nella mia Denno, un paesino tranquillo, dove ho il mio studio, la mia casa e gli affetti”.

Intervista 

Come ti definisci, artista, artigiano o cosa?

La definizione che più sento mia me l’ha data un critico, scrivendo:” Weber, un modello raro di artista – artigiano del futuro, il cui ruolo è quello di fabbricante di simboli”. Diciamo che sono un artigiano dell’arte, visto che la mia manualità è incentrata sul recupero delle materie e negli ultimi anni sulla terra cotta.

Prima di fare lo scultore, hai fatto altri lavori?

In realtà dall’età di 15 anni ho sempre disegnato e dipinto e la mia prima mostra l’ho fatta a 17 anni. E’ ovvio che per 20 anni ho dovuto arrangiarmi a fare un po’ di tutto. L’interessante è stato che questi lavori manuali mi hanno fatto scoprire materiali diversi, che è un po’ la realtà del mio lavoro visto che assemblo parecchi materiali,  dal legno, al piombo, al rasante di calce, ai tessuti, al vetro fusione, al ferro, all’acciaio, alla terra cotta. Chi è del mestiere sa benissimo che l’uso della materia è varia.

L’abbiccì  di questa arte come l’hai appreso?

La scuola nei primi anni mi ha avvicinato al disegno. Il disegno secondo me è molto importante, è fondamentale, perché uno quando si avvicina al mondo della grafica, può dare molto dopo su tutto il resto. La scuola mi ha dato un imput, poi è una predisposizione che hai, che senti e che porti avanti ovviamente. 

L’ambiente che ti circonda, è fonte di ispirazione?

La mia fonte di ispirazione sono stati più i viaggi, gli spostamenti e le esperienze non solo europee, ma anche in giro per il mondo. Mi hanno ispirato molto i miei viaggi in Turchia, in Senegal, Marocco, Belgio, Francia, Spagna. La cosa certa è che muoversi ti dà un imput diverso. Qui in val di Non, dove vivo, la cosa è un po’ più limitata.

C’è qualche artista che ti ha influenzato o ispirato?

No! Mi hanno ispirato molto delle forme artistiche più primordiali, antiche o anche parte del settecento, ma anche ovviamente dell’avanguardia attuale. La transavanguardia è uno dei movimenti artistici che mi ha incuriosito molto, che mi  ha avvicinato molto al modo di lavorare e anche forse all’arte povera degli anni sessanta.

Conta l’istinto nelle tue creazioni?

Io sono molto istintivo. Io vado in studio e non penso a quello che devo fare. Quindi niente progetti e con l’istinto nascono i miei lavori.

Quando è esploso il tuo talento?

Questo non lo so, forse in tutta questa sequenza di anni, me lo sono costruito lentamente portando i miei lavori inizialmente nel Trentino e poi piano piano mi sono mosso in altre città, in altri stati, avendo dei confronti un po’ più interessanti.

Alcune opere di Pietro Weber

Chi per primo ha creduto nelle tue doti artistiche?

I primi sentori gli ho avuti dal mio grande maestro Bruno Martinazzi, che è uno scultore di Torino e uno dei grandi maestri italiani, che ha esposto in tutto il mondo. Lui è stato quello che mi ha trasmesso la passione e l’entusiasmo per questa arte ed è stato proprio lui che mi ha chiamato a lavorare nel suo studio ai tempi del Liceo. Probabilmente aveva notato in me una certa predisposizione per questa arte.

Qual è la tua tecnica?

La mia tecnica è vasta e non ha limiti. Ogni tipo di materiale cerco di conoscerlo, di svilupparlo fino a sentirne una certa padronanza. Poi ne ricerco un altro. La mia tecnica dal disegno, al dipinto, alla ceramica, la sviluppo come dicevo prima soprattutto con l’istinto.

Quante ore al giorno dedichi al tuo lavoro?

A periodi lavoro poco, altri periodi molto, anche per organizzare le mostre, quindi devo muovermi, contatti, confronti, ecc.. Oppure in certi periodi mi piace andare a visitare degli studi di artisti importanti che mi interessano.

In quale territorio dell’Italia sei maggiormente apprezzato?

Sicuramente il Piemonte, forse perché c’ho vissuto per degli anni e perché ho collaborato con il teatro stabile di Torino ed è il posto dove mi sono fatto più vedere e conoscere. Ma anche a Roma ho i miei giri. Nell’ultima mostra che ho fatto nella Capitale, oltre ad incontrare tante persone appassionate d’arte, ho avuto l’onore di conoscere il pittore e scultore Luigi Ontani, un gran maestro che tra l’altro lavora soprattutto la ceramica. Poi Ontani mi ha invitato nel suo studio e devo dire che è  stato un confronto molto interessante, dove è nata una stima reciproca.

Qual'è il compito principale dell’arte? 

Dal mio punto di vista tutte le sue espressioni artistiche devono principalmente esprimere e trasmettere delle emozioni. L’arte deve lasciare una traccia o un qualcosa, deve saper catturare la sensibilità delle persone.

Ci sono delle tue opere in giro nei musei o in case private?

In case private ci sono tante mie opere. Molte in Italia, ma anche in Belgio, in Francia, in Spagna, in Svizzera, in Senegal e anche in America, a New York. Nel 2007 ho ricevuto il Premio Nazionale “La città di Vietri”, città famosa per le ceramiche, e all’interno del bellissimo museo di Vietri c’è un pezzo mio, accanto alle opere di  Joseph Cornell, Pablo Ricasso e Riccardo Licata. Anche nel museo di Pinerolo c’è una mia opera.   

Altre opere di Pietro Weber

Tu sei critico nei confronti delle tue opere?

No! Alla fine di una mia opera se sento che sto bene, sono soddisfatto e non ci penso più. Non è che faccio un autocritica o penso che potevo farlo in un’altra maniera. Poi ci sono delle giornate che non lavoro bene, allora accantono il progetto e passo ad altro e alla fine è difficile che riprenda quel lavoro, perché vuol dire che non ne sono convinto abbastanza da riprovare a cambiare forma a quel progetto.    

Esiste un filo conduttore nell’insieme dei tuoi lavori?    

Si! Il filo conduttore è legato a cose molto semplici, cioè alla natura e all’uomo, ma anche alla materia, ai colori e nelle forme. I colori sono molto terreni, le forme sono simbologie molto primordiali, che sembra un arte antica dove si trasmette la semplicità e sempre con valori molto importanti, cioè il rispetto verso la natura, verso l’uomo, verso la vita.   

È possibile vivere di arte al giorno d’oggi?

Non è facile. Ma poi perché deve essere facile vivere d’arte al giorno d’oggi? L’arte deve essere un pò un sacrificio, una lotta continua, perché ti fa tirar fuori l’anima delle cose. Quando le cose diventano troppo facili, il lavoro può cambiare e perdere di originalità. Io comunque vivo bene, anche se poi dipende molto dalle esigenze che uno ha, cosa uno vuole o si aspetta dalla vita.    

Ci sono dei ragazzi che, avvicinandosi all’arte della ceramica, ti chiedono consigli?

Si! Ho delle persone che ogni tanto mi chiedono consigli o di lavorare nel mio studio per imparare. Io gli accetto volentieri.  Poco tempo fa una ragazza di Verona è venuta a lavorare da me per due settimane. Mi fa molto piacere che ci siano dei ragazzi appassionati d’arte, che hanno voglia di imparare e che vedono nel mio lavoro un interesse per portare avanti delle cose loro e per capirne di più.

Per le tue esposizioni preferisci gallerie d’arte o case private?

Io preferisco spazi alternativi alle gallerie, tipo castelli, palazzi, chiese o situazioni un po’ insolite. Mi interessa di più colloquiare con lo spazio per mio lavoro.

E la mostra che farai dal 4 maggio al 30 giugno in Piemonte, corrisponde alle tue esigenze? 

La mostra è una personale al Castello Ducale di Agliè (Torino), in uno spazio di una bellezza straordinaria. E’ una delle residenze storiche dei Savoia, un posto prestigioso dove organizzano, tra l’altro, la biennale di scultura italiana e non solo. Lo spazio è una serra molto bella di 400 metri quadrati, pulita, semplice e lì porterò circa una quarantina di pezzi, la maggior parte fatta nel 2013 proprio per questa mostra. Sono dei lavori in terra cotta, con delle colorazioni diverse da quelle precedenti, perché lavoro con degli ossidi opachi e delle forme fra l’antico e il moderno.  La mostra è intitolata  “Sentinelle” ed è patrocinata dal Ministero dei Beni  e le Attività Culturali della Regione Piemonte e dal comune di Agliè.

Hai un sogno artistico?

Il mio sogno è di poter continuare quello che faccio con la stessa passione, perché mi piace e mi fa stare bene e mi fa vivere più serenamente anche mentalmente.