Pino Strabioli (attore regista e presentatore)      Roma 22.3.2014

                   Intervista di Gianfranco Gramola

Un grande professionista della Tv che ci tiene compagnia con le sue belle interviste che sono molto interessanti e discrete. “Gabriella Ferri? Di lei ho un ricordo importante, profondo, tenero e dolce”

Io e Pino Strabioli in piazza di Sant'Apollonia a Roma

Pino Strabili è nato a Orvieto nel 1963. Ha iniziato a lavorare in teatro nel 1986 sotto la guida di Patrick Rossi Gastaldi, con il quale ha preso parte a spettacoli sul cabaret (Valentin fest, Valentin kabaret, Kabaret kuche, Wunderbar, Da Gastone, Sufì, Milly). Per la Compagnia Stabile del Piccolo Eliseo ha partecipato a due produzioni di lavori di Luigi Pirandello e Massimo Bontempelli, per la regia di Marco Parodi. Fra le sue interpretazioni figurano inoltre: Saro e la rosa di F. Silvestri - Il cigno di E. Egloff - Lauben di R. Cavodi - Marina Cvetaeva - Antonio Tabucchi - I cavoli a merenda, di Sergio Tofano - L'imperatrice della Cina - Box office di E. Jones - Mandolin Serenade (coautore assieme a Bonizza Giordani) - I viaggi di Gulliver (dal romanzo omonimo di Jonathan Swift, con Paolo Poli) - Capasciacqua (di e con Marina Confalone) - Cavoli a merenda omaggio a Sergio Tofano - Bazar di un poeta omaggio ad H.C.Andersen - Caro Federico con Sandra Milo - Di buona costituzione con Piera Degli Esposti.

Lavori come regista:

Caro bugiardo - Fantasma d'amore - La Signorina Silvani - Signorina Silvani... Signora, prego - Io li odio i Burattini! ovvero giallo al BBB - " Scarpette di cristallo" di Andrea Calabretta Nannarella (con Anna Mazzamauro) - Fantasma d'amore (di Neil Simon, ancora con Anna Mazzamauro e con Michele Gammino) - "Caro Federico" con Sandra Milo

Nel 2006 ha scritto ed interpretato lo spettacolo Bazar di un Poeta, tributo ad Hans Christian Andersen, diretto con Veronica Olmi. Ha curato la direzione artistica della stagione di prosa di "Palazzo Santa Chiara" a Roma e del teatro Comunale di Atri-Teamo. Dal 2010 gira nei Teatri Italiani con Franca Valeri nello spettacolo "Parliamone", un'intervista-conversazione dove la signora Valeri ripercorre gli avvenimenti più importanti della sua vita riportati nel libro "Bugiarda no, Reticente"

Televisione

Ha esordito in televisione nel 1992 per Telemontecarlo in T'amo TV, di Antonio Avati e Fabio Fazio. Dell'anno successivo, sempre per l'emittente monegasca, sono Complimenti allo chef di Giorgio Calabrese e Look of the year di Bonizza Giordani- e Souvenir d'Italie - Nel 1994 prende parte a Senza fissa dimora, di Pietro Galeotti. Nei medesimi anni inizia a collaborare con Rai Uno in Unomattina (edizioni 1993-94, 1994-95, 1995-96) e Uno mattina estate. Dal 1999 è autore e conduttore della striscia quotidiana di Rai 3 Cominciamo bene - Prima dove, nell'edizione 2009, è stato affiancato dal maestro Leo Sanfelice e da Paola Pessot con Roberto Calabrese. Da settembre 2010 conduce il Cartellone di Palco e Retropalco su Rai Tre. Conduce una rubrica settimanale dedicata al teatro all'interrno dei programmi di rai tre "Aprrescindere" e "Buongiorno Elisir"condotti da Michele Mirabella. Dal 28 aprile 2012 conduce That's Italia con Filippa Lagerbäck su La7 dove racconta usi e costumi degli italiani.

Attività letterarie

Nel 2009 scrive un'appassionante raccolta di pensieri dedicati ad una grande artista e sua amica dal titolo "Gabriella Ferri Sempre" ed Jacobelli.

Nel 2013 esce edito da Rizzoli "Sempre fiori mai un fioraio", libro scritto a quattro mani insieme al protagonista, Paolo Poli.

Cinema

Per il cinema ha lavorato con Pupi Avati, comparendo nel film del 1999 La via degli angeli e Le ombre rosse di Citto Maselli del 2009.

Ha detto:

- Quando si ama molto un lavoro si finisce per confonderlo con la vita privata, farne una ragion d’essere.

- Forse il reality poteva avere una funzione quando è nato: allora era un esperimento. Ora, invece, è diventato una ripetizione che rotola su se stessa. Non mi scandalizza, non mi offende, non mi provoca niente. E penso che quando un evento arriva a non portare nessuno stimolo, non ha più senso.

- Sono attento all’intolleranza nei confronti dei più deboli. Viviamo in un mondo dove i minori, i diversi, i meno abbienti soffrono, e le differenze anziché arricchirci, ci stanno mettendo uno contro l’altro. 

- La televisione potrebbe utilizzare di più i bravi attori di teatro. Flavio Insinna, ad esempio, ci ha dimostrato che un buon attore può fare un egregio intrattenimento senza boria, portando il suo bagaglio in un programma.

- Ai giovani che vogliono intraprendere questo lavoro dico che lo studio è fondamentale. Che il successo facile è dannoso. Che si deve conoscere  che  ci ha  preceduti. Che nulla accade  per caso. Che bisogna  diffidare da  chi promette guadagni e successi e da chi chiede soldi per regalarti notorietà.

Intervista

Sei attore, regista e presentatore. In quale di questi ruoli  ti senti più a tuo agio?

Completamente a mio agio in nessuno di questi ruoli. Però quello che mi crea meno problemi e mi fa sentire più sicuro è senza dubbio il conduttore televisivo. Nel senso che davanti ad una telecamera io mi rilasso. In teatro invece, quando c’è il pubblico ho il terrore e anche dirigere i colleghi attori mi crea molta tensione. Per cui se dovessi sceglierne uno è sicuramente la conduzione televisiva.

Com’è iniziato la tua avventura nel mondo dello spettacolo, Pino?

Io sono cresciuto ad Orvieto, pur essendo figlio di genitori laziali. Mia madre è romana e mio padre è dei castelli romani, esattamente di un paese che si chiama Colonna, che è alle porte di Roma. Ad Orvieto durante la scuola io andavo a teatro a vedere gli attori. Mi ricordo che vidi Rossella Falk, Anna Proclemer, Giorgio Albertazzi, Umberto Orsini, Gabriele Lavia e mi innamorai di quel mondo, sperando  di farlo da grande. Presa la maturità sono venuto a Roma, mi sono iscritto a Lettere, all’indirizzo storia dello spettacolo e poi ho fatto una piccola scuola di teatro  della regione Lazio e così è iniziata questa avventura che ancora dura. Ormai sono 30 anni che faccio questo mestiere.

So che hai conosciuto Gabriella Ferri. Che ricordi hai di lei?

Di Gabriella ho un ricordo importante, profondo, tenero, dolce. Non sono mai stato un ammiratore dei personaggi che vedevo in televisione. Certo accendevo la televisione e arrivava Gabriella Ferri con i suoi spettacolo “Dove sta Zazà” e “Mazzabubbù”, mi sconvolgeva, mi colpiva per questa sua teatralità, per questo suo essere bellissima, ma vestita da clown. Un giorno a Roma, una mia amica mi disse che era amica di un’amica di Gabriella Ferri e le dissi che volevo conoscerla. Mi portò a casa sua, era verso l’inizio degli anni ’80, e da allora è iniziato con Gabriella un rapporto di amicizia e anche professionale, si perché l’unica regia teatrale l’ha fatta con me, mi ha diretto in teatro. Scegliemmo un testo insieme che si chiamava “Il botteghino” e lo mettemmo in scena in un piccolo teatro che purtroppo non c’è più, il teatro in Trastevere, che si trovava nel cuore di quel quartiere che lei tante volte aveva cantato.

La tua più grande soddisfazione artistica?

Sicuramente fra le più grandi emozioni artistiche è stata quella di aver potuto condividere il palcoscenico con Paolo Poli per due stagioni. Un attore immenso. Poi un’altra soddisfazione è stata quella in cui Paolo ha accettato di raccontarmi pezzi della sua vita e questo è diventato un libro, edito da Rizzoli e che è uscito il maggio scorso, dal titolo: “Sempre fiori, mai un fioraio”.  Questa è sicuramente una grande soddisfazione. Altra soddisfazione è il fatto di poter vivere della mia passione. Io vengo da una famiglia normalissima, semplice, però ho sempre vissuto, pagato l’affitto e mangiato grazie al teatro e alla televisione, cioè facendo questo mestiere e partendo assolutamente da zero. Altra soddisfazione è quella di poter stare in palcoscenico con Franca Valeri. Ogni volta che ci salgo facciamo queste serate che si chiamano “Parliamone” e ogni volta è un emozione. Sto lì e la guardo e penso: “Mai o in questo momento sto qui accanto a Franca Valeri, un mito”. Queste sono soddisfazioni enormi, credimi.

Hai rimpianti, Pino?

No! Rimpianti no, perché non appartengono al mio carattere, alla mia maniera di vedere la vita, di affrontarla e di viverla.

Hai mai pensato ad un nome d’arte?

No! Nome d’arte, no. In effetti il mio è un po’ un nome d’arte, perché mi chiamo Giuseppe. Una volta si usava dare il nome dei nonni al nipote. Il papà di mia madre si chiamava Giuseppe, il papà di mio papà si chiamava Angelo, mio fratello maggiore si chiama Angelo e quindi per me restava Giuseppe, oppure il nome di mia nonna che si chiamava Alberica. Ma Alberico ai miei genitori sembrava troppo coraggioso come nome e allora fra Alberica e Giuseppe hanno scelto il secondo. Nonno Giuseppe era ancora in vita per cui per distinguermi da mio nonno in famiglia mi chiamavano Pino e questo l’ho tenuto come nome d’arte. 

Hai mai fatto delle gaffe?

Ne faccio continuamente. Ma ne ho anche subite di gaffe. Mi ricordo che ero a Perugia con Paolo Poli e stavamo facendo uno spettacolo. A quei tempi facevo anche Uno mattina. Parlo del 1994/95. In quegli anni era un programma seguitissimo e ancora lo è. Mi ricordo che mi fermò una signora a corso Vannucci, a Perugia, e mi disse: “Ma come mai è a Perugia?”. E io le dissi: “Sono qui per uno spettacolo con Paolo Poli”. Lei mi fece i complimenti per Uno mattina e mi disse: “L’ho visto ieri sera lo spettacolo. Bellissimo. Lo vado a rivedere”. Lei non mi aveva riconosciuto. Io facevo Gulliver con Paolo Poli. Vedi la potenza della televisione. Lei mi aveva riconosciuto per via della televisione, ma non aveva capito che ero quello che facevo teatro. Questo è un aneddoto curioso, più che una gaffe.

Il complimento più bello che hai ricevuto?

E’ sicuramente quello che mi fanno le persone quando mi incontrano e mi dicono: “Lei mi ha tenuto tanta compagnia”. Ho fatto per dieci anni la rubrica “Cominciamo bene – prima”, dove ho intervistato attori, ho cercato di raccontare la storia del teatro e della televisione. Ecco, quando la gente mi ringrazia per il lavoro che ho fatto e quando posso continuo a fare, quello è il più bel complimento per me.

Cosa ne pensi dei reality?

Come reality penso al Grande Fratello che ho letto proprio oggi che sta andando male. Mi dispiace perché ci lavora tanta gente. Personalmente ho trovato il Grande Fratello un programma davvero brutto. Brutto perché maleducato, perché si dimentica troppo spesso che la televisione entra nelle case delle persone. Poi c’è chi dice che sei tu se farla entrare o no, basta cambiare canale. Tornando al Grande Fratello, come ti dicevo prima, è un programma che ho trovato molto maleducato e volgare. Invece l’altro reality l’Isola dei famosi mi divertiva molto, ma perché mi piace Simona Ventura e perché lei era una che riusciva a saper muovere i naufraghi che stavano sull’isola. Non ho nessun problema contro i reality. Molto probabilmente non lo farei un reality.

Hai un sogno artistico, Pino?

Il mio sogno artistico è quello di poter fare il mio lavoro, di poter continuare a raccontare il teatro in televisione. Spero che si esca presto dalla crisi perché anche il teatro ne ha risentito molto.

A cosa stai lavorando adesso?

Sto preparando uno spettacolo teatrale che debutterò al Festival di Todi ad agosto. Un testo molto grazioso, con la regia di Maurizio Panici, scritto da Mario Gelardi. Mario Gelardi sarebbe quello che ha diretto in teatro Gomorra, di Roberto Saviano. In scena siamo io e Alice Spisa che è un’attrice giovane e che ha vinto da poco un prestigiosissimo premio teatrale (Premio Ubu 2013 come migliore attrice under 30, ndr). Per cui tornerò a fare teatro con uno spettacolo molto carino. Poi sto preparando un ciclo di trasmissioni dedicate al teatro che andranno in onda prossimamente.

Parliamo un po’ di Roma. Com’è il tuo rapporto con la Città Eterna?

Roma come ti dicevo è la mia città, nel senso che anche se sono cresciuto ad Orvieto, a Roma venivamo tutti i fine settimana, perché qui c’era mia nonna. Roma è l’infanzia e la giovinezza di mia madre, Roma è i castelli romani e mio padre e tutte le storie che c’ha sempre raccontato. I miei genitori stavano al Pigneto, un quartiere che adesso è diventato di moda, però era una zona proletaria, una zona popolare. Io ho sempre vissuto nel centro storico. Roma è Gabriella Ferri, è campo de’ Fiori, Roma è Aldo Fabrizi, è Pier Paolo Pisolini, è Anna Magnani, è Sora Lella, è Trastevere… Roma è la mia città. Ci vivo ormai da trenta anni… L’altra sera sono andato a vedere uno spettacolo di Max Tortora, che è un romano doc. Uno spettacolo dedicato a Roma. E’ stato uno spettacolo fantastico. Lui ha ricordato Franco Califano che è un altro pezzo di Roma, ha ricordato il grande Alberto Sordi e diceva anche che a Roma ci sono delle parole che non si usano quasi più, ma che ogni tanto io le risento e mi dico:”Ma queste le usava mia nonna”. Parole tipo “baccajà”, che significa “discutere”.

Quali sono i mali di Roma che più ti danno fastidio, a parte il traffico?

Il traffico per via della crisi ce n’è un po’ meno, per fortuna. Roma in questo momento è molto sporca. Se tu fai un giro nel centro storico trovi sporcizia, trovi bottiglie buttate per terra, i cassonetti pieni e tanti rifiuti fuori per terra. E questo mi dispiace molto.

Come trovi i romani?

I romani sono il meglio e il peggio che si può trovare. I romani quando sono a Roma sono perfetti, mentre quando sono fuori Roma sono un po’ troppo caciaroni, tracotanti, sono quelli del “so tutto io”, sono quelli che vogliono metterci al centro del mondo.

Ti piace la cucina romana?

Nonna romana, mamma romana, quindi da sempre la mia cucina è romana. Noi mangiamo pasta e patate, pasta e ceci, pasta e broccoli, il pollo con i peperoni, la carbonara, la matriciana, la cacio e pepe, la grigia. Io non mangio quella cucina nata a Testaccio, al mattatoio, tipo la pajata, le interiora, ecc… Ho degli amici che cucinano  i rigatoni con la pajata che sono fenomenali, ma quella cucina lì non è di mio gradimento. Anche se sono cresciuto a Orvieto, che poi è alto Lazio, i sapori sono un po’ gli stessi.

Per un’artista Roma cosa rappresenta?

Roma forse è una città che ti fa tenere i piedi per terra, nel senso  che di fronte a tanta bellezza, a tanta inarrivabile arte, giustamente tu ti senti un nulla. A Roma ci sono i monumenti più belli del mondo e quindi Roma ti può dare alla testa. Penso a “La grande bellezza” il film di Sorrentino che ha vinto l’Oscar, dove secondo me, ha raccontato una Roma che c’è, che esiste, che noi vediamo e che noi frequentiamo. Roma ti tiene con i piedi per terra e questa è una cosa che mi piace molto di questa città.