Sabrina Knaflitz (attrice)      Roma 31.5.2012

                  Intervista di Gianfranco Gramola

La poesia è di chi la scrive e di chi la dice, è dell'attore e del lettore

Un’attrice sensibile e intelligente, che ama molto il teatro e che spera di continuare a fare questo lavoro, di fare cose che le piacciono, che le appartengono e di non perdere mai l’entusiasmo

Sabrina Knaflitz è nata a Roma nel 1976 ed è sposata dal 1998 con l’attore Alessandro Gassman. Ha recitato in diversi film e serie Tv a partire dalla fine degli anni ottanta: l'esordio fu nel 1988 con “I Picari” di Mario Monicelli, cui seguì nel 1990 “Il ritorno del grande amico” di Giorgio Molteni. Sabrina è anche attrice teatrale.

Teatro

La lupa – L’ultimo rock – Rimozioni forzate – Camper –  La partitella – Sopra e sotto il ponte – Vaiolo – Il Giardino degli Aranci – I monologhi della vagina – Coriolano.

Filmografia

I Picari (1988) – Il ritorno del grande amico (1990) – Un amore sconosciuto (1991) – I pavoni (1994) – I laureati (1995) – Il decisionista (1997) – Stressati (1997) – I fobici (1999) – Tuttapposto (2001) – Ultimo enigma (2006) – Don Matteo (2006) – La sacra famiglia (2006) – Donne sbagliate (2007).

Intervista

Come è nata l’idea della lettura di poesie, Sabrina?

Questo reading di poesie è nato soprattutto da un’esigenza di condividere delle bellissime poesie con il pubblico. Poi abbiamo avuto la fortuna  di essere immediatamente sostenuti dal teatro di palazzo Santa Chiara di Roma, che è un teatro veramente bello. Non so se ci sei mai stato, Gianfranco. E’ veramente bello. E’ un piccolo teatro con circa 150 posti, ma piacevolissimo. Le poetesse di cui leggiamo le poesie sono persone meravigliose, perché raccontano e parlano delle loro fragilità, delle loro paure, della loro follia con grandissima leggerezza e nello stesso tempo con un forte dolore che arriva. Però come tutte le follie e i grossi dolori, in fondo c’è sempre una leggerezza nell’affrontare le cose poi importanti della vita. Io sono follemente innamorata della poetessa Wisława Szymborska, che ha questo nome difficile da pronunciare, ma ha vinto il Nobel. Ho letto questo libro di poesie Vista con granello di sabbia”,
 dove abbiamo estrapolato alcune poesie. Poi leggeremo  Emily Dickinson, che in realtà non è pazza, non è una poetessa considerata folle, però tanto normale non lo era. Non ha viaggiato molto, è rimasta sempre chiusa nella sua casa, nel suo giardino e le sue poesie sono un po’ “border line”, dove si avverte che c’è una inquietudine, una ricerca del profondo. Poi chiaramente leggeremo Alda Merini, che è impossibile non leggere. Avevo pensato che fosse troppo scontata come poetessa, però non si poteva non inserirla fra le poetesse prese in considerazione. Lei è la regina di tutte. Dolcissima Alda Merini, semplicemente leggendola ti viene quasi innato il sorriso su alcune parole o versi che vai a leggere. Poi c’è la Ingeborg Bachmann, poetessa austriaca, anche lei folle, che è molto incisiva, molto dura, con questi ritmi serrati. Poi Elisabeth Bishop, Anne Sexton e Silvia Plat. Poi Massimo Feliziani leggerà  anche Joy Harjo. Io non la conoscevo bene, però mi ha conquistata immediatamente. La cosa che mi è piaciuta è che io e Massimo abbiamo avuto la libertà totale nel scegliere ognuno le poesie che più ci sentivamo sulla nostra pelle e credo che questo poi si sentirà e il pubblico capirà che noi vogliamo semplicemente condividere delle emozioni. Emozioni che poi non le daremo noi, ma semplicemente le parole, la poesia. E’ stata bella l’idea di unire a  me, che sono tanti anni che faccio teatro, Massimo Feliziani, che non è un attore, però è uno ama e apprezza la poesia. E’ lui che mi ha segnalato alcune poetesse. In  questa avventura abbiamo la complicità di Antonio Di Pofi, che è il maestro pianista, che ci accompagnerà per tutta la durata dello spettacolo. Anche con lui è stata una coincidenza, perché ho fatto una lettura con lui poco tempo fa e, a parte la sua indubbia bravura, ho sentito che in lui c’era una grande sensibilità. Infatti quando gli ho proposto questo reading ha accettato subito. Oggi abbiamo fatto la prima prova, non dico generale, ma è come se lo fosse, e lui è entrato con la sua musica dentro le poesie e non c’è stato bisogno di dire niente. Questo credo che sia bello, soprattutto in questo momento storico, cioè avere liberamente la possibilità di condividere un qualcosa, che possono essere delle poesie, della musica, un unione di energie… un momento di ascolto insomma, perché la poesie non solo per chi ascolta ma anche per chi la legge è un momento molto intimo, non ci devono essere rumori di fondo, non ci devono essere telefonini che squillano, ecc… Credo che questa cosa faccia bene e che sia anche terapeutico, soprattutto  in un teatro così bello, raccolto, dove respiri un’atmosfera particolare. Questa è un’esigenza, come uno scrittore quando inizia a scrivere un romanzo, una sceneggiatura, ha veramente l’esigenza di scrivere. Questo si capisce poi quando legge un libro che è stato scritto per te. E questo reading è nato perché avevamo l’esigenza di leggere queste poesie e di buttare l’amo per vedere come reagirà il pubblico. Perché si ha sempre un po’ paura della lettura delle poesie. Queste però le abbiamo però scelte con molta cura e le poesie che leggeremo io a Massimo, leggendole ci hanno dato a noi prima di tutto, delle emozioni forti. E questo semplicemente leggendo le parole, perché non è merito nostro. Il nostro merito è di leggerle in una certa maniera. Questa è un’idea molto semplice, però autentica. Poi alcune di queste poetesse io non le conoscevo, o le conoscevo solo di nome, ma non avevo letto niente di loro. Adesso che ho letto tutto il loro materiale, ne so qualcosa di più. A parte la Merini, la Wisława Szymborska la conoscevo perché ho letto tutto il suo libro e devo dire che mi ha affascinata.  

Com’è nata la passione per la recitazione?

Fin da ragazzina mi piaceva andare a teatro come spettatrice e tuttora quando vado molto a teatro. Se ho una serata libera io vado a teatro, perché è un luogo molto simile ad una chiesa, dove tutto rimane fuori e dove si ascoltano le parole degli attori, dove si recita. L’ascolto per me, in questo momento, è fondamentale, perché non si ascolta più. Si tende solo a parlare di sé o di quello che si ha e di tante cose futili. Invece il teatro è un luogo che comunque ti costringe e ti porta all’ascolto. Mi è sempre piaciuto andare a teatro, poi da lì ho studiato moltissimo, ho fatto varie scuole e seminari… non te li sto a elencare perché sarebbe noiosissimo. Poi ho avuto la fortuna di debuttare giovanissima, ho fatto “La Lupa” di Verga, dove facevo chiaramente la figlia della Lupa, con Francesca Benedetti e da lì l’amore per il teatro è aumentato sempre di più. Ho imparato molto soprattutto sul palco, poi ho avuto la possibilità di lavorare con grandi attori e attrici da cui ho “rubato” un po’ d’arte. Io ho tutti i miei copioni, ancora con gli appunti scritti con la matita, le cancellature, perché anche le prove sono molto importanti a teatro. Le prove sono il momento che mi piace di più, perché durante le prove si crea, si sperimenta e ancora non c’è il pubblico , ma è un momento bellissimo.

Ma i tuoi genitori che futuro sognavano per te?

Come tutti i genitori, il lavoro dell’attore, viene visto in maniera non troppo positiva, però io ho sempre amato il teatro, che è un po’ un’isola felice rispetto ai lustrini che la televisione ti fa vedere e immaginare. Non è una critica, però la mia è una grande passione, riferita comunque alla curiosità di un teatro letterario piuttosto che d’autore. Io ho studiato Lettere, ho sempre studiato moltissimo e questa è stata una conseguenza quasi naturale. Perciò mi reputo fortunata perché il mio percorso è stato scelto in maniera libera. Sono molto soddisfatta di fare un lavoro che amo molto. 

Hai un sogno artistico?

Adesso sto lavorando ad un testo di un drammaturgo inglese, però ancora non so se riuscirò  a farlo. Ho dei testi che vorrei interpretare, ce ne sono veramente tanti. Poi trovo che un attore più va avanti con gli anni e più ha da raccontare, perché ha vissuto e quindi conosce tante emozioni e può entrare più facilmente in tanti personaggi. Noi abbiamo dei testi meravigliosi, con personaggi incredibili, ne abbiamo veramente tanti che fanno parte del teatro italiano. Quello che mi auguro è di continuare a fare questo lavoro, anche farne poco ma fare soprattutto cose che mi piacciono, che mi appartengono e che mi interessano e a non perdere mai la voglia di fare e soprattutto l’entusiasmo. Sono felicissima adesso di fare questa lettura di poesie, mi fa bene farla e non vedo l’ora che sia lunedì, così vedremo se piacerà. Lo spero tanto.

Parliamo un po’ di Roma, Sabrina. Com’è il rapporto con la tua città?

Io di origine sono austriaca, lo capisci dal cognome, però mio padre è piemontese. Io sono nata a Roma e ho sempre vissuto nella capitale. Ho un bellissimo rapporto con Roma, perché trovo che sia una città tutta da scoprire. Roma la devo conoscere molto bene perché è vero che ogni angolo, ogni vicolo, ogni piazza è arte, però la devi conoscere per respirare ancora quella vecchia Roma che purtroppo da un bel po’ è scomparsa, quella vecchia Roma che vediamo nei film di neorealismo o in quelli di Alberto Sordi, di Gigi Magni o i film americani come “Vacanze romane”, in cui vedi via Margutta. Mi è capitato di passare recentemente per via Margutta e vedere questa casetta dove si incontravano i due protagonisti. Un po’ mi è battuto il cuore, perché se non conosci Roma bene, quell’atmosfera lì, di via Margutta, girando per quella via, non la trovi più. Piazza Navona, con tutte le gelaterie, ristoranti e pizzerie un po’ mi fa male perché in posti così belli l’omologazione non dovrebbe arrivare. Secondo me  una catena di pizzerie di cui non faccio il nome, non dovrebbe arrivare a piazza Navona, il salotto buono di Roma. Comunque c’è ancora una Roma in cui riesci a catturare quel respiro che immagino ci fosse  stato 60 anni fa e questo, per chi  conosce bene la città, solo a un certo orario, tipo al tramonto o la mattina presto.

Quali sono state le tue abitazioni romane?

Sono fortunata perché ho sempre vissuto a Trastevere, a parte negli ultimi anni che mi sono spostata vicino a piazza Navona. A Trastevere c’è ancora una parte di  quartiere un po’ nascosta che devi essere di Roma per sapere dove scovarla. Poi è chiaro che negli anni è diventata molto turistica purtroppo. E’ anche vero che se si va a piazza Santa Maria in Trastevere a mezzanotte, in una serata come oggi, d’inizio estate, con le stelle, questo campanile meraviglioso, questa chiesa famosa e la fontana, credo che non ci siano posti più suggestivi al mondo, con quest’atmosfera particolare. Io ho viaggiato parecchio e posso dire che Roma è una delle più belle città del mondo. Come dicevo prima, negli ultimi anni mi sono trasferita vicino a piazza Navona, dove ci sono tutte queste comitive di turisti, ma non sono i turisti che mi danno fastidio, è quello che i commercianti hanno creato intorno a questo.  

Il tuo rapporto con la cucina romana?

Devo dire la verità, come cuoca me la cavo abbastanza bene, nel senso che i due piatti tipici come la carbonara e l’amatriciana, li so fare veramente bene. Non mi piacciono invece tutte quelle specialità romane di una volta, tipo la pajata, la coda alla vaccinara, ecc… E’ una cosa più forte di me. Non riesco a mangiarle, però la carbonara e l’amatriciana le consiglio a tutti, perché sono fantastiche. Stupendi anche  i carciofi alla giudia. Se vai al Ghetto, al portico d’Ottavia, trovi dei ristoranti “cosher” meravigliosi. Ce n’è uno un po’ nascosto, che si chiama “Pirelli” che è stupendo. Dentro al Ghetto, c’è una salita dove in cima c’è una piazza chiusa, raccolta tra questi palazzi antichi e poi c’è questo ristorante meraviglioso soprattutto d’estate. Le trattorie tipiche ormai vanno scomparendo e questi ristoranti storici sono gli unici che, secondo me, valgono la pena di vistare, perché non mi verrebbe di andare al ristorante che trovi anche a Milano o a Rimini, perché ormai ci sono  tutte queste grandi catene di ristorazione.

Nei momenti liberi in quale zona di Roma ami rifugiarti?

C’è un giardino meraviglioso che sta all’Aventino, è il Giardino degli Aranci ed è un posti in cui vado spessissimo quando voglio respirare la Roma antica. Un altro posto molto bello, si trova sopra Trastevere, è il Gianicolo, dove c’è il “Fontanone” e, dove c’è un panorama stupendo dove vedi tutta Roma. Però il Giardino degli Aranci sull’Aventino, caro Gianfranco, lo devi conoscere, perché ne vale la pena.

Come ti trovi con i romani?

Sarò ripetitiva, ma quelli di una volta, tipo Alberto Sordi, Paolo Panelli, Aldo Fabrizi, e Sora Lella, li amo, con tutto il mio cuore perché sono i veri romani, quelli doc, “de ‘na vorta”. Quelli di adesso non li conosco, perché spesso non sono romani de Roma.  E’ il tempo che passa, è come la poesia di Alda Merini che ad un certo punto di una poesia dice: “Dicono che io sia pazza, forse perché non sono di questo tempo, perché forse non appartengo a questo tempo. Quindi questo romanticismo che ho, fa si che la gente dica che io sono pazza e che non trovo un mio posto preciso, una collocazione precisa”. E’ anche per questo che amo la Merini e tutte queste altre poetesse. Perché  ritrovi nelle loro parole tante verità.