Vera Gemma (attrice e scrittrice)     Roma 5.10.2012

                    Intervista di Gianfranco Gramola

Vera, l’unica figlia d’arte che non ha mai lavorato con il padre. La sua passione? Quella del teatro, perché le è sempre piaciuto il rapporto diretto con il pubblico e quindi quella sensazione adrenalinica che si ha prima di entrare in scena

Vera Gemma è nata a Roma il 4 Luglio 1971. Nel 1997 recita nel film Stressati  accanto a Monica Bellocci e Alex Britti. Nel 1998 lavora con il regista Josè Maria Sanchez Silva sul set del film Le ragazze di piazza di Spagna. Nel 2003 fa parte del cast del film Il cartaio come spalla dei protagonisti Liam Cunningham e Stefania Rocca. Ha scritto il suo primo romanzo nel 2004: “Le bambine cattive diventano cieche”. “Latin lover” è il suo secondo libro ed è stato realizzato anche grazie alla collaborazione di Asia Argento. 

Intervista

Mi puoi raccontare brevemente i tuoi inizi nel mondo del cinema?

Diciamo che nel mondo del cinema ho lavorato poco. Ho lavorato con Dario e sua figlia Asia Argento, con Pupi Avati. Pochi lavori, ma buoni. Io non ho iniziato con il cinema, ma in teatro, che era la mia grande passione. Ho iniziato a 16 anni e ho fatto tantissimo teatro, soprattutto con testi scritti da me e sono andata avanti per dieci anni. Quindi la mia passione era proprio quella del teatro perché mi è sempre piaciuto il rapporto diretto con il pubblico e quindi quella sensazione adrenalinica che hai prima di entrare in scena. Il cinema invece lo trovo un po’ fasullo avendolo vissuto sui set fin da quando ero piccola, quindi ne conosco tutti i trucchi, compreso il fatto che le scene si possono rifare se sono venute male. Secondo me, con un buon regista, non dico chiunque, ma molti potrebbero diventare degli attori abbastanza accattivanti. Il teatro invece è un pochino più complesso, sebbene ci siano attori di teatro terribili. Però per fare buon teatro, oltre al talento ci vuole più fegato, più coraggio.

Tu sei figlia di un attore famoso. Hai mai pensato ad un nome d’arte, per evitare paragoni?

Non c’ho mai pensato in passato, perché credo di essere l’unica figlia d’arte che non ha mai lavorato in vita sua con il padre. Quindi mi sentivo talmente pura in questo senso nelle mie scelte, che non ritenevo fondamentale cambiare il mio nome. Magari   uno al posto mio avrebbe cambiato il nome e poi sfruttato i vantaggi di famiglia. Io invece non l’ho cambiato e alla fine ho fatto un percorso completamente differente. Tornando indietro forse lo cambierei anche, ma sinceramente non mi era mai venuto  in mente, perché il mio nome era talmente bello: Vera Gemma. Mia madre mi diceva sempre:”Ricordati che sei una Vera Gemma” ed io avevo questa cosa nella testa che mi è rimasta e che sembra anche un nome d’arte. Però ripeto che non sarebbe male inventarsi un nome d’arte, anche per non  far sapere chi sei.

La tua più grande soddisfazione artistica?

Sicuramente l’ultima. Ti spiego… di solito si tende a fare un documentario su una persona quando non c’è più. Io ho voluto fare un documentario su mio padre, ed è forse la prima volta che unisco il mio nome con il suo. Questo documentario su di lui ed è stato un lavoro folle durato un anno e mezzo, fatto con filmini super 8, 18 millimetri inediti e altre cose introvabili, che abbiamo solo noi, tipo mio padre in Africa negli annui ’60, dove c’ero anch’io in vacanza e tante altre cose che non ha nemmeno la Rai. Quindi mi sono trovata con tutto questo materiale inedito di famiglia e ho deciso di fare un percorso nella vita e nella carriera di mio padre. E ho fatto questo documentario della durata di un’ora e mezza, che è piaciuto molto e dovrebbe andare ad un Festival. Non dico quale Festival, perché se per caso non ci va, faccio una figuraccia. Questo lavoro comunque è una cosa cui vado fierissima, un lavoro folle, dove mi sono improvvisata scrittrice, regista e produttrice perché è un progetto che sentivo mio e quindi non volevo coinvolgere altre persone, che mettessero altri soldi su cose che alla fine erano nostre, di famiglia. Quindi mi sono fiondata con molta energia in questa avventura che è stata stremante, però mi ha dato molta soddisfazione. Questa è la maggior soddisfazione artistica, ma anche Scarlet Diva con Asia Argento è stata un’esperienza incredibile, perché era un ruolo scritto appositamente per me. In quel film abbiamo girato diversi paesi del mondo, con Asia, e ogni viaggio è stata un’avventura, visto che eravamo anche molto amiche e questa è una cosa che ricordo con molto affetto.

Hai qualche sogno artistico che vorresti realizzare?

Innanzitutto portare avanti questo documentario, venderlo nel mondo e nei paesi dove papà è famoso, quindi Giappone e sud America. Sai che in Giappone, negli anni ’80, la Suzuki fece addirittura una moto che si chiamava Gemma ’50 e Gemma 125. Questo per quanto lui era famoso ed amato in quel paese. Quindi nei miei progetti è portare avanti questa cosa che purtroppo avrà molto più riscontro con l’estero che con   l’Italia, dove i nostri artisti sono più esaltati che nella loro patria. A questo punto ho  fatto tutto. Ho fatto teatro, cinema, ho pubblicato due libri… adesso vorrei fare un film da regista. Misurarmi con la regia e magari scrivere un ruolo meraviglioso, forse l’ultimo bellissimo ruolo nella carriera di mio padre e fargli questo regalo.

E’ una grossa responsabilità.

Lo so, ma non lo farei sicuramente con un atteggiamento superficiale. Ci sto pensando e studiando sopra.

Vera Gemma anche scrittrice…

Si! Non sono proprio Oriana Fallaci, però ho scritto due libri che non sono stati apprezzati molto dal pubblico, ma che hanno avuto delle bellissime recensioni dai critici letterari. 

Chi ti ha trasmesso questa passione?

Ho la passione fin da piccola. Mia madre leggeva molto, aveva tantissimi libri, quindi io già a dieci anni avevo letto “La noia – L’indifferenza” e mi ero fatta questa retrospettiva di Alberto Moravia. Nonostante fossi una bambina era molto chiaro quello che leggevo e da lì ho iniziato a scrivere. Scrivevo tantissimo, anche diari e amavo proprio scrivere. E rifiutavo questo mio talento. Mia madre mi diceva sempre:”Tu sai scrivere, che è molto più importante che fare l’attrice”. Io mi arrabbiavo tantissimo. Poi mi sono resa conto che non avevo mai passato un giorno della mia vita senza scrivere qualcosa e allora ho messo insieme un po’ di cose scritte negli anni su questi diari, li ho portati ad un editore. Questo editore è rimasto entusiasta ed ha deciso di pubblicare il mio primo libro. Da lì ho capito che forse potevo scriverne un altro. Ne ho scritto un altro e me l’ha pubblicato l’Aliberti, una casa editrice importante. Io continuo sempre a scrivere e adesso ne ho un altro nel cassetto che non mi decido a tirare fuori, perché nel frattempo ho avuto un figlio e la cosa mi ha stremato psicologicamente e fisicamente. Però prima o poi pubblicherò questo mie terzo libro. E’ una storia interessante che riguarda il mondo degli Strip club di Los Angeles, dove io ho fatto uno studio, una indagine conoscendo tutte queste ragazze che lavoravano lì e mi hanno molto ispirato le loro storie e i loro racconti. Ed è venuto fuori un libro.

Parliamo della tua città. Com’è il tuo rapporto con Roma?

Oddio! Adesso mi fai odiare da tutti, perché io Roma non la amo per niente. Non so se è bello scrivere queste cose.

Dimmi perché non la ami più. Sai che a volte le critiche sono costruttive?

Non la amo perché non la sento più mia, perché da 4 anni vivo a Los Angeles e prima di Los Angeles vivevo a Parigi. Quindi io vengo a Roma solo per stare insieme a mio padre e a mia sorella. Loro invece vivono sempre qua. Per me Roma significa solo stare con la famiglia. Punto. La città la trovo noiosa, un po’ pigra, la gente si lamenta molto però poi alla fine quello spirito dei romani che nel passato lottavano come gladiatori, come condottieri coraggiosi, non lo vedo più. Io vedo solamente gente che continua a lamentarsi, che ha poca voglia di lavorare e poi la città è tenuta male. E’  sporca e ci facciamo forti del fatto che abbiamo dei monumenti meravigliosi ma poi le cose andrebbero curate, tenute bene e soprattutto apprezzate anche dai romani. I romani sanno dire solo :”Ma Roma è Roma”, però poi per Roma non fanno  niente.  Quindi è un’ipocrisia questo amore spassionato, che è quasi una forma di ignoranza, per questa città da cui non si può assolutamente fuggire e poi i  romani stessi la città la distruggono, perché non ne hanno nessun rispetto.

Ma apprezzi almeno la cucina romana?

Ma nemmeno tanto. Mi piace molto la carbonara e sono anche una buona cuoca. Diciamo che mi piace molto la cucina italiana. Se ci sono delle cose in Italia che ci rendono i numeri uno nel mondo, sono sicuramente il cinema del passato ovviamente, la moda e il cibo.

C’è un angolo di Roma a cui sei particolarmente affezionata?

Si! Trastevere, perché io sono nata e cresciuta in quel quartiere, che è il centro storico della vecchia Roma. Io camminando per le strade di Trastevere rivivo la mia infanzia, la mia adolescenza che sono state molto felici. Qualsiasi strada intorno a casa mia, mi fa rivivere la storia della mia vita e quindi mi riporta indietro negli anni. Quindi avrai capito che fra me e Roma c’è un rapporto di amore e odio. E’ come quando ami una cosa che poi vedi rovinata e preferisci non amarla più per non soffrire troppo. In fondo c’é amore per Trastevere, perché lì trovo la mia vita, le mie radici. Però sono una che è capace di staccarsi dalle radici, perché il mondo è grande e tutto molto   interessante, basta non avere prevenzioni di nessun tipo e amare viaggiare, che è molto importante. Aprire le porte anche all’estero, non solo per andare in vacanza, ma anche per lavorare, soprattutto adesso che l’Europa dovrebbe essere un tutt’uno.

Vera Gemma con papà Giuliano