Adriano Aragozzini (giornalista e produttore
discografico, teatrale e televisivo)
Roma 19.1.2024
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Gabriella Ferri? Era un’artista particolare. Lei aveva comprato dei
pennelli e del colore e aveva verniciato la sua stanza dell’albergo, perché
non le piaceva il colore delle pareti. Diceva che le creava ansia”
Adriano Aragozzini è nato a Roma il 3 luglio
del 1938. Inizia la sua carriera professionale come giornalista. Collabora con
“Cine illustrato”, “Sogno”, “Sorrisi e Canzoni TV”, “Oggi”.
Fonda l’agenzia giornalistica Mondial News Press. Durante un’intervista
conosce Gino Paoli che in seguito lo introduce nel mondo dello spettacolo, dove
in pochi anni rappresenta artisti come Domenico Modugno, Patty Pravo, Renzo
Arbore e molti altri. Negli anni settanta organizza tournée in Italia e in
altri paesi europei di famosi artisti internazionali come Tina Turner, Sammy
Davis Jr., Ray Charles, Sarah Vaughan, Gloria Gaynor, e scrittura i più
importanti cantanti italiani per tournée in tutto il mondo. A fine anni
settanta inizia a produrre programmi televisivi sia in Italia, per la RAI, che
per molte televisioni del Sud America. Dal 1989 al 1991 è il patron del
Festival di Sanremo che rinnova radicalmente, ottenendo grandissimi ascolti. Nel
1992 e nel 1993 torna al Festival come produttore esecutivo per conto della RAI.
Ha coprodotto per la RAI diciannove film e organizzato spettacoli e show
televisivi con, tra gli altri, Domenico Modugno, Gigi Proietti, Milva, Renzo
Arbore e l’Orchestra Italiana. Ha ricevuto molteplici premi e riconoscimenti
in tutto il mondo, tra i quali la cittadinanza onoraria della città di New
York, per la promozione della cultura popolare italiana in Nord America. Ha
pubblicato l’Enciclopedia del Festival di Sanremo (Rusconi, 1990, nuova
edizione RAI ERI, 2013) e nel 2017 “Questa sera canto io” per La nave di
Teseo.
Ha detto:
- Patty Pravo? La convinsi contro il volere
della Rca a posare nuda per Playboy quando nessuna cantante lo faceva.
- Una volta ho accompagnato Claudio Villa,
comunista pure lui, in Bulgaria, dove gli interruppero uno spettacolo perché
cantava un brano più ritmato dei suoi soliti: Napoli in festa. Salì sul
palcoscenico un funzionario dicendo che il rock era vietato, in Bulgaria.
- Lucio Dalla è stato un grandissimo, ma
l’ho rifiutato. Errorissimo. Purtroppo mi sono fidato dell’apparenza, e
quando ho visto questo tipo basso, peloso, e un po’ pelato, l’ho derubricato
a flop.
- Con Domenico Modugno c’è stato un
sodalizio durato 30 anni. Il migliore: un uomo straordinario professionalmente e
umanamente. Un amico vero, un artista incredibile: ancora oggi quando vado in
America, nei locali si continua ad intonare “Volare”.
Intervista
I suoi
genitori per lei volevano il posto fisso ma ha voluto fare il giornalista.
Com’è nata questa passione e come ricorda gli inizi?
A me è sempre piaciuta l’idea di fare il
giornalista. Mio padre comprava Il Tempo e io me lo andavo a leggere ed ero
l’unico di cinque figli che aveva questo interesse. Mi è venuta questa
passione e poi attraverso un mio amico ho avuto l’opportunità di conoscere un
certo Toni Bonavita, che dirigeva un’agenzia nazionale a Roma, in via Rasella,
ma che era un’agenzia politica che si occupava di tutto e che era di proprietà
dell’On. Franco Servello, deputato del movimento sociale italiano e del
petroliere milanese Moratti.
L’ex presidente dell’Inter?
Angelo Moratti, il papà di Massimo Moratti,
che era presidente dell’Inter allenato da Helenio Herrera. Quindi ho iniziato
con quell’agenzia, poi proponevo tante idee che venivano regolarmente bocciate
e allora dopo un paio di anni, a soli 22 anni, fondai l’agenzia giornalistica
Mondial New Press che si occupava, a differenza dall’agenzia di Servello e
Moratti, esclusivamente di cinema ed ebbi degli ottimi rapporti con importanti
personaggi, come con Samuel Steinman, che era un americano che in quegli anni si
occupava della promozione in tutta Europa, anche in Italia, dei film della
Paramount e di tutte le più grandi majors americane. Quindi ebbi grande
successo come agenzia e le cose andavano molto bene fino a quando le notizie che
davo arrivarono sul tavolo della
Rizzoli e di Italo Tassotti, che era il
direttore del settimanale Sogno, di Dante Guardamagna, direttore di Luna Park e
di Tarquinio Maiorino di Sorrisi e Canzoni TV, che mi fecero fare un salto di
qualità professionale. Cominciai a collaborare come giornalista esterno. Io
scrivevo tanto per i giornali come OGGI, finché mi vollero come giornalista
fisso. Sono diventato giornalista fisso, ho venduto l’agenzia e iniziai la mia
attività di giornalista vero che è durata abbastanza, fino a quando incontrai
Gino Paoli.
E diventò suo manager…
No, non ero assolutamente il suo manager. Io
quando avevo l’agenzia già mi occupavo di uffici stampa e collaboravo con il
Conte Francesco Lamberto Fanti Salvoni che dirigeva l’ufficio esteri della RCA
e per fare la pubblicità scrivevo degli articoli promozionali e avendo
un’agenzia li facevo uscire su tutti i giornali.
Chissà quanto guadagnava.
Guadagnavo molto bene da ragazzo. Poi ebbi
l’occasione di seguire Gino Paoli al festival di Sanremo nel 1961 e io feci
un’ottima campagna promozionale e lì conobbi bene Gino Paoli, che divenne un
mio amico e si creò fra noi una grande simpatia. Veniva a dormire a casa mia,
nel villino Città Giardino e lui proseguì la sua attività e io ogni tanto mi
occupavo di lui. Poi Gino ha fatto una tournée in giro per l’Italia e la
Ricordi, che era la casa discografica di Gino Paoli e di molto altri artisti, mi
diede l’incarico di seguire gli spettacoli, cosa che feci molto bene. Un
giorno Gino Paoli mi chiese di vedermi perché doveva parlarmi e mi raggiunse a
Roma, all’Hotel Hermitage, ai Parioli. Mi disse: “Mi vuoi fare da
manager?” e io gli risposi: “Ma che, sei matto? Io non sono capace di fare
il manager, voglio fare il giornalista”. E lui: “Mi devi semplicemente
trovare le serate, organizzarle. Dare qualche consiglio, ecc … “. Lui
insisteva e alla fine disse: “Ti dico io, ti seguo io e vedrai che diventerai
un grande impresario”. Risposi tentennando: “Io se vuoi, posso provarci, ma
io vorrei fare il giornalista”. E così diventai il suo manager e cominciai a
organizzare le serate per Gino Paoli. Un giorno andai con il treno a Napoli per
parlare con i proprietari di un locale dove lui andava a cantare da anni. Dissi:
“Guardate, Gino Paoli ha già un’offerta da altri locali, ma se voi gli fate
un’offerta superiore, viene a esibirsi da voi”. Io portai a casa molti più
soldi della volta precedente e quando lo dissi a Gino Paoli mi rispose: “Hai
visto, te l’avevo detto che saresti diventato un bravo manager un grande
impresario”. Io ho continuato a fare il giornalista e il manager. Avendo con
Paoli guadagnato molti soldi rinunciai a fare il giornalista a tempo pieno come
facevo all’epoca e cominciai ad occuparmi di Gino Paoli. Poi alla RCA
arrivò Nico Fidenzo e fui anche il primo impresario di Luigi Tenco in
Italia e così è iniziata la mia carriera di manager e impresario.
Mi racconta un aneddoto, un suo ricordo di
Gabriella Ferri?
Ho lanciato io Gabriella Ferri in Sud
America. Lei ha avuto un grande successo in Italia con le sue canzoni romane e
io capii che erano canzoni che
potevano avere successo. Quindi mi feci tradurre i testi delle sua canzoni dalla
RCS spagnola e preso una persona che insegnasse a Gabriella lo spagnolo,
l’abbiamo fatte uscire in Spagna ma non ebbe grande successo. In Argentina
invece si cominciò a muovere il disco e io portai Gabriella Ferri in Argentina
a cantare. Praticamente il futuro marito a Gabriella glielo presentai io perché
lui era il direttore della RCS del Venezuela e si chiamava Sieva Borzak.
Gabriella Ferri era un’artista particolare. Pensa che un giorno mi chiamò
un impresario locale chiedendomi di raggiungerlo nell’albergo dove
alloggiava Gabriella Ferri. Lei aveva comprato dei pennelli e del colore e aveva
verniciato la sua stanza dell’albergo, perché non le piaceva il colore delle
pareti. Diceva che le creava ansia. Io dovetti pagare i danni all’albergo, ma
dopo due giorni successe un’altra cosa, cioè che andò a fuoco la sua camera.
Non sappiamo con certezza se sia stata lei a darle fuoco, ma aveva detto che
aveva messo un foulard sopra un lume e quello ha preso fuoco e presero fuoco
anche le tende della camera. Non fu un grande incendio e l’albergo fece pagare
i danni all’assicurazione, però rifiutarono di avere come cliente Gabriella
Ferri. Ricordo che l’albergo era l’Alvear Palace che stava al centro di
Buenos Aires. Quando la portai in Venezuela stavamo
all’hotel Tamanaco di Caracas e ricordo che lei aveva una collanina di
perle e mentre stavamo parlando con il direttore della RCA Sieva Borzak ad un
certo punto, in seguito ad un movimento brusco, la collana si ruppe e le
centinaia di perline si sparsero per tutto il ristorante e nel salotto
d’attesa dell’hotel. Quindi io, Gabriella e il diretto della RCA eravamo
sdraiati per terra a raccogliere le perline, una cosa di una comicità
incredibile. Però poi nacque la storia d'amore fra Gabriella e Sieva Borzak.
Una notte fui svegliato alle 4 del mattino da Borzak che mi disse: “Adriano,
qui succede un macello, che significa troia?”. Risposi “Puta, puttana”.
Disse: “Gabriella con un
pennarello aveva riempito tutti i muri del salotto con la scritta “troia,
troia” perché era presa dalla
gelosia nel vedere la foto della mia ex moglie con mio figlio”. Malgrado
queste follie nacque appunto questo amore fra loro due e si sposarono.
Due parole su Gigi Proietti?
Gigi Proietti è stato un’artista
straordinario. Io l’ho corteggiato per due anni per venire a fare uno
spettacolo alla curva sud dello stadio Olimpico. Lui mi ha detto di no per due
anni, poi alla fine ci siamo messi io, la moglie e le figlie che erano piccole
per insistere. L’abbiamo convinto e fu un successo straordinario. Dovevamo
fare una sola serata e invece ne abbiamo fatto due e abbiamo incassato molto di
più di un miliardo di lire. Gigi mi diceva che quando faceva teatro, prendeva
300/400 mila lire a sera. Quando ha saputo che per quelle due serate abbiamo
incassato più di un miliardo, è rimasto a bocca aperta. La nostra fu
un’amicizia che è durata per sempre.
Gina Lollobrigida?
Gina è nel mio cuore perché io ho lavorato
con lei e la conosco quando ancora lei da splendida quarantenne faceva i film in
America. Lei ha recitato con star del calibro di Rock Hudson, Tony Curtis, Yul
Brynner, Anthony Quinn, Sean Connery, Burt Lancaster, Frank Sinatra, Humphrey
Bogart, Bob Hope e David Niven e negli ultimi anni si era dedicata alla
fotografia. Fra di noi nacque questa amicizia incredibile che durò fino a
quando è venuta a mancare. Pensa che il figlio di Gina, Andrea Milko Skofic,
che io conoscevo fin da quando era ragazzino, malgrado avesse chiuso i rapporti
con la madre e malgrado sapesse che io ero d’accordo con la madre contro di
lui e quindi a favore di Andrea Piazzolla, il ragazzo che l’aveva resa felice
negli ultimi anni e che le faceva compagnia e anche il factotum, fu proprio
Andrea Milko Skofic ad autorizzare
me a fare l’orazione funebre per Gina. I miei ricordi di Gina sono clamorosi
sia in Argentina, in Venezuela che in Messico.
Anche in Messico?
In Messico noi siamo andati per lavorare in
una televisione messicana. Prima di partire per il Messico lei mi aveva invitato
nella sua villa sull’Appia. Lei mi mostrò la casa e le foto con gli attori
con cui aveva lavorato. Partiamo per il Messico e l’arrivo all’aeroporto fu
un evento straordinario. Arriviamo all’hotel Camino Real e lei
alloggiava nella suite presidenziale. Ci dicono che il quarto piano era tutto
blindato e non si poteva entrare perché come il portiere ci informò, lì
alloggiavano Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins, gli astronauti
dell’Apollo 11 che l’anno prima erano andati sulla luna e che ci sarebbe
stato un ricevimento presso il presidente della Repubblica in loro onore. Gina
si è presentata al quarto piano, subito bloccata lei ha detto: “Vorrei
parlare con il comandante vostro” ed è arrivato il colonnello in borghese.
Questo vede Gina Lollobrigida e fu fatta accomodare in una stanza
e felice di averla conosciuta, la invita a cena. Gina quella sera cenò
con lui a lume di candela in quell’appartamento. Conclusione del discorso il
giorno dopo che c’era il ricevimento della Presidenza della Repubblica
messicana lei e d io siamo andati al ricevimento e lì conobbe gli astronauti.
Il giorno successivo al ricevimento loro tre partirono per gli Stati Uniti e
anche noi dovevamo andare a New York, ma Gina non partì con l’aereo di linea
ma partì con l’aereo dei tre astronauti. Lì conobbe poi Neil Armstrong e tra
loro nacque una bellissima storia d’amore che è durata tanti anni, tant’è
vero che quando gli astronauti vennero a Roma per fare esattamente le stesse
cose che avevano fatto in Messico, lei dette un ricevimento privato a casa sua
con i tre astronauti ed è stato l’unico posto fuori delle ambasciate dove
loro si sono recati. Fra le tante passioni di Gina c’era anche quella per la
fotografia, aveva un gran talento e come fotografa ha fotografato, tra gli
altri, Paul Newman, Salvador Dalí, Henry Kissinger, David Cassidy, Audrey
Hepburn ed Ella Fitzgerald
Adriano Aragozzini con Tina Turner
Com’è nata la sua storia con Tina
Turner? Come l’ha conquistata?
Questo l’ho scritto anche nel mio libro
“Questa sera canto io”. Io avevo scritturato Ike e Tina Turner
che a quei tempi erano considerati
i re del Rock ‘n Roll, per venire a cantare in Italia, ma una settimana prima
avevano annullato la loro presenza. Due settimane dopo mi dicono: “Guarda che
Ike e Tina Turner tornano in Europa in tournée. Li vuoi?”. “Certo” dissi
e li scritturai di nuovo per il tour in Italia. Arriva un’altra volta la
smentita e Ike cancellò il tour italiano. Mi reco a New York per lavoro e
l’impresario americano di questa grande agenzia che rappresentava Tina Turner
mi disse che quella sera mi avrebbe portato a vedere Ike e Tina Turner, così te
li presento. Noi eravamo seduti in prima fila e lo spettacolo doveva iniziare
alle 21.00. Alle 21.15 esce lei elegantissima e bellissima e disse: “Scusate,
non possiamo fare lo spettacolo perché mio marito sta poco bene”.
L’impresario lo sapeva e mi disse: “Adriano, con tutti i giornalisti e gli
impresari che ci sono qui, dopo andiamo dietro
le quinte, c’è una conferenza stampa e beviamo una coppa di champagne”.
Siamo andati da Tina Turner e tra
una chiacchiera e l’altra le ho detto: “Tina, io ti ho scritturato due volte
per cantare in Italia e per due volte hai annullato il tour”.
E lei che disse?
Disse: “Guarda che di queste cose non so
nulla, decide tutto Ike, mio marito”. Le dissi: “Guarda, Ike e Tina Turner
non li voglio più, se lei un giorno cantasse da sola, la scritturerò molto
volentieri per l’Italia”. Gli do il mio biglietto da visita, lei si è messa
a ridere e ha messo il mio biglietto da visita in borsetta. Passati un paio di
anni ricevo una telefonata da Los Angeles. “Sono il nuovo manager di Tina
Turner. Ho avuto il suo numero da Tina. Volevo farle sapere che presentiamo il
nuovo spettacolo di Tina Turner per gli impresari americani a Las Vegas. Se lei
vuole venire, sarà nostro ospite in hotel. Lo
spettacolo è giovedì”. Accettai l’invito, era lunedì e il giorno
stesso sono partito e verso sera arrivai a Las Vegas. Tina Turner aveva
lasciato Ike e aveva formato un nuovo gruppo. Il giovedì c’era questo
spettacolo in un piccolo teatro dove ci stavano circa 300 persone ed erano
impresari quasi tutti americani e qualche inglese. Lei ha fatto uno spettacolo
fantastico ed è stata una serata meraviglioso. La cosa bella dello spettacolo,
oltre alla sua esibizione, era che c’erano
quattro ballerine e coriste bravissime quasi come Tina Turner. Anche lì,
dopo la cena, hanno offerto lo champagne e lei quando mi ha visto, calcolando
che erano passato un paio di anni dal nostro primo incontro, venne verso di me e
mi disse: “Mister Aragozzini, how are you?” e si dimostrò molto contenta
vedermi. La sera dopo ho invitato a cena lei, la sorella, il nuovo manager e
Anna Maria, che era la sua segretaria. Nel pomeriggio mi recai nel ristorante e
consegnai la mia carta di credito perché volevo offrire io la cena. Quella sera
ci divertimmo moltissimo e quando i miei ospiti, finita la cena, chiesero il
conto, dissi che avevo offerto io la cena e rimasero molto impressionati anche
dal mio modo di fare. Fuori dal ristorante dissi a Tina: “Ti aspetto in
Italia, finalmente da sola”. Dopo sei mesi lei è venuta a cantare in Italia,
prima tappa a Milano e io non c’ero ma le feci recapitare un bel mazzo di
rose. Seconda tappa Margherita Ligure e anche lì non c’ero per impegni di
lavoro e anche lì le feci recapitare un mazzo di rose. Terza tappa a Rimini e
io avevo già deciso che ci sarei andato. Lei disse al mio factotum che aveva il
compito di seguirla nel tour: “Digli ad Aragozzini che se non lo vedo al
concerto, annullo la tournée in Italia e torno in America”. Io sono andato a
Rimini, è stato un concerto molto bello e la sera abbiamo cenato tardi e ad un
certo punto le dissi: “Senti Tina, posso fare una cosa pazza?”. Lei si
avvicinò a me, vicino al viso, pensando che volessi baciarla e invece tirai
fuori la pistola e sparai tre colpi in aria. Prima c’è stato un momento di
paura, poi scoppiò in una risata. Lei poi voleva sapere perché avevo sparato e
perché avevo una pistola e le spiegai che avevo il porto d’armi perché in
quel periodo giravo con delle valigette piene di soldi ed ero sempre armato e
sparai dalla felicità di stare vicino a lei. Poi la sera all’una di notte, io
l’accompagnai alla sua suite e poi sono tornato a Roma e lì è nata
la nostra storia d’amore.
Quanto è durata?
E’ durata circa due anni, poi la mia ex
moglie mi ha bloccato il passaporto, quindi non potevo girare e incontrare Tina
e queste sono state le ragioni che mi hanno allontanato da Tina. Ma prima che
accadesse questo erano passati due anni meravigliosi e in questi due anni io e
Tina abbiamo passato delle vacanze fantastiche in giro per il mondo. Ricordo una
splendida vacanza che facemmo alle isole Roques del Venezuela, dove non c'era
nulla a parte la villa dove eravamo. Per il suo compleanno lei organizzò una
mega festa nella sua villa californiana ed è stata una bellissima serata. Con
Tina è stata una storia d’amore meravigliosa.
Un suo ricordo di Mia Martini e di com’è
nata la chiacchiera che portasse iella.
Quella è stata una chiacchiera vergognosa.
Io l’ho presa al festival di Sanremo e neanche la conoscevo personalmente, io
la conoscevo come artista straordinaria con una voce fantastica. Quando mi
proposero Mia Martini per il festival e dopo aver sentito il suo brano, mi sono
schierato contro tutti, compreso qualche casa discografica e qualche artista che
mi ha detto che se c’era la Martini al festival, non sarebbero venuti. Io me
ne sono fregato e l’ho portata al festival. Quell’anno lei, con il brano
“Almeno tu nell’universo” vinse il premio della critica e ottenne un
grande successo discografico. Nei miei 5 anni in cui ho organizzato il festival
di Sanremo, lei è sempre stata presente e quello della diceria che portasse
sfortuna, è stata una cosa vergognosa, con ragioni inspiegabili e per colpa di
questa ignoranza lei è stata allontanata, emarginata dal mondo della canzone.
Cosa ne pensa dei talenti musicali?
Non mi piacciono, fanno esibire uno che si
illude e magari poi non avrà neanche successo. Rovinano la mentalità ai
giovani e quindi sono contrario.
Ha mai lavorato per solidarietà?
No, sono un professionista che ha lavorato
con grandi artisti come Domenico Modugno, Gina Lollobrigida, Gigi Proietti, Gino
Paoli, Renzo Arbore, Tina Turner, Gloria Gaynor e tanti altri e sono riuscito ad
avere un grande successo non solo in Italia, ma nel mondo e non certo per
solidarietà ma per le mie capacità professionali, perché facevo le cose fatte
bene.