Alessandro Bernardini (attore)
Roma 28.10.2024
Intervista si Gianfranco
Gramola
“Attualmente con la mia compagnia sto in
teatro con uno spettacolo nuovo che si chiama “Mercoledì delle ceneri”.
E’ un tema attuale che riguarda la violenza sulle donne”
Alessandro Bernardini nasce a Roma nel 1973.
I genitori, umili lavoratori che lo crescono con principi morali e
un’educazione di altri tempi, gli insegnano da subito a pensare positivo, a
non mollare mai e soprattutto il rispetto per gli altri. Cresce nella periferia
sud di Roma, lì dove la strada è la vita, dove tutto è difficile ma niente è
impossibile. Sono gli anni ’70 - ’80, gli anni di piombo, quando nelle vie
scorrono fiumi di droga e di armi. Gli anni delle lotte politiche, della
malavita. Alessandro vive la sua giovinezza in un clima familiare tranquillo, ma
per strada le cose sono diverse. Lui è sempre fuori con gli amici, e con loro
non si pone limiti, fa tutto ciò che vuole. Con i reati, Alessandro e i suoi
amici fanno i soldi, quelli veri! Ma ben presto capisce che non è così, ha
diversi problemi con la legge e alla fine ne paga il conto. In carcere, però,
incontra il Teatro: come nella più classica delle storie, Sandro, un suo
compagno, lo invita a partecipare alle prove di uno spettacolo che sta
preparando. Manca un attore e la regista chiede ad Alessandro di sostituirlo
soltanto per una semplice lettura dei dialoghi. Lui, che non ha mai recitato,
tranne allo spettacolo di fine anno delle elementari, si trova subito a suo
agio, si sente bene, e Valentina Esposito, la regista, nota subito in lui una
certa predisposizione alla recitazione. Alessandro e i suoi compagni attori
diventano subito un gruppo unito, una famiglia. Dopo circa dieci anni quella
compagnia teatrale è uscita dal carcere per diventare una realtà affermata:
oggi si chiama Fort Apache Cinema Teatro, ed inizialmente era composta da attori
ex-detenuti e detenuti in forma alternativa, ma ben presto si sono uniti al
gruppo attori professionisti tra cui la Palma D’oro Marcello Fonte (Dogman) e
il premio Oscar Giorgio Cantarini (La vita è bella). Da lì ha inizio anche la
carriera cinematografica di Alessandro, che lo ha visto interpretare ruoli
importanti, tra gli altri, in “Ombre della sera” (con la regia di Valentina
Esposito), “Suburra, il film” di Stefano Sollima, “Non essere cattivo”
di Claudio Caligari, oltre che in alcune serie TV come “Suburra” e “Vice
questore Schiavone”. Il suo primo spettacolo teatrale è stato, invece,
"Tempo Binario" di Valentina Esposito. Oggi la vita di Alessandro è
cambiata, è diverso da quel ragazzo che giocava a fare il duro per le strade
del quartiere, oggi è un Uomo che ha imparato dal passato e che costruisce
giorno per giorno il suo futuro!
Intervista
Ho letto che ti sei appassionato al
teatro all’interno di un carcere. Mi racconti brevemente come ci sei finito in
carcere e quando è scattata la scintilla per la recitazione?
Sono finito in carcere perché ho fatto dei
reati e poi dopo all’interno del carcere, tramite un amico mio che già
frequentava la compagnia prima di me, perché stato dentro prima di me, mi ha
chiesto se volevo frequentare anch’io quella compagnia teatrale. Visto che era
uno spazio in cui uno poteva anche distrarsi dalla situazione in cui si trovava,
io provai e ho iniziato ad andare a questi incontri, a queste prove teatrali.
Inizialmente l’ho vista dall’esterno, da spettatore delle prove che
facevano, poi la regista Valentina Esposito mi ha chiesto di fare una piccola
parte, delle piccole interpretazioni e ha notato in me una sorta di
predisposizione per la recitazione.
Io sinceramente non avevo mai saputo di avere questo talento. La regista poi mi
ha chiesto se volevo fare parte del nuovo spettacolo che stava preparando e da lì
mi sono reso conto che mi piaceva,
mi trovavo bene sia con la compagnia che con quello che stavo facendo e sono
entrato a far parte di questa compagnia che all’inizio si chiamava “La
Ribalta” e in un secondo tempo è stata creata un’altra compagnia
all’esterno del carcere che si chiama “Fort Apache cinema e teatro”.
Quindi prima di entrare in carcere non hai
fatto altri lavori?
Io non ho assolutamente avuto nessun tipo di
contatto di lavori di teatro o cinema. Mia madre ha lavorato per venti anni
negli studi di Cinecittà e quindi fin da piccolo ho frequentato gli studi di
Cinecittà, gli attori e i teatri, però da spettatore.
Hai frequentato delle scuole di
recitazione?
Non ho mai frequentato nessuna scuola di
recitazione. Quella carceraria è stata la mia prima esperienza con il teatro.
Con quali miti del cinema sei cresciuto?
Chi sono stati i tuoi idoli?
E’ una cosa un po’ scontata perché come
ti dicevo prima, mia madre ha lavorato per 20 anni dentro gli studi di Cinecittà
e stavo nei teatri fin da piccolissimo. Era il periodo di Fellini, di Monica
Vitti, di Claudia Cardinale, di Alberto Sordi e di quel tipo di personaggi. Mi
piacevano i film romani con comici e attori con ruoli brillanti come Vittorio De
Sica e Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Monica Vitti e di quel genere lì.
Andando sugli internazionali mi piacevano molto Anthony Hopkins e Jack
Nicholson, Robert De Niro e Al Pacino.
Cinema, teatro e serie tv. In quali di
questi ambienti pensi di dare il meglio?
Io do sempre il massimo ovunque vado grazie
anche alla mia predisposizione. Però sinceramente il teatro è dove mi trovo
bene perché ci sono dinamiche diverse che nelle serie tv o nel cinema. Il
teatro l’ho sempre definito una cosa calda nel senso che il teatro è
respirare insieme al pubblico, trasmettere e ricevere emozioni dal pubblico.
E’ una cosa diretta dove tutto è più vero, è reale. Hai un contatto diretto
e una risposta diretta, mentre il cinema mi piace molto ma è un altro genere,
con delle dinamiche diverse e situazioni diverse dove c’è la possibilità di
prepararti meglio, dove c’è la possibilità di rifare la scena se non è
venuta bene. Il teatro invece è una cosa diretta e se fai qualche errore riesci
a riprenderlo. Io definisco il teatro più caldo mentre il cinema più freddo.
Io artisticamente ti ho conosciuto nella
serie tv “Suburra”. Come hai vissuto quell’esperienza e con quali attori
hai legato di più?
“Suburra” è stata una bellissima
esperienza, prima cosa perché è stato un lavoro importante perché è stata la
prima serie tv ad uscire su una piattaforma internazionale, che veniva vista in
152 paesi del mondo. Poi il fatto che riguardasse Roma, le situazioni di Roma,
storie romane e quindi della mia città, la città dove sono nato, cresciuto e
dove vivo, quindi a maggior ragione mi ha fatto molto piacere e sono stato
onorato di raccontare qualcosa che riguardasse la mia città. In più il cast,
la troupe, gli attori, i registi con cui mi sono trovato sempre bene. Non ho
avuto nessun tipo di problema con loro, inoltre lavoravo in un clima famigliare
nonostante sia un ambiente molto professionale. Gli attori con cui ho legato di
più sono Adamo Dionisi che purtroppo pochi giorni fa ci ha lasciati (il 20
ottobre 2024, ndr.). Nella serie Suburra lui interpretava Anacleti Manfredi.
Adamo Dimisi lo conoscevo anche nella vita privata e ci siamo ritrovati poi a
far parte di questa serie tv. Poi Francesco Acquaroli, il Samurai nella serie
dove io ero il suo braccio destro. Con lui mi sono trovato molto bene anche
perché visto i ruoli, stavo sempre a contatto con lui. Poi mi sono trovato
molto bene con Giacomo Ferrara che interpretava Spadino, poi Alessandro Borghi
che interpretava Aureliano e con cui ho lavorato anche in “Non essere
cattivo”, dove ho trovato lo stesso ambiente famigliare. Con Alessandro Borghi
mi sono trovato benissimo e devo dire la verità che mi sono trovato bene con
tutti. Pure con Filippo Nigro che interpreta il politico Amedeo Cinaglia.
Tu preferisci i ruoli drammatici da
cattivo o i ruoli brillanti?
Non ho una preferenza in particolare,
l’importante è che mi piaccia il soggetto, il mio ruolo, quello che devo
raccontare io nel film o nella serie. Se è un argomento che a me piace e che
ritengo sia una cosa di cui fare parte, che mi fa sentire bene e a mio agio,
quella è la prima cosa che guardo. Poi posso spaziare tra il drammatico, il
comico, il criminale. Diciamo che quello del criminale mi viene un po’ meglio
perché io ho vissuto in una zona e in un ambiente un po’ particolare, le
realtà delle periferie che ho vissuto personalmente. In alcune situazioni
diciamo che mi trovo meglio perché ho più le idee chiare su come interpretare
la mia parte e attraverso le situazioni drammatiche della vita di tutti i giorni
cerco di traslare le esperienze personali anche nei ruoli che devo interpretare.
Io mi ritengo una persona molto ironica, molto simpatica con un senso
dell’umorismo piuttosto attivo.
Parlando di teatro come ti prepari prima di
entrare in scena? Hai un rito scaramantico, un momento di concentrazione.
Come la maggior parte degli attori teatrali,
ma anche in altri ambienti, ci sono questi tipi di riti, delle abitudini
scaramantiche pensando che portino fortuna per la riuscita dello spettacolo. Io
di solito mi isolo quasi completamente, tendo a non distrarmi prima degli
spettacoli, camminando e ripassandomi la parte che devo recitare.
Hai mai pensato di scrivere un libro con
le tue esperienze carcerarie e artistiche?
Ho notato che tanti personaggi famosi
scrivono libri, che raccontano le storie personali, le loro carriere e anch’io
effettivamente ci ho pensato. Forse
lo farò perché il pensiero ce l’ho avuto, perché poi ho tanti colleghi e
amici che hanno preso la strada di scrivere la loro biografia e storie
personali, di vita vissuta. Ognuno di noi ha una vita personale e privata, che
sia un attore o una persona qualunque e può sicuramente raccontare qualcosa di
interessante e magari aiutare chi si è trovato in quelle stesse situazioni.
Tutti noi abbiamo qualcosa da raccontare. Magari più avanti pubblicherò la mia
biografia dove mi racconterò.
Quali sono ora i tuoi progetti e le tue
ambizioni?
Attualmente sto in teatro con la mia
compagnia con uno spettacolo nuovo che si chiama “Mercoledì delle ceneri”.
E’ un tema attuale che riguarda la violenza sulle donne, ma la violenza di
genere in particolare. Però le mie ambizioni sono quelle di continuare con il
cinema e con il teatro sperando di poter migliorare sempre di più perché hai
molte soddisfazioni anche a livello personale e una crescita interiore,
soprattutto in teatro. Da quando sono salito su un palcoscenico la prima volta
mi sono reso conto l’effetto che ha il teatro, un effetto che aiuta a capirti
dentro e ti eleva culturalmente. Quindi è un cammino che voglio continuare a
fare sperando di poter fare sempre meglio e di poter lavorare sempre di più.
Oltre alla recitazione, curi delle
passioni nella vita?
Ho sempre avuto la passione per il calcio. Da
piccolo ero molto bravo a giocare a pallone,
poi ho dovuto lasciare per via del lavoro. Diciamo che ogni tanto gioco con gli
amici a calcetto o a calciotto, ma è per tenermi in forma, una specie di
valvola di sfogo. Mi piace leggere e poi amo cucinare per me e per mia figlia.
Piatto preferito?
A 50 per cento carbonara e matriciana.
Purtroppo noi romani semo fatti così (risata).
Com’è il rapporto con la tua città?
Non so se è una prerogativa di noi romani,
ma io amo la mia città, nonostante tutti i suoi problemi. Forse sarà per la
grandezza di Roma, per la sua storia e per tutto quello che si porta dietro da
più di due mila anni, io sono molto orgoglioso della mia città e infatti
qualsiasi lavoro a cui è legato Roma, tipo “Suburra”, lo accetto molto
volentieri. Nei lavori legati alla mia città, ci metto una marcia in più. Roma
ha anche degli aspetti negativi come tante città, però è talmente bella che
le si perdona tutto.
Hai un paio di consigli o suggerimenti da
dare al sindaco di Roma Gualtieri?
Potrei fare un copia e incolla con tutti i
sindaci che sono passati in Campidoglio (risata), perché i consigli sono sempre
gli stessi. Bisognerebbe avere un attenzione particolare sui cittadini, quelli
che vivono Roma tutti i giorni. I cittadini hanno il diritto di vivere in una
città più vivibile. Poi un occhio di riguardo sulla viabilità, sulla sanità
e anche verso l’arte, i teatri di Roma. Sono tante le cose, però penso il
sindaco deve avere un attenzione particolare a rendere Roma più a misura
d’uomo, a livello popolare. Poi pensare al turismo, perché Roma non è
valorizzata come dovrebbe essere, perché è un patrimonio mondiale, italiano e
romano che potrebbe essere sfruttato molto meglio.