Andrea Castelli  (attore - regista)    Trento 21.4.2006  

                     Intervista di Gianfranco Gramola

Un attore impegnato in diversi progetti ispirati alla guerra

 

Biografia tratta dal sito www.andreacastelli.it

Andrea Castelli  nasce a Trento il 24 febbraio del 1950.  Si diploma all'Istituto Magistrale di Trento "Antonio Rosmini". S'iscrive all'Università  e intanto accetta qualche supplenza al Liceo Scientifico "Galilei" di Trento. A chiamarlo è il professor Nunzio Carmeni, celebre figura di letterato della nostra città, che Andrea ha conosciuto negli studi della Rai di Trento, dove è chiamato a collaborare.  Nel frattempo Andrea ha cominciato a recitare nella compagnia di papà Silvio ed ha la fortuna di farlo accanto ai più grossi personaggi del teatro dialettale trentino, come Guido Dori, Lino Lucchi, Emma Mazzalai,ecc…  Nel 1971, complice la Rai, conosce Nicoletta Girardi che nel 1976 diventa sua moglie. Nello stesso anno è assunto in qualità di "annunciatore" dalla Rai, sede di Trento e lì conosce Enzo Merz (altra voce prestigiosa dell'emittente). Sarà proprio Merz a costringerlo a rispolverare "Re arturo da Trent" e a dargli la struttura di spettacolo. E così nel 1975 nasce il gruppo teatrale "I Spiazaroi".  "Re Arturo" è un successone e resta in cartellone due stagioni.  Nel 1989 Castelli si licenzia dalla Rai e inizia in questo periodo la stagione dei suoi monologhi come attore professionista. Nel 1981 pubblica il suo primo libro, "Castellinaria". Dal 1992 al 1995 insegna Arti visuali e Spettacolo al Liceo Musicale "Bomporti" di Trento. E' poi direttore artistico del festival estivo "Pergine Spettacolo Aperto" per le stagioni 1994 e 1995.  Giornalista pubblicista dal 1984 collabora con il quotidiano locale "Alto Adige". Nel giugno del 1991 è chiamato a partecipare al "Maurizio Costanzo Show".Nel dicembre dello stesso anno Dario Fo presenta e assiste in prima fila alla recita di "Oblò". Nel 2001 è testimonial per la provincia di Trento  della campagna sull'Euro. Nello stesso anno inizia le prove di "Ciò che non si può dire, il racconto del Cermìs", il monologo di Pino Lo perfido.

Monologhi di Andrea Castelli:

Sol  ( 1986) - Castellinaria ( 1987) – Oblò (1990) – Pio ( 1992) – Album (1995) - Filtro d’amor  (1997) - Oblò 2000 ( 1998) - Cielo dipinto (2000) - La panda e l‘ lupo (2003) - L’alpin che torna dala guera – el faina ( 2004) - Senza verun riguardo (2005).

Ha detto:

- Se Trento non me lo chiede, io di certo non impongo la mia presenza. Mi è sempre piaciuto lavorare in città e per questo motivo la maggior parte delle volte ho pagato anche di tasca mia sia l'affitto degli spazi che la pubblicità dei miei spettacoli.

- Non si va più a votare per, ma si va a votare contro e ci si tappa il naso. In questa campagna elettorale sembra che abbiano tutti l'aviaria. Sono pollitici  (con due elle).

- Per me salire sul palcoscenico è come un'anestesia totale. Sei concentrato e ti passano i fastidi e i pensieri che hai in quel momento. E' un anestetico forte e ti dà piacere.

Intervista

Incontro il simpatico attore trentino, nel suo studio - casa di via Grazioli.  

In quale occasione sei andato a Roma la prima volta?

La prima prima proprio da studente, quindi tanti anni fa, nel’70, in gita scolastica. Però la prima vera è stato quando sono andato a fare il corso per la RAI, un corso per la regia televisiva, con il regista Giacomo Colli e lì ci sono stato per due mesi e mezzo, a vivere da romano, seguendo il corso, ovviamente e lavorare in pieno centro.

L’impatto?

Per certi versi a me è piaciuto l’impatto, perché le possibilità di una grande città sono ben più specifiche, precise e stimolanti, rispetto a una piccola città come la mia Trento. L’impatto comunque è stato piacevole.

La piazza che ami di più o che ti ha maggiormente colpito?

Beh, affettivamente piazza del Popolo, perché abitavamo proprio lì, io e il mio collega, eravamo in via della Fontanella Borghese, che è praticamente tra via del Babuino e via del Corso, una delle prime traverse. E quindi sono legato con affetto perché la sera andavamo in quella piazza vicino e ci sedevamo sui scalini delle chiese gemelle o salivamo su al Pincio, passando da quella splendida piazza. Inoltre tutte le mattine passavamo di lì a prendere il tram che porta a Ponte Milvio, perché il corso di registi lo facevamo da quelle parti. Ma quella che mi piace di più è Piazza Navona che sembra un salotto. L’ultima volta quando sono stato al Maurizio Costanzo Show, siccome ho degli amici attori, fatti in quel periodo lì, la sera dopo la puntata di Maurizio Costanzo show siamo andati a Piazza Navona a prendere il gelato.  Però l’ho trovata molto cambiata Roma, bella per certi versi però non so se  sarei capace di viverci.

Apprezzi la cucina romana?

Quella è il massimo. A parte il fatto che io sono un buongustaio e mi piace assaggiare un po’ di tutto e specialmente le novità  dei vari posti dove vado. Però difficilmente ho mangiato male a Roma. Anche perché un po’ a naso un po’ ad intuito trovi subito dei posti dove si mangia bene e soprattutto si spende poco. Io non sono un grande viaggiatore però qua a Trento vai in certi  ristoranti che pensano di essere chissà chi e paghi tanto.

Ricordi qualche trattoria particolare?

Ricordo una trattoria favolosa, in Trastevere, non c’era nemmeno l’insegna, c’era solamente una saracinesca che sembrava un garage. Ricordo che bisognava servirsi, andare a prendersi il vino, eri trattato alla buona, e poi, siccome era l’anno in cui era entrata in vigore la ricevuta fiscale, e non avevamo il coraggio di chiederla, l’oste ci ha fatto il conto su un pezzo di tovaglia di carta e ce l’ha consegnato. Abbiamo mangiato benissimo e a un prezzo molto modico di allora (1980) 6.000 Lire.

Come te la immagini la Roma del futuro?

E’ una domanda difficile. Quella moderna l’ho trovata un po’ cambiata, come ripeto, soprattutto nel traffico che la travolge. Ci sono delle piazze e delle strade irriconoscibili, perché sono diventati parcheggi a cielo aperto. Quindi camminare per Roma è difficile. Ricordo la zona di piazza di Spagna e Trinità dei Monti, la differenza enorme dall’80 al 91,  ora è  veramente quasi invivibile, sotto la  scalinata, troppa gente,  troppo caos. Se non si risolve il problema del traffico sarà dura. Guarda Trento, una città di 100.000 abitanti. A volte per colpa del traffico è invivibile pure la nostra piccola Trento.

Andrea Castelli nel suo studio

Ti piace il dialetto romanesco?

Beh! Si. A parte le tradizioni storiche come il Belli e Trilussa o come tanti attori come Proietti e Montesano, che nella storia del dialetto romanesco hanno una parte importante. Io ho scritto anche un racconto in dialetto romanesco, proprio al ritorno  da quel periodo in cui studiavo regista a Roma e con tutti i dialetti ti lasci prendere un po’  alla fine e gli ultimi giorni che stavo nella Capitale parlavo anch’io mezzo romanesco e c’erano i turisti che mi chiedevano le informazioni per le varie strade o per i monumenti, cosa  che mi faceva molto piacere e mi sentivo un po’ di casa .

A proposito del Belli, hai letto qualche sua poesia?

Certo! Il primo che ho conosciuto però è stato Trilussa, perché a me sarebbe piaciuto fare  il liceo classico ma me ne sono accorto quando ormai stavo facendo le magistrali  (non so se si è capita la battuta). Dopo con l’Università mi sono un po’ specializzato e ho capito che certi  interessi bisogna svilupparli in maniera propria, perché la scuola non è che ti viene tanto incontro. Però da Trilussa, al Belli, a Pascarella e anche dai grandi attori, tipo Proietti, c’è da imparare. Poi, sai, io amo Roma. 

Secondo te se il governo avesse sede in un’altra città, Roma sarebbe più amata?

Forse si! Anche se non credo assolutamente al discorso delle leghe perché è antistorico. Capisco le proteste, perché no, ad un certo punto si dice “basta” e quando ci si innervosisce uno può anche dire “castronerie”. Quelli della Lega poi fanno in modo che, con un certo qualunquismo, si possa dire “ Roma ladrona!”, ecc. ecc. Poi vediamo  che forse Roma sarà anche ladrona, ma vanno in galera anche a Milano. E’ tutto il sistema che va cambiato. Per cui tutte le forze che adesso confluiscono nella protesta anche irrazionale dovrebbe un attimino concentrarsi fattivamente in un discorso concreto.

Una fontana romana che ti piace in  particolare?

Sembrerà ovvio, la fontana di Trevi, anche perché ho fatto un lavoro sperimentale per la televisione e con questa comparsa che poi era il mio collega di corso, abbiamo lavorato tre giorni intorno a questa bellissima fontana con i turisti che facevano le fotografie. Un’altra che mi piace molto è quella dei quattro fiumi a piazza Navona. Ma la fontana di Trevi, a parte l’imponenza, a parte che è lì, che per trovarla ci capiti quasi per caso, perché in effetti, si trova in una piazzetta abbastanza stretta e chiusa fra le case e i palazzi, ma siccome sono un grande appassionato di cinema, mi ricorda Anita Ekberg dentro la fontana. Naturalmente ho tirato anch’io come il mio collega, la monetina nella fontana, per tradizione. Credo di avere ancora la cassetta con il lavoro che ho fatto alla fontana e in particolare con i fauni che soffiano nella conchiglia e c’è servita come sigla.

Un consiglio ai romani?

Io non voglio dare consigli ai romani, per carità. Credo che i romani, quelli veraci, vogliano bene alla loro città e li ho visti abbastanza orgogliosi  e fieri, poi i turisti sono come delle cavallette e anche lì c’è il buono e il cattivo. Io ho conosciuto un taxista romano, quella volta che sono andato al Costanzo Show, che sembrava appena uscito da un film di Alberto Sordi e mi son detto: “Ce ne sono ancora di romani veri!”. E il taxista continuava a dire la sua ed era bello ascoltarlo. Non sarei più sceso da quel taxi  talmente era uno spasso.

I testi dei tuoi spettacoli li scrivi da te?

Si! Li scrivo tutti da solo, non per presunzione, anzi, mi piacerebbe poter collaborare con altri, cioè metterci più idee.

Siccome tuo padre, Silvio, fa l’attore, pensavo collaborasse con te...

No! No! Sono abbastanza indipendente, anche perchè ho le mie idee e gran parte le “masno” (le elaboro) per conto mio, le lavoro e le scrivo qui, nel mio studio-pensatoio.  E’ tutta roba mia. Dopo quando le faccio con la Compagnia si cerca un po’ di adattarle o tagliare qualche battuta perché magari non suona tanto bene, ma non è che stravolgo il testo. Ripeto, non per presunzione, ma perché credo  che un idea vada seguita fino in fondo. Poi io ho questa incapacità di lavorare soprattutto su un testo in fase, cioè la prima fase, quella dell’idea con un altro. Perché un conto è parlare, per esempio ci sono stati degli spettacoli che sono nati parlando con altri, però dopo io, devo venire qui, nella mia tana  e mettermi a lavorare per conto mio. Poi la porto e chiedo: “ Cosa vi sembra?”. Però l’idea è quella.

Qual è stata la tua più gran soddisfazione in campo artistico?

E’ stata sicuramente quando Dario Fo è venuto a vedermi in uno spettacolo. A dire la verità di soddisfazioni ne ho avute tante ma questa è la più significativa. Il grande Fo mi ha fatto i complimenti e ha partecipato con me allo spettacolo.

Come si chiamava lo spettacolo?

“Oblò” ed  era nella stagione ’90-‘91.

Qualche delusione?

La mia più gran delusione è quella di vedere in giro tanta ignoranza e non solo culturale. Non che io mi senta meglio… però la mia più gran delusione è quando tu vuoi dire delle cose e ti accorgi che vengono travisate, volutamente travisate.

Tipo la battuta di Berlusconi sui “ coglioni”?

No! Quella l’abbiamo capita giusta (risata).

C’è qualcosa di cattivo che hanno scritto su di te?

Si! Che sono avaro. Hanno detto che sono avaro senza conoscermi. Pensa che alle volte vado in giro senza sapere quanti soldi ho nel taccuino, questo per farti capite che spesso “ son  ‘n’te le verze” ( espressione trentina per dire che si è distratti o con la testa nelle nuvole ). Non mi occupo in prima persona dell’aspetto finanziario, però quella dell’avaro l’ho sentita come un torto e soprattutto giudicata da persone che non mi conoscono affatto.

La popolarità crea più vantaggi o viceversa?

La maggior parte sono vantaggi che  a volte ti mettono in imbarazzo. Come quando ti offrono il caffè o ti fanno passare davanti quando c’è la fila. Chiaramente quando c’è la popolarità le noie sono sempre meno.

Avevi dei miti da ragazzo?

I Beatles, sicuramente. Quelli erano il massimo e poi tanti attori che vedevo in televisione, in bianco e nero, come Lina Volonghi, Paolo Panelli…

Attori teatrali…

Si! Perché allora la televisione “pescava” i personaggi dal teatro, non come adesso. Allora quando facevano Canzonissima, c’erano attori come Vittorio Gassman, Aldo Fabrizi, Valter Chiari, Bice Valori, ecc…Adesso invece di andare a prendere gli attori veri nei teatri, vanno nei villaggi vacanze e la differenza nella tecnica di chi recita in teatro è notevole.

Quando non lavori quali sono i tuoi hobby?

Andare in bicicletta, andare in montagna e passeggiare nei boschi e soprattutto stare all’aria aperta. Anche fare niente, caro Gianfranco è bellissimo, sai ? (risata).

Telefonino, computer, ecc… Che rapporto hai con la tecnologia moderna?

Un rapporto bello. Ho sia il computer che il telefonino che adopero molto. Non ne sono però schiavo, anzi sono loro al mio servizio non viceversa, come lo è invece per tanti.

Hai mai pensato a scrivere una autobiografia?

Si! Pensato l’ho pensato, magari col tempo oltre a pensarlo lo scriverò (risata).

Hai un sogno nel cassetto?

No! Se la vita continua così, mi va bene. Sono uno che si accontenta.