Bruno
Conti (calciatore) (Trigoria) Roma sett. 1995
Intervista
di Gianfranco Gramola
Dal
baseball al calcio
Bruno
Conti è nato a Nettuno (Roma) il 13 marzo del 1955. E’ coniugato con Laura e
ha due figli: Andrea e Daniele. Vive a Nettuno. La sua prima squadra è stata il
Nettuno giovanile e l’esordio con la Roma, in serie A è avvenuto il 10
febbraio 1974 in Roma - Torino (0 – 0 ), mentre
l’esordio in Nazionale è datato 11 ottobre 1980 in Lussemburgo - Italia ( 0 –
2 ). È stato campione del mondo in Spagna ( ’82 ) e in giallorosso ha
vinto 1 scudetto (1982) e 4 Coppe Italia ( ’79, ’80, ’83, ’85 ).
Attualmente è responsabile del settore giovanile della Roma.
Ha
detto:
- Il
segreto del mio successo? L’essere Bruno Conti. Ciò che ho fatto da
calciatore me lo ritrovo da dirigente.
- In
una persona apprezzo il coraggio di ammettere i propri errori e la capacità di
chiedere scusa.
- La
mia maglia di campione del mondo l’ho tagliata in mille brandelli: ci farò
fare dei portachiavi o dei ciondoli ricordo.
Me l’hanno
chiesta in tanti e non voglio scontentare nessuno.
-
Prima di sfondare nel calcio ho fatto il manovale, portando con la barella la
calce, poi ho lavorato nel negozio di casalinghi di mio zio, portando nelle case
le bombole del gas. Una fatica disumana, ma alla sera ero sempre felice per aver
dato il mio contributo alla mia numerosa famiglia.
-
Dopo l’addio al calcio ho avuto molte proposte di lavoro, anche come
conduttore radiofonico, ma non ho accettato perché non mi sento all’altezza e
perché il mio bagaglio culturale non me lo consente.
Curiosità
- Il
suo soprannome era “Marazico”, ossia metà Maradona e metà Zico.
-
Per Bruno Conti la maglia numero 7 era “sacra”.
- Il
3 dicembre 2000 è stato inaugurato ufficialmente il Roma Club Bruno Conti nella
cittadina umbra di Todi (Perugia).
Intervista
Lo
incontro a Trigoria, nella sede della Roma. Dopo l'intervista, Roberto Pruzzo,
altro grande campione, mi fa una foto insieme a Bruno, in campione di Nettuno.
Ora
che hai appeso che la scarpe al chiodo, hai un sacco di tempo libero…
Un
po’ di tempo libero ce l’ho e lo passo solo ed esclusivamente con la
famiglia. Sai, ho due figli che vogliono seguire le orme del padre e hanno
sempre bisogno di qualche consiglio, ma sono sulla buona strada. Io ho appeso le
scarpe al chiodo, come dici tu, però non è che con il calcio ho smesso. Adesso
alleno la Roma giovanile e tutta la settimana la passo sul campo di calcio di
Trigoria. Quindi è giusto che il tempo libero che ho lo dedichi alla famiglia.
Tanti
anni di calcio cosa ti hanno dato?
Mi
hanno dato grandi soddisfazioni, prima di tutto perché io avevo lo sport nel
sangue, perché devi sapere che prima del calcio io praticavo molto bene il
baseball, a Nettuno, che è uno sport che va alla grande. Per cui praticato il
baseball d’estate e il calcio d’inverno. Mi è sempre piaciuto giocare e
divertirmi. E’ chiaro poi che essendo arrivato a questi livelli ho avuto
ancora più soddisfazioni.
Com’è
il tuo rapporto con Roma?
Il
mio rapporto con Roma è stupendo. A parte i due anni di parentesi con il Genoa,
la mia vita calcistica l’ho passata a Roma. Amo Roma come amo i suoi abitanti.
Ho visto il risultato quando ho dato l’addio al calcio, facendo la partita
all’Olimpico con i miei vecchi amici e compagni di scudetto, contro il resto
del Mondo. Vedere lo stadio esaurito con un pienone di circa 80.000 tifosi, per
la tua partita d’addio è stata una grande soddisfazione. Questo significa che
c’è stato un rapporto favoloso con il pubblico e i tifosi e vuol dire che
Bruno Conti ha lasciato qualcosa nel cuore di questa gente. Devo dire che m’ha
fatto molto piacere.
Cosa
significa per te “essere romano”?
Ma
sai, la mia vita l’ho sempre passata a Nettuno, cioè il mio paese. Non mi
sono mai spostato, a parte la breve parentesi con il Genoa e quando sono stato
due anni a Roma, per via che non c’era ancora il campo a Trigoria. Sono sempre stato in ottimi rapporti con i miei
amici, quelli con cui sono cresciuto. Sai, Gianfranco, vivere nel paese dove sei
cresciuto e il fatto che io ero a mezz’ora di strada da Roma, mi ha aiutato
moltissimo, perché finiti gli allenamenti mi trovavo con gli amici di sempre e
questo mi dava veramente una grande carica. Mi sento romano dal lato calcistico,
però nettunese di fatto perché in questi posti mi ci trovo benissimo e lì ho
ancora tutti i miei affetti.
C’è
una zona di Roma che ami in maniera particolare?
Si!
L’Eur. Lì c’ho abitato un anno, esattamente a Mostacciano. Mi ricordo i
primi anni calcistici al campo delle Tre Fontane, della Roma Primavera e tutto
il verde cui l’Eur è accerchiato, le giostre del Luneur e il laghetto
artificiale. E’ una zona bellissima che ritengo la più bella anche perché la
conosco bene. Per alcuni anni, pensa, partivo da Nettuno e prendevo il treno per
la stazione Termini e da lì con la metro B arrivavo alla Magliana, attraversavo
un pezzo di Eur e passavo vicino alle giostre per poi arrivare al campo Tre
Fontane per gli allenamenti. L’Eur mi ricorda tante cose belle, tanti sogni…
Che
rapporto hai con la cucina romana?
Io
ho un buon rapporto con la cucina in generale, non solo con quella romana. Io
sono un gran “magnone”, mi piace mangiare di tutto, poi vivendo a Nettuno la
cucina è simile a quella della capitale. In poche parole non ho problemi di
dieta, mi piace tutto e amo assaggiare le novità. Sono un curiosone gastronomico (risata). Cucinare non mi
piace tanto, al massimo posso fare due uova al tegamino, all’occhio di bue, ma
più di quello, niente.
Di
chi è la colpa del degrado di Roma e cosa proporresti per migliorarla?
E’
difficile dirlo. Sai, a livello politico, con le elezioni si cambia il sindaco,
cambiano i personaggi politici e si cerca sempre di trovare qualcosa di nuovo e
di diverso per il bene della propria città, del paese. Poi prima delle elezioni
promettono mari e monti, sai com’è, Gianfranco. Il problema più grosso di
Roma è il traffico, non è una novità. Bisognerebbe trovare o inventare il sistema per risolvere questo problema. Con
tutte ‘ste macchine si gira poco e male. Io poi non posso dare consigli,
abitando fuori Roma, perché non è facile gestire una città grande come
questa. Forse i suoi abitanti dovrebbero usare di più i mezzi pubblici, ma
anche questa è una piaga di Roma, perché, da come mi hanno riferito alcune
persone alle volte le attese sono interminabili.
Un
suggerimento a Rutelli, sindaco di Roma?
A
Rutelli ? Beh! Se riuscisse a cambiare i colori, lui è della Lazio. E’ una
battuta, chiaramente. A prescindere dal suo lavoro Rutelli è una persona seria,
è uno che ama il suo lavoro e sa organizzare delle cose interessanti. Dare
consigli a lui è difficile perché s’è sempre inserito anche nello sport,
con i giovani. Ha sempre cercato di dare ai giovani cose importanti. Tutti
sappiamo i problemi che ci sono nella vita, la droga, la disoccupazione. Vedo
che lui in televisione e nelle riunione presta un certo interesse a queste cose,
cioè non le sottovaluta, proprio per migliorare la situazione ai giovani
d’oggi. Questo è importante. Il suggerimento che gli posso dare è di
sollevare Roma dal traffico, che è il suo più grande problema. Girare per Roma
è una cosa indescrivibile, con delle file di auto incredibili. Consigli a
Rutelli è comunque difficile darne perché è una persona preparata, che sa il
fatto suo. Poi è una questione burocratica. L’altra estate a luglio ha
organizzato dei concerti stupendi in posti meravigliosi di Roma. Rutelli è una
persona che si muove e che sa fare il
proprio lavoro.
Qual
è il giocatore che ti è rimasto più nel cuore?
Sicuramente
Roberto Pruzzo, forse perché abbiamo diviso tanti anni insieme, all’inizio
con il Genoa e lì in quell’anno, ho conosciuto Pruzzo, perchè facevamo il
militare insieme e quindi abitavamo
in una casa assieme. E ci siamo poi ritrovati nella Roma per tanti anni. Per cui
direi che è Roberto Pruzzo, sotto tutti gli aspetti. Io e Roberto abbiamo avuto
un rapporto stupendo, quasi fraterno. E ce l’ho tuttora perché lavoriamo
insieme per la preparazione della Roma giovanile.
Qual
è stato il tuo sogno da bambino?
Ma
non è che facevo sogni particolari. Io vivevo alla giornata, cioè di giorno in
giorno e quindi mi divertivo con
niente, anche perché vivendo in un paese non è che potevi pretendere molto. Io
la scuola l’ho frequentata pochissimo perché avevamo delle necessità in
casa, bisognava lavorare, insomma. I miei genitori avevano 7 figli da sfamare. Praticamente finita la V° elementare ho
incominciato a lavorare. E poi, dopo il lavoro praticavo il calcio e il
baseball.
Una
tua meta per il futuro?
Ma
adesso io sono responsabile tecnico del settore giovanile della Roma. Io spero
di inculcare nella mente di questi giovani, di mettere a disposizione la mia
esperienza e soprattutto di cercare di sdrammatizzare il tipo di calcio che c’è
oggi. Perché bisogna che capiscano che prima di tutto c’è la scuola e poi il
calcio, deve essere un divertimento. Più avanti poi diventerà la loro
professione, se saranno validi. Il mio sogno è vedere qualche ragazzo di questo
“vivaio” arrivare in serie A e magari diventare un grande campione. Questo
per me sarebbe una grande soddisfazione, un mio obiettivo futuro. Altro sogno
mio sarebbe quello di vedere i miei due figli seguire le mie orme, cioè
diventare dei bravi calciatori.
Intervista
fatta a Roma il 6.6.2004
Bruno,
qual è stato il periodo più bello della tua carriera?
E’
stato quello dell’esordio anche perché come primo anno andare in Primavera ed
esordire in A per me è stato il massimo. Poi anche nell’80, quando sono
arrivato in Nazionale, dove da quella Nazionale ho avuto grandi soddisfazioni.
Poi anche l’anno dello scudetto è
stato un bel periodo e quello dei Mondiali è stato uno dei periodi più belli. Anche la finale della Coppa dei Campioni
è stato bello, anche se abbiamo perso ai calci di rigore, però è stato
importante arrivarci.
La
cosa più cattiva che hanno detto o scritto su di te?
Oddio,
non hanno mai scritto cose cattive su di me. Magari ci sarà stata qualche
partita in cui ho giocato male e allora sono partite delle polemiche. Ma cose
cattive non ne hanno mai scritto.
Il
complimento più bello che hai ricevuto?
E’
stato quello, dopo il Mondiale, del mitico campione Pelè. Ha detto che Bruno
Conti è stato il miglior giocatore del Mondiale.
C’è
stato un momento nella tua carriera che hai pensato di mollare tutto?
Mollare
tutto no, ma c’è stato un momento, cioè quando ho fatto un paio d’anni con
il Genoa e pensavo che dovessi andare con il Pescara. Invece poi sono stato
riportato a Roma e da lì ho incominciato a fare grandi cose.
Quali
erano i tuoi idoli all’inizio della tua carriera?
Io
ho sempre ammirato Gianni Rivera, per la sua classe, per come mandava facilmente
in gol i compagni e per il grande stile. Era il mio idolo.
Qual
è il tuo punto debole?
Da
giocatore, è il colpo di testa.
Che
rapporto hai con la Fede?
Buono.
Non frequento tanto, però prego e passando per le strade, dove ci sono stati
dei grossi incidenti, faccio il segno della croce, per cui mi ritengo un
credente anche se poco praticante.
Se
tu potessi ritornare indietro rifaresti tutto o cambieresti qualcosa?
Si!
Rifarei tutto uguale, perché tutto sommato quello che ho fatto mi ha dato
grandi soddisfazioni e anche la scelta della famiglia, i figli, tutto uguale.
Ti
ritieni fortunato?
Moltissimo.
Fra tante difficoltà nel lavoro, nella famiglia, genitori, figli e quindi
grandi problemi economici all’inizio. Ora, pensando al passato, mi ritengo
molto fortunato.
A
chi vorresti dire grazie?
A
mio padre, per quello che ha sempre fatto per tutta la famiglia e a mia madre. A
loro due per tutti i sacrifici che hanno fatto. A loro devo tutto.
A
chi volesse fare il calciatore che consiglio gli daresti?
Soprattutto
nel mondo di oggi, con tutta questa esasperazione, di studiare molto, che la
scuola è importante e di pensare a divertirsi, non pensare che
ci sia il guadagno facile nel calcio e che puoi guadagnare
i miliardi. Avere molta pazienza e saper aspettare.
Chi
è il tuo erede calcistico?
Non
lo so. Sono cambiati i tempi, sono cambiati i ruoli. A suo tempo c’erano
Causio, Claudio Sala, Donadoni e Bruno Conti che hanno portato avanti questo
ruolo. Forse oggi è un po’ cambiato.
Sei
responsabile del settore giovanile, ma c’è un altro ruolo che vorresti
ricoprire?
In
questo momento sto portando avanti un discorso molto importante, perché in
mezzo ai giovani bisogna saperci stare e saperci lavorare. Ringraziando Dio sto
avendo molte soddisfazioni e se
dovessero capitare delle nuove
proposte si possono sempre valutare. Comunque non c’è un ruolo a cui tengo di
più, sono tutti importanti.
Hai
mai approfittato della tua fama?
Assolutamente
no, perché ho grande rispetto per tutto e la gente mi vuole bene per la mia
semplicità e mi apprezza. Quindi non ne ho mai approfittato.
I
tuoi figli giocano a calcio. Come se la cavano?
Si!
Il più piccolo al Cagliari e Andrea il più grande al Lanciano. Noi abbiamo un
ottimo rapporto, prima di tutto come valore vero della famiglia. Poi è ovvio
che se vogliono parlare di calcio io
lo faccio molto volentieri. Metto a disposizione la mia esperienza, insomma.
Hai
un sogno nel cassetto o li hai realizzati tutti?
No,
assolutamente. Mi piace continuare con questo lavoro che mi ha dato tante
soddisfazioni vedendo tanti giovani che si sono realizzati, ma soprattutto tutti
quei ragazzi che non hanno avuto la pretesa di arrivare, perché hanno portato
avanti con grande sacrificio questo lavoro e con loro i propri genitori che li
accompagnano al campo tutti i giorni.
Ciao
Bruno e auguri di ogni bene.
Grazie,
Gianfranco, auguri anche a te e un caro saluto al tuo bel Trentino.