Clemente Russo (ex pugile e dirigente sportivo)   Anagni (Frosinone)  2.10.2025

                        Intervista di Gianfranco Gramola

“Ai giovani che si avvicinano alla boxe dico che nessuno ti regala nulla, che devono fare sacrifici tutti i santi giorni, che devono sputare sangue e il risultato prima o poi arriverà”

Contatti clementerusso@dmtc.it 

Clemente Russo è nato a Caserta il 27 luglio 1982. Un passato nell’ombra delle strade di Marcianise, un presente sotto i riflettori tra boxe e spettacolo. Clemente Russo non ha mai accettato compromessi: o tutto o niente. Avvicinatosi al pugilato quasi per caso, Clemente si è conquistato tutto con le proprie mani, a suon di pugni e di duri allenamenti. Da anni è la figura di riferimento della boxe italiana, di cui è diventato il pugile con il maggior numero di vittorie tra le categorie dilettantistiche.

Palmares

Giochi Olimpici: 2 medaglie d’argento

Mondiali: 2 medaglie d’oro

Campionati Europei: 1 medaglia d’oro e 1 medaglia d’argento

Giochi del Mediterraneo: 2 medaglie d’oro

Curiosità

- Il suo stile di combattimento aggressivo e prepotente gli è valso il soprannome di Tatanka, che nel vocabolario Sioux indica il bisonte maschio.

- È l'unico pugile italiano ad aver disputato 4 Olimpiadi con tali risultati.

- Ha partecipato come ospite al Festival di Sanremo 2014.

- Nel 2016 ha partecipato alla prima edizione del Grande Fratello VIP e nel 2022 ha partecipato in coppia con la moglie Laura Maddaloni alla sedicesima edizione de L'isola dei famosi.

Intervista

Com’è nata la passione per la boxe? Avevi qualche sportivo in famiglia?

No, nessun sportivo in famiglia. Io venivo da una terra dove nel 1993, Marcianise e quando io all’età di dieci anni cominciavo a fare  pugilato, c’erano quattro palestre di boxe, tutte e quattro completamente gratis. Ho cominciato a fare boxe alla palestra Excelsior perché mia mamma si era scocciata di darmi soldi per andare a giocare a calcio, a pallavolo e altri sport. Mio padre che era operaio della Siemens, mi mise su una bicicletta da corsa perché lui era un ciclista, perché ero abbastanza grassottello all’epoca e mi mandò in palestra per dimagrire un po’. Sono rimasto folgorato dalla boxe e rimasi in palestra.

Chi per primo ha scoperto il tuo talento per questo sport?

Credo io, all’epoca non ce l’avevo ancora questo talento, ma avevo scoperto quello che realmente mi piaceva e mi appassionava.

I tuoi genitori che futuro avevano in mente per te?

Sicuramente non quello di fare il pugile ma volevano che andassi a studiare. Io a scuola non volevo andarci e quindi la boxe è stata la salvezza per me. Anche perché venivo da una terra abbastanza difficile, dove la tensione era alta e la camorra imperversava. Quindi lo sport mi ha tenuto lontano  da tutto questo e mi regalava autostima, una specie di oasi protetta da quello che succedeva  fuori.  

Con quali sportivi di riferimento sei cresciuto? Chi sono stati i tuoi idoli?

Io in realtà non ho mai avuto idoli. Siccome crescevo in una città dove c’erano delle faide camorristiche, dove s’ammazzavano tre persone a settimana, io vedevo la palestra come la mia salvezza. Vedevo quelli più grandi di me che si erano arruolati in polizia, quindi una città dove già negli anni ’90 non c’erano posti di lavoro e io vedevo il mio riscatto sociale, la mia salvezza lì, nella mia palestra. 

La vittoria che ricordi con emozione?

Sicuramente il mio primo mondiale di Chicago, nel 2007. Ricordo che il grande pugile Evander Holyfield venne a bordo ring a stringermi la mano. Quello è stato il primo titolo importante che ho visto, anche se avevo già vinto tante cose ma erano cose belle, ma non come il mondiale.

L’avversario che ti ha fatto più soffrire?

Sembra strano ma è stato un russo sconosciuto, in un torneo sconosciuto a Cipro, un torneo di serie C. Andai lì per mettermi alla prova, ma me ne sono tornato a casa pieno di botte. Questo russo mi ha dato tante un sacco di botte.

Chi è stato secondo te il più grande pugile della storia?

Ce ne sono stati tanti perché ogni epoca ha avuto i suoi grandi pugili. In ogni epoca si fa pugilato in maniera diversa e a me quello che è piaciuto di più era Roy Jones Jr.  

Lo sport, nel tuo caso la boxe,  cosa ti ha insegnato?

Sicuramente avere rispetto del prossimo, il rispetto delle persone che ti stanno vicino ma soprattutto di quelle persone che stanno lontane.

Perché la boxe è meno popolare rispetto agli anni ‘80/’90?

Per forza, perché i media hanno iniziato ad investire in altri sport come il calcio.

Che consigli dai ai giovani che si avvicinano alla boxe?

Che nessuno ti regala nulla, che devono fare sacrifici tutti i santi giorni, che devono sputare sangue e il risultato prima o poi arriverà. La boxe non è uno sport dove vai sul ring senza essere allenato e pensi di vincere. Non esiste.

Come valuti la tua carriera?

Ottima. Se tornassi indietro rifarei tutto nello stesso modo.

Hai partecipato a dei reality. Questo per soldi o per avere più visibilità?

Per tutte e due (risata).

Ora di cosa ti occupi e quali sono le tue ambizioni?

Io oggi faccio il responsabile tecnico della nazionale e quindi dovrei portare la nazione di boxe alle olimpiadi. Quindi vincere le olimpiadi da tecnico sarebbe una  cosa bellissima.

Oltre alla boxe hai altre passioni?

Si, sono un appassionato e un amante dei cavalli. Ne ho tanti e lavoro anche per una televisione dove racconto la monta western.

Com’è nata questa passione per i cavalli?

Ce l’ho fin da bambino. Vengo da una città di campagna e ho iniziato a cavalcare da piccolo con l’hobby domenicale fino a farlo diventare quasi una disciplina sportiva.