Federico Moccia (scrittore, autore tv e
regista) Roma 21.4.2020
Intervista di Gianfranco Gramola
Roma è una incredibile signora che ha la
capacità di cambiare in continuazione il suo vestito, rimanendo sempre
elegante, ma sorprendendoti con i diversi tipi di vestiti che indossa.
Federico
Moccia (Roma, 20 luglio 1963) è scrittore, sceneggiatore, regista e autore
televisivo di trasmissioni da milioni di telespettatori. I suoi romanzi sono
successi tradotti in tutto il mondo e sono diventati anche dei film. Ha inoltre
ispirato la nuova serie originale Netflix, “Summertime” tratta da “Tre
metri sopra il cielo” con cui Moccia ha venduto 4.500.000 copie e lanciato la
moda dei lucchetti che da Ponte Milvio, a Roma, si è diffusa in tutto il mondo.
Cura rubriche e articoli su varie riviste.
Romanzi
Tre metri sopra il
cielo,
Milano, Feltrinelli, 2004 - Ho voglia
di te, Milano, Feltrinelli, 2006 - Scusa
ma ti chiamo amore, Milano, Feltrinelli, 2007 - Cercasi Niki disperatamente, Milano, Rizzoli, 2007 - La
passeggiata, Milano, Feltrinelli, 2007 - 3MSC.
Emozioni e sogno. Tre metri sopra il cielo. Lo spettacolo, Milano,
Feltrinelli, 2007 - Diario di un sogno.
Le fotografie, i miei appunti, le mie emozioni, dal set del film «Scusa ma ti
chiamo amore», Milano, Rizzoli, 2008 - Amore
14, Milano, Feltrinelli, 2008 - Scusa
ma ti voglio sposare, Milano, Rizzoli, 2009 - L'uomo che non voleva amare, Milano, Rizzoli, 2012 - Quell'attimo
di felicità, Milano, Mondadori, 2013 - Sei
tu, Milano, Mondadori, 2014 - Tre
volte te, Milano, 2017 - La
ragazza di Roma Nord, 2019.
Filmografia
(Regista)
Cinema
Palla al centro (1987) - Classe
mista 3ª A (1996) - Scusa ma ti
chiamo amore (2008) - Amore 14
(2009) - Scusa ma ti voglio sposare
(2010) - Universitari - Molto più che
amici (2013) - Non c'è campo
(2017)
Televisione
College - serie TV (1990)
Sceneggiatore
Cinema
Natura contro, regia di Antonio Climati
(1988) - Classe mista 3ª A,
regia di Federico Moccia (1996) - Tre
metri sopra il cielo, regia di Luca Lucini
(2004) - Ho voglia di te, regia
di Luis Prieto
(2007) - Scusa ma ti chiamo amore,
regia di Federico Moccia (2008) - Amore
14, regia di Federico Moccia (2009) - Scusa
ma ti voglio sposare, regia di Federico Moccia (2010) - Universitari
- Molto più che amici, regia di Federico Moccia (2013) - Non
c'è campo, regia di Federico Moccia (2017).
Televisione
I ragazzi della 3ª
C -
serie TV (1987) - College -
serie TV (1990) - Norma e Felice
- serie TV (1995-1996).
Intervista
La vena dello scrittore è stata
un’eredità del papà sceneggiatore o una tua passione?
Immagino tutte e due. E’ sempre difficile
saper capire da cosa deriva qualcosa che ti piace. Io con Pipolo, mio padre, che
chiamavo con il suo nome d’arte, mi sono sempre divertito molto, ho apprezzato
il suo spirito, i suoi lavori e devo dire che fin da piccolo, l’unica cosa
nella quale andavo molto bene a scuola era il tema d’italiano. Quindi mi
piaceva già allora scrivere e mi piaceva molto anche leggere. Quindi ho fatto
della mia passione, del mio divertimento, il lavoro.
Quando scrivi ti ispiri ad uno scrittore
in particolare? Hai degli autori che hanno influenzato il tuo stile?
Io credo che inevitabilmente, soprattutto
quando sei molto giovane, ci sono dei riferimenti che ti colpiscono di più, sia
per la vita, per la storia che hanno avuto, che per come scrivono. Sicuramente
Francis Scott Fitzgerald e Ernest Hemingway, che sono due scrittori americani,
anche se in maniera totalmente opposta, perché Hemingway era più un
giornalista, capace di raccontare emozioni forti, crude, essenziali, mentre
Francis Scott Fitzgerald aveva la capacità del romanziere, delle grandi
descrizioni, dei respiri ampi. Loro due credo che siano stati in qualche modo i
due influenzatori, i due stili che più di tutti mi sono piaciuti.
Nel 1992 hai scritto il libro “Tre metri
sopra il cielo”. Ho letto che hai avuto delle difficoltà nel pubblicarlo.
Come mai?
E’ vero e ho cercato addirittura delle
raccomandazioni. Ricordo che tramite le persone che conoscevo che
avevano conoscenze alla Rizzoli e alla Mondadori, ho cercato di appoggiare il
mio scritto, perché io avevo scritto il romanzo “Tre metri sopra il cielo”
senza nessun tipo di contratto e senza nessuna previsione se non quella del
desiderio di pubblicarlo. Quando ho visto tutti questi rifiuti, l’ho
pubblicato con una piccola casa editrice a spese mie. I primi soldi dei miei
guadagni li ho investiti proprio in quel libro. Io credo che le case editrici
non avevano capito la forza di “Tre metri sopra il cielo”, il dolore e la
bellezza della prima storia d’amore che infatti ha appassionato i giovanissimi
e non solo, in tutto il mondo. Io ho sempre detto che era la storia che avrei
voluto trovare io in libreria. Ed è la cosa che faccio sempre, cioè qual è il
libro che io vorrei leggere, qual è il film che io vorrei vedere, qual è la
trasmissione televisiva che oggi mi piacerebbe guardare in tv, quelle sono le
idee sulle quali io poi lavoro.
Hai scritto una decina di libri. Qual è
il filo conduttore che li lega fra di loro?
Secondo me lo si può trovare in qualche modo
nella visione della vita, nel
romanticismo che, ognuno a modo suo, i protagonisti di questi libri hanno, perché
è una visione positiva, secondo me, una visione del fare e non del criticare.
Oggi sulla mia pagina facebook ho pubblicato una frase che per me è
fondamentale e che è presente nei miei libri. Dice: “La felicità è uno
stile di vita, non è un punto d’arrivo”. E’ una scelta che tu fai e anche
se può sembrare banale vedere sempre il bicchiere mezzo pieno e non mezzo
vuoto. E’ la visione della vita. Per esempio in un momento doloroso, difficile
come questo, quando è inevitabile che venga vissuto come adesso, poiché
dobbiamo rimanere a casa, dobbiamo stare con delle restrizioni è bene trovare
all’interno di questo obbligo qualcosa di buono, visto che tanto ci deve
essere per forza.
Il tuo libro “La ragazza di Roma nord”
è ambientato su un treno. Mi racconti com’è nata l’idea e perché hai
voluto inserire i racconti di 8 neo scrittori?
Innanzitutto io ho sempre viaggiato
tantissimo in treno in lungo e in largo per la nostra amatissima Italia, per
presentare i miei libri, nelle piccole e grandi librerie che ci sono nel nostro
paese. Sul treno ho fatto gli incontri più diversi, ho sentito i dialetti più
diversi, gli accenti e le telefonate degli uni e degli altri. Mi è sempre
piaciuto molto, mi ha sempre divertito, perché io amo moltissimo la gente
semplice, la gente curiosa come me e quindi questo spunto mi è sembrato
l’idea nella quale far nascere una grandissima storia d’amore come quella
fra uno sconosciuto, Simone, e questa ragazza di Roma nord che si siede proprio
di fronte a lui. Io poi ho immaginato proprio ricordando i miei inizi, quando
appunto avevo mandato a tante case editrici il mio primo romanzo, come tanta
gente proprio in questi incontri, viene da me dicendomi: “ Io ho un libro, io
ho una cosa che ho scritto, io vorrei pubblicarla, non so come fare”. Allora
mi è sembrata una bella idea ricambiare le persone che hanno fotocopiato il mio
libro, che ha iniziato a girare in fotocopia, e questo è stato il mio modo di
dire “grazie”. Quindi ho deciso di inserire un’idea all’interno di
questo libro in maniera che ci potessero essere otto piccoli brevi racconti,
narrati dagli stessi protagonisti al personaggio principale del libro. Cioè
vanno da Simone e gli leggono le loro storie.
Cosa serve per catturare nuovi lettori,
quali sono gli ingredienti?
E’ sempre difficile avere degli ingredienti
che possano in qualche modo far capire la magia del successo. E’ sempre un
terno al lotto. Quando tu fai qualcosa, speri che possa piacere, perché la cosa
fondamentale è che tu ne sei convinto e ti piace quello che hai fatto.
Un’altra cosa fondamentale è non farsi condizionare mentre si scrive, di non
pensare agli altri, perché se no se pensi di fare qualcosa per gli altri,
finisce che non lo fai per nessuno. Io cerco di raccontare una storia che piace
a me, il mio sentire e che non sia
in qualche modo condizionato. Io non mi faccio condizionare da quello che
potrebbe andare bene o male. Mi piace raccontare
una storia con la piena passione, senza avere dei filtri, senza avere paura. Io
credo che il segreto sia il coraggio di raccontare con grande passione quello
che hai voglia di raccontare, senza freni, senza limiti e senza paura di essere
giudicato.
Qual è il momento della giornata più
fertile per te?
Non è una cosa giornaliera. C’è una frase
molto bella, usata spesso da me e da tanti altri scrittori che è di Joseph
Conrad e dice: “Vai a spiegare a mia moglie che quando guardo dalla finestra
io sto lavorando”. Io credo che sia l’esatta sensazione che si ha. Oggi
anche se è una giornata uggiosa, come diceva il bravissimo Lucio Battisti, in
realtà è spunto di riflessione. Magari con un po’ di malinconia, con qualche
nostalgia di ricordi. Però inevitabilmente affiorano dei pensieri che pian
piano vanno tessendo quel racconto, quella tela narrativa che inevitabilmente si
forma. A me piace molto quando piano piano inizia a nascere l’idea, che è
come una pianta rampicante che inizia a dare i primi germogli, che sale su, e
poi lavorarla di notte, farla crescere e dare vita al romanzo in una chiave
notturna, quando la città è più silenziosa, quando si spengono i rumori. Mi
piace molto perché hai più spazio, sento l’infinito della notte come un
posto dove poter raccogliere forze e idee.
Hai già in cantiere un nuovo libro?
Appena finisce questo blocco generale, ho
l’uscita di un nuovo romanzo che sto finendo di correggere e di controllare
che è il seguito del libro “L’uomo che non voleva amare”. Si chiamerà
“Semplicemente amami”. Finita la quarantena uscirà il libro e la cosa più
bella è quando presenti un libro, incontrare la gente, incontrare chi ha voglia
di sentire la storia o qualche pezzo letto da te, di sentire perché hai scritto
quel libro, chi ha letto il libro precedente, ecc …
Oltre alla scrittura, curi delle passioni
nella vita?
A me piace moltissimo pescare e ancora di più
stare al mare. Mi piace passeggiare in riva al mare, guardare il mare e il fatto
di non essere potuto andare al mare in questo periodo, mi manca ancora di più.
A Pasqua e pasquetta di solito ogni anno vado al mare, all’Argentario, un
bellissimo posto toscano che ho spesso raccontato nei miei libri. Il mare mi fa
dormire meglio, mi rilassa, mi piace la passeggiata anche nei giorni
d’inverno. Ho visto dei filmati che, con questo inevitabile arresto di tutto,
fa si che addirittura nel porto di Orbetello sono arrivati i delfini, perché
gli animali si avvicinano nei posti oggi più sani e naturali. Sono curioso di
vedere il mare come deve essere senza tutta la sporcizia che c’è di solito.
Parliamo un po’ della tua città. Com’è
il tuo rapporto con Roma?
Amo moltissimo la mia città. Mi piace perché
in realtà racchiude, secondo me, tanti piccoli paesi. I quartieri sono
diventati come dei piccoli paesi, con le loro usanze, il loro dialetto e il loro
modo di fare, ecco perché ho voluto raccontare “la ragazza di Roma nord”,
come se fosse un paesino all’interno di Roma stessa. Ed è bello perché a
seconda dei luoghi, a seconda dei quartieri, mangi anche in maniera diversa e
secondo me Roma è una incredibile signora che ha la capacità di cambiare in
continuazione il suo vestito, rimanendo sempre elegante, ma sorprendendoti con i
diversi tipi di vestiti che indossa.
Quindi Roma è anche una fonte di
ispirazione per i tuoi libri …
Assolutamente. Io ho cercato in ogni romanzo,
in modo diverso, di raccontare dei luoghi di Roma, in maniera che ogni romanzo
potesse avere i protagonisti che vivevano in una zona piuttosto che in
un’altra. Così da far scoprire a chi lo leggesse e non conosce Roma, anche
attraverso questi testi, posti diversi, luoghi diversi, ristoranti diversi e
particolarità di quelle strade. Mi è piaciuto che dei miei romanzi che sono
usciti in Spagna, poi sono diventati delle piccole guide turistiche per gli
spagnoli che venivano in visita a Roma e che sceglievano proprio i ristoranti
che io avevo citato, perché sapevano che da me non avrebbero preso una
fregatura.
Come con la serie dei Cesaroni che hanno
fatto conoscere il quartiere della Garbatella.
Esattamente.
In quali zone hai abitato di Roma?
Io ho abitato molto a Roma nord. Andavo a
scuola al Don Orione, giù alla Farnesina. Prima ancora stavo nella zona
Balduina, perché andavo al Bitossi, alle scuole elementari e poi sono andato al
liceo classico, in via Don Amelio, in zona Prati. Quindi in una zona molto
vicina allo stadio Olimpico, vicino a ponte Milvio, le parti di Roma nord che
conosco meglio e che ho sempre vissuto. Ma ho amato, a seconda dei periodi,
anche Trastevere, Testaccio, piazza Navona e il Pantheon, soprattutto
verso i 20 anni. Le granite al caffè al Tazza d’Oro, al frullato di Pascucci,
che sta vicino a largo Argentina. Perché sono quei tipi di sapori che sono
rimasti nel tempo proprio per la loro forza e per la loro unicità.
Ma c’è un angolo di Roma a cui sei
molto legato?
Forse ponte Milvio. Mi ricordo quando andavo
con mia mamma a fare la spesa a ponte Mollo, come veniva chiamato ponte Milvio.
Il mercato era sulla destra, non c’era niente di quello che c’è oggi ed era
una zona molto popolare. Non c’erano i negozi, non c’erano i ristoranti che
pian piano sono nati proprio con l’avvento dei lucchetti e del ponte degli
innamorati. Da lì è nato un po’ tutto. Lì andavo al mercato e mi ricordo
che quelli del bancone mi facevano assaggiare un pezzetto di grana appena
tagliato e mi piaceva tanto. Mia mamma mi passava questo pezzetto di formaggio e
mi sembrava una lauta ricompensa. Poi mangiavo il pezzetto sopra, quello
centrale, della rosetta ancora calda. Ci portavamo dietro un carellino della
spesa, come un piccolo trolley, dove all’interno mettevamo tutte le buste.
Questo sicuramente rimane per me un ricordo caldo e pieno d’affetto che
conserverò con me proprio per come ho amato ponte Milvio, per come continuo ad
amare, anche attraverso tutte le trasformazione che io stesso gli ho donato.
Quali sono i mali di Roma che ti danno più
fastidio?
I mali di Roma più grandi sono quelli di
mancanza di intelligenza, quelli che spesso si trovano nei lavori burocratici
del nostro paese e quindi di Roma. Io ho incontrato molte volte alcune persone
inutili dei Beni Culturali, ai quali ho suggerito e chiesto di trovare modo di
dare importanza al ponte degli Innamorati, facendolo diventare un luogo dove
venisse raccontata bene la storia che era diventata meta di tanti turisti e
ragione di guadagno. E quindi vendere loro stessi i lucchetti e chi
voleva venire a metterli a quel ponte, invece di farlo in maniera così ribelle
e ormai disordinata per tutta Roma. Se ci fosse stata una persona intelligente
ai Beni Culturali, avrebbe saputo approfittare e
avrebbe rispettato ciò a cui il popolo tiene. Ministro vuol dire servo e
il ministro è colui che viene scelto perché è al servizio del popolo. Invece
penso che la gente faccia soli i propri interessi, quindi non hanno pensato al
desiderio del popolo, di avere un posto dove poter dedicare all’amore una
manifestazione, facendo delle colonnine. Come a fontana di Trevi, che buttano le
monetine e poi vengono tolte con chiaro guadagno. Lì, a ponte Milvio, invece di
vietare e togliere in maniera barbara, delle promesse d’amore fatte da
giovanissime e non, avrebbero dovuto avere più attenzione. Però purtroppo in
questi luoghi si ritrovano sempre delle persone che non hanno cura e amore verso
la gente, ma solo verso i propri personalissimi interessi. E invidia nei
confronti di chi, in maniera indipendente, riesce ad avere più successo di
loro.
Com’è nata l’idea dei lucchetti?
Tutto nasce con “Ho voglia di te”, perché
ci fosse un qualcosa di diverso di “Tre metri sopra il cielo”, dove
c’erano le scritte sui muri, perché la scritta sui muri non ha niente di
edificante e quindi andavano a sporcare i monumenti e volevo trovare un qualcosa
che non facesse accadere tutto questo. Ai tempi del militare, che allora era
obbligatorio, usavamo il lucchetto per chiudere l’armadietto in maniera che
non ti rubassero gli scarponi o l’elmetto, che avevamo in dotazione. Alla fine
del militare si lasciava il lucchetto attaccato alla grata, come segno finale
del periodo del militare. In quel caso il lucchetto era legato al militare,
quindi alla guerra. Allora mi è piaciuta l’idea
di avere invece un lucchetto legato all’amore e ho cercato il ponte che allora
era il meno conosciuto, pensando a legare il lucchetto ad una leggenda
dell’amore e non alla guerra. Quindi che chiudessero il lucchetto intorno a
questa catena, buttando la chiave nel fiume. Il 9 febbraio 2006, usciva il libro
“Ho voglia di te” e il giorno prima, l’otto febbraio, me lo ricorderò
sempre quel giorno, sono andato di sera di nascosto a mettere una catena al
terzo lampione di ponte Milvio, perché mi sono immaginato che se uno passando
di là, avendo letto il mio libro, volesse seguire tutta la leggenda mettendo un
lucchetto, trovasse dove metterlo. Non mi sarei mai immaginato che potesse
prendere così piede. A quei tempi passavo per ponte Milvio solo perché andavo
a trovare mia nonna che abitava lì vicino ed era una zona dove non passava mai
nessuno. Invece dopo una settimana , da quando avevo messo la catena, già era
piena di più di 300 lucchetti.
L’hai messo anche tu per la tua
compagna?
(risata) Io ho messo solo quel primo
lucchetto.
Tradiresti Roma per vivere in un’altra
città?
Diciamo che non riuscirei a non tornare a
Roma, però userei un’altra città come luogo di vacanza e devo dire che New
York mi piacerebbe moltissimo. Ci sono stato qualche volta e mi è piaciuta
molto.