Federico Salvatore  (attore cabarettista)         Napoli  22.3.2021

Intervista di Gianfranco Gramola

“Io scrivo quel che vivo e canto quel che scrivo”

 

Il suo sito è www.federicosalvatore.it e la sua e.mail info@federicosalvatore.it

(biografia tratta dal suo sito)

Federico Salvatore nasce a Napoli nel 1959. Inizia a 8 anni, da autodidatta, a suonare la chitarra. Essendo mancino non si preoccupa di invertire l'ordine delle corde, come normalmente si fa, bensì inverte il "metodo" cioè il libretto su cui sono rappresentate le posizioni delle dita. Questo dà a Federico Salvatore chitarrista una sonorità particolare e fuori dagli schemi. Durante l'adolescenza fa parte di gruppi musicali che nascono e muoiono nel giro di settimane. Lascia gli studi al secondo anno di giurisprudenza con la normale disperazione dei genitori che ne volevano fare un avvocato. Artista impegnato e autore di tutti i suoi testi, Federico Salvatore, al contrario di tanti altri artisti che si sono allontanati da Napoli, combatte la propria guerra per la sua città con ironia graffiante e con delicata poesia, alternando momenti commoventi a momenti esilaranti, tutto dosato in modo estremamente equilibrato. Con quella bella faccia da impunito ed il nome (vero) che sembra inventato, Federico Salvatore comincia la sua carriera lavorando per il teatro. In seguito comincia a fare cover di canzoni famose, adattandole con testi divertenti. Scrive però anche canzoni sue, riuscendo così a creare degli album a diffusione regionale. La carriera da personaggio famoso la comincia vincendo il "Promoval Bravo Grazie!" del 1994 che gli permise di partecipare alla trasmissione televisiva "Maurizio Costanzo Show", dove cominciò a proporre le sue originali microsceneggiate a dialogo fra il partenopeo Nobile ed il napoletano povero, suscitando il divertito entusiasmo del pubblico e l'attenzione dei telespettatori. Avvenne in seguito, nel 1995, l'incontro fra Salvatore e il noto produttore fiorentino Giancarlo Bigazzi (componente degli Squallor , band amata da Federico). Egli scopre il talento di Federico e riporta al successo, insieme alle nuove, delle canzoni contenute in vecchi album (che, come ho detto, erano diffusi solo in Campania perciò sono state dovute adattare ad una diffusione nazionale). Il 1995 fu così un anno d'oro per il cantante-cabarettista partenopeo. Egli ottiene infatti un enorme successo per la sua simpatia e capacità di raccontare le storie della gente comune. Difatti il suo CD "Azz" raggiunge subito un successo discografico di oltre 500.000 copie vendute, successo continuato dal suo secondo cd da personaggio famoso: "Il mago di Azz" (registrato prima della pubblicazione di un libro con l'omonimo titolo) tanto da vincere due dischi di platino nel 1995. Partecipa tra l'altro al Festivalbar come ospite fisso e alla quarantaseiesima edizione del festival di Sanremo con "Sulla porta" (Salvatore - Bigazzi - Dati) classificandosi al tredicesimo posto. Il successo nazionale continua con "Coiote Interrotto", ma esso è anche l'ultimo poiché il cantautore sparisce per un po' dalle scene. Nel 2000 partecipa ad una trasmissione campana (Avanzi Popolo) dove l'amore del pubblico lo induce a scrivere un nuovo cd: "L'azz 'e bastone". Dopodiché, il 2001 lo vede partecipe di spettacoli teatrali intitolati "Mutamento". Conduce poi il Festival di Napoli 2001, dove, senza neanche una casa discografica, canta "Se io fossi San Gennaro" , un pezzo un po' forte che ha suscitato parecchie critiche. Il singolo è stato una presentazione dell'album uscito invece nel 2002: "L'osceno del villaggio". Con l'album "L'osceno del villaggio" Federico Salvatore inizia a cambiare il suo percorso artistico e avvicinandosi alla tradizione dei cantautori, affrontando tematiche quali l'individualità, l'ecologia e la sua società moderna in genere con le sue contraddizioni. Questa sua evoluzione raggiunge piena maturazione nel 2003 con l'album "Dov'è l'individuo?" prodotto dall'etichetta indipendente Arancia Records. La decisione di spostarsi verso la musica impegnata lo mette un po' ai margini di quel mondo dello spettacolo in cui era esploso negli anni precedenti, che non rinnega ma a cui guarda con distacco e senza rimpianti, come spiega nel brano Homo Sapiens (dall'album L'osceno del villaggio). Nel 2007, per la prima volta dopo tanti anni, ha fatto la sua ricomparsa in televisione come ospite in tre puntate del programma del sabato sera di Rai Uno Apocalypse Show, condotto da Gianfranco Funari. Nel 2011 esce il DVD "Se io fossi San Gennaro-LIVE", compendio degli ultimi anni di attività dal vivo con in vendita in allegato, esclusivamente nella versione per librerie, del libro dal titolo "Il dramma dell'anagramma".

Intervista

Ciao Federico, com’è nata la tua passione per la musica, chi te l’ha trasmessa?

Il patrimonio genetico. Mia mamma lavorava in una compagnia filodrammatica, papà era un baritono, mio nonna suonava il mandolino e mio nonno scrisse canzoni per le “Piedigrotte Napoletane” degli anni ’40. Come avrei potuto fare altrimenti?

Chi sono i tuoi idoli musicali? I tuoi miti di riferimento?

Giorgio Gaber, Fabrizio De Andrè, Frank Zappa, Pino Daniele.

Chi per primo ha scoperto il tuo talento artistico?

Padre La Monica, il padre barnabita del collegio Bianchi dove ho frequentato le scuole elementari, medie e il ginnasio.

Prima di dedicarti completamente alla musica, hai fatto altri lavori?

No. Ho sempre e solo vissuto di musica, dall’età di 17 anni.

Hai mai pensato ad un nome d’arte?

Il mio primo nome d’arte mi fu dato da un impresario negli anni ’70 ed era Federico Salvietti. Ma ho preferito il mio nome e cognome anagrafico che è stato, inoltre, fonte d’ispirazione del dualismo di “Federico e Salvatore.”

Con il Maurizio Costanzo Show ti sei fatto conoscere in tutta Italia. Come ricordi  quell’esperienza?

Furono anni bellissimi. Non voglio essere nostalgico, ma la televisione di un tempo scindeva la notorietà dalla popolarità.

E l’esperienza di Sanremo? Lo rifaresti Sanremo?

Sanremo lo porto nel cuore soprattutto per la scelta di presentarmi in gara con un brano (“Sulla porta”) che si allontanava dai miei stereotipi comico-satirici di quegli anni. Spiazzai tutti. A distanza di anni sono felice di quella scelta perché il brano ancora riceve riconoscimenti dal pubblico. Rifare Sanremo? Perché no.

Come ti è sembrato il festival di Sanremo di quest’anno?

Un festival sicuramente diverso, non solo per la pandemia. La musica e il pubblico sono cambiati. Si può dire che è stato il festival dello streaming. Una volta le canzoni si ascoltavano, oggi si visualizzano.

Qual è stata la tua più grande soddisfazione artistica?  E delusione?

Sono stato l’unico artista italiano a vincere 2 dischi di platino ed 1 disco d’oro con un album cabarettistico (“Azz…”) di canzoni comiche. La mia più grande delusione è stata non riuscire a portare a termine, nel 2000, il mio primo film “Senz’arte ne parte” (scritto con Fausto Brizzi) che probabilmente avrebbe cambiato le sorti della mia carriera artistica. Vedi Checco Zalone… (ride - ndr)

Un tuo ricordo di Pino Daniele e Gianfranco Funari?

Nei camerini del Festivalbar nel 1995, Pino mi suggerì di prendere la chitarra e andare via da Napoli. Non volli ascoltarlo… Da Funari è stata la mia ultima apparizione televisiva in Rai poi sono apparso solo a San Gennaro…(ride - ndr) difatti Gianfranco mi volle nel suo show dopo aver ascoltato la mia “Se io fossi San Gennaro.”

Nel 2009 è uscito il tuo “Fare il napoletano, stanca”. Il titolo è una provocazione, una battuta? Cosa intendevi?

Ti rispondo citando il brano: “Ma perché per imporre un’idea devo fare il simpatico, con l’eterna battuta di chi non ha voglia di ridere? Una vita di smorfie e di facce disposte alla mimica come servi di scena costretti per sempre a una recita!”.

Quando penso a Napoli, oltre alla bellezza della città, mi viene in mente Totò, Massimo Troisi, Pino Daniele, Bennato. Tu cosa provi per Napoli?

Nonostante tutto... Napoli è il mio unico posto nel mondo.

Come ricordi la tua infanzia, la tua giovinezza napoletana?

Ho descritto tutti i miei sentimenti di quel periodo in un mio brano che s’intitola “Trenta lire”.

Quali sono i temi che vorresti approfondire maggiormente nelle tue canzoni?

Non ci penso. Io scrivo quel che vivo e canto quel che scrivo.

Oltre alla musica, curi delle passioni nella vita?

Amo i libri, il cinema e colleziono Pulcinella e pastori del ’700 napoletano.

Ai giovani che si avvicinano alla musica, che consigli vorresti dare?

Di ritornare alla melodia, che ci appartiene, e di allontanarsi dal filone rap/trap americano.

Tradiresti Napoli per vivere in un’altra città?

A sessant’anni sono ancora qua… Vi sembrano pochi? (ride – ndr)