Francesca Caon (giornalista e PR)
Milano
12.7.2024
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Dal punto di vista imprenditoriale, mi
piacerebbe internazionalizzare l’azienda, mentre dal punto di vista artistico,
che comunque permane in me, mi piacerebbe condurre un programma radiofonico e
poi mi piacerebbe scrivere un altro libro, perché legandomi al fatto di essere
generosi, io sono una persona in continuo apprendimento per cui mi piace molto
condividere”
Dopo aver completato la sua formazione in
Arte Drammatica al Teatro Stabile del Veneto nel 2004, Francesca ha iniziato la
sua carriera in Rai, partecipando a programmi come "Ragazzi c'è Voyager"
su Rai Due e "Uno Mattina Estate" condotto da Eleonora Daniele.
Successivamente, si è trasferita a Valencia, in Spagna, dove ha lavorato nel
campo delle pubbliche relazioni per enti governativi, acquisendo competenze
internazionali. Dal 2018, scrive per la testata HuffPost, trattando temi legati
all'attualità e all’economia. Nel 2020 viene nominata Direttrice del mensile
"Luxury", dove approfondisce le tendenze e i personaggi del settore
dell'alta gamma. Parallelamente, assume il ruolo di ideatrice e conduttrice del
podcast "Oggi ci va di lusso" su Giornale Radio con Manuela Donghi,
che si concentra sulle tendenze nel settore del lusso, offrendo un'ulteriore
piattaforma per la divulgazione e l'analisi di contenuti specializzati. Dal
2023, dirige "Luxury People", un magazine dedicato agli insider del
lusso. Da oltre quindici anni, lavora nel mondo delle PR e ha fondato la sua
omonima agenzia, CAON Public Relations, con sede a Milano e uffici a Londra e
New York. Ha contribuito alla visibilità mediatica di centinaia di brand,
aziende e personaggi del mondo imprenditoriale. Autrice del libro "I dieci
comandamenti delle PR", pubblicato nel 2020, continua a esercitare
un'influenza significativa sul panorama mediatico attraverso la sua
partecipazione attiva in dibattiti culturali ed economici.
Intervista
Com’è nata la passione per il cinema
e per il teatro?
Io quando ero piccolissima mi visualizzavo su
un palco e ricordo che con le mie cugine giocavamo a organizzare eventi che io
poi conducevo. Poi facevamo piece e recitavamo insieme. Avevo dentro di me
questa indole artistica e quindi mi sono iscritta all’accademia di arte
drammatica del Veneto. Mi sono diplomata nel 2004 per cui è stato lì che ho
iniziato la mia carriera teatrale come attrice, però ho cercato anche di
tentare la fortuna nel cinema, che è sempre stata una mia grande passione. Mi
sono trasferita a Roma e più che nel cinema ho lavorato in televisione. Ero
presente in “Ragazzi c’è Voyager” con Roberto Giacobbo e “Uno mattina
estate” con Eleonora Daniele, in un tempo in cui la Rai era un’altra cosa
rispetto ad oggi. Devo dire che quell’esperienza lì mi è servita tantissimo
perché anche interpretare in teatro mi ha dato la capacità di adattamento e
soprattutto di ascolto. Quindi attraverso i personaggi che interpretavo
conoscevo me stessa e questa cosa mi è servita poi per affinare la capacità di
scrittura perché poi sono diventata giornalista. La mia carriera è strutturata
in diversi passaggi che sono stati tutti importanti, tutti fondamentali. Quando
lavoravo in Rai ho conosciuto delle persone che ancora oggi sono nella mia vita,
tra cui la mia mentore Paola Comin, ufficio stampa storica di Alberto Sordi,
Mara Venier, Christian De Sica e mi
ha insegnato proprio questo lavoro, cioè il management degli artisti. Io ad un
certo punto ho deciso di applicare questo modello, questo tipo di management a
persone non solo conosciute, ma anche a persone che non sono affatto famose,
magari declinando questo modello al mondo degli imprenditori. All’epoca,
quando ho iniziato io, gli imprenditori stavano nell’ombra, non erano come
oggi dei frontman dei loro brand, perché vengono intervistati, appaiono in
programmi televisivi e radiofonici. Però all’epoca ebbi questa intuizione,
cioè che il lavoro di management si potesse declinare anche ad imprenditori che
fino ad allora stavano nell’ombra delle loro aziende, ma avevano tantissime
cose da divulgare, messaggi che potevano essere di ispirazione, positivi. Questi
sono stati un po’ i miei passaggi professionali dal mondo artistico a quello
imprenditoriale, perché oggi sono amministratrice delegata di
un’agenzia di PR con sede a Milano che si chiama Caon Public Relations.
Con quali giornalisti di riferimento sei
cresciuta?
I miei maestri di riferimento del giornalismo
sono stati Andrea Purgatori e Rula Jebreal.
Ci sono delle scuole per diventare PR?
Innanzitutto in Italia questa professione è
estremamente travisata, molto confusa a dispetto dell’America dov’è nata e
dove nessuno, dalle star di Hollywood ai
politici, si muove senza prima aver consultato un PR o ancora di più un
avvocato. In Italia invece il PR è sempre stato confuso con il mondo dei locali
notturni, delle discoteche. Nel mio lavoro sono sempre stata una specialista e
ricordo che quando tornavo nel mio paesino del padovano, i miei paesani mi
chiedevano i biglietti della discoteca del Muretto di Jesolo. Una delle mie
missioni è stata anche quella di fare chiarezza su questa professione che è
molto affascinante ma anche molto delicata e secondo me la più importante del
segmento comunicazione, perché facciamo da ponte tra i personaggi, le aziende e
i brand con i media che possono essere le riviste ma anche i programmi
televisivi e radiofonici. Chiaramente le PR fungono da megafono rispetto al tuo
messaggio e ampliano la visibilità del marchio, delle aziende e del
personaggio.
Hai dato alle stampe il libro “I dieci
comandamenti” Qual è il primo comandamento di una PR?
Il primo comandamento è “comunicare non è
un optional”, perché sembra scontato però per uscire dal mare magnum della
concorrenza che ogni giorno è sempre più spietata, adesso poi non ne parliamo,
con il digitale, con l’intelligenza artificiale, con una tecnologia che non
possiamo fermare, dobbiamo solo cavalcare l’onda, comunicare non è un
optional e soprattutto comunicare a mio avviso, seguendo dei dettami, delle
regole che ho cercato di racchiudere in questo libro che è una sorta di
prontuario d’uso, una bussola per orientarsi in questo mondo che si può
riassumere in quelle che io definisco le “tre U”, che sono umanità,
perché non possiamo non considerare i sentimenti, i valori degli altri, di chi
ci ascolta, di chi ci segue, Umiltà, perché siamo in evoluzione
continua, in continua formazione e non possiamo mai dire di essere al massimo. A
volte vengono da me e mi dicono che sono il massimo esperto e io un po’
ridendo rispondo se massimo sia il nome e esperto il cognome, perché nessuno può
considerarsi il massimo esperto, nemmeno i grandi si definiscono così, perché
siamo in apprendimento continuo. E utilità perché dobbiamo essere
generosi, dobbiamo dare il valore a quello che divulghiamo. L’informazione
giornalistica deve essere basata fondamentalmente sulla generosità, sul valore
di quello che divulghiamo.
I social che ruolo hanno nel tuo lavoro?
Pensa che io sono sui social dal 2004, quindi
da quasi 20 anni. Diciamo che per il mio personal branding li ho usati
tantissimo e li uso tantissimo anche per il nostro lavoro non solo facendo solo
branding per me, per il mio ruolo, per la mia agenzia, ma anche per i nostri
clienti perché comunque li utilizziamo per promuoverli o per divulgare i
successi che otteniamo per loro, quindi le pubblicazioni, le interviste, le
apparizioni televisive e radiofoniche. Ripeto, io credo tantissimo
nell’evoluzione digitale e penso che sia una opportunità. Una volta lo spazio
sul cartaceo era quello, oggi con il digitale i giornalisti sono famelici di
notizie e ovviamente lo spazio sul digitale è infinito. Quindi è una grande
opportunità per chi fa il mio mestiere e anche per chi vuole avere visibilità
attraverso i media. Io nel digitale, nelle tecnologie e nell’intelligenza
artificiale credo tantissimo. C’è un libro molto bello di un mio amico
giornalista del Sole 24 ore che si chiama Giampaolo Colletti che ha per titolo
“Siamo tutti influencer”. Dobbiamo considerare questo aspetto, perché oggi
con in mano uno smartphone siamo tutti influencer. Oggi c’è un potere
editoriale diffuso che ci permette di diventare virali con quello che scriviamo.
Ricordo che una bambina di 7 anni scrisse una lettera ad una multinazionale
danese della “Lego” per chiedere la parità dei sessi negli omini della
Lego, perché sono sempre stati uomini. Da quando scrisse quella lettera, che
poi divenne virale in tutto il mondo, la Lego cambiò la linea produttiva del
brand e quindi i meccanici diventarono anche meccaniche, gli astronauti le
autronaute, ecc… Questo ti fa capire che il potere dei social è enorme.
Hai mai lavorato per solidarietà?
Si, molte volte. Tra l’altro io sono una di
quelle persone che pensano che è giusto pensare a se stessi leggermente e
pensare agli altri profondamente e questo si declina proprio
nel mio essere grata. Sono un po’ nella fase “grateful”, della
gratitudine che declino io stessa in prima persona con il volontariato. Ogni
settimana mi dedico al volontariato e sono volontaria di Opera San Francesco e
prima ero con la Croce Rossa, quindi sono tanti anni che dedico una parte della
mia vita in questo e quindi figurati che quando ci sono dei progetti di
solidarietà, non mi tiro indietro, sono sempre in prima linea e collaboro con
varie associazioni.
Quali sono le tue ambizioni, i tuoi
obiettivi?
Ce ne sono tanti. Dal punto di vista
imprenditoriale, mi piacerebbe internazionalizzare l’azienda. Dal punto di
vista artistico, che comunque permane in me, mi piacerebbe condurre un programma
radiofonico. Ho già fatto diverse esperienze con una rubrica ideata da me che
si chiamava “Oggi ci va di lusso”, condotto sul giornale radio con Manuela
Donghi e mi piacerebbe scrivere un altro libro, perché legandomi al fatto di
essere generosi, io sono una persona in continuo apprendimento per cui mi piace
molto condividere.
Hai mai curato le pubbliche relazioni di
personaggi famosi?
All’inizio della mia carriera si ed è
molto affascinante. Gli artisti sono molto affascinanti, hanno quel qualcosa in
più che li rende speciali, una cultura, un estro e
anche un briciolo di follia che affascina. Però forse per
quell’imprevedibilità dell’artista ho scelto poi personaggi forse più
prevedibili anche se poi non bisogna mai fare di tutta un’erba un fascio. Però
trovo nell’ordinarietà il ritmo che ha l’imprenditore legato proprio alla
produttività quotidiana, un equilibrio in cui mi ritrovo di più, per cui ho
scelto di seguire di più gli imprenditori, le aziende, i brand.
Guardando indietro il tuo percorso
professionale, hai dei rimpianti e pensi ancora al tuo amore per il cinema?
Quello non andrà mai via perché era proprio
il mio sogno di quando ero bambina, per cui ricordo che dopo quelle esperienze
che prima ti ho citato, ebbi un’occasione di una co-conduzione di un programma
su Rai International e arrivai fino alla fine dei casting, conobbi anche la
regista e la produttrice e poi non se ne fece nulla. Però l’ho vissuta come
un’opportunità e fu la leva per iniziare a lavorare dietro le telecamere e fu
poi la mia fortuna, perché iniziai a lavorare anche nella discografia con un
casa discografica che si chiama
“Universo”, che ha prodotto la canzone “Joca Jouer” una genialata di
Claudio Cecchetto, che ancora oggi fa un sacco di soldi in royalty. Poi
cominciai a lavorare dietro le quinte con Luciano Rispoli
e ad organizzare eventi di cinema, correlati al festival del Cinema di
Roma e al festival del Cinema di Venezia. Ebbi poi l’occasione di organizzare
due edizioni del festival della commedia all’italiana, i Sabaudia Studios, con
Ricky Tognazzi e Simona Izzo. Io credo che sia accaduto tutto con un senso nella
mia vita e sono arrivata a questo mestiere non perché l’ho voluto, ma perché
è stato questo mestiere che ha scelto me. Perché ogni passaggio mi ha portata
a quello che poi ho fatto. Nulla accade per caso.
Prima dicevi che per il cinema ti sei
trasferita a Roma. Come ricordi l’impatto con la Città Eterna?
Roma è una città che ti avvolge con la sua
magia, quella magia che trovi in ogni angolo e ha questo fascino senza tempo che
però ti distrae perché è talmente bella che ti immergi nelle sue bellezze, il
modo di vivere, le persone che incontri. Io ricordo che ero più affascinata del
vivere a Roma che nel proseguire i miei sogni.
Poi sono arrivata a Milano che è un po’ l’Eldorado, dove
si pensa soltanto a produrre, a lavorare e a raggiungere degli obiettivi
ed è una città molto competitiva. Però camminare per le strade di Roma è
un’esperienza sensazionale, fatta di suoni, di profumi, architetture e ti
ritrovi spesso a deviare da un percorso che avevi pianificato per esplorare ogni
vicolo nascosto di questa città meravigliosa che io ho nel cuore e che è un
museo a cielo aperto.
In quale quartiere di Roma hai vissuto?
Ho abitato in varie zone, dalla Balduina a
Prati. Poi Prati Fiscali e Montesacro.
La cucina romana ti ha conquistata?
Non mi ci far pensare. Io amo la cucina
romana e anche quella pugliese. Il quartiere che calpestavo di più in cerca di
una trattoria tipica è il Testaccio che per me è un quartiere autentico, con
quell’anima verace, con una vivace scena culinaria. Me lo ricordo bene il
Testaccio con le sue trattorie e i piatti tipici romani. E poi i mercati che
sono unici, come Porta Portese la domenica che è meraviglioso. Ed è anche
un’esperienza di vita perché le persone che incontri sono da conoscere, da
ascoltare. Io poi da giornalista ascolto tante storie ed è Roma che mi ha
insegnato ad ascoltarle tutte ed apprendere da ognuna perché si può imparare
dall’imprenditore di successo come dalla chiromante o come si può imparare
dal senza tetto. Per cui Roma ti da molto dal punto di vista dell’umanità a
mio avviso.