Giancarlo Ratti (attore) Varese 16.4.2009
Intervista di Gianfranco Gramola
Un trentino alla conquista di Roma
Giancarlo Ratti è nato a Rovereto (Trento), il 9 agosto del 1957.
Ha partecipato a
vari programmi radiofonici a partire dalla fine degli anni 90. Dal 2004 fa parte
del cast della trasmissione “Il ruggito del coniglio” e ha fatto un piccolo
ruolo nel film tv “Crimini: Terapia d’urto”. Nel 2006 ha partecipato alla
commedia radiofonica “Nessuno è perfetto” di Linda Brunetta, al fianco di
Maria Amelia Monti, Daniele Formica, Caterina Guzzanti, Sabrina Impacciatore,
Nanni Baldini, Max Pajella e Paila Pavese. Nel 2008 ha interpretato il
personaggio di Antonio Barillon, un padovano, proprietario di un negozio di
sanitari, nella serie tv “I Cesaroni”. Ha lavorato
parecchio anche in teatro. Tra gli spettacoli a cui ha preso parte nella
sua carriera teatrale, si ricordano “Calcoli”, “La parola ai giurati”,
“Abbiamo due ore di vantaggio” e “Va tutto storto”. Nel 2008 ottiene il
suo primo ruolo cinematografico nel film “Colpo d’occhio”, di Sergio
Rubini, nel ruolo di Nicola.
Cinema
Colpo d’occhio (2008)
Televisione
Cristina,
l’Europa siamo noi (1991) – Il mammo (2004) – Crimini : Terapia
d’urto (2006) – Anna e i
cinque (2008) – I Cesaroni 2 e 3 (2008 – 2009).
Ha detto:
- Sono quasi trent’anni che faccio
l’attore e hanno fatto di più questi sei anni di radio, di tutto quello che
è accaduto prima.
- In
privato sono un estroverso che fa il simpatico per vincere la timidezza.
- Sul set dei Cesaroni, c’è la magia! A 51
anni, questa è la prima volta che ho la possibilità di avere un personaggio più
grande di quelli che avevo interpretato prima in una fiction.
- Mio
suocero mi dice sempre “Ue’, un lavoro a Milano, mai? Sempre a Roma vai a
lavorare” (se la ride, imitando l’accento milanese).
Curiosità
- E’ sposato con Michela (parrucchiera) e
ha due figli.
- E’
tifoso dell’Inter e ama andare al cinema.
- E’ trentino, però vive tra Roma e
Varese, dove ha la famiglia.
Intervista
Da oltre 30 anni la carriera di Ratti va
avanti, tra tanto teatro, esilaranti collaborazioni radiofoniche e brevi
apparizioni televisive. Ma stavolta con I Cesaroni ha fatto il botto. “
Quando cammino per strada –
spiega Giancarlo – è buffo vedere quello che accade. Mi guardano, poi
realizzano che sono un volto noto. In particolare ho un grande successo con le
cassiere del supermercato (risata). Ma
non mi sono mai montato la testa”.
Giancarlo, mi parli dei tuoi inizi?
Io sono trentino e vivevo a Rovereto.
Frequentavo il Liceo Rosmini che è vicino al teatro Zandonai e ogni tanto andavo a vedere degli spettacoli teatrali e a conoscere le
compagnie che si esibivano. Ero curioso, come tutti i giovani. Negli ultimi anni
di scuola ho preso parte a degli spettacoli di carattere studentesco, finché
alla fine del Liceo, ho pensato di andare a Milano a sostenere un esame per
entrare nella scuola di teatro. Mi hanno preso e da lì è partita la mia
avventura nel mondo dello spettacolo. Adesso è diventato il mio lavoro.
Hai mai pensato ad un nome d’arte?
No! Mai, Gianfranco.
I tuoi genitori che futuro sognavano per
te, Giancarlo?
Speravano che lavorassi in banca. Volevano
per me il posto fisso.
Anche loro lavorano in banca?
No! Mio padre lavorava alla manifattura
Tabacchi di Rovereto (Borgo Sacco).
Il complimento più bello che hai
ricevuto?
E’ quello che devo ancora ricevere.
La cosa più cattiva che hanno detto o
scritto su di te?
Una l’ho ricevuta in Trentino Alto Adige,
in occasione di uno spettacolo. Un po’ di anni fa, hanno dato l’opportunità
a me e ad altri due attori di Rovereto, Giovanni Vettorazza e Giovanni
Battaglia, di fare uno spettacolo con tre autori della nostra zona. Stiamo
parlando del 1996 e abbiamo fatto questa rassegna che si chiamava “Tre per
tre”, cioè tre monologhi scritti per tre attori di Rovereto da tre autori
locali. Dopo che abbiamo fatto ognuno la propria serata, un giornalista del
Trentino scrisse una cosa molto cattiva. Il problema è che se scrive una cosa
cattiva qualcuno che non conosci o a cui non va il tuo affetto, secondo me la
cosa ti scivola via e non ci badi più di tanto. Il fatto che arrivasse da un
giornale della mia regione, mi ha dato un po’ fastidio. Io sono un trentino,
ma in realtà ho sempre vissuto fuori, lontano e allora l’idea di tornare a
casa e invece di lodi, ricevere critiche non è stata una bella cosa e non mi ha
fatto piacere. Un’altra volta un critico di un giornale teatrale scrisse che
rispetto agli altri, io zoppicavo. Ha trovato un verbo per dire che non valevo
più di tanto.
A chi volesse intraprendere la carriera di
attore, che consiglio vorresti fare?
Per come la vedo io, se uno ha o sente questa
esigenza, deve comunque provare, deve tentare. L’esigenza va perseguita però
nel modo onesto, cioè senza tagliare la strada, senza cercare scorciatoie. Non
si può pensare di diventare attori, artisti dopo aver fatto un solo film e
questo vale per tutte le forme d’arte. Non basta andare due volte in
televisione, fare un reality o andare al Grande Fratello per diventare famosi.
Se senti che hai le potenzialità per fare una cosa, devi studiare come
studieresti per qualsiasi altra professione. Fare la tua bella gavetta,
lavorare, fare l’apprendistato e continuare a studiare. Non è perché tu vai
ad “Amici” che dopo un anno diventi un attore o una ballerina. Il problema
grave del tempo in cui stiamo vivendo è che spesso e volentieri si scambia la
fama con la capacità. Tanti pensano che chi è famoso, automaticamente è bravo
e sa fare qualcosa. Non è vero che famoso è uguale a bravo e che bravo è
uguale a capace di fare quella cosa. Il merito si è un po’ perso per strada,
a discapito di questa specie di gloria, che può essere di 15 minuti, come di 15
anni che è data dai mass media. I giovani devono entrare nell’ottica di fare
l’itinerario che è giusto, cioè chi ha 18 anni non può tagliare la strada e
dopo catapultarsi davanti ad uno che ne ha 50, perché anche la tua resa, il tuo
modo di affrontare le cose è diverso. Però viviamo in un’epoca in cui la
gente spesso e volentieri pensa:” Ma chi me lo fa fare, tanto o faccio la
Velina o vado a sgambettare e a sculettare sul cubo, oppure faccio il
cantante”. Questo non significa che non si deve più fare il cantante, gli
attori, ecc… Anzi, secondo me tutte le arti vanno intraprese a seconda del
merito che uno esprime. Se hai talento e passione devi farlo quel mestiere, ma
se dopo tre volte, il fatto che tu sia carina, e stai in televisione a parlarmi
della crema rassodante, vuol dire che il tuo talento vale per quel ruolo.
Come stai vivendo l’esperienza dei
Cesaroni, Giancarlo?
Caro Gianfranco, trovarmi a 50 anni,
catapultato in una serie di grande successo, è un po’ un sogno che si avvera.
Io ci avevo messo una pietra sopra e vivevo la mia professione con dignità. Io
facevo il mio lavoro di attore, che a volte lavora in qualche compagnia più
famosa e a volte un po’ meno famosa, però vivevo di questo mio onesto lavoro.
Quando sei un attore di teatro può capitare di andare a recitare a Catania, fai
un bellissimo spettacolo e l’attore con cui lavori è Alessandro Gassman e
quando esci dai camerini ferma solo lui per gli autografi e le foto, però chi
ha visto la commedia dice:” Ma anche quello là, dalla barba rossa, non era
male”. Adesso che faccio I Cesaroni, in realtà le cose sono quasi uguali, con
la differenza che mi riconoscono. Adesso fermano anche me. Però se fra un anno
e mezzo finiscono I Cesaroni, non faccio in tempo a cambiare la mia vita solo
perché ho fatto quella serie famosa dei Cesaroni. E’ anche vero che dopo
questa serie, mi hanno preso a fare degli altri lavori e quindi questa serie mi
ha anche agevolato. Adesso se vado a fare i provini, sono avvantaggiato. Per cui
dopo i Cesaroni, ho girato una serie con Sabrina Ferilli, dopo ho girato un film
con la Marcuzzi, che però deve ancora andare in onda, sempre su Canale 5, dal
titolo ” Un amore di strega”. Mentre giravo ancora I Cesaroni, ho fatto in
tempo a fare un’altra serie che uscirà l’anno prossimo e che avrà per
titolo “Piper”, dei fratelli Vanzina. Qui c’è la Marini, Anna Falchi, Teo
Mammucari, ecc… Io, in Piper. ho un ruolo carino e faccio una discreta figura.
Comunque è giusto dirlo che I Cesaroni mi hanno spalancato tante altre porte
del lavoro. Adesso quando mi chiedono l’autografo, lo faccio molto volentieri
e ringrazio vivamente e penso:” Guarda te, se a 52 anni mi deve capitare una
cosa così”. Non ci speravo più.
Meglio tardi che mai, non ti sembra?
E’ vero. Poi la gente che ti guarda in Tv,
grazie al ruolo che interpreti, trova che sei simpatico, che gli stai bene, che
ci voleva uno del nord e che sei un rompi palle al punto giusto. Mi dicono
spesso che riesco a rompere le uova nel paniere pur risultando simpatico (risata).
Quando non lavoro quali sono i tuoi hobby?
Mi sono sposato un po’ tardi e quindi
quando non lavoro, il mio passatempo preferito sono i miei due figli piccoli.
Quanti anni hanno?
Uno ha sei anni e mezzo e l’altro 4 e
mezzo. Essendomi sposato a Varese e avendo figli nati qui, mi rendo conto che
sarà difficile per me tornare in Trentino, nel mio Trentino. Loro adesso vanno
a scuola qui a Varese, man mano che diventano grandi, le loro amicizie saranno
del posto e non credo che verranno ad abitare a Rovereto. Io ho un po’ di
nostalgia di Rovereto, perché nel mio lavoro conosci tante persone nuove, però
gli amici, quelli che hai quando vai a scuola, quelli del proprio paese mi
mancano, come mi mancano le mie radici e i luoghi della mia infanzia. Sarebbe
bello passare gli otto mesi
della scuola a Varese e gli altri quattro mesi a Rovereto. Devo dire che quando
li porto a Rovereto, si divertono molto perché bene o male assomiglia un po’ a Varese. Quindi il mio tempo libero lo passo molto
volentieri con la mia famiglia.
Tutti gli artisti hanno un sogno nel
cassetto. Qual è il tuo?
Un sogno ce l’ho, caro Gianfranco. Avere
l’opportunità di reinvestire questa visibilità che mi dà la televisione, e
portarla a teatro. Quest’anno non è possibile, perché a ottobre si iniziano
le riprese dei Cesaroni 4 e il tempo di questa serie equivale alla stagione
teatrale, che parte da ottobre e finisce a giugno. Non posso prendere impegni
per quanto riguarda il teatro perché quando fai I Cesaroni vuol dire che tu
stai a disposizione. Ti spiego, Gianfranco, come funziona. La serie si gira a
Roma, dal lunedì al venerdì. Oggi è giovedì e ti chiama la produzione e ti
dice: "Giancarlo, tu lavori con noi mercoledì pomeriggio". Quindi adesso
che sto a Varese, so che fino a lunedì sto a casa e martedì prendo il treno e
vado giù a Roma. Mentre sei in viaggio, ti arriva una telefonata che dice:”
Ti veniamo a prendere domani a casa, alle 14.00”. Ti vengono a prendere, ti
portano a Cinecittà e la sera ti riportano a casa. Però se tu fai anche teatro
e poi hai una settimana dei Cesaroni con un orario tipo dalle 14.00 alle 24.00,
sei un uomo finito. Cosa dici a quelli del teatro? Questa settimana non vengo
perché ho la serie dei Cesaroni? Non è possibile. Per cui per non scontentare
nessuno fai i Cesaroni e non fai il teatro. Quindi il mio sogno è tornare a
fare teatro con la visibilità che ho acquisito e trovare un produttore, uno che
ha voglia di scommettere su di me. Con Antonello Fassari ho un paio di progetti
teatrali che spero di realizzare. Quando siamo alla Garbatella, nella roulotte,
in attesa di essere chiamati per girare una scena, parliamo continuamente di
teatro. Quest’anno avevamo una mezza idea di uno spettacolo, prodotto da
Maurizio Costanzo, poi però non è andata in porto. Poi se va in porto più
avanti, ti chiamo e te lo dico (risata). Antonello Fassari è molto amico di
Costanzo e lui vuole produrre prima o poi uno spettacolo con Antonello.
Parliamo un po’ di Roma, Giancarlo.
Com’è il tuo rapporto con la Capitale?
Io ho fatto fatica all’inizio. Quando sono
arrivato mi sono sentito “rifiutato” dalla città, non dagli abitanti.
Facevo fatica a capite i tempi e questo posto diverso da quello che ho lasciato
nel Trentino. Io sono andato via da Rovereto che avevo 18 anni e adesso che ho 52 anni, devo dire che Roma è il posto dove ho vissuto
più a lungo nella mia vita. Quindi anche se sono roveretano, in realtà mi
sento anche romano. Diciamo metà e metà. La cosa buffa è che quando sono a
Roma mi incazzo in trentino e dico:” Va là mona, spostite imbezile, enpiza i
fari cojon”. Quando invece sono in Trentino, spesso e volentieri mi sono
accorto di imprecare in romanesco e mi è capitato di dire:” Mortacci tua, a
cornuto, vaffan…” (risata). Come ti dicevo prima, all’inizio ho fatto
molta fatica ad adattarmi a questo
stile di vita. Qui a Roma c’è una elasticità che noi trentini non abbiamo.
Da noi se una cosa è da fare, si fa e basta. Qui invece “Se po fa’, mo
vedemo, aspetta che mo famo”. Poi con il tempo scopri che non è soltanto una
sorta di menefreghismo, ma una filosofia di vita e una elasticità diversa dalla
nostra. Vivendo a Roma mi sono accorto che in realtà non si può vivere una
vita come viviamo noi, in Trentino, sempre di corsa. Una volta mi sono detto.”
L’unica maniera di sopravvivere in questa città è quello di non fare il trentino che rema controcorrente”. E allora ho
girato la mia barca morale e mi sono adattato al sistema romano. Dopo essermi
adattato, ho iniziato a viverci benissimo a Roma e ora sono mezzo romano.
In quale zona hai abitato Giancarlo?
In zona San Giovanni. Vicino a dove fanno il
concerto il primo maggio.
Con i romani, come ti sei trovato?
Benissimo. Li trovo molto simpatici. Sono
persone molto allegre, spiritose e sono dei battutari. Ti fulminano con un “Io
so’ de Roma, nun ce so’ cazzi! Te devi da levà da li cojoni!”. Hanno
delle battute umoristiche uniche e sono molto orgogliosi della loro romanità.
Noi trentini siamo un popolo schivo, riservato, abituati a conquistarci le cose
un poco alla volta, una zolla alla volta, con tanta fatica e a non sbandierarlo
in giro. I popoli come i trentini, i bergamaschi e quelli delle vallate e delle
montagne da dove veniamo noi, non hanno questo tipo di vanteria, di prosopopea,
di modo di affrontare la vita che hanno i romani e anche i popoli del sud
Italia. Però una volta che tu sai che sono fatti così, non ci fai caso e ti
adatti. I romani hanno anche tanti lati positivi. Sono generosi, sono un popolo
alla mano, una volta che ti prendono in simpatia di trattano come un fratello e
sono de core.
C’è un angolo di Roma che tu ami
particolarmente?
Io ero e sono ancora affezionato alla
Caffarella. Lo dico anche alla luce di quello che è accaduto poco tempo fa (lo
stupro di una ragazza. ndr). Parlo del parco della Caffarella, che è un posto
bellissimo e che credo verrà per forza ridimensionato da episodi di questo
genere. E’ chiaro che a mezzanotte nei parchi ci trovi rumeni, polacchi,
drogati, spacciatori, prostitute, ecc… Quindi anche il parco della Caffarella
subirà per forza dopo un atto come quello che è successo, un
ridimensionamento. Il parco ce l’ho vicino a casa e fino a due anni fa, ci
andavo a correre e a prendere il sole e l’ho sempre trovato un posto
bellissimo, anche perché dentro ci sono ruderi, ci sono delle parti di un
acquedotto romano bellissimo, con gli archi, ecc.. Da noi in Trentino, quando
trovano due sassi, ci mettono subito le transenne e i fari (risata).
Di Roma c’è qualcosa che ti dà
fastidio?
Si! La sporcizia. Roma è un patrimonio mio,
tuo e di tutti. Quindi se io tengo pulita casa mia, perché devo sporcare dallo
zerbino in poi? Molti puliscono casa e mettono le immondizie sul giroscale. Cosa
significa? Che tu hai sporcato le scale, perché le scale non sono tue. Lo
stesso vale per la tua città. Se tu pensi che c’è sempre qualcun’altro che
poi mette posto, non si va da nessuna parte. Io vedo che Varese non è sporca
come Roma. Rovereto è un gioiello e Trento è una bella città pulita. E’
facile dire che la colpa è sempre degli altri. Se ognuno facesse la propria
parte, spostando il proprio sacchetto, sarebbe una bella cosa. I romani si
lasciano sopraffare dalla maleducazione. Perché a Roma non c’è ancora la
raccolta differenziata. Nel Trentino danno ad ogni abitante una chiavetta
personale, con il codice a barre per il secco e paghi un tot. per ogni sacchetto
che butti nel bidone. Così più tu fai la raccolta differenziata e meno paghi.
Se c’è una cosa che mi dà fastidio di Roma è proprio la sporcizia e la poca
educazione dei romani verso questo problema. Se la prendono continuamente con il
Comune ma alla fine se ne fregano.
In quale Roma del passato ti sarebbe
piaciuto vivere?
Con gli antichi romani, avrei avuto vita
breve, perché mi avrebbero messo sicuramente a fare lo schiavo, e poi a quei
tempi morivano tutti come le mosche. Forse nella Roma del Marchese del Grillo,
anche perché sono molto affezionato a quel film, interpretato magistralmente
dal grande Alberto Sordi. Quel periodo caro anche al regista Gigi Magni, che ha
scritto un sacco di film sulla Roma papalina.