Gianni
Pettenati (cantante, scrittore e critico letterario) Milano 10.10.2011
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
cantante simpatico e dai mille interessi, che ama leggere e studiare filosofia,
sociologia, antropologia, letteratura, lettere antiche, scrivere libri e
soprattutto godersi la famiglia.
Gianni Pettinati, nato a Piacenza il 29
ottobre del 1945, è un cantante, un critico musicale, un autore di testi
teatrali e di numerosi libri sulla storia della musica leggera italiana. A sei
anni ha vinto un concorso canoro e a otto anni ha iniziato gli studi musicali;
da ragazzo ha fatto parte della filodrammatica comunale di Piacenza recitando
Pirandello, ma è con la musica che Gianni Pettinati è diventato famoso.
Gianni Pettenati infatti debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria in
aprile; si unisce poi agli Juniors e nel 1966, accompagnato dal medesimo gruppo,
incide il suo primo 45 giri, una cover di Like a Rollin' Stone di Bob Dylan
intitolata Come una pietra che rotola, seguita da quello che rimane il suo
maggiore successo, Bandiera Gialla, versione italiana di The pied piper incisa
lo stesso anno da Patty Pravo (brano marchio della famosa discoteca Piper di
Roma), canzone ancora oggi tra i brani musicali italiani più venduti e graditi
dal grande pubblico. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è Il
superuomo (cover di Sunshine superman di Donovan), con sul lato B Puoi farmi
piangere (cover di I Put a Spell on You di Screamin' Jay Hawkins, incisa con
l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol.
Sempre nel 1967 partecipa al festival di Sanremo con La rivoluzione, a Un disco
per l'estate con Io credo in te, al Cantagiro con Un cavallo e una testa
(scritta da Paolo Conte) e a Scala reale in squadra con il vincitore di
quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie
Shaw e Dino. Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo
con La tramontana, brano molto fortunato che il cantante piacentino ripropone
ancora oggi durante le sue serate. Seguono altri successi come Caldo caldo, Cin
cin, I tuoi capricci e collaborazioni artistiche con prestigiosi autori della
canzone italiana. L'artista si esibisce
ancora oggi, eseguendo nelle sue serate i brani che l'hanno reso famoso. Critico
musicale, è anche autore di numerosi libri sulla storia della musica leggera
italiana tra cui: Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane, insieme con
Red Ronnie, edito da Ricordi; Gli anni '60 in America (Edizioni Virgilio); Mina
come sono (Edizioni Virgilio); Io Renato Zero (Edizioni Virgilio); Alice se ne
va (Edizioni Asefi).
Ha
detto:
- Rivedo
Mal, i Dik Dik, Renato dei Profeti, ma più che delle persone ho nostalgia del
tempo in cui, come direbbe Fossati, la musica ci girava intorno.
- Ho
avuto grandi occasioni. Dovevo essere io a cantare “4 marzo '43” in
coppia con Lucio Dalla, ma i dirigenti della Fonit Cetra subirono molte
pressioni e a Dalla affiancarono l’Équipe '84. Una grande occasione persa,
quella, in una vita che vivo senza rimpianti, felice della mia famiglia, due
figlie e un bimbo, Gianlorenzo Celeste, che è proprio il Celeste dell'insegna
del negozio di libri, mentre la Fata è mia moglie Daniela.
-
Oggi
trionfano l’usa e getta e le imitazioni.
- Di
Piacenza, la mia città, ho in mente ogni dettaglio. Come fosse un film. Era una
città che non avrei mai voluto lasciare. Me ne sono andato all’improvviso e
ancora oggi ho l'impressione di avere un debito di riconoscenza infinito verso
Piacenza, che mi ha preso e poi mi ha lasciato andare.
Intervista
Chi
ti ha trasmesso la passione per la musica, Gianni?
In famiglia tutti amavano la musica. Mio
padre era un loggionista del “Regio” di Parma, i miei fratelli suonavano e
cantavano. Inoltre mia sorella, che ha 23 anni più di me, mi portava spesso a
vedere i concerti di musica classica e più avanti mi ha iscritto al
Conservatorio, dove mi sono diplomato in violoncello. Strada facendo mi sono
appassionato anche alla musica leggera.
Quali
erano i tuoi idoli musicali dei tuoi tempi?
Ovviamente
Elvis Presley. Di italiani apprezzavo Domenico Modugno, mi piaceva molto Gino
Paoli quando agli inizi cantava “Che cosa c’è” e “Senza fine”. Mi
piaceva molto Fred Buscagliene, perché era anche divertente, poi Renato
Carosone per ragioni di testi. Mio figlio, che ha 9 anni, ascolta sia Lucio
Battisti che Fabri Fibra (risata). Ascolta Fabri Fibra per i testi, perché li
diverte e Battisti per la musica melodica. Quando avevo 15 anni ascoltavo Gaber,
Endrigo, Bindi… amavo molto il loro tipo di musica.
Come
ricordi il tuo debutto?
Io
non ho fatto debutti. Ho vinto un concorso alla Rai, che si faceva ogni 5 anni.
Milva l’ha vinto nel 1960 ed io 5 anni dopo. Adesso i concorsi li fanno in
televisione, ma una volta c’erano questi concorsi dove mescolavano i bambini
ai grandi. Ne ho vinti una caterva, però non succedeva niente. Poi a 19 anni ho
fatto questo concorso alla Rai e l’ho vinto, cantando tre pezzi melodici. Ero
sicuro, un timbro vocale ben impostato e una bella presenza. Quelli che
vincevano, partecipavano di diritto a Sanremo. Io e Mino Reitano abbiamo vinto e
abbiamo partecipato a Sanremo.
Ma
i tuoi genitori che futuro sognavano per te?
Mia
madre mi spingeva molto al canto, mio padre è andato in Brasile che avevo 4
anni. Lui era appassionatissimo di musica e mi insegnava le romanze d’opera.
Lui mi ha insegnato 23 romanze d’opera quando io avevo 6 anni, dalla Traviata,
alla Bohéme, ecc… e quindi i
miei genitori erano dei melomani. Per i miei genitori io ero il bambino
prodigio. Avevo una voce fortissima, tenorile da contralto. Quando fanno questa
cose così in tv, cioè quando fanno cantare i bambini, non sanno che a 15 anni
cambiano la voce. Gli viene una voce come la mia, baritonale e quindi perdono
quella potenza che hanno che sembra
che vadano sulle stelle. Che è la voce da contralto. Questo fenomeno lo
spiegherò nel mio prossimo libro che uscirà a dicembre:”Breve storia della
canzone raccontata a memoria”, per la Ricordi. Questo è il secondo volume, il
primo l’ho scritto con Red Ronnie ed è uscito nel 1992. Fino adesso ho
pubblicato ben 8 libri.
Quali
sono i tuoi hobby quando non lavori?
Io
non ho hobby. Leggo libri, studio, approfondisco. Ho fatto l’università di
pedagogia, non ho finito, perché mi mancavano 4 esami alla tesi, però
poi non mi importava niente fare l’insegnante di pedagogia. Hobby proprio non
ne ho, anzi credo che sia una cretinata. C’è il divertimento fine a se
stesso, tanto per passare il tempo. Penso che ogni cosa abbia una sua finalità
produttiva.
Di
cosa ti occupi adesso?
Mi
occupo di libri, di editoria. Ho uno spettacolo teatrale che sto portando in
giro e che si chiama:”Breve storia della canzone, raccontata a memoria”. Abbiamo 7 spettacoli da fare prima di Natale e poi
qualche serata di revival, quando mi chiamano. Poi ci sono delle riviste
musicali qui a Milano, cui collaboro con articoli. Poi faccio qualche programma
su delle radio private, perché io ho lavorato dal 1977 al 1996 in radio e ho
diretto anche “Radio Italia, solo musica italiana”. Poi scrivo libri.
L’anno scorso ho scritto un giallo, che non ha niente a che vedere con la
musica e che aveva per titolo:”La vendetta degli innocenti”. Ho scritto tre
testi teatrali e tutto il resto solo musica. Ho scritto:”Io e Renato Zero”
che è andato in classifica e ha venduto 200 mila copie, un’intervista a
Renato Zero fatta nel 1979.
C’è
qualche gara canora nei tuoi progetti?
No!
Assolutamente. Alla mia veneranda età non faccio come Albano che a 70 anni va
al Festival o vado a vincerlo come Vecchioni. C’è un tempo per ogni cosa. Ho
65 anni, cosa vuoi che vada a Sanremo? Non ho neanche voglia di andare in giro a
fare concerti, due ore su un palco. Se è per un revival, canti qualche
canzoncina per 40 minuti, la gente canta, si diverte, mi diverto anch’io,
specie all’aperto d’estate.
Come
vedo il mondo musicale del giorno d’oggi?
Un
disastro (risata). Insopportabile, non lo reggo. C‘è solo uno che sa cantare
che è Tiziano Ferro e basta. Gli altri sono tutti delle mezze calzette.
Il
complimento più bello che hai ricevuto?
Me
l’ha raccontato Renzo Arbore, che lavorava a radio America. Mi ha detto che
Paul Anka ha mandato una e-mail a questa radio dopo aver sentito “My Way”,
chiedendo chi fosse l'artista che l’ha cantata, perché dopo quella originale
di Frank Sinatra, è la versione più bella che ha sentito. Renzo Arbore gli ha
risposto che è un cantante italiano, Gianni Pettenati. E Paul Anka gli ha
risposto:”Avete in Italia un cantante che canta così bene? Perché non viene
in America?”.
Hai
un sassolino nella scarpa che vorresti toglierti?
No!
Non ce l’ho con nessuno. Io credo che quello che non è successo, è perché
non ho voluto. Se io l’impegno che ho messo nel leggere libri e a studiare
filosofia, sociologia, antropologia, letteratura, lettere antiche e scrivere,
l’avessi messo nella musica, avrei fatto ben altro. Ti dico sinceramente che
la musica mi abbia amato più di quando l’abbia amata io. Se la musica è una
donna, mi ha amato più lei di quanto l’abbia amata io. L’ho sempre trattata
un po’ maluccio, così, con un certo distacco.
Hai
un sogno nel cassetto?
No!
Assolutamente. Ho due figlie, avute da due matrimoni, che adesso sono laureate,
ho un figlio che ha 9 anni e che mi da molte soddisfazioni. I sogni è bene che
non si realizzino mai, devo sempre rimanere desideri. Un po’ come il mago di
Oz. Quando un sogno lo realizzi, devi subito cercarne un altro. La vita devi
viverla senza uno scopo, allora la vivi bene. La vivi giorno per giorno o come
diceva Ennio Flaiano “alla mezz’ora”.
So
che avevi una libreria per bambini a Milano. Com’è nata l’idea?
A me
sono sempre piaciuti i libri. In via Mac Mahon c’era già una libreria per
adulti e allora è nata “Fata & Celeste”, una libreria per bambini. Solo
che c’erano delle spese enormi, il guadagno era del 25 % e quindi bisognava
venderne una caterva per coprire le spese. La libreria è un grande impegno, poi
mia moglie aveva il bambino piccolo e abbiamo ceduto. Nei miei progetti c’era
la voglia di avere una libreria tutta mia, per adulti, anche perché sono un
esperto di libri incredibile. Di musica so abbastanza, però di libri so tutto.
Non mi scappa niente.
A
chi vorresti dire grazie?
Non
lo so, forse a nessuno. Un grazie ai miei genitori… io sono il sedicesimo di
17 figli. Un grazie particolare a mia madre che mi ha allevato in modo sano,
pulito, con tanto buon senso. Mi ha insegnato a non inventarmi dei sogni più
grandi di me e a non illudermi mai. Quando ho cominciato
a fare questo lavoro mi ha detto “Gianni, prendi quello che viene,
tanto prima o poi finirà”. Difatti così è stato. Adesso sono sereno, mi
godo la famiglia e devo dire che non sono uno che sognava una grande carriera.
Di Sinatra e Elvis ce ne sono stati solo uno.