Giusy Versace (atleta paralimpica,
conduttrice tv e politica) Milano
12.9.2020
Intervista di Gianfranco Gramola
Dico grazie al viaggio che ho fatto a Lourdes
l’anno dopo l’incidente, nel 2006 che mi ha fatto trovare un senso a quello
che mi stava succedendo e ho trovato il modo di reinventarmi, di reagire e
continuare a sorridere alla vita.
Giusy Versace nasce
Reggio Calabria il 20 maggio 1977 e vive nella città dello Stretto fino a
quando, all’età di vent’anni, il lavoro e la vita la portano prima a Londra
e poi a Milano. Il 22 agosto del 2005, durante una trasferta di lavoro, Giusy ha
un terribile incidente automobilistico sull’autostrada Salerno-Reggio
Calabria, nel quale perde entrambe le gambe. Un evento che rimette tutto in
gioco ma che per lei non ha mai avuto il significato di una resa. Nel 2010
inizia a correre con le protesi in carbonio e diventa la
prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale.
In 7 anni colleziona ben 11 titoli italiani e segna diversi record nazionali sui
60, 100, 200 e 400 metri. Entra nel gruppo sportivo delle Fiamme
Azzurre e nel 2016 vince le sue prime medaglie internazionali (Campionati
Europei : Argento sui 200m e Bronzo sui 400m). Nello stesso anno
raggiunge il suo più grande obiettivo e partecipa alle Paralimpiadi
di Rio, entrando in finale nella gara dei 200m. Nel 2013 scrive
la sua prima autobiografia “Con la
testa e con il cuore si va ovunque”, libro che oltre ad essere
diventato un best seller (edizione Oscar Mondadori), nel 2017 ha ispirato il
regista Edoardo Sylos Labini che lo ha trasformato in uno spettacolo teatrale in
prosa, musica e danza.
Dal 2014 è
ambasciatrice della campagna internazionale di promozione dell'integrità
sportiva tra i giovani "Save the Dream” insieme ad altri sportivi di fama
internazionale tra cui Alex Del Piero. Nello stesso anno vince la 10^ edizione
di Ballando con le stelle in
onda su Rai 1 e nel 2015 debutta nella conduzione di programmi televisivi: Alive
- La forza della Vita su Rete 4 e La
Domenica Sportiva su Rai 2 per la stagione 2015-2016. Sempre nel
2015, Giusy interpreta l’Aquila al
Carnevale di Venezia, simbolo di forza e coraggio. E’ la prima
atleta paralimpica a farlo. Nel 2017 la Versace è protagonista anche a teatro
al fianco del ballerino Raimondo Todaro e del musicista e cantante Daniele
Stefani portando in scena uno spettacolo di prosa, musica e danza tratto dalla
sua autobiografia.
Nel gennaio 2018 annuncia la propria candidatura
nelle liste di Forza Italia per le elezioni politiche del 4 marzo. Viene
eletta alla Camera dei Deputati nel collegio uninominale di Varese e
le viene assegnata la commissione Affari Sociali di Montecitorio. E’ inoltre
membro della Commissione Bicamerale per l’Infanzia e l’Adolescenza e viene
nominata capo del dipartimento nazionale Pari Opportunità e Disabilità del
Gruppo.
Nel
2019 ha
ricevuto, assieme al presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati,
il premio 'Fair Play della politica'
assegnatole ''quale
rappresentante del Parlamento che si è saputa
distinguere dentro e fuori le sedi istituzionali, assumendo la responsabilità
delle sue azioni e del suo comportamento in modo etico e rispettoso degli
avversari'' e a settembre
dello stesso anno, in occasione della 76^ Mostra del Cinema di Venezia, presenta
assieme a Jo Squillo e Francesca Carollo il docufilm “Donne in Prigione”.
Giusy
è impegnata anche nel sociale e nel 2011 fonda la Disabili
No Limits Onlus, un’associazione no profit nata per restituire
a tutte le persone con disabilità una vita più autonoma donando ausili che, ad
oggi, non sono previsti dal Sistema Sanitario Nazionale (ASL) . La Disabili No
Limits raccoglie fondi per regalare sedie a ruote ultraleggere e protesi in
fibra di carbonio, per attività quotidiane e sportive a sostegno di coloro che
vivono condizioni economiche svantaggiate. Organizza eventi per promuovere la
pratica sportiva e per consentire, soprattutto ai più giovani, di vivere al
meglio la propria disabilità guardando allo sport come terapia e nuova
opportunità di vita.
Intervista
Per rompere il ghiaccio mi racconti
come hai passato il lockdown e l’estate con la mascherina?
Bene, grazie. Mi è dispiaciuto vedere la
superficialità di tante persone che non portavano la mascherina. Però ho
passato una buona estate, per qualche giorno dai miei a Reggio Calabria e poi mi
sono divisa tra Reggio Calabria e la Sicilia e mi sono fatta un po’ di mare.
Ho fatto chiaramente tutti i test perché mi muovo continuamente e non vorrei
creare problemi, però è andata molto bene. Tu che hai fatto?
Io ho passato tutta l’estate in
montagna, in Trentino, dove vivo a contatto con la natura. Quindi orto, frutteto
e giardino. Ora mi sto preparando per la raccolta delle mele e poi la vendemmia.
Bello. Proprio
ieri sono stata in provincia di Treviso, a San Pietro di Feletto, vicino
a Conegliano, perché c’è la cantina “Le Manzane” che fa prosecco. Ogni
anno fanno una vendemmia solidale, per cui coinvolge la cittadinanza a
vendemmiare e questa è una cosa molto bella e lo fanno per una giusta causa,
perché il ricavato delle bottiglie di questa vendemmia, viene devoluto in
beneficenza ogni anno ad una onlus diversa. Due anni fa hanno fatto una raccolta
per sostenere la mia onlus e ieri appunto ci sono andata perché ho portato con
me dei ragazzi in carrozzina, che fanno parte della squadra paraolimpica di
Vicenza. E’ stata una bella giornata.
Nel 2005 l’incidente. In quel periodo,
che ruolo ha avuto la fede?
E’ stata fondamentale e mi ha aiutata
molto, perché grazie alla fede sono riuscita a non arrabbiarmi, a non
incattivirmi. Grazie alla fede ho iniziato a trovare un senso a queste nuove
gambe, anche se all’inizio mi facevano male. Devo dire grazie al viaggio che
ho fatto a Lourdes l’anno dopo l’incidente, nel 2006 che mi ha fatto trovare
un senso a quello che mi stava succedendo e ho trovato il modo di reinventarmi,
di reagire e continuare a sorridere alla vita.
Come si può convivere con la disabilità,
quali sono gli ingredienti?
La pazienza sicuramente è uno degli
ingredienti. Io penso che ognuno poi trovi la sua realtà, io ho scoperto la mia
che è quella di avere un grande amore per la vita e
questo mi aiuta in realtà quotidianamente, perché se penso a quello che ho
rischiato e a quello che devo affrontare oggi, mi dico: “Vabbè, alla fine se
hai una testa forte e un cuore pulito, puoi andare dappertutto”.
Nell’atletica sei molto brava, a
“Ballando con le stelle” strepitosa. Sei una ragazza dai mille talenti. Da
chi l’hai ereditati, da mamma o da papà?
Non lo so, c’è una disputa in corso ancora
oggi (risata). Penso di aver ereditato un mix di mamma e papà.
Quali sono i valori che i tuoi genitori ti
hanno trasmesso?
In primo luogo il rispetto per gli altri e
per la vita. La mia è una famiglia complicata, perché i miei genitori si sono
separati quando io ero ancora piccola. Adesso purtroppo è diventata una cosa
normale, però quando capitò ai miei genitori, era uno scandalo e io a scuola
ero quella dai genitori separati. A parte questo mi hanno insegnato il rispetto,
a dare valore alla famiglia e ad aiutarci tra fratelli. Ci hanno insegnato a
rimanere sempre uniti e a darci una mano a vicenda e francamente sento che sono
gli ingredienti fondamentali per affrontare qualsiasi realtà. Sono le basi
solide per affrontare la quotidianità di questi tempi.
I disabili sono spesso soggetti a insulti
sul web dai famosi leoni da tastiera. Ad Annalisa Minetti hanno dato della falsa
cieca. Ad Alex Zanardi hanno detto “Lo facevo più in gamba”. A Jessica
Notaro “Ti sei meritata l’acido”, ecc ... A te sono accadute cattiverie di
questo genere?
Si, ma io non ci faccio caso. Purtroppo mi
avvilisce molto l’ignoranza che regna in questo mondo e i social l’hanno
amplificata molto, perché dietro ad una tastiera ognuno si sente un leone e può
dire quello che vuole, poi quando ce l’hai davanti, diventa un agnellino. Io
non gli do molto peso anche se me ne sono capitate diverse volte, negli ultimi
tempi di meno però. I primi tempi, quando ho cominciato a farmi notare nelle
mie prime imprese, la gente diceva: “Per te è tutto facile, perché sei una
Versace”. Non è proprio così, perché io mi sono fatta il mazzo e non è che
il nome ti preservi dal dolore e dalla fatica. Io molte volte sono caduta, ho
pianto, mi sono guardata allo specchio e ho cominciato da capo. Soprattutto
nell’atletica è un cronometro che parla, non è il cognome che fa la
differenza. Io penso che ci sia tanta gente frustrata, insoddisfatta della
propria vita e si sfoga sui social e spreca le proprie giornate a rosicare dei
successi degli altri. So l’importanza dei social e sono
consapevole del fatto che c’è tanta gente che mi segue e mi prende
come punto di riferimento e se io ho una giornata nera e sono arrabbiata, evito
di generare ulteriore rabbia sui social. Preferisco raccontare cose belle,
positive che mi riguardano, anche se questo non vuol dire che anch’io non
abbia le mie giornate negative. Però me le tengo per me, perché credo che in
questo momento storico, la gente abbia bisogno di esempi positivi, di esempi
belli per trovare spunti per migliorare la propria vita e quindi alzare
l’asticella per cercare appunto di migliorare. Mi piacerebbe servire come
stimolo per gli altri e che la gente mi guardasse pensando che “Se ce l’ha
fatta lei, posso farcela anch’io”, non pensando che ce l’ho fatta perché
mi chiamo Versace. Prendermi quindi come esempio e come stimolo.
Sei un’atleta, scrivi, fai teatro, sei
spesso in tv, fai politica. Dove prendi tutta questa energia, questa grande forza?
Pensavo che mi chiedessi “Ma chi te lo fa
fare?” (risata). Io sono una adrenalinica di mio come carattere e poi amo
molto le sfide. Per cui quando c’è un impegno nuovo, una sfida da cogliere,
io ci metto anima e corpo. Quindi ogni cosa l’affronto come una sfida con me
stessa per dimostrare soprattutto a me stessa che posso farcela. “Ballando con
le stelle” è stata una sfidai importante perché andavo in diretta televisiva
su Rai 1 e sentivo la responsabilità di quello che rappresentavo in quel
momento. Mai e poi mai avrei
immaginato di arrivare in finale e poi di vincere. Io avevo già vinto la prima
puntata e son stata molto contenta di essere riuscita a ballare senza cadere.
Poi tutte le altre cose che ho fatto, le ho fatte sempre un po’ con lo stesso
spirito, cercando di aiutare la gente a cambiare un po’ la cultura e di
approcciarsi alla disabilità con una chiave nuova, diversa, migliore. Vorrei
tanto che la gente guardasse le persone disabili non come se fosse un peso per
la società, ma come una risorsa. E per fare questo, devo dimostrare di farcela.
Ho fondato una onlus, la Disabiliti No Limits con cui organizzo eventi per
aiutare i ragazzi a fare sport, proprio perché lo sport è un grande strumento
di inclusione sociale e da anche l’opportunità di uscire di casa. Grazie al
consenso raccogliamo fondi per regalare protesi in fibra di carbonio ad alta
tecnologia che attualmente lo stato non copre, anche a chi non se lo può
permettere. Questo è quello che fa la mia onlus, ma questo è anche uno dei
motivi principali che mi hanno spinto a prestare il mio volto alla politica. Mi
occupo di pari opportunità, di disabilità, di sport, di cultura. Do il mio
contributo alla disabilità dei minori, al fenomeno del bullismo, cerco di
lavorare anche su certi aspetti sociali, perché c’è
da lavorare molto. E’ un impegno che mi sono presa, a fronte di tanti
sacrifici non indifferenti, perché comunque tutto quello che ho scelto di fare
ha comportato delle rinunce. Per allenarmi a certi livelli e riuscire ad
arrivare alle Olimpiadi, ho scelto di lavorare come consulente per avere più
tempo da dedicare agli allenamenti. Lo spettacolo teatrale nasce dopo le
Olimpiadi e comunque molte cose non le ho fatte, perché mi sono dedicata allo
spettacolo. Dopo “Ballando con le stelle” mi ha emozionato portare la mia
storia in teatro. Raccontare la mia storia attraverso il ballo, la musica e la
prosa mi ha emozionato molto. Ogni cosa che ho fatto è stata emozionante, ma
sempre con l’idea di stimolare gli altri a cambiare lo sguardo.
Nella tua diversità hai trovato più
indifferenza, solidarietà o una forma di pietismo?
Tanta solidarietà, nonostante gli ignoranti,
cattivi, frustrati e rancorosi che ci sono anche nel mondo dei disabili. Però
ho trovato molta voglia di dare una mano e ci sono tante associazioni che si
danno da fare, tante aziende che investono molto sul welfare. Coinvolgendo i
propri dipendenti in iniziative solidali. Ieri, come ti raccontavo prima, c’è
stata una vendemmia solidale che nasce da un’iniziativa di un’azienda
importante che fa il prosecco e che ha voluto in qualche modo rendersi utile,
dando dei contributi alle associazioni che si occupano di questo e cercando di
migliorare la vita degli altri. Quindi di esempi belli ce ne sono tanti,
purtroppo emergono poco, perché fa più notizia l’ignoranza e la cattiveria.
Io penso davvero che lo sport e la cultura possono aiutare anche a cambiare
l’approccio.
La popolarità ti ha cambiata? Come la
vivi?
No. Io devo essere sincera sto con i piedi
per terra, peraltro sono pure in carbonio (risata). Io ho sempre cercato di
rimanere dietro le quinte lavorando nella moda, con un cognome pesante come il
mio, sono sempre stata riservata cercando di mantenere un profilo basso, facendo
la gavetta. Peraltro io lavoravo per delle
aziende concorrenti alla Versace. Quindi mi dovevo sempre fare il mazzo più
degli altri per dimostrare quello che valevo e che non ero una raccomandata. Non
nascondo che quando in realtà i giornalisti hanno iniziato ad interessarsi a me
perché sono stata la prima donna in Italia che correva con le protesi alle
gambe mi infastidiva il fatto che i giornalisti tendevano sempre a scavare nel
profondo, a tirare fuori delle cose personali e a volte andavano a cercare i
miei famigliari e questo mi dava fastidio. Per cui in realtà agli inizi li ho
vissuti male, non ero molto felice di questa cosa, però ho imparato a gestirla
nel momento in cui ho capito che stavo diventando uno stimolo per gli altri.
Molte persone mi fermavano per strada ringraziandomi e io mi chiedevo il perché
mi ringraziava, perché in quel momento non pensavo di aver fatto niente di che.
Invece poi la gente mi spiegava che grazie a me riusciva a guardarsi allo
specchio, che avevano avuto il coraggio di fare una cosa invece di un’altra e
cose così. Quando poi ho scritto il libro ricevevo tanti messaggi e lettere di
ragazzini adolescenti che
strappavano le ultime pagine del mio libro e le attaccavano nella
stanzetta o sulla scrivania, mi mandavano le foto, dicendo che le mie parole
erano uno stimolo a migliorarsi e mi
sono resa conto davvero che forse tutto quello che stavo facendo serviva a
qualcosa, per migliorare la vita degli altri. Diciamo che se io ho la voce più
forte di qualcun’altro, sarei egoista se non la mettessi a disposizione degli
altri. Infatti questo è proprio lo spirito con il quale mi sono approcciata
alla politica, tra l’altro quando ti schieri è la fine, perché la gente
intorno a te si divide. Io l’ho imparato conducendo
la domenica sportiva, quando mi diceva per quale squadra tieni, io rispondevo
l’Italia. Però è anche vero che per questa mia scelta politica non sono
stata attaccata più di tanto, come io temevo, anzi devo dire che anche chi non
votava per la parte che ho scelto, mi faceva i complimenti per il coraggio e mi
spronavano ad andare avanti. Questo mi ha dato anche la forza di continuare.
Hai scritto due libri: “Con la testa e
con il cuore si va ovunque” e “Wonder Giusy”. Qual è il messaggio che
vuoi lanciare con queste due opere?
Sono in realtà due libri con degli aspetti
diversi ma che mi stanno a cuore entrambi, perché il primo è quello che poi è
diventato uno spettacolo teatrale, un diario dove io mi sono raccontata e dove
ho tirato fuori da me anche il dolore e la sofferenza che ho dovuto
attraversare, perché la gente vede che sorrido, che corro, che ballo, che
faccio il volo dell’aquila al carnevale di Venezia e che faccio mille cose, ma
facilmente dimentica, e non sa, quante lacrime e quanto dolore ho dovuto
attraversare. Ho tirato fuori tutta la mia umanità e le mie fragilità, perché
mi chiamano Wonder Giusy, ma sono umana come tutti gli altri, in aggiunta ho
solo le gambe in carbonio, anch’io come tante
persone ogni tanto piango e mi avvilisco. Quindi quel diario lì l’ho fatto
principalmente per me stessa, perché avevo bisogno di tirare fuori tutto quello
che avevo dentro di me in quel momento, ma anche per raccontare la fede,
l’amicizia, la famiglia e le persone che sono state fondamentali per la mia
ripresa e quindi il messaggio che voglio mandare con questo libro è che se ce
la posso fare io, ce la possono fare tutti. Invece Wonder Giusy nasce per i
bambini ma la cosa divertente è che nasce proprio da un’idea di un bambino. O
meglio, l’idea me l’ha data un bambino che mi osservava nel campo
d’atletica dove io mi allenavo tutti i giorni. Lui mi guardava da lontano
mentre io mi cambiavo le gambe da quelle per camminare a quelle per correre e
lui diceva all’amico “Quella lì è la Versace, l’ho vista in televisione,
lei ha perso le gambe in un incidente stradale e adesso ne ha tante paia, più
c’ha quelle gambe lì, con le quali corre e vince, perché lei è una
atleta”. Sentire dire da un bambino che sono un’atleta, mi riempie di gioia
ogni volta che ci penso, perché i bimbi non vedono quello che ti manca, ma
danno valore a quello che riesci a fare, nonostante quello che ti manca. E
questa è la cosa pazzesca dei bambini che mi affascina. Ma la cosa divertente
è stato l’amico che gli rispose. “ Ma lei vince perché c’ha il
telecomando nascosto da qualche parte”. Allora mi sono messa per terra, ho
staccato le gambe e gli ho fatto vedere che non ci sono trucchi, non ci sono
telecomandi e ho spiegato a loro che mi dovevo allenare molto, che dovevo
imparare a usare le gambe in carbonio e loro mi vedevano come una super eroe,
perché uno di questi disse al padre che mi conosceva, che lui un tempo aveva
un’amica che si chiamava Wonder Giusy. Quindi ha iniziato con tutti i suoi
amici a chiamarmi Wonder Giusy e da lì è nata l’idea di scrivere questo
libro che è una storia illustrata, proprio perché è rivolta ai bambini per
aiutarli a crescere con una cultura migliore e guardando alla disabilità con
una chiave diversa. Protagonista della storia è un bimbo che finisce su una
sedia a rotelle per un incidente stradale. Volevo proprio far comprendere che
capita di essere catapultati in questo mondo all’improvviso, perché la vita
è imprevedibile, però è anche bella per questo. Nel libro Wonder Giusy,
attraverso lo sport, questo piccolo protagonista, si trasforma a sua volta in un
super eroe. Devo dire che anche gli adulti che lo leggono
mi dicono che fa bene sia ai piccoli che ai grandi. Da una settimana è
uscito anche in versione audio, che tra l’altro ho voluto registrare con la
mia voce. L’ho voluto fare per i bambini ciechi e quindi che fosse accessibile
a tutti. Entrando in questo grande mondo degli audio libri, ho scoperto che c’è
tanta gente che ama ascoltarli più che leggerli. Anche al mare ho incontrato
tantissime persone con gli auricolari che ascoltavano un libro, prendendo il
sole.
Cosa farai in autunno? Come ci stupirai?
Io lavoro su idee e cose nuove di notte,
quando non riesco a dormire. E’ anche vero che l’impegno parlamentare è
molto più pesante di quanto non si
immagini. Se devo essere sincera ho dovuto cancellare molte iniziative e
progetti che volevo portare avanti, proprio per mancanza di tempo e di energie.
Perché questo impegno con la politica voglio portarlo avanti fino alla fine, a
testa alta e con il massimo dell’impegno. Voglio portare a termine gli
obiettivi, anche se è difficile, però qualche piccola battaglia la sto
portando a casa. Ma dietro c’è tanto lavoro, tanto studio per cui in realtà
non ho molto tempo per elaborare cose nuove, perché appunto sono molto
concentrata sugli impegni politici. Cercherò di non lasciare da parte le
iniziative della mia onlus, proprio perché voglio aiutare i ragazzi. In parte
è lo stesso impegno che io ho in Parlamento, dove sto cercando di portare
avanti una proposta di legge che fa si che la tecnologia sia accessibile a tutti
e che tutti possano avere la possibilità di scegliere se fare sport oppure no.
Quindi quest’autunno continuerò le mie battaglie in Parlamento, poi i
progetti con la mia onlus. Purtroppo gli eventi sportivi sono accantonati, però
ai grandi eventi partecipo non come atleta, ma come personaggio perché
coinvolgo i ragazzi con la mia onlus e cerco sempre di abbinare le iniziative
che possono regalare spunti di riflessione ma anche la possibilità di raccolta
fondi. Per cui mi presterò come posso lì, dove posso. Mi dedicherò anche alla
promozione del mio audio libro e poi c’è in cantiere di fare una versione
audio anche del mio primo libro. Mi hanno chiesto se posso recitarlo io, ma
penso che lo farò raccontare da qualcuno che lo fa di mestiere.
Per il tuo impegno politico sei spesso a
Roma. Secondo te la nostra capitale è a misura di disabile?
Purtroppo siamo molto indietro, con le
barriere architettoniche dobbiamo proprio aprire un file a parte, perché in
realtà tutta l’Italia è sofferente in questo settore. Ci sono pochissime
realtà accessibili ai disabili. Tante stazioni hanno gli ascensori, ma non sono
funzionanti. Anche la metro, nonostante Milano
abbia fatto molti passi avanti, gli spazi riservati ai disabili sono
insufficienti o comunque il più delle volte occupati abusivamente per colpa di
gente ignorante che li utilizza come se fossero uno spazio di carico scarico.
C’è un livello di ignoranza e di poco rispetto che fa paura.
Con quale animo guardi al futuro?
Io sono molto positiva e conto molto sulle
nuove generazioni che spesso vengono descritte negativamente.
E’ vero. Io vedo che tanti giovani
rinunciano al divertimento del sabato sera per fare volontariato con le
ambulanze e con i vigili del fuoco.
E’ vero. Bisogna aiutare e spronare i
ragazzi ad avvicinarsi al volontariato, facendoli comprendere quanto è
importante offrire il proprio tempo per aiutare il prossimo, che è un gesto di
generosità grandissimo. Quando tu offri il tuo tempo per gli altri, ora più
che mai che si va sempre di corsa, hai già fatto qualcosa di grande. Io lo vedo
per esempio in alcune associazioni che soffrono per mancanza di volontari che
aiutano a portare fuori i ragazzi, che possono essere i campo estivi o delle
domeniche alternative e a volte trovi dei ragazzi che ti danno una mano per un
anno e dopo spariscono. Secondo me si dovrebbe lavorare nel dare una continuità
per quel tipo di impegno che fa bene agli altri, ma soprattutto a noi stessi. Io
dico sempre che bisogna essere un po’ egoisti, perché ad esempio io lo faccio
per gli altri, ma anche per me stesso, perché quando faccio del bene, sto bene
anch’io. Quando vado nelle scuole, racconto spesso questo mio pensiero ai
ragazzi. Quindi voglio essere assolutamente fiduciosa e positiva verso il futuro
e credo molto nelle nuove generazioni. Però non bisogna necessariamente
riversare le speranze su di loro, bisogna prima lavorare su noi stessi, perché
i ragazzi vivono di esempi.