Katiuscia (attrice di fotoromanzi)
Roma 31.8.2020
Intervista di Gianfranco Gramola
Se potessi tornare indietro rifarei
esattamente tutto quello che ho fatto, compreso gli errori, che ne ho fatti
veramente tanti, perché oggi sono una donna contenta di come sono.
Katiuscia, all’anagrafe Caterina
Piretti è nata a Trapani nel 1956. E’
conosciuta per la sua attività di interprete di fotoromanzi, realizzati
prevalentemente per la casa editrice Lancio. Di padre bolognese e madre
albanese, è cresciuta a Roma insieme al fratello Tony e alla sorella Paola
anch'essa attrice di fotoromanzi con lo pseudonimo di Paola Pitti. Ha girato
storie della Lancio dal 1972 al 1976 , per poi passare ad altra casa
editrice, la medesima che pubblicava Grand Hotel e che, in suo onore, ha aperto
una testa intitolandola con il suo nome, appunto Katiuscia. Debuttante
sul set dei Caroselli a quattro anni, spesso impiegata dalla Lancio
in storie a fianco di colleghi noti come Franco Gasparri e Michela Roc, ha
debuttato per questa casa quando era appena sedicenne, nel febbraio 1972, in una
storia intitolata Il volto nell'ombra, nella quale compariva anche la
sorella Paola. A maggio dello stesso anno girò il primo racconto da
protagonista, Ho quindici anni e ti amo.
Per il cinema Katiuscia non ha lavorato molto: le sue esperienze
cinematografiche, esclusi gli spot pubblicitari, si sono limitate a pochi film: Mafioso,
del 1962, a fianco di Alberto Sordi, interpretato quando aveva cinque anni; Ancora
un volta... a Venezia, girato a fianco del collega Franco Dani; e L'unica
legge in cui credo, un film diretto da Claudio Giorgi . Negli ultimi anni,
assieme alla sorella ha successivamente avviato un'impresa per la realizzazione
e la commercializzazione di prodotti di artigianato. Nel 2014 uscì
la sua autobiografia dal titolo Katiuscia, la diva ribelle.
Intervista
Caterina, come sei arrivata ai
fotoromanzi?
Ai fotoromanzi sono arrivata grazie a mia
sorella Paola Pitti, che già faceva i fotoromanzi. Un giorno l’ho
accompagnata al lavoro, avevo 14 anni e il direttore della Lancio mi vide, ebbe
questa intuizione e cercò di far scrivere delle storie su di me. Praticamente
mi assunse subito, mi fece lavorare e da lì esplose subito il successo.
I tuoi genitori che futuro si immaginavano
per te?
Io ero ancora piccola per cui loro non
pensavano ad un futuro per me. Anche perché non si capiva bene che cosa volessi
fare da grande, ed inoltre perché i miei genitori mi avrebbero fatto scegliere
quello che più mi piaceva. Ma a 14 anni non avevo ancora le idee molto chiare.
Nel 2014 hai pubblicato il libro
“Katiuscia, la diva ribelle”. Per te scriverlo è stato uno sfogo,
un’urgenza personale o solo un motivo di guadagno?
Il guadagno è l’ultima cosa, perché come
tu ben sai, con i libri non è che ci guadagni tanto, a meno che tu non ne venda
milioni di copie. Ma non è il mio caso. Io l’ho fatto perché avevo questa
esigenza di comunicare soprattutto ai giovani la mia storia. Mi sono rivolta
soprattutto alle ragazze, quelle che farebbero qualunque cosa pur di avere
successo. Non tutte le ragazze si comportano così, ma molte si, accettano
qualsiasi cosa, qualsiasi compromesso per avere successo, soldi, fama e con il
mio libro ho voluto spiegare a questa fetta di ragazze che non è proprio come
sembra. Avere successo, soldi e fama non è assolutamente un segnale di felicità.
Per cui il messaggio che volevo
lanciare ai giovani era che anche nei momenti
più bui della vita, se uno vuole, ne può uscire vincitore.
Ti sei mai infatuata di un tuo collega?
Io sono stata fidanzata per un po’ con Jeff
Blynn. Lui era carinissimo e io ne ero innamoratissima. Avevo 16 anni e lui era
più grande di me e lo vedevo fichissimo. Lui era americano e devo dire che è
stato molto carino con me perché poi mi ha anche insegnato a parlare
l’inglese. E’ l’unico flirt che ho avuto con un collega dei fotoromanzi.
Un tuo ricordo di Franco Gasparri e
Claudia Rivelli?
A Franco gli rompevo sempre le palle per
farmi portare in moto. Poi lui ha avuto quel terribile incidente proprio con la
moto che l’ha portato sulla sedia a rotelle. Io ero molto spericolata e volevo
andare in moto con lui. Siccome ero minorenne, non voleva portarmi con lui, però
a forza di insistere, alcune volte ci sono riuscita. Poi mi ricordo che Franco
era una persona molto riservata, un bravissimo ragazzo, bello come pochi. Io di
uomini belli ne ho conosciuti molti facendo il lavoro che ho fatto, ma belli
come lui non ne ho mai trovati. Lui
era una delle persone più semplici che ho conosciuto nella mia vita. Con
Claudia Rivelli eravamo molto amiche, lei ad un certo punto si era trasferita in
Spagna e veniva a Roma un paio di settimane al mese per fare i fotoromanzi, poi
ritornava in Spagna con suo marito. Quando stava a Roma abitava da me, quindi
stavamo sempre insieme, a casa mia. Abbiamo vissuto un po’ di anni così e
devo dire che ci siamo divertite tantissimo. Bellissima anche lei e molto
simpatica. Sono anni che non ci vediamo perché abbiamo condotto vite diverse da
adulte.
Il libro di Katiuscia, uscito nel 2014
Vedi ancora qualche tuo ex collega?
La mia migliore amica è stata Michela Roc,
per cui fino a pochi anni fa, prima di morire, ci frequentavamo e abitavamo
molto vicine. Oggi mi sento ogni tanto con Franco Dani e ci siamo visti e con
Anna Zoli.
Susie Sadlow l’hai conosciuta?
Io Susie Sadlow non l’ho conosciuta, perché
è arrivata quando sono andata via dalla Lancio per andare a lavorare a Grand
Hotel. Quando sono andata via dalla Lancio, gli attori che sono venuti dopo, io
non li ho conosciuti, tranne Anna Zoli con la quale ogni tanto chattiamo,
abbiamo alcuni amici in comune, non ci frequentiamo però ci conosciamo.
Come te lo spieghi il successo dei
fotoromanzi negli anni ‘70 – ‘80?
C’erano sono quelli, è come dire adesso le
fiction. Le fiction adesso hanno un grosso successo e noi eravamo una fiction su
carta. Le fiction sono nate dopo e noi facevamo la stessa cosa, identica, però
con le foto, per cui i lettori si affezionavano a noi. Eravamo 5 donne e 5
uomini protagonisti, poi c’erano sempre i soliti antagonisti, per cui i
lettori ci amavano tantissimo.
Ora sono tornati di moda e si trovano
nelle edicole.
Si. Io collaboro con il giornale “Sogno”.
Ho una mia rubrica all’interno del giornale dove rispondo alle lettere che mi
mandano, in più ho un box dove io scrivo quello che facevo 40 anni fa, cosa mi
piace e viceversa della televisione, do consigli di moda, ecc … Una rubrica di
tre pagine dove ci sono un po’ di lettere e un po’ di pensieri.
Poi è arrivata la droga. Questo per
troppi soldi, per noia e per curiosità?
Io fino a tre anni fa dicevo sempre per
leggerezza, mi sono drogata senza rendermi conto di quello che stavo facendo.
Quattro anni fa sono entrata per un anno in analisi e ho capito che nulla nasce
per caso ed evidentemente c’era un mio malessere interiore. Per cui, pur
avendo veramente tutto, che cosa mi mancava apparentemente? Nulla, avevo tutto,
successo, soldi, fama, amici, ero carina, non avevo bisogno di nulla. Allora uno
si chiede : “Perché si è drogata?”. Perché io avevo un malessere
interiore, altrimenti uno non arriva al punto di drogarsi. Drogandoti rischi la
vita ogni 5 secondi, per cui chi non apprezza la vita sicuramente ha dei
problemi.
Come ti sei avvicinata al buddismo?
Io adoro l’India, l’oriente e tutto
quello che fa parte della cultura orientale. Il mio approccio vero con il
buddismo è avvenuto 20 anni fa. Sono andata proprio a cercarmelo e mi sono
sentita di appartenere a quel tipo di religione, di filosofia di vita, per cui
ho cercato un gruppo e da lì è nato tutto. Sono 20 anni che pratico il
buddismo e lo consiglio a tutti perché è veramente una filosofia che ti tiene
molto in equilibrio.
Vorrei un tuo ricordo di tre personaggi
che hai raccontato nel tuo libro: Franco Califano, Roberto Benigni e Gabriella
Ferri.
Franco Califano è stato un mio grande amore.
Ci siamo frequentati due anni, ma non è che siamo stati insieme, anche perché
io allora avevo 20 anni e lui 40. Era una persona molto carina, un personaggio,
un’artista, un poeta che ha scritto delle cose meravigliose. Roberto Benigni
l’ho conosciuto a casa di amici, ma tantissimi anni fa, prima che lui
diventasse così famoso. Poi l’ho intervistato tre volte, perché lui faceva
“L’altra domenica” con Renzo Arbore e io in quel periodo facevo le
interviste per il giornale Katiuscia. A quei tempi c’era un giornale proprio
con il mio nome e ogni mese facevo un’intervista a dei personaggi. Per cui ho
avuto modo di intervistarlo ed eravamo molto amici. Lui era una persona
divertente, carina, intelligente. Ora lo vedo completamente cambiato, sono anni
che non lo frequento più, però quando lo vedo in televisione è come se non lo
conoscessi più, è un altro Benigni.
Gabriella Ferri?
Di Gabriella, che dire? Una delle canzoni che
fanno parte della mia vita è la sua “Grazie alla vita”. Ogni tanto la metto
a tutto volume a casa perché è magica quella canzone. Anche lei era una
persona magica, solo che era di una tristezza infinita. Secondo me è sempre
stata una persona depressa. Io l’ho intervistata due volte. La prima volta si
è pure incazzata quando ha letto l’intervista. Io ho scritto tutto quello che
lei mi ha detto, senza filtri, però lei si è arrabbiata perché alla fine
dell’articolo ho scritto che ero entrata in quella casa allegra e sono uscita
tristissima. Era la pura verità, perché mi aveva messo un po’ di angoscia
quel suo essere così negativa in tutto. Poi mi è dispiaciuto moltissimo quando
si è suicidata.
Se tu potessi tornare indietro,
cambieresti qualcosa oppure no?
No, rifarei esattamente tutto quello che ho
fatto, compreso gli errori, che ne ho fatti veramente tanti. Lo sai perché?
Perché oggi sono una donna contenta di come sono. Se io oggi sono così, è
grazie a tutto quello che ho passato. Per cui non cambierei nulla, neanche le
cose brutte che mi sono successe.
Quando avevi soldi, fama e successo hai
fatto qualche follia?
Si, ho condiviso tutto quello che avevo con i
miei amici.
Parliamo un po’ di Roma, Caterina.
Com’è il tuo rapporto con la Città Eterna?
Io amo Roma perdutamente. Quando parlano male
di Roma, dei rifiuti, delle buche, io rispondo “Ma stattevene zitti”
(risata). Io ho 63 anni e ancora mi batte forte il cuore davanti a certi
immagini, a certi scorci, a certi momenti. Roma è magica, è meravigliosa.
Roma con la sua bellezza, si fa perdonare
...
Si. Ma io non guardo i rifiuti per terra o le
buche, io guardo in alto. Io ho girato tutto il mondo, ma Roma è ancora la città
che mi emoziona di più.
In quali zone di Roma hai abitato?
Io sto tuttora sulla Cassia e ho sempre
abitato in quella zona lì, a Roma nord. Quindi Fleming e Cassia e ho abitato
anche a Trastevere.
La tua Roma in tre posti diversi?
Un posto è come dicevo prima Trastevere. Mi
ricordo che in quel quartiere avevo una casa meravigliosa in affitto e che
purtroppo andò a fuoco. Avevo 21 anni e lì ho perso tutto quello che avevo, le
mie cose, i miei ricordi, ecc … Il secondo posto di Roma è villa Fiorelli,
che si trova vicino a piazza Re di Roma. Io non ricordo niente di quando avevo
sei anni, eppure ho un ricordo di questo giardinetto e ci passo ancora adesso un
sacco di volte, perché mio figlio per combinazione abita lì vicino. Vicino a
questo giardinetto c’era la scuola delle suore dove io a cinque anni facevo le
elementari. Per cui ho questi ricordi molto nitidi di questa scuola e di quel
giardinetto. Terzo ricordo romano è la mia prima casa, al Fleming. Io sono
andata via da casa che avevo 18 anni, quando lavoravo già nei fotoromanzi e la
mia prima casa era un piccolo attico al Fleming, una zona dove vivevano i
giocatori della Lazio, perché si allenavano a
Tor di Quinto. Li conoscevo tutti e diventammo amici sia con loro che con
le loro mogli e fidanzate. Lì vivevano anche un sacco di artisti, come Renato
Zero, Lucio Dalla, Carlo Di Palma, Monica Vitti e tanti altri. La zona Fleming
negli anni ’70 era piacevolissima.
Di cosa ti occupi ora?
Io faccio le fiere del fumetto. Giro
l’Italia vendendo dei quadretti che facciamo noi e giro appunto tutta la
penisola per le fiere dei fumetti. Io prima del covid facevo mille km a
settimana per raggiungere le fiere. Poi ho un negozio a Lucca nel quale vendo
bicchieri. E’ un negozio unico in Italia, perché vendo bicchieri particolari,
decorati con l’oro zecchino e con l’argento.
Katiuscia, al secolo Caterina Piretti, oggi
Come mai Lucca?
A Lucca si svolge uno degli eventi più
grandi che ci sono in Europa, quello del fumetto. Si chiama “Lucca Comics
& Games”. Il mio primo approccio con Lucca è stato proprio per la fiera
del fumetto. E’ la quinta al mondo come fiera ed è uno spettacolo. Avevo già
preso un negozio alcuni anni fa insieme ad altri ragazzi e vendevo prodotti
attinenti al mondo dei fumetti. Poi l’altro anno ho ceduto il negozio e ne ho
preso un altro e ho deciso di metterci dentro dei bicchieri molto particolari.
Quindi il motivo del perché Lucca è prima di tutto perché la patria del
comics e poi perché Lucca è una città bellissima.
Tradiresti Roma per vivere in un’altra
città?
No. Pensa che io ho preso casa a Lucca, però
faccio avanti e indietro con Roma. Io potrei trasferirmi a Lucca, cosa mi lega
qua a Roma, a parte mio figlio? Lucca poi sta a tre ore di macchina da Roma, non
é che sta dall’altra parte del mondo. Nonostante che io ami Lucca e la trovi
una gran bella città, io Roma non la lascerò mai. In vita voglio stare a Roma.
Tuo figlio a Roma ha un’attività?
Mio figlio aveva un locale tipo pub, legato
ai game, ma l’ha chiuso un paio di anni fa. Ora collabora con me quando vado
alle fiere. E il suo mondo, ha studiato informatica ed è specializzato in
quello e ama molto i game e spesso viene con me in giro per l’Italia.