Luca Verdone (regista) Roma
gennaio 1999
intervista di Gianfranco Gramola
Un
simpatico regista, fiero della sua famiglia e di essere romano
Luca Verdone, fratello dell’attore Carlo, si laurea nell’anno accademico
1978-79, in Lettere moderne con una tesi in Storia dell’Arte Moderna. Dal
’73 è regista di documentari e programmi televisivi. Dal ’77 in poi ha
allestito alcune regie liriche per importanti stagioni operistiche e dal 1986 è
anche regista di lungometraggi.
Ha detto:
- Mio fratello Carlo l'ho scoperto io, facendolo
recitare per la prima volta nelle cantine di Roma.
- I miei genitori erano molto attenti alla nostra
istruzione. Con un padre docente universitario e una mamma professoressa di
liceo c'era poco da fare.
Intervista
Luca, com’è avvenuto il tuo accostamento verso il mondo del cinema?
Mio padre era un dirigente del Centro Sperimentale di Cinematografia che adesso
si chiama “Scuola Nazionale di Cinema” e frequentava moltissimi registi
importanti. Io ho visto circolare per casa mia registi come Fellini, Pasolini,
ecc… Mio padre era amico veramente di tutti, proprio perché faceva questo
mestiere.Quindi sia io che mio fratello Carlo, dobbiamo a lui, a mio padre,
questa passione che c’è nata, proprio da ragazzi, verso il cinema. Osservando
questi grandi registi certamente ci è venuta la voglia di provarci, di buttarci
nel mondo del cinema.
Parliamo di Roma. In quale zona sei nato e come ricordi la tua infanzia?
Io sono nato alla fine di via Giulia che era, anzi è un’antichissima strada
della vecchia Roma e sta proprio di fronte a ponte Sisto. Quindi ho vissuto in
un punto del centro storico nevralgico cioè nel punto che collega Trastevere
con il vecchio centro storico di Roma. Ho vissuto, quindi , la mia adolescenza,
la mia infanzia in una zona molto caratteristica della vecchia Roma. Il ricordo
che ho dei primi anni ’60 è di una città che adesso è irriconoscibile.
Allora c’erano ancora degli artigiani. Pensa che a Trastevere c’erano ancora
i carrozzai, cioè quelli che occupavano ancora delle carrozzelle, c’erano
ancora le stalle per i cavalli, pensa un po’. Io questo me le ricordo. Adesso
naturalmente è tutto molto cambiato. E’ anche impensabile, è irreversibile
la cosa. Non è che uno potesse sperare che le cose caratteristiche del passato
potessero restare per sempre, per l’eternità. Roma è una città così. Con
lo sviluppo che ha avuto, con tutto quello che è successo dopo, certamente uno
non può essere nostalgico. Sarebbe stupido essere nostalgici. Però
indubbiamente la bellezza della Roma degli anni ’60-’70, di quegli anni che
mi ricordo da ragazzo, era veramente straordinaria. Adesso è irriconoscibile.
Ma tu in quale zona di Roma ha abitato?
Sempre lì, a ponte Sisto, fino a 25 anni, finché non ho studiato
all’Università sono stato ad abitare dai miei. Poi, dopo, appena mi sono
laureato, mi sono cercato una casa e sono andato ad abitare a Trastevere, a
vicolo Moroni, che era un posto caratteristico della vecchia Roma. Quel vicolo
era abitato da trasteverini, da gente molto caratteristica, molto popolare.
Adesso da quelle parti ci sono tutte discoteche, paninoteche, pizze al taglio e
tanti altri locali. Ecco… adesso spuntano locali qua e là come funghi, là
dove prima c’era il calzolaio, l’artigiano, ecc.. Ma questo è una cosa che
riguarda un po’ tutte le grandi città, non solo Roma.
Tu, romano de Roma, come giudichi i tuoi concittadini?
Innanzitutto bisogna vedere se ci sono ancora i romani, quelli delle famose
sette generazioni. E’ una razza in via d’estinzione. Non esistono più.
Secondo me la polemica che si fa sui romani è un oggetto sconosciuto.Cioè
quello che si dice al nord dei romani… il romano accusato di essere
importatore di tutti i vizi. In realtà il romano è un’entità scomparsa. Il
romano tipico degli anni ’60-’70 che ho conosciuto io, era un romano
pacioccone, molto bonario, molto indolente se vogliamo. Questi lati
caratteristici della romanità c’erano tutti ed erano molto spiccati. Adesso
il romano, secondo me, non esiste più perché gli abitanti di Roma sono persone
che vengono dalle campagne e dalle zone limitrofe di Roma… dal frosinate,
dall’agro pontino. C’è stata una invasione di abruzzesi e di calabresi. Io
penso che si sia un po’ imbastardita, nel senso buono, tutta quanta la radice
del romano che non si può più riconoscere tale. Roma è una città che
rispecchia un po’ tutta l’Italia e quindi tutti i difetto degli italiani
messi insieme. Io questo credo.
In quale Roma del passato ti sarebbe piaciuto vivere?
Questa si che è una domanda divertente… La Roma del passato era davvero
straordinaria. Io avrei vissuto molto volentieri facendo il pittore e quindi
nella Roma dei primi ‘900 . Pittore, non dico artista famoso. Mi sarebbe
piaciuto fare una professione artistica, artigianale anche, al limite, perché
con tutte le bellezze artistiche che ci sono, anzi che c’erano in questa città,
uno ne rimaneva talmente folgorato, influenzato che non aveva problemi di
ispirazione artistica.
Ami la cucina romana?
Io ho una predilezione per certe cose della cucina romana, non quelle tipiche.
Ad esempio dei piatti come la trippa, la pajata, la coda alla vaccinara e quei
piatti tipici della cucina romana non è che mi fanno impazzire. Però mi piace
moltissimo un piatto che non è proprio un piatto tipico romano ma che a Roma lo
sanno fare molto bene:” i bucatini alla matriciana”. Quella è una mia
passione, come lo è la carbonara che qui a Roma la fanno davvero buona.
Un tuo sogno nel cassetto?
Che chiudano il centro storico alle macchine, ma è un sogno che resterà sempre
nel cassetto.