Marco Melandri (pilota motociclistico) Andalo (Trento)
29.12.2009
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
pilota leggendario, intelligente e molto ma molto simpatico
Gianfranco
Gramola insieme a Marco Melandri, nel salotto del Garnì La Roccia di Andalo
Marco
Melandri nasce a Ravenna il 7 agosto del 1982. Inizia a correre in minimoto
all’età di 8 anni e trascorre gran parte della sua gioventù nei circuiti
assieme al padre che, all’epoca, correva nel campionato italiano. Il pilota
ravennate si distingue subito per il suo talento e a 15 anni appena compiuti
debutta nel Campionato mondiale 125cc. Da quel giorno Marco ottiene molti
primati, tra i quali quello di essere il più giovane pilota di sempre ad aver
vinto un Gran Premio, quando all’età di 15 anni e 324 giorni trionfò nel
1998 ad Assen, nella classe 125. Nel 1999 Marco si classifica secondo nella
classe 125cc del campionato mondiale di velocità, con un solo punto di
svantaggio nei confronti del primo classificato. L’anno successivo passa di
categoria e sale in sella all’Aprilia ufficiale 250cc e nel 2002 Marco
infrange un altro record: all’età di 20 anni e 74 giorni diventa il più
giovane campione del mondo nella classe 250, con 9 vittorie su 16 gare in
programma. Nel 2003 Marco debutta nella classe MotoGP in sella alla Yamaha M1
del Factory Yamaha Team. Conclude il suo primo anno nella classe regina al 15°
posto nel campionato acquisendo alcuni risultati promettenti e diverse partenze
in prima fila ma viene rallentato da sfortunati incidenti a inizio e fine
stagione. Nel 2004 corre per il team satellite Fortuna Gauloises Tech 3, con il
compagno di squadra Norick Abe, confermandosi come il giovane più promettente
della MotoGP e riuscendo a salire due volte sul podio, a Barcellona, nel GP
della Catalunya e ad Assen nel GP d’Olanda. Conclude la stagione 2004 al 12°
posto nella classifica finale del Campionato classe Moto GP. Nel 2005 la svolta,
Marco Melandri passa alla Honda nel Team Telefonica Movistar Honda in sella alla
RC211V dove trova come compagno di squadra il vice campione del mondo Sete
Gibernau.
Nel 2006 Marco si conferma uno dei talenti migliori della classe aggiudicandosi
altri tre successi, a Istanbul, Le Mans e Phillip Island, dimostrando grande
forza di carattere e capacità di reazione ai momenti meno fortunati. Marco è
stato infatti tra i piloti coinvolti nella paurosa carambola nella prima curva
del GP di Catalunya 2006 ma ha saputo reagire con decisione e alla fine della
stagione è arrivato quarto assoluto, ad un punto dal terzo classificato. Nel
2007 ha debuttato nella nuova era della MotoGP 800 cc sempre in sella alla Honda,
ma per la prima volta con le gomme Bridgestone. Ha conquistato due secondi ed un
terzo posto e si è classificato quinto in campionato, pronto per affrontare la
nuova sfida come pilota ufficiale, nel Ducati MotoGP Team. Il 15 agosto 2009 il
team Honda Gresini Racong ha annunciato il ritorno di Melandri per la stagione
2010, al fianco dell'altra "new entry" Marco Simoncelli, che avrà a
disposizione la versione "factory".
Ha detto
-
Ogni volta che ti fermi ai box, chi costruisce la moto cerca di ascoltare le tue
richieste o i tuoi commenti e per me si tratta di una sensazione sconosciuta, ma
molto piacevole.
-
Gli errori del passato mi aiuteranno a crescere ancora e a darmi la forza di
riprovarci in futuro.
- Non sono mai riuscito a trovare un buon
feeling con la moto Ducati. A Valencia sono partito piano, senza strafare. A
Jerez invece ho provato a spingere un po’ più a fondo sull’acceleratore, ma
ho incontrato parecchie difficoltà. Non sono comodo in sella, inoltre la moto
si muove molto, quindi spesso mi ritrovo a dovermi aggrappare al telaio con
braccia e gambe per non finire per terra.
- Se si prendono con la giusta mentalità, i
problemi alla fine servono per migliorare.
-
Sono tirchio da matti. L’unico regalo che ho fatto di recente è un paio di
calzini a mia sorella, me li aveva dati uno sponsor.
Curiosità
-
Marco trascorre la maggior parte del tempo tra i circuiti del Motomondiale e la
sua casa a Derby in Inghilterra, dove si allena con la moto da cross, assieme ai
suoi amici.
- E’
appassionato di motocross
e ciclismo, inoltre ama le lasagne e la pizza con salsicce e funghi.
- Nelle
gare ha due riti scaramantici (o portafortuna): indossa calzette blu sempre
della stessa marca e sul casco ha disegnato un riccio, il suo simbolo per via
dei capelli dritti.
- "Macho",
come viene affettuosamente soprannominato dai tifosi, è grande appassionato di
musica tanto da improvvisarsi DJ quando capita l'occasione.
Intervista
Lo
incontro nel residence dei Vip “il Garnì La Roccia” di Andalo, in Trentino.
E’ ospite per alcuni giorni insieme alla sua fidanzata, del suo amico Michele,
il gestore. Il ragazzo romagnolo è molto disponibile e si è prestato molto
volentieri a rispondere alle mie domande. L’ho trovato una persona grande
anche nella sua semplicità e soprattutto educato, tollerante e molto positivo
nei concetti.
Hai iniziato a correre da piccolo. Chi ti
ha trasmesso questa passione e da chi hai preso?
Da
mio padre, anche lui appassionato di moto. Sono nato tra riviste e videocassette
di moto. Ho preso sicuramente da mio padre che andava in moto per divertimento.
Da quanto mi ricordo sono sempre stato innamorato della moto.
Quali
sono stati i tuoi maestri?
Io
ero tifoso un po’ di tutti, perché io amavo la moto e i piloti un po’ in
generale. Poi crescendo la passione è aumentata. Vedendo gli altri correre era
per me uno spettacolo e mi attraeva molto.
Qual
è stata la tua più gran soddisfazione professionale?
Sicuramente
quando raggiungi un risultato importante, sia la gara che mi ha dato il titolo
di 250, nel 2002, sia la prima vittoria in moto GP nel 2005 che è stata una
soddisfazione indescrivibile, perché venivo da due anni difficili.
Hai
avuto momenti difficili nella tua carriera in cui hai pensato di mollare tutto?
Ne
ho avuti miliardi. Tre infortuni vari, ma soprattutto l’anno più difficile
per me è stato il 2008, in Ducati. Mi avevano fatto passare la voglia di andare
in moto.
Se non avessi fatto il motociclista che
mestiere avresti fatto?
Non
lo so, perché per fortuna mi sono trovato a 15 anni ad essere professionista
senza rendermene conto.
C’è
un collega che stimi molto e viceversa?
Bene
o male, per vari motivi li stimo molto tutti quanti. Parto dal presupposto che
siamo lì tutti per la stessa passione, quindi non capisco perché ci si debba
dare contro. Poi posso non essere d’accordo su alcune idee di alcuni altri
colleghi, ma in linea di massima ho rapporti bilanciati e uguali con tutti.
Il complimento più bello che hai ricevuto
e da chi?
Una
volta un ragazzo mi ha detto. “ Prima sei una gran persona, poi un grandissimo
pilota”: Io credo nei valori nella vita e credo che questo sia fondamentale.
Tanti altri piloti sono giudicati ottimi piloti, ma umanamente è poco. Secondo
me il livello umano è una cosa che dura nel tempo e la carriera sportiva dura
comunque molto poco.
La
cosa più cattiva che hanno detto o scritto su di te?
Miliardi.
Nel 2008 soprattutto, quando ero in Ducati mi dicevano continuamente che ero
bollito, però quello che passavo nel box non potevo raccontarlo in giro, e
nessuno sapeva quello che stavo veramente vivendo. Era difficile per me sentire
tutte quelle voci in giro, quando sapevo perché le cose andavano male.
Che
rapporto hai con la Fede?
Io
sono credente, ma non sono praticante.
Con quale filosofia vivi la quotidianità?
Cercando
di vivere tutto in positivo, divertendomi. Ogni volta che ho un problema,
secondo me è fatto per trovare una nuova opportunità e quindi cerco di
sdrammatizzare sempre perché anche nei momenti difficili se non avessi fatto
così, non ne sarei uscito vivo.
Hai
mai fatto delle scelte in cui ti sei pentito?
Si,
ma ora sono contento, perché comunque sono state esperienze positive.
Sicuramente l’esperienza Ducati è stata la mia peggiore scelta, però sono
contento di averlo fatto perché so che non era il mio posto e ho imparato molte
cose.
Un
tuo pregio e un tuo difetto?
Un
pregio credo quello di non abbattermi mai, perché anche se ho fatto fatica alle
gare, anche se ero demoralizzato comunque io a casa lavoravo duro e ci provavo
sempre. Di difetti ne ho sicuramente tanti, e un po’ alla volta cerco di
limarli. Forse sono un po’ troppo buono per essere nel mondo del motociclismo.
Dovrei essere più scaltro.
Hai
un sogno nel cassetto professionale e uno privato?
Per
uno che va in moto il sogno è quello di vincere, invece privato è quello di
raggiungere uno stile di vita che mi permetta di stare bene anche dopo ed essere
in pace con me stesso.
A
chi vorresti dire grazie?
Alla
mia famiglia che credo sia sempre il maggior supporto, nel bene e nel male,
perché hanno faticato tanto. Io ho perso la mamma quando avevo 4 anni, non
avevamo i soldi e mio padre ha fatto tantissimi sacrifici, ha lavorato duro per
far stare bene me e mia sorella, quindi è la persona che devo ringraziare di più.