Martina Colombari (modella e attrice)
Milano 19.11.2019
Intervista
di Gianfranco Gramola
L’ex Miss Italia 1991 è in teatro con
“Montagne russe”, di Eric Assous.
“Mi piacerebbe molto continuare a fare
teatro, perché c’è molta creatività, ci si può anche
divertire di più con i personaggi e ci sono molti più ruoli per le
donne”
Breve biografia tratta dal web (biografia e
curriculum artistico si possono trovare nel sito ufficiale dell’artista)
Martina Colombari è nata a Riccione il 10 luglio del 1975. L’ex Miss Italia 1991 ha lavorato nel cinema (Abbronzatissimi
– Paparazzi - Quello che le ragazze non dicono -
Bologna 2 agosto - i giorni della collera - Barbara ed Io), in diverse
fiction (Carabinieri - Un medico in famiglia 3 - Diritto di difesa - I Cesaroni
- VIP - Don Matteo 7 - Il restauratore) e in Tv (Donna sotto le stelle - Un disco per l'estate - Vota la voce - Controcampo
- Premio Regia Televisiva).
-
Dal
2007 la Colombari è volontaria in prima linea e testimonial per la fondazione
Francesca Rava NPH Italia.
- Nel 2011 è uscito il
suo libro “La vita è una”.
- Il 16 giugno 2004 si è sposata con Billy
Costacurta, dal quale ha avuto un figlio, Achille, nato il 2 ottobre dello
stesso anno.
- Partecipa attivamente al progetto Giochi
senza barriere con Bebe Vio con art4sport Onlus in supporto allo sport come
terapia per il recupero fisico e psicologico dei bambini e dei ragazzi portatori
di protesi di arto
Intervista
Sei in teatro con l’istrionico
Corrado Tedeschi nello spettacolo “Montagne russe”. Mi racconti brevemente
la trama e qual è il tuo ruolo?
“Montagne russe” è un testo teatrale che
ha commissionato Alain Delon 15 anni fa all’autore Eric Assous, chiedendogli
di scrivere un testo che parlasse dei legami famigliari. Diciamo che in quel
testo non si parla solo di legami famigliari, ma di tutte quelle dinamiche che
avvengono fra un uomo e una donna. Raccontare chi è Juliette, che è il mio
personaggio, si andrebbe a spoiler are tutta la commedia, perché il mio
personaggio ha 5 colpi di scena, soprattutto quello finale, con un lungo
monologo dove andiamo a chiarire esattamente chi è questa donna che vediamo in
questo salotto di casa, insieme a Pierre, dall’inizio alla fine. E’ una
commedia dove si sorride, ma dal monologo finale ci si può aspettare anche
momenti di commozione, di lacrime e quindi sono un po’ queste le montagne
russe che fa questo personaggio e che avvengono nella commedia, perché non c’è
mai un momento in cui si sta tranquilli.
Come compagno di palcoscenico hai
Corrado Tedeschi. Come ti sei trovata a recitare accanto a lui?
Corrado prima di essere un grande
professionista è soprattutto una persona umanamente molto valida, nel senso che
è una persona dai sani valori, è una persona corretta, un galantuomo e poi è
un attore di grande esperienza. Sono anni che fa questo mestiere ed è stato
coraggioso a propormi questo testo. Lui aveva tra le mani questo testo da
qualche anno e aveva il desiderio di metterlo in scena e quando mi ha chiesto di
leggerlo, gli ho detto che stava facendo un gesto di grande coraggio, perché il
mio era un personaggio molto complicato e poi perché io non avevo mai fatto
teatro. Quindi si è preso una bella responsabilità. Io mi sono messa
d’impegno e ho studiato a lungo insieme al regista Marco Rampoldi da settembre
e poi verso i primi di ottobre si è aggiunto a noi Corrado. Diciamo che
come prima esperienza è intensa e di grande soddisfazione, perché l’altra
sera abbiamo fatto la sesta replica e il tutto esaurito. Il pubblico dimostra di
apprezzare e ci fa sentire il calore e questo credo che sia la cosa più
importante.
Il teatro è molto più impegnativo
rispetto al cinema e alla tv, vero?
Si, perché nel cinema una scena la puoi
rifare se uno sbaglia. In teatro invece no, è una diretta e quindi in teatro
non ti puoi permetterei di sbagliare, quindi devi curare tutto nei minimi
dettagli, ci deve essere grande attenzione e per assurdo sul palcoscenico non si
improvvisa, perché ci vuole tecnica e una concentrazione veramente al 100 per
100. Poi serve naturalezza, spontaneità, ma questo arriva dopo, ma di base ci
deve essere la tecnica oltre al talento e alla predisposizione.
Quali sono le tue ambizioni, Martina?
Se ci fosse la possibilità di fare teatro, a
me piacerebbe molto. Non vorrei che questa esperienza rimanesse un momento
isolato, perché c’è molta creatività, ci si può anche
divertire di più con i personaggi, ci sono molti più ruoli per le donne
e sono anche ruoli corposi, quindi non sono personaggi legati solo alla fisicità.
Penso che in teatro si possa rischiare anche un po’ di più e non hai
l’ansia degli ascolti, dello share. Il teatro è rimasto un pochino più
genuino.
Hai lavorato con tante colleghe. Con
loro hai trovato più rivalità o complicità?
Noi donne non siamo molto brave e continuiamo
a farci la guerra. Non abbiamo ancora capito che se ci prendessimo per mano
sarebbe tutto più semplice. Non abbiamo capito che la collaborazione porterebbe
ad ottenere maggiori risultati. Siamo un p0’ stupide in questo, perché c’è
questa invidia, questo mettersi sempre in competizione per poi arrivare
a che cosa? Sul lavoro alla fine vieni premiato per il tuo merito. Ognuna
ha il suo mercato, ognuna ha il suo mondo e secondo me noi colleghe dobbiamo
farci un po’ più furbe e imparare anche dalle altre per diventare migliori.
Le colleghe per me possono essere uno spunto per cercare di migliorare.
Prenderle come esempio …
Si, assolutamente. Abbiamo bisogno di esempi,
in tutti i settori, nella vita, come madri, come mogli …
Chi sono i tuoi artisti di riferimento?
Ho avuto la possibilità di lavorare con
Virna Lisi, una donna di altissima classe. Lei aveva questo occhi misteriosi e
mi piaceva molto. Per quanto riguarda il teatro mi è sempre piaciuta Mariangela
Melato, come mi è sempre piaciuta
Anna Marchesini.
La popolarità crea vantaggi e anche
svantaggi. Hai mai avuto qualche fan un po’ troppo invadente?
No, perché il mio pubblico è molto
rispettoso. Adesso purtroppo con i social, con instagram, la gente si prende
molta più libertà, perché è il mezzo stesso che glielo permette.
Quindi il fatto che non compare chi sei, che ti puoi registrare con falsi nomi e
che ti nascondi dietro ad una tastiera, senti il diritto di poter dire tutto
quello che vuoi. Quindi quelli che prima erano dei commenti e delle critiche,
poi diventano dei giudizi e degli insulti. I famosi leoni da tastiera, pieni di
aggressività, ignoranza e violenza verbale.
A chi vorresti dire grazie?
In primis ai miei genitori, poi a mio marito
che mi stimola sempre a fare, a provare, a non fermarmi. Mi incoraggia sempre,
anche in momenti in cui io penso di non farcela. Lui ha sempre la parola giusta
e una buona motivazione.
Veniamo al tuo impegno per Haiti. Come
ti sei avvicinata alla Fondazione Rava?
Mi sono avvicinata dopo una serata di
beneficenza, dove Maria Vittoria Rava, presidente
della Fondazione, ha fatto un bellissimo discorso, di grande pathos, con grande
cuore. Da lì ad una settimana andai a trovarli in Fondazione, dove mi
spiegarono i loro progetti, le loro ambizioni e ci fu subito stima reciproca.
Un mese dopo siamo partiti insieme per una missione sull’isola di
Haiti. Parlò di dodici anni fa. Da quella mia prima esperienza, è continuata
la collaborazione. Penso che per essere un buon ambasciatore uno debba prima
essere un buon volontario, perché solamente se vedi con i tuoi occhi riesci a
portare poi una buona testimonianza. Dico sempre che per servire a qualcosa, uno
deve anche un po’ strumentalizzare questa esperienza. La mia notorietà deve
dar voce a questa popolazione e deve
dar voce ai problemi che ci sono
sull’isola. Noi della Fondazione Rava non ci occupiamo solamente di Haiti, ma
abbiamo dei progetti anche qui in Italia. Soprattutto nelle zone terremotate in
Umbria. Abbiamo ricostruito 8 scuole fra Norcia, Cascia e Eggi. Abbiamo in
progetto da domani in circa 2000 farmacie di raccogliere dei farmaci che poi
devolviamo a 600 enti fra casa-famiglia, strutture minorili e il nostro ospedale
di Haiti. Mi do da fare, anche se fare beneficenza, fare volontariato non è un
hobby, ma è come un secondo lavoro, quando
viene fatto con dedizione e con grande cuore.
Hai mai cercato di coinvolgere qualche
tuo collega?
No, perché aspetto che siano loro a farsi
avanti, perché fare volontariato e quindi andare in prima linea, in missione è
un qualcosa di molto particolare. Quindi non si devono convincere le persone,
non le devo io conquistare, ma deve partire tutto dalla loro volontà, dalla
loro sensibilità. Ne sono venuti di colleghi artisti, perché Arisa, come Paola
Turci e Andrea Pezzi sono nostri volontari. Ci sono parecchi artisti sensibili a
queste situazioni.
Come si può fare per aiutare questa
popolazione?
Noi abbiamo varie iniziative, quella più
semplice è l’adozione a distanza. Con circa 360 euro, quindi con la cifra di
meno di un caffè al giorno, tu puoi mantenere a distanza un bambino, mandarlo a
scuola, fargli avere le cure mediche, un posto per dormire e mangiare. Questo
secondo me è un gesto di grande amore che si può fare, perché è facile, è
concreto, inoltre tu puoi rimanere in contatto con questo bambino che nel
frattempo diventerà grande e questo è una buona motivazione per continuare
un percorso di volontariato. In estate facciamo dei campus come
volontari. Abbiamo una dozzina di località, Messico, Honduras, Haiti,
Repubblica Dominicana, San Salvador dove tu per due settimane vai a fare il
volontario. Poi ci sono i doni natalizi. Vai sul sito della Fondazione e trovi
vari regali, vari doni che tu puoi comperare, dai panettoni, ai libri, cd,
borse, alberi della vita, t-shirt, ecc … Quello che ricaviamo poi lo diamo ad
Haiti.