Maurizio Battista (comico)
Roma 11.1.2019
Intervista di Gianfranco Gramola
Se mi invitano a cena, ci vado, non mangio
tanto, però faccio divertire gli altri.
Intervista
Com’è nata la passione per lo
spettacolo Maurizio?
Io nello spettacolo mi ci sono paracadutato.
Ci sono arrivato perché è un carattere che ho io, è un indole, chiamalo
talento, chiamalo come te pare Gianfrà. Poi c’è il piacere di condividere
con le persone i sorrisi, che non è poco. Raccontare dei fatti della vita con
umorismo fa divertire. Io sono autodidatta e fare il mattatore un po’ ce
l’hai dentro, inoltre anche l’esperienza ti aiuta e la pratica vale più
della grammatica.
Chi erano i tuoi idoli da ragazzo?
Ricordo con molto piacere Aldo Fabrizi e Gigi
Proietti che sono quelli che mi hanno segnato. Poi ognuno ha i suoi modi di
fare, la sua cultura e la usa. La cultura a casa mia non c’é.
Ma i tuoi genitori che futuro speravano
per te?
I miei genitori hanno sperato poco del mio
futuro, perché purtroppo sono morti molto presto. Ci hanno lasciato il bar di
famiglia e noi figli abbiamo portato avanti la tradizione di famiglia. La vita,
come dico nello spettacolo, è una scelta. Anche quella di parlare al telefono
con te, Gianfranco è una scelta. La vita è fatta di scelte.
Quali sono le tue ambizioni?
Cercare di vivere più a lungo possibile,
questa è la mia ambizione più grande. Perché artisticamente faccio quello che
faccio e mi sta bene così. Io ho tre figli, l’ultima ha tre anni e mezzo e si
chiama Anna. Vorrei vivere più a lungo possibile per godermi la ragazzina.
Qual è il segreto del tuo successo?
Non so se c’è un segreto, perché io sono
quello che vedi sul palco. Sono così, sono me stesso e questo non so se è un
pregio o un difetto (risata). Io non ho trucchi, non ho fatto scuole di
recitazione e quello che racconto è quello che mi è
capitato. Magari parlo di un problema di analisi, un problema serio, e io
lo racconto in una certa maniera, con un pizzico di umorismo che fa ridere,
anche se non ci sarebbe da ridere. Io sono romano e cerco di sdrammatizzare con
un po’ di sano umorismo e un po’ di cinismo. Aldo Fabrizi diceva: “Ve ne
siete accorti che tu sensibilizzi le persone a vedè cose che per mille motivi
nun vedemo?”. Forse il segreto del mio successo è
il mio modo di pormi, il tono della voce, la simpatia e l’affetto del
pubblico.
Prima di entrare in scena, hai un rito
scaramantico?
No, nessun rito. Entro e comincio a parlà.
Sono così di carattere, anche se anch’io ho dei problemi, come tutte le
persone. Però quando sono sul palco, so che devo dare il massimo per far
divertire la gente.
A proposito di carattere, Maurizio, un
tuo pregio e un tuo difetto?
Il mio pregio è che sono una persona perbene
e il mio difetto è che sono una persona perbene. Anche se in certi casi bisogna
essere figli de ‘na mignotta, per non dire delle merde, ma io non sono capace
di essere così e rimango una persona perbene.
Hai mai lavorato per solidarietà?
Si, ho fatto delle cose. Tutti dovrebbero
lavorare un pochino per la beneficenza. Se dieci comici mettono mille euro per
uno, in tutto fanno dieci mila euro, poi paghi la SIAE, paghi il teatro, i
tecnici, ecc … se tutto va bene ne restano tre mila. Vedo in giro artisti che
fanno beneficenza solo per sentirsi dire bravo. Se uno guadagna di più, può
cacciare mille euro senza che gli cambi la vita.
Sei in tournée con due spettacoli.
“Scegli una carta” e “papà perché lo hai fatto?”.
Si, è tutto un miscuglio di cose, tutto un
work in progress, metti questo, togli quell’altro, metti, togli, aggiungi, ecc
… La finalità è una sola Gianfrà, che la gente venga, si diverta e non
pensi di aver buttato un euro. Questo è l’importante per me ed ecco l’onestà
di cui ti parlavo prima.
Qual è l’incontro che ti ha cambiato
la vita?
L’incontro che mi ha cambiato la vita è
stato quello con la mia terza moglie, Alessandra. Non è che avevo 20 anni
quando ho fatto la mia terza figlia con lei, e questo mi ha cambiato la vita,
perché mia figlia Anna ha un’energia pazzesca. Inoltre c’è da dire che è
una donna e quindi me tocca litigà comunque.
Di cosa hai bisogno per essere felice,
Maurizio?
Per essere totalmente felice forse avrei
bisogno di mia madre, che ormai non posso più avere. Per il resto mi attacco a
quello che posso, a mia figlia, ad Alessandra, al lavoro che mi da tanta
soddisfazione e alla gente che mi dimostra tanto affetto.
Hai un sogno artistico?
Non ne ho, ma ne ho realizzati tanti. Ho la
mia età, non ho mica vent’anni, che devo fa le olimpiadi. Mi accontento di
quello che ho fatto. Agli inizi prendevo 100 mila lire e volevo prenderne
duecentomila e volevo fare 30 persone, poi ne volevo fare 40, sempre di più e
così non si finisce più. Non raggiungi mai un traguardo e non ti godi neanche
il percorso ovviamente.
Parliamo di Roma. Com’è il rapporto
con la tua città?
Domenica stavo da Giletti a “Non è
l’Arena”, c’era la puntata contro Roma, contro i tassisti ladri e i
baristi ladri e queste cose qua. Io ero lì per fare la voce contro, perché a
Roma ci sarà il barista ladro, ma ci sarà pure a New York il barista ladro.
Tutto il mondo è paese, come dice il proverbio. Ma ci sono anche i baristi e i
tassisti onesti. C’era un giornalista da Berlino. Io a Berlino ci sono stato e
c’è poco da ridere. Io posso criticare la mia città perché ci sono nato e
la vivo, i giornalisti da fuori possono solo diffamarla, perché sarà un po’
sporca, indubbiamente, ma è una città grande, ha una superficie molto grande,
ma non è la peggio. Tutti vorrebbero vivere da un’altra parte e mi domando
perché non ci vanno. Ti piace Londra? Vattene a Londra, che non ti fermiamo,
non facciamo un blocco per non lasciarti andare via (risata).
Tu vivi in zona San Giovanni, giusto?
Sono nato a San Giovanni, ho sempre vissuto
in questa zona e penso che morirò qui.
So che sei un’ottima forchetta …
A me piace mangiare quello che mi piace e
soprattutto quello che cucino io. Tipo le fettuccine ripassate in padella. Mia
nonna era una cuoca fantastica e la cucina per lei era una tradizione. Non
mangio di tutto e forse in questo non sono un romano tipico che magna la
coratella, la pajata e la trippa. Se mi invitano a cena, ci vado, non mangio
tanto, però faccio divertire gli altri. Tengo su il morale della compagnia.
Cosa ti manca di Roma quando sei via
per lavoro?
In questi giorni sono stato fuori Roma per
lavoro. Ho fatto Taranto e Bari e non vedevo l’ora di tornare a Roma. Perché
alla fine tutto ‘sto casino, le biciclette per terra, l’aria di casa, mi
mancano.
Perché i romani sono così simpatici,
hanno sempre la battuta pronta e l’arte di sdrammatizzare?
Forse è anche un discorso di meteo. Io ho
notato che più c’è il sole, più la gente è allegra. Anche al nord, dove mi
trovo benissimo, è così. Lo spettacolo che c’era su Italia1 l’altro
giorno, l’ho registrato a Torino, al teatro Colosseo, non a caso, e ho visto i
torinesi molto solari, perché il sole aiuta, ti fa vivere la giornata più
bene. Noi romani siamo così di carattere, ma ci sono anche quelli antipatici.
Siamo un po’ troppo rumorosi, troppo caciaroni, ci facciamo riconoscere.
Quelli del nord odiano il romano che odio pure io, cioè quelli che fanno
casino, quelli incivili, maleducati, che si comportano male. Noi romani siamo
così, nel bene e nel male. Prendeteci per quello che siamo.
Un paio di consigli alla Raggi?
Consigli alla Raggi? Io sono molto
rivoluzionario, perché non parlo di politica, parlo del sociale, dei problemi
della mia città, ma non perché l’abbino ad una amministrazione, perché se
no dovrei tornare indietro di 40 anni. Se hai tempo vai a vedere il film “Il
dramma della gelosia” di Ettore Scola, del 1970. C’è Mastroianni
con Monica Vitti, su una spiaggia, che fa un monologo di quello che
stiamo parlando noi oggi. Nel 1970 i problemi erano gli stessi. Allora non è un
problema di chi amministra, ma di amministrazione e cittadino che è carente di
senso civico. E questo va detto. Il senso civico dovrebbero insegnarlo fin dalle
scuole elementari. Per parlare di Roma, ho notato che ci sono persone non di
Roma che amano Roma più di noi romani de Roma. Io al Colosseo ci sono stato per
la prima volta l’anno scorso, per accompagnare un cugino di mia moglie che è
di Los Angeles, altrimenti non ci sarei andato. Il bello è che abito a un
chilometro dal Colosseo. E’ che dico sempre “Tanto poi ci vado”, passa il
tempo e non ci vai.