Max Cavallari (comico)
Varese 14.11.2022
Intervista di Gianfranco
Gramola
“I miei genitori non hanno preso tanto bene
la mia scelta di dedicarmi al mondo dello spettacolo, perché mio papà aveva
un’azienda tessile e voleva che io andassi avanti a lavorare con lui”
Massimiliano Cavallari, in arte Max, è nato
a Varese l’8 luglio del 1963. Insieme a Bruno Arena ha formato il duo comico
dei Fichi d'India dal 1988; il loro esordio è stato su Radio Deejay. Insieme a
Bruno partecipa a molti show televisivi di Canale 5, Italia 1 e Dee Jay
Television, ospiti fissi del Seven Show, nel 1997 sono ospiti di Claudio Bisio a
Zelig - Facciamo cabaret. Nei 2001, dopo l'uscita del loro primo film Amici
Ahrarara diretto da Franco Amurri i due partecipano ad alcuni film di Natale
prodotti dalla Filmauro con Massimo Boldi e Christian De Sica. Tra questi Merry
Christmas, Natale sul Nilo e Natale in India, grandi successi al botteghino,
mentre nel 2002 recitano nel film di Roberto Benigni Pinocchio, nelle vesti de
Il Gatto e la Volpe. Nel 2004, il duo è tra i protagonisti de Le barzellette di
Carlo Vanzina con Gigi Proietti, Carlo Buccirosso ed Enzo Salvi. Dal 2005 i due
tornano a fare teatro e a partecipare a trasmissioni televisive sulla rete
Mediaset presentate da Gerry Scotti e Maria De Filippi. Nel 2007 torna al
cinema, insieme a Bruno, al fianco di Massimo Boldi nei film comico Matrimonio
alle Bahamas, dal 2007 al 2012 Max e Bruno sono ospiti di Colorado su Italia 1,
e a inizio 2013 sono ritornati a Zelig. Tuttavia, durante le prime puntate,
Bruno viene colpito da un aneurisma che lo obbliga a un ricovero d'urgenza e a
un intervento chirurgico, che lo porta a ritirarsi dalle scene. Dal 2014 al
2018, iniziata una carriera da solista, dà vita, con Beppe Altissimi e Vincenzo
Savino, allo spettacolo di cabaret Parzialmente Fico. Dall'ottobre 2015 Max
torna da solo a Colorado in seguito alla malattia di Bruno. Nel 2016 partecipa
nel musical di Peter Pan, nel ruolo di Spugna, regia di Maurizio Colombi, con le
musiche di Edoardo Bennato. A partire dal 4 marzo 2019 torna in televisione nel
cast di Made in Sud. Nell’ottobre del 2022, dopo la morte di Bruno Arena, esce
il suo libro Non spegnere la luna. Fichi si nasce, amici si diventa che
ripercorre la loro carriera.
Intervista
Ciao Max, come va? Cosa stai facendo di
bello?
Va bene, sono in giro per fare promozione al
mio libro “Non spegnere la luna”, un libro dolce e cinico, poetico e
irriverente, che è anche la storia dell'incontro tra me e Bruno Arena da cui
poi nascono i Fichi d'India. E’ un libro nel quale racconto il 60% della mia
vita, in particolare il fatto di non aver studiato, e di avere provato tanti
lavori come il fabbro, il meccanico. Ora è uscito anche un film con Pippo
Franco, Maurizio Mattioli e Umberto Smaila dal titolo “La banda del buffardel”.
Siamo andati alla prima e ci siamo divertiti tanto. Poi sarò in giro con i miei
spettacoli e poi farò un altro film per Netflix o Amazon non ricordo bene.
Ormai il cinema è tutto lì, non è più come una volta nei film di De
Laurentis, con i binari, con le bobine. Ora i film li fanno anche con l’Iphone.
Il titolo “Non spegnere la luna”,
com’è nato?
E’ la frase che dicevo sempre a Bruno
quando era in rianimazione. C’era la luna dietro di lui e la luna gli ha
portato fortuna perché è uscito dal coma.
Scrivere questo libro è stata
un’urgenza personale, uno sfogo?
A dire la verità io avevo iniziato così,
per scherzo, con il mio amico Roberto Stoppa, che è un ex cabarettista che io
apprezzo molto perché lui è molto surreale come noi ed è anche un autore di
Colorado. Gli ho detto: “ Io ti racconto delle cose tutti i giorni e poi tu le
scrivi e le metti insieme”. In più lui ci ha messo del suo perché lui è
molto bravo, è un grande. Io volevo raccontare un po’ i fatti e soprattutto
lasciare un messaggio ai giovani, perché io non avendo studiato, niente scuole
di teatro, niente scuole di recitazione, con la grande passione e con il grande
amore per questo lavoro sono riuscito ad arrivare al successo. Quando uno fa le
cose con passione, determinazione e amore, prima o poi arriva qualcosa, perché
l’amore vince sempre. Se tu fai una cosa, senza guardare gli orari, gli
spostamenti, ma ci metti tanta passione e amore, qualcosa di buono viene sempre
fuori. Quando i giovani mi scrivono per chiedermi dei consigli, io dico loro:
“ Fate le cose con passione, frequentate i laboratori, fate squadra, state con
gli altri, state uniti”. Schumacher vinceva perché aveva una squadra forte.
Roberto Benigni, con cui io e Bruno abbiamo fatto il Gatto e la Volpe nel suo
Pinocchio, ci ha insegnato che la squadra è la cosa più forte. Lui mangiava
con l’elettricista, con il camionista perché per lui, il primo o l’ultimo
erano la stessa cosa, perché era la squadra che faceva vincere. Quindi nel
libro c’è questo messaggio che io vorrei lanciare ai giovani, alle nuove
generazioni. La scuola è importante, ai miei tempi l’importante era avere la
terza media, adesso senza diploma non ti prendono neanche a fare il bidello o su
un autogrill.
Max Cavallari con Bruno Arena
I tuoi genitori come hanno preso la scelta
di dedicarti al mondo dello spettacolo?
I miei genitori non l’hanno presa tanto
bene, perché mio papà aveva un’azienda tessile e voleva che io andassi
avanti a lavorare nella sua azienda, che prima era del nonno. Ma a me non
piaceva, io volevo fare il comico, infatti organizzavo gli scioperi
nell’azienda di mio padre, perché io facevo ridere gli operai. Organizzavo il
circo sotto il mio palazzo dove invitavo la nonna e lo zio. Non l’hanno presa
bene, infatti mi dicevano: “Vai, vai a fare lo scemo, che quello lo sai fare
bene. Qui c’è l’azienda da mandare avanti”. Poi alla fine c’è stata la
crisi tessile, io sono diventato famoso e sono stato io che ho liquidato i
dipendenti dell’azienda di mio padre (risata).
Parliamo di Bruno Arena. Come l’hai
conosciuto?
L’ho conosciuto all’oratorio, lui era il
ragazzo più grande, quello che non mi faceva mai giocare e mi era molto
antipatico.
Non ci credo.
Lui aveva sei anni più di me e non mi faceva
mai giocare insieme a lui a calcio, non mi faceva giocare a basket. Lui
insegnava hockey sul ghiaccio e non mi faceva giocare e ci stavamo un po’
sulle palle. Poi sono andato a Camerota Palinuro e me lo sono ritrovato là, ci
siamo conosciuti meglio e abbiamo fatto amicizia. Poi ci siamo ritrovati a
Varese, dove mettevamo insieme gli show, raccontavamo le barzellette e avevamo
tanta gente che ci seguiva. Un agente poi ci ha notato, ci ha visto anche radio
D.J. e lì è iniziata la nostra carriera. Quindi in questo sogno, o meglio in
questa favola non ci sono stati intoppi o difficoltà iniziali perché eravamo
due animali da palcoscenico. Bruno era molto diverso da me perché arrivava
dall’animazione dei villaggi mentre io ero un attore e quindi eravamo come il
più e il meno della batteria della macchina (risata). Eravamo forti proprio
perché eravamo diversi e lui mi ha insegnato delle cose a me e io tante cose a
lui. Gli ho insegnato a lavorare con il pubblico, a stare in mezzo alla gente e
io che ero più timido, gli ho insegnato a recitare. I personaggi li facevamo io
e lui, ma lui aveva questa faccia da cartone animato che anche se non
parlava, faceva ridere molto. Il libro non sono riuscito a finirlo perché lui
è morto prima, ma sono contento lo stesso perchè lui ha spento la luna e io so
che lui vuole che la riaccendi e quindi continuo ad andare avanti e ogni sera,
in ogni mio spettacolo, canto una canzone dedicata a lui dal titolo: “Da soli
mai”, che me l’ha scritta Vincenzo Incenzo, che è l’autore di Renato
Zero, Michele Zarrillo e Patty Pravo. Una bellissima canzone dedicata a Bruno
che sento sempre accanto a me, sul palco, nella valigia e nelle parrucche dove
c’è ancora il profumo dei Fichi d’India.
La gente ci vuole tanto bene e sono contento di questo anche perché io e
Bruno siamo sempre stati delle persone terra terra, molto umili, con la teste
nel cassetto e i piedi sul comodino (risata). Abbiamo fatto nove film, abbiamo
lavorato con Roberto Benigni e con Gigi Proietti, abbiamo fatto Sanremo con
Luciano Pavarotti e Fabio Fazio. Abbiamo scritto il libro “Amici, Ahrarara”
con 5 ristampe, quindi abbiamo fatto veramente tanto.
Non ci siamo mai montati la testa e la nostra carriera è stata veramente
una favola.
Come nascevano i vostri sketch?
Improvvisavate molto?
Nei nostri sketch si improvvisava tanto e noi
a volte arrivavamo ad un punto che facevamo il “cabarap”, rap che è
improvvisazione. Praticamente noi chiedevamo al pubblico un tema e noi
improvvisavamo. Poi noi ci divertivamo molto anche perché io non davo mai le
chiuse a Bruno e lui rideva e andava avanti. A volte io facevo le sue battute e
lui mi guardava con quello sguardo come per dire. “ Che cavolo stai
facendo?”. Quindi giocavamo molto sull’improvvisazione e riempivamo lo
schema comico, cosa che ora non si può fare perché alle scuole di teatro ti
insegnano il ritmo, i tempi comici, mentre noi lo rompevamo proprio il tempo
comico, però solo noi potevamo farlo, perché eravamo due clown, due
improvvisatori e poi la gente ci perdonava tutto. Le scene nascevano dal nulla,
dal quotidiano. Infatti tuttora nel mio spettacolo racconto come nascevano i
personaggi, come prendevano vita, le gesta. Come “la signora” di Gilberto
Govi, comico che io ho studiato e che racconto, come la bambina che ha la voce
di una mia ex fidanzata, amici Ahrarara che è di Sergio Baracco delle
televendite, il tic e tic che era il tempi dei “Neri per caso” e racconto
proprio la storia dei Fichi d’India. Dei Fichi d’India tiro fuori proprio il
succo da quello più maturo (risata).
Cinema, teatro, radio, televisione. In
quali di questi ambienti ti senti più a tuo agio?
Sicuramente in teatro perché hai la risposta
del pubblico subito, hai l’attenzione del palco e ogni sera un pubblico
diverso, la regione dove vai è diversa. Comunque il profumo e la polvere del
palcoscenico è proprio amore. Il cinema è affascinante ma non è bello come il
teatro, dove tutto è in diretta, mentre nel cinema è tutto più finto e se una
scena è venuta male, puoi ripeterla. La radio è immensa e la rifarei domani
mattina. Abbiamo lavorato a radio D.J. per tanti anni e abbiamo vinto un
telegatto con Marco Baldini per il programma “Tutti per l’una”. La radio e
il teatro comunque ti regalano emozioni diverse da quelle del cinema e della
televisione.
Il pubblico più caldo? Più al nord o al
sud Italia?
Il pubblico più caldo che ho trovato è
sicuramente al nord, perché noi siamo del nord e quindi giochiamo in casa, ma
ci vogliono bene anche al sud, soprattutto in Sicilia, Calabria e Sardegna. Poi
è chiaro che a Napoli per noi è difficile, perché il pizzaiolo che fa le
pizze a Napoli fa più ridere di noi, anche perché a Napoli fanno ridere
proprio tutti, dal vigile al posteggiatore. I napoletani hanno un umorismo e
un’ironia unica. Roma è una città
difficile perché amano molto i comici romani, della Toscana non ne parlo perché
loro amano solo i comici fiorentini. Anche a Bologna facciamo fatica a strappare
un sorriso e ci sono delle regioni e delle città che evidentemente amano di più
la satira politica. Noi invece facevamo ridere di pancia, senza pensare alla
politica e senza fare satira anche perché la satira per me oggi è morta. Oggi
vogliono tutti ridere di pancia, sono stufi e stanchi dei telegiornali e delle
trasmissioni tristi, poi ci sono i politici che fanno più ridere di noi, ci
hanno rubato il mestiere (risata).
Se ora avessi davanti Bruno Arena, cosa
gli diresti?
Innanzitutto che è uno stronzo, perché se
ne è andato nel sonno, senza avvisare e quindi non ho potuto dirgli delle cose.
Poi gli direi che avrei voluto fare ancora uno spettacolo in carrozzina, avrei
voluto fare un film con lui, anche se non parlava, portandolo in giro per
l’Italia, toccando le barriere architettoniche, che sono una cosa importante,
con la sua carrozzina, però in modo comico, magari salendo su un treno usando
un muletto (risata) e l’avrei portato sulla carrozzina sopra la macchina
(risata). Però lui se ne è andato via prima, si è addormentato ed è un
deficiente perché non ha avvisato
nessuno. Adesso è sulla luna che mi guarda e prima o poi, quando lo raggiungerò,
gliene dico quattro (risata).