Michela Lombardi (cantante e compositrice)
Camaiore (Lucca) 8.5.2023
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Un mio sogno artistico? Cantare le canzoni
di Ivan Lins, cantante e musicista brasiliano”
La toscana Michela Lombardi (Viareggio,
19-12-1973) è tra le prime dieci Migliori Jazz Vocalist Italiane secondo il
“Jazzit Award 2011″, è stat spesso menzionata nella sezione “Miglior
Voce” nei sondaggi Top Jazz della rivista “Musica Jazz” e la rivista Jazz
Magazine Italia le ha dedicato la copertina del febbraio 2008 insieme a Tierney
Sutton e Anne Ducros. Ha inciso due dischi con Phil Woods componendo anche
alcune lyrics, ha firmato un brano con Burt Bacharach, insegna canto jazz in tre
conservatori italiani, nei suoi ultimi due dischi – “Solitary Moon” con il
Piero Frassi trio insieme a Gabriele Evangelista e Andrea Melani, e “Live To
Tell” con il Riccardo Fassi trio insieme a Luca Pirozzi e Alessandro Marzi –
suonano come special guest Steven Bernstein, Emanuele Cisi e Don Byron. Ha
presentato “Live To Tell” al «jazzahead!» 2017 di Brema (Germania) con il
Riccardo Fassi trio e Alex Sipiagin ospite speciale ottenendo una standing
ovation finale, ha vinto il premio Ciampi 2010 e ottenuto la Menzione Speciale
al Crest Jazz Vocal Concours 2007, ha cantato in duo con Danilo Rea, ha
inaugurato la stagione jazz 2009 all’Opera House di Tel Aviv con il Nicola
Stilo 5tet, ha cantato al Duc des Lombards a Parigi col suo 4tet ospite Nico
Gori, ha vinto il premio del pubblico come compositrice al Piacenza Jazz Note di
Donna 2009, ha composto lyrics per un brano di Kenny Wheeler che l’ha voluta a
cantarlo con lui sul palco (Bargajazz 2007), è stata diretta in bigband da
Massimo Nunzi con l’Orchestra Operaia (Arezzo, dicembre 2014) e si è esibita
con la Barga Jazz Big Band, è stata diretta da Mario Brunello e la Filarmonica
Toscanini come voce narrante e autrice dei testi per Il Carnevale degli Animali
(Lucca Classica Festival 2016), ha inciso due dischi con Renato Sellani (insieme
a Massimo Manzi, Massimo Moriconi e Matteo Brancaleoni) e due con Nico Gori, suo
alter ego musicale: Michela è la voce del Nico Gori Swing 10tet, col quale ha
cantato a Umbria Jazz 2016 Speciale Amatrice e con Fabrizio Bosso ospite al
Museo Piaggio nel febbraio 2017.
Collaborazioni
Ha cantato/collaborato, tra gli altri, con:
Kelvin Sholar, Byron Landham, Philip Harper, Matt Garrison, Michael Baker, Alex
Sipiagin, Tom Kirkpatrick, Gabriele Evangelista, Bernardo Guerra, Andrea
Tofanelli, Fabio Morgera, Riccardo Arrighini, Aldo Zunino, Massimo Faraò,
Francesco Ponticelli, Giovanni Ceccarelli, Stefano Nunzi, Andrea Nunzi, Carlo
Battisti, Alberto Marsico, Alessandro Minetto, Francesco Puglisi, Pietro Tonolo,
Mattia Barbieri, Petra Magoni, Stefano Bollani, Marco Tamburini, Danilo Rea e
molti altri.
Intervista
Ho letto dello spettacolo su San
Francesco d’Assisi. Mi racconti di questa esibizione e qual è il tuo ruolo?
Lo spettacolo che ha per titolo “Francesco,
lo primo frate minore” è un progetto che va avanti da 5 anni e ogni volta
aggiungiamo, modifichiamo delle cose e ci sono delle formazioni diverse. In
passato l’abbiamo fatto anche con un coro di bambini, una cosa molto grande.
Quello che faremo adesso, questi tre giorni, a Narni, a Terni e ad Acquasparta,
è una formazione un po’ ridotta, non ci sarà il coro, però ci saranno 4
cantanti. Io sono l’unica cantante jazz e le altre 3 sono cantanti liriche.
Poi ci sono due attori, Paolo Lorimer e Cristina Borgogni, c’è l’arpa
gotica e c’è l’organo portativo e strumenti di base che fanno parte
dell’ensemble barocco, però il materiale musicale dello spettacolo è molto
vario. Passa dalla musica medievale alla musica di Ennio Morricone, da Franco
Battiato a Cat Stevens e il tema è ovviamente san Francesco e santa Chiara e in
queste musiche, in queste canzoni noi abbiamo sostituito i testi originali con
le preghiere di san Francesco. A volte dette in inglese, questo perché
l’inglese si presta di più a
brani che nascono come i classici del pop inglese,
come ad esempio Cat Stevens e Simon & Garfunkel. Però è una cosa
ibrida, un po’ visionaria che è nata dalla progettualità di Carla Zanin e di
Federico Bardazzi che è il direttore della Ensemble San Felice, con cui
l’abbiamo realizzato.
Altri progetti dopo questi 3 giorni
dedicato a san Francesco?
I progetti più jazzisti sono quelli relativi
soprattutto agli ultimi due dischi che sono usciti a mio nome, che in realtà
uno è del 2021 ed è “Pagine vere”. Un progetto composto da me, dal
pianista Giovanni Ceccarelli e dal chitarrista genovese Luca Falomi. Ceccarelli
è originario di Fermo, nelle Marche ma ha vissuto molti anni a Roma e adesso fa
base a Parigi. “Pagine vere” sono tutte composizioni di Giovanni Ceccarelli,
molte con i testi miei e alcune con i testi di Max De Tomassi, il conduttore di
“Brasil”, un appassionato del Brasile, ma anche di autori da tutto il mondo.
C’è un testo dal Brasile di Andrè Carvalho, di Stephane Casalta dalla
Corsica e di Ciara Arnette dall’America e l’unico brano che non è stato
scritto da Ceccarelli, è un brano del grande jazzista canadese Kenny Wheeler,
io misi il testo e lui la musica e si intitola “A distant call” ed è, fra
l’altro, un brano poco conosciuto nel repertorio, anzi direi sconosciuto.
L’altro disco, dedicato a Sting, l’ex Police, è stato realizzato con il
trio con cui sono da diversi anni, quindi Piero Frassi al pianoforte, Gabriele
Evangelista al contrabbasso e Bernardo Guerra alla batteria. Piero Frassi non
suona solo con grandi jazzisti, ma anche con Andrea Bocelli e il figlio Matteo.
Gabriele Evangelista e Bernardo Guerra li abbiamo visti in TV nel programma di
Stefano Bollani e Valentina Cenni “Via dei matti n° 0”.
Come mai hai voluto rendere omaggio a
Sting?
Perché io in realtà nasco come cantante
pop. Ho iniziato a 14 anni ovviamente con il pop, dico ovviamente perché ci
sono cantanti che nell’adolescenza iniziano con il jazz, ma nella maggior
parte dei casi si parte dal pop, quindi il soul e il funky e poi si approda al
jazz. Questo è stato il mio iter e soprattutto intorno ai 20/25 anni rifacevo
molto le canzoni di Sting e dei Police e Sting stesso è molto vicino al jazz,
si è sempre circondato di grandissimi jazzisti, tra cui il pianista Kenny
Kirkland, ma non solo. Ha flirtato molto anche con autori che non sono jazz ma
sono molto legati al jazz, come il compositore di colonne sonore Michel Legrand.
Infatti nei due dischi dedicati a Sting, in ognuno c’è un brano di Michel
Legrand, con la scusa che Sting l’aveva cantato. Tra l’altro, nel primo di
questi due dischi dedicati a Sting, quello che ha per titolo “Shappe of my
hear”, uscito nel 2019, c’era il brano “The windmills of your mind”,
chissà, forse perché il disco è uscito quando Michel Lagrand è venuto a
mancare e moltissimi hanno cercato i suoi brani su Spotify e la canzone ha
raccolto tantissime visualizzazioni e ascolti streaming. Siamo oltre i 615 mila.
I tuoi genitori come hanno preso la scelta
di dedicarti alla musica?
Mia mamma, che è quella da cui ho ereditato
la passione per il canto, perché lei ha sempre cantato, anche al lavoro, dietro
ai fornelli del ristorante, è quella che è stata sempre più preoccupata per i
viaggi di notte per andare a cantare chissà dove, poi magari ritornare indietro
all’alba. Invece mio padre è stato quello che mi ha sempre appoggiata fin da
quando avevo 14 anni, cioè quando sono entrata nella mia prima band e quindi
l’ha presa benissimo direi. Mia madre mi chiede ancora oggi: “Ma quando
smetti di andare in giro a cantare?”. “No, mamma – rispondo sempre – non
posso smettere perché poi cosa insegno ai miei studenti?”. Molte cose si
leggono sui libri, molte le troviamo nelle master class, ma il più delle cose
si imparano sul campo, quindi è importante continuare a farlo.
Tu sei anche compositrice. C’è un
momento della giornata più fertile per comporre?
Ogni momento è buono, non
c’è un momento particolare. Magari mi viene un’idea mentre mi lavo i
capelli e la fisso con il cellulare.
Dopo una esibizione, temi più il giudizio
del pubblico o della critica?
Alla stessa maniera quella dell’esperto,
come quella dell’avventore casuale. Io sono
sempre stata molto in ansia nonostante siano passati così tanti anni,
c’è sempre, e forse è il bello di questo mestiere, il fatto di essere sempre
proteso verso un ideale, non dico di perfezione, ma di dare il meglio di se, che
è quello che mantiene l’entusiasmo sempre vivo.
Ti sei esibita anche all’estero. Qual è
il pubblico più caloroso, più attento che è venuto ad ascoltarti?
Non saprei, perché in realtà è vero che
all’estero, quando c’è una bella formazione musicale, ti apprezzano molto,
anche molti turisti che sono in Italia, dopo una esibizione vengono a dirti:
“It’s beautiful, thanks”. Però è anche vero che la persona che non si
intende di jazz, che capita lì per caso, tante volte se gli arriva una emozione
profonda, sente il bisogno di dirtelo e penso che sia una cosa caratteriale, che
dipenda dalla persona più che dalla nazionalità.
Hai mai lavorato per solidarietà?
Moltissimo. Ci tengo a dire che canto
spessissimo per l’associazione donatori di musica, che è una associazione di
medici oncologici, fondata da Maurizio Cantore che adesso è all’ospedale di
Mantova, insieme ad Andrea Mambrini, che tuttora è all’ospedale di Massa.
Grazie al pianista Simone Soldati, direttore del festival Lucca Classica Music,
che mi ha fatto conoscere questa associazione 11 anni fa e grazie anche
all’amicizia che è nata con questi medici, io spesso mi ritrovo a cantare nei
reparti di oncologia per i malati che sono ricoverati lì. L’ultimo concerto
che ho fatto per loro, è stato in dicembre e ho portato con me anche un coro di
undici persone, nella piccola sala dei concerti, con il pianoforte e abbiamo
trovato tanta attenzione e voglia di ascoltare musica, in un posto così
delicato, come quello del reparti di oncologia.
Hai un sogno artistico?
Stavo parlando in questi giorni con un mio
amico brasiliano che lavora al Conservatorio di La Spezia. Se mi chiedi un sogno
artistico, ti potrei dire di cantare le canzoni di Ivan Lins, cantante e
musicista brasiliano.
Ad un ragazzo che si avvicina alla musica,
che consigli daresti?
Di cercare di conoscere e ascoltare il più
possibile la musica, di riscoprire l’ascolto, anche se viviamo in un’epoca
di ascolti distratti. Di affezionarsi ai dischi, perché appunto nell’epoca
della musica liquida, spesso si hanno miliardi di mp3 che non si sanno
collocare, invece noi che eravamo della generazione dei dischi, sapevamo quanto
fosse prezioso un disco, poi prima
di passare al successivo, lo finivamo e diventava trasparente il vinile, da
quanto lo ascoltavamo. Poi deve essere in qualche modo ossessionato dalla
passione per la musica, perché non si impara andando un’ora a lezione e poi
studiando qua e là durante la settimana, ma si impara con amore, che ti porta
ogni giorno a voler scoprire, saperne di più e quindi onnipresenza quotidiana
della musica nella tua vita.