Mita Medici (attrice) Roma 11.11.2003
Intervista di Gianfranco Gramola
"Quando
posso, adoro viaggiare, andare, muovermi e conoscere un po’ il mondo. Amo
andare in posti caldi e isole deserte e poi amo le piante"
Il
debutto cinematografico di Mita Medici, nata a Roma nel 1950, avviene nel 1969,
con il film "Estate", con Enrico Maria Salerno e il secondo film è
stato "Pronto ... c'è una certa Giuliana per te", con la regia di M.
Franciosa. Poi ancora "Colpo di sole", "Come ti chiami amore
mio" e "Plagio", sulla realtà dei movimenti universitari degli
anni '70. Per la televisione la troviamo in "Coralba", con
Rossano Brazzi. Nel 1973 interpreta "Ciao Rudy", di Garinei e
Giovannini. Nel 1974 il grande successo televisivo con "Canzonissima".
Quindi, sempre per la televisione, "Il Barone e il servitore", con
Franca Valeri. Ancora per la televisione, l'operetta "Al cavallino
bianco", con Gianrico Tedeschi, Paolo Poli e Tony Renis. Torna al teatro
con "Don Giovanni e il Faust", di Grabbe e "La commedia degli
errori" con G. Zanetti. Nel
1978 per la regia di Giancarlo Cobelli "Il mercante di Venezia", di
Shakespeare. In quell'anno decide di partire per l'America dove rimarrà
più di un anno, frequentando prima il "Lee Strasberg Theatre Institute"
e poi "L'Actors Studio". Al ritorno in Italia nel 1980 interpreta
Angelica nel "Gattopardo" regia di Enriquetz. Per la regia di A.
Camilleri "Ottocento volte no", novità italiana, con C. Hinterman, S.
Rubini, M. Venturiello Successivamente per la regia di T. Russo "Sogno di
una notte di mezza estate". Nel
frattempo interpreta per la televisione vari sceneggiati, tra cui "Il
Signore di Ballantrae" e "Il progetto Atlantide". Continua ad
andare periodicamente a New York per frequentare l'Actor's Studio e vedere nuovi
spettacoli, da dove porta un divertente e amaro testo che tradurrà ed adatterà
in italiano con il titolo di "Chiacchiere". La drammaturgia
contemporanea la conquista e interpreta "Ugo", di C. Vistarini, con
Alessandro Haber e "Fenomeni non ancora classificati", di A. Gavino
Sanna, di cui è anche regista. Poi "Il giocattolaio" e "Quai
Ouest" . il tutto inframmezzato dalla televisione. Conduce il sabato e la
domenica di Rai Due per mesi con il titolo di "Sereno variabile". Per
due anni è la padrona di casa di "Detto tra noi" (oggi "Cronaca
in diretta"), sempre su Rai Due. Ha condotto per il digitale di Telepiù la
trasmissione "Dammi un'idea" in cui con un ospite famoso della sua
generazione ed un pubblico di ragazzi dai 17 ai 25 anni si cerca un dialogo
generazionale fra il serio e il faceto. Alla fine del 1997, entra nel seriale di
Rai Tre, "Un posto al sole" come guest-star, ora ne è una delle
protagoniste. Al Festival Teatrale della Lombardia è presente con "Il
padre" di A. Strindberg. Debutta in Italia il 25 Settembre 1999 al Teatro
Piccinni di Bari con la "Fedra" di Ghiannis Ritsos e partecipa al
sceneggiato in due puntate su Rai Uno "Morte di una ragazza perbene".
Ha detto:
-
Ai
tempi del Piper ero una bambina, una ragazzaccia. Dio, che periodo fantastico.
- Per
andare in discoteca mettevamo minigonne, vestiti comprati ai mercatini,
riadattati e soprattutto tagliati. Le persone “bene” ci apostrofavano con
“Non c’è più religione, perché non escono direttamente in mutande?”.
-
I
divani, al Piper, li usavamo soprattutto per pomiciare.
Curiosità
-
Il
suo nome vero è Patrizia Vistarini e ha una sorella di nome Carla.
-
Tra
gli anni 1991-93 è stata tra le fondatrici dell'Associazione Culturale "Lo
Studio" punto di riferimento tra le diverse realtà del Teatro e del
Cinema, in cui si promuovevano incontri tra gli autori, gli attori, i registi ed
i produttori e organizzando letture di testi inediti nello spazio teatrale del
Palazzo delle Esposizioni di Roma, con enorme affluenza di pubblico oltre che di
addetti ai lavori.
-
E’
testimonial di un associazione che si chiama ANT (Associazione Nazionale Tumori)
che cura l’assistenza medica domiciliare ai malati di tumore.
-
Ha
vissuto alcune storie d’amore famose, le
più intense sono state con Franco
Califano, il cantante e il tennista Adriano Panatta.
Intervista
E’ nella sua splendida casa, con vista sul
Cupolone di San Pietro. E’ molto simpatica e quando parla è un fiume in
piena.
Una
curiosità, mi spieghi com’è nato il nome d’arte Mita Medici?
Quando
ho fatto il mio primo film, c’era un art - director molto famoso, all’epoca,
perché faceva tutti i film di Visconti e di Fellini, ecc… che si chiamava
Pietro Gherardi e gli è venuta questa illuminazione, cioè Mita da mito e
Medici che è un cognome difficile da dimenticare.
Parliamo
un po’ di Roma. Mi raccontami la tua infanzia?
Sono
nata nel quartiere o meglio, nel rione Monti, bellissimo posto. Poi sono stata a
Monteverde, dove ho fatto la scuola e ho passato l’infanzia. Ecco,
quest’ultimo è un periodo che ricordo con molto affetto e in cui amavo molto
Roma, la mia città. Devo dire che ultimamente Roma è diventata ancora più
bella, più accogliente, piena di eventi culturali e divertimenti per tutti i
gusti e per tutte le età. E’ fantastica e non sono la sola a dirlo. A desso
vivo vicino al Vaticano e quindi sono sotto l’ala protettrice, diciamo così,
in modo ironico, del Santo Padre. Insomma ricordo una Roma meravigliosa. Ho un
bel ricordo di un’infanzia felice in questa meravigliosa città. Ricordo le
lunghe passeggiare e gli amici di allora. Poi, questi quartieri sicuramente
anche privilegiati sotto certo aspetti, nel senso che allora Roma era più
tranquilla. Ricordo benissimo una Roma più tranquilla e con meno traffico e
paragonandola ad oggi la trovo impressionante.
Un
angolo di Roma che ami?
C’è
un angolo ed è a Trastevere, ma non nella zona più affollata, ma nella parte
ad di qua di viale Trastevere, dove ci sono delle stradine meno battute, quelle
viuzze. E’ un angolino molto bello, dove ci andavo spesso a prendere un caffè
con mio padre e dove poi chiacchieravamo con degli amici. Conoscevo tutti gli
artigiani della zona ed era come stare nella vecchia Roma. Lì, il tempo,
sembrava che si fosse fermato.
Cosa
provi nel tornare a Roma dopo una lunga assenza?
Beh,
guarda, io vado sempre volentieri fuori Roma, nel senso che amo viaggiare,
spostarmi e tutto il resto, però poi quando so che sto per tornare nella città
eterna, provo una grande gioia, a parte il fatto che c’ho la casa, il mio
lettone, ecc…ma anche all’aeroporto c’è un grande cartello con su scritto
“Mita” (risata). Ci torno molto volentieri, comunque, anche perché so che
rivedrò gli amici, andrò a mangiare in qualche ristorantino che conosco e dove
mi conoscono. Torno con grande piacere, perché Roma è una città fantastica.
Più viaggio e più mi rendo conto, con tutte le problematiche che possiamo
avere, sia come paese Italia, che come città Roma, siamo grandi, non so come
dire. Abbiamo un’umanità che, speriamo di non perdere.
Cosa
ti manca di Roma quando sei via?
Guarda,
siccome io mi entusiasmo molto durante i miei viaggi, non è che pensi
particolarmente a Roma. Penso comunque che mi mancano più gli amici che la città,
sono più gli affetti che mi mancano. L’unica cosa è che spero di non
trovarla troppo cambiata, al mio ritorno, non si sa mai. Parti per un po’ e
non sai mai che cosa puoi trovare, siccome sto via anche periodi piuttosto
lunghi, perché ho vissuto anche in America. Penso che se uno vive fuori, deve
vivere bene in quel posto, deve ambientarsi, adattarsi e cercare di conoscere
usi e costumi locali e poi portarsi dentro i ricordi, è chiaro. Però le
passeggiate romane, i tramonti, il tramonto a Castel Sant’ Angelo sono cose
incredibili, introvabili.
I
romani, pregi e difetti?
I
romani sono pieni di difetti, però guai se mancassero i romani, credo che il
mondo perderebbe qualcosa, uno spirito da non prendere troppo sul serio, diciamo
fra virgolette, la vita e i problemi di tutti i giorni, i guai. Roma è un po’
orientale, parlo come romani, come il sud dell’Italia, che ha la fama di
essere fatalista, di arrangiarsi. Bisognerebbe farlo il meno possibile, lo so,
ma purtroppo siamo costretti ad arrangiarci per arrancare, per campare. Ma lo
facciamo sempre con un sorriso, con uno spirito gioviale. Poi bisogna ricordare
che siamo stati i padroni del mondo, per un bel periodo.
Come
vivi la Roma by night?
Ogni
tanto la vivo, ma non moltissimo. Ogni tanto mi invitano oppure esco quando mi
va di ballare, ecc… La Roma by night a volte è abbastanza caotica, mai come
di giorno, comunque. Io amo stare in compagnia, in mezzo agli amici, però
quando trovo troppa folla nel posto in cui vado, me la svigno, perché non mi
piace troppo la folla. A Roma quando si trova o si scopre un localino carino e
accogliente, dopo un breve passaparola, diventa un ammasso di gente, una cosa
esagerata. Allora preferisco andarci nelle serate più tranquille e quindi evito
di andarci il venerdì e il sabato. Ci vado per ascoltare la musica, per stare
tranquilla con gli amici, parlare e per fare questo, ho bisogno di spazio.
Oppure, altra alternativa della Roma by night, starsene a casa, a cena, con
degli amici.
Parliamo
un po’ della tua carriera. Chissà quante soddisfazioni, eh?
Sono
tante e varie. Io sono una che vive sugli allori, nel senso che quello che verrà
mi va tutto bene. Quello che ho avuto fino ad adesso mi ha dato molta
soddisfazione. Altra gioia è stata il premio che mi è stato dato quest’anno
Al Cairo, per il teatro, un premio alla carriera internazionale. E’ stata una
grande soddisfazione, anche perché è un premio molto serio ed ambito. Poi c’è
il pubblico che mi apprezza e delle persone che mi fermano per la strada
congratulandomi per la bravura e la professionalità. Queste sono tutte grandi
soddisfazioni, come i premi e i riconoscimenti, chiaramente. E’ bello quando
il pubblico ha capito tutto sia di me, che dello spettacolo che ho fatto.
Com’è
nata la passione per lo spettacolo, Mita?
E’
nata con me, nel senso che era già nel mio “Dna” e poi, fra l’altro, mio
padre era attore, Franco Silva, per cui ho frequentato teatri di posa, set,
ecc… e quindi era gia nella mia indole e poi sono cresciuta grazie a queste
fantasmagoriche frequentazioni. Comunque fin da piccola facevo gia le mie
piccole recite con grande passione e trasporto.
I
tuoi genitori che futuro sognavano per te?
Sinceramente
non gliel’ho mai chiesto, a dire la verità. Mio padre, purtroppo, non c’è
più, però penso che siano stati soddisfatti, forse pensava qualche insicurezza
in più, poiché nel nostro mestiere poi è sempre molto sul chi va là, non si
sa cosa viene dopo, insomma. Però credo che siano fieri di me. Me lo auguro,
almeno, sia nel bene che nel male, in fondo uno fa quello che vuole, che gli
piace, che gli riesce meglio e poi fin che ci siamo, le cose possono avvenire,
non hanno limiti e poi ci crediamo mortali.
La
cosa più cattiva che hanno detto su dite?
Tanto
tempo fa, facevo uno spettacolo in televisione e facevo anche uno spettacolo
teatrale e un invidioso disse che era come fossi in “un’eterna primavera”.
A parte che erano talmente tanti anni fa che lo era sicuramente, ma è stato
detto in modo che a me sinceramente, ha dato fastidio. Me lo disse nel senso che
poi ancora dovevo spiccare il volo, in qualche modo. Siccome era da un pezzo che
avevo spiccato il volo, questa persona mi era sembrata un pochino indietro,
questo critico, al quale poi scrissi lettere di fuoco era un critico de: “Il
Tempo!” Però posso dire, con grande soddisfazione, che Moravia scrisse cose
meravigliose di me, parlando del personaggio Mita Medici. E’ chiaro che noi
siamo soggetti alle critiche, ai giudizi dettati da sentimenti personali.
Quando
non lavori quali sono i tuoi hobby?
Quando
posso, adoro viaggiare, andare, muovermi e conoscere un po’ il mondo. Amo
andare in posti caldi e isole deserte e poi amo le piante. Ogni tanto disegno e
invento
gioielli, cose che faccio io, quando ho tempo e voglia di rilassarmi. Dicono che
io sia molto creativa. Ho bisogno di fare e vedere le cose fatte, di andare in
giro a vedere la gente, perché io assorbo molto, vedo, imparo e mi serve per
quello che devo fare poi con i miei personaggi che poi faccio in teatro. Per me
un hobby può essere anche quello di fare lunghe passeggiate per Roma per
esempio. E poi sono anche testimonial di un associazione che si chiama ANT
(Associazione Nazionale Tumori) che cura l’assistenza medica domiciliare ai
malati di tumore e io cerco di fare quello che posso.
Il
tuo tallone d’Achille?
Il
tumore, no, no, scherzo. E’ una pessima battuta. Il mio tallone può essere
l’emozione in certe cose private, praticamente sono troppo sensibile e allora
divento molto più dura di quello che sono.
Gaffe?
Eccome
se ne ho fatte, però ho il potere di rimuovere le cose negative. Comunque cose
non gravi da scombussolare la mia esistenza. Una è stata bellissima, ma non mi
va di parlarne perché se n’è parlato già troppo.
Com’è il tuo rapporto con la Fede?
Con
la Fede non ho un grande rapporto, nel senso che ho fede nel prossimo,
nell’educazione umanistica e poi chiaramente in qualcosa che probabilmente ci
attacchiamo, anche perché forse ne abbiamo bisogno. Ma è tutta una cosa molto
personale. Non è certo seguendo quello che può essere un discorso cattolico,
ecumenico. Ecco, quello proprio non lo condivido. Sono anticlericale.
Quali
sono le tue paure?
Sono
tante. Di fare degli errori nelle scelte di lavoro, nell’offendere delle
persone che amo. Ma non ho paure da cui scappare. Una volta avevo paura
dell’aereo, ma adesso l’ho superata. Ma questo credo che possa essere una
questione di periodi, quando uno è più sensibilmente provato ha paura di
tutto. Avevo anche paura di prendere l’ascensore, in un periodo della mia vita
e quindi non andavo a trovare degli amici che stavano all’ottavo piano,
altrimenti morivo, nel senso che dovevo farmi otto piani a piedi. Invece adesso
è un periodo che non ho grandi paure, anzi, a me piace scoprire qualcosa di nuovo ed eventualmente affrontarle ed
andare all’avanscoperta.
Un
tuo sogno nel cassetto?
Ne
ho 10.000, caro Gianfranco. Ho una voglia matta di tornare al cinema, in un
certo modo. Questo è il mio sogno vero con la quale io sono nata e che ritengo,
dopo il teatro, essere la mia più grande passione. Fare cinema italiano e
internazionale. Sai, in Italia, purtroppo, fanno certi film dove alcuni sono
belli e altri no e quindi mi piacerebbe farne uno che resto nella memoria degli
spettatori. Ma non precludermi molto, un attore deve saper fare di tutto,
altrimenti uno si chiude in
quel tipo di cinema e non va bene. La commedia all’italiana non è che
sia il massimo. Il cinema internazionale mi piacerebbe e mi attira, anche con il
fatto dell’Europa, adesso ci sono maggiori possibilità di fare delle cose che
non siano racchiuse nei confini italici. Anche perché è talmente una bella
espressione il cinema che se ti riesce a fare bene qualcosa e che gira per il
mondo, è meraviglioso.