Mitzi Simonetti (artista)
Roma 9.7.2024
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Essere un artista significa possedere la
capacità di dare forma e voce ai pensieri, emozioni e visioni che risuonano non
solo a livello individuale, ma anche collettivo. L'arte diventa un linguaggio
universale che permette di esplorare e comunicare la complessità
dell'esperienza umana. Un artista, ha il potere di influenzare la società, di
sfidare le convenzioni, di aprire nuove prospettive e di stimolare il
cambiamento” (dal suo profilo instagram)
L'artista Mitzi Simonetti davanti ad un suo
quadro.
Nasce a Roma dove vive e lavora. Approda alla
pittura nel 2000, fino a quel tempo aveva sperimentato altre forme d’arte.
Autodidatta approfondisce la tecnica nel 2022 con il Maestro Alessandro
Marziano. La pittura diventa parte del suo lavoro integrandosi alla sua attività
di albergatrice. Nel 2006 segnalata da Vittorio Sgarbi fa la sua mostra
personale “ Donne Fatali” promossa da IncontrArte a cura di Maurizio Caprara
e Francesco Libè a Piacenza nella sede La Casa dell’arte al Teatro - Palazzo
Scotti di San Giorgio. Nel suo lavoro va alla ricerca di una crescita interiore
e privilegia un sunto tra corpo - mente - anima. Sceglie la donna come soggetto
per eccellenza, non in una visuale omoerotica, bensì nella sua matura
femminilità annichilita a volte da stolti pensieri maschili; ne ritrae
l’essenza, niente altro. Una donna che cerca pedissequamente e trova in sé la
risposta del motivo del suo esistere , del suo esserci.
Intervista
Una curiosità. Il nome Mitzi è un
nome d’arte o è il tuo vero nome?
Mitzi non è il mio nome di battesimo, ma io
l’ho saputo a 6 anni, in prima elementare durante l’appello. Quando
chiamavano Marisa Simonetti pensavo che ci fosse un’altra alunna con il mio
stesso cognome, invece chiamavano me. All’epoca non si poteva battezzare con
un nome straniero e quindi mi aveva messo il nome di una sorella non
comunicandomelo. Sia con me che con le mie sorelle è andata così e quindi è
un nome d’arte anche se poi in realtà è il mio nome perché sono cresciuta
da sempre con il nome Mitzi. Anche sui miei biglietti da visita è sempre stato
Mitzi. Diciamo che Marisa viene usato solo nelle cose burocratiche.
Come ti sei avvicinata al mondo della
pittura? Hai qualche artista in famiglia?
Io nasco in una famiglia di artisti in
qualche modo perché mio padre è un produttore cinematografico. Io e le mie
sorelle abbiamo studiato musica e io da ragazza suonavo il pianoforte e
componevo anche colonne sonore. Diciamo che la musica mi piaceva molto, mi
piaceva comporre, ma non mi perdevo dentro la musica, dopo un po’ mi stancavo
e quindi non perdevo il senso del tempo. Invece alla pittura mi sono avvicinata
tardi, verso i 30 anni ed ero autodidatta. Ho visto il compagno di una mia amica
che era pittore e aveva fatto un bellissimo quadro, dei girasoli meravigliosi e
ho voluto provare anch’io e da lì mi sono avvicinata a quest’arte, con
indirizzo pittorico. Poi nel 2006, su segnalazione di Vittorio Sgarbi, ho fatto
la mia prima mostra personale “Donne Fatali” a cura di Maurizio Caprara e
Francesco Libè a Piacenza nella sede La Casa dell’arte al Teatro – Palazzo
Scotti di San Giorgio. Sgarbi diceva che dipingo tutte queste donne un po’
fatali. Dopo quella mostra ho cominciato a dipingere e ho cominciato
anche a vivere di questo perché vendevo quadri e tutto proseguiva bene.
Ma dopo un po’ che dipingevo mi sono stancata, colpa anche del mio carattere
un po’ particolare, molto emotivo e impulsivo. Da quel giorno non ho più
dipinto, quindi ho chiuso tutto. Tre anni fa con mio marito, abbiamo conosciuto
ad una cena un gallerista e mio marito: “Mia moglie dipinge, fa quadri
meravigliosi” e mi sono ributtata nella pittura e a quel punto ho preso delle
lezioni per approfondire la tecnica con i maestro Alessandro Marziano, qui a
Roma e ho cominciato a dipingere. Prima ero autodidatta e facevo una fatica
enorme e come fissavo i segni della matita sulla tela, quando andavo a
dipingere, si cancellava tutto ed era molto faticoso. Chiaramente apprendendo la
tecnica per me era tutto più semplice e molto più facile imprimere sulla tela
quello che mi passava per la testa, quello che volevo fare. Ho fatto le mie
prime mostre e il mio soggetto principale è quello femminile.
I tuoi genitori come hanno preso questa
tua scelta artistica?
Mia madre non ce l’ho più da quando ero
bambina. Mio padre ha 97 anni ed è molto felice per me. Non è la mia primaria
professione perché io gestisco un albergo, quindi fondamentalmente faccio due
lavori. Mio padre è legato all’arte ed è un amante dell’arte e di tutto ciò
che ne consegue e di conseguenza e molto felice.
L'artista Mitzi Simonetti davanti ad un suo
quadro.
Com’è nata la scelta di avere come
soggetto la figura femminile? E’ stato per distinguerti da altri artisti?
Io credo tendenzialmente che il mondo
interiore della donna sia un mondo meraviglioso, che purtroppo oggi è coperto
da tanti concetti e da tutta questa modernità. Io vado ad esplorare la
femminilità e la ricerca perché secondo me la femminilità della donna oggi
viene riconosciuta nella capacità di sedurre, di essere seducente. Invece io
credo che andrebbe riconosciuta nella gentilezza, nell’accoglienza, nella bontà
d’animo, nella sua vera natura compassionevole che poi è
quella anche di maternità. Oggi trovare donne anche gentili
è molto difficile, me compresa, è tutto rovesciato, tutti i principi e
tutti i valori sono al contrario, le donne sono aggressive, gli uomini sono
diventati debolucci, quindi c’è un mondo rovesciato quello che sto vedendo.
Io da anni sto facendo un percorso spirituale di un’antica disciplina cinese
che si chiama Falun Gong, chiamata anche Falun Dafa, basata su verità,
compassione e tolleranza, nel quale tu fai un percorso verso la bontà
allineandoti ai principi dell’universo che sono appunto verità, compassione e
tolleranza. Chiaramente quei principi universali di amore, di altruismo e di
tutto ciò che è meraviglioso, oggi è difficile riscontrarli, ce n’è una
piccola parvenza che si percepisce. Tornando alla pittura, io prima facevo
astratto, ora non lo faccio più perché l’energia e la materia secondo me
sono la stessa cosa, cioè l’astratto incarna tutto ciò che è
un mondo confuso, pensieri
confusi e credo che poi tu riporti in casa quella confusione come energia, che
è tutt’altro che buona. Poi oggi andiamo a vedere tutto ciò che viene
rappresentato spesso è legato a cose molto lugubri, sangue, teschi e cose
brutte. Io sto facendo un percorso al contrario, ispirata dal Rinascimento la
dove faccio comunque una fatica enorme perché sono bombardata da tutto ciò che
è modernismo, di quello che viene da fuori.
Quindi qual è il tuo percorso?
Il mio percorso è cercare di fare del mio
meglio nella tecnica e nella semplicità perché per me l’arte si riconosce
nella semplicità perché quando ti emoziona nelle cose semplici, pulite e buone
è il massimo. Il mio percorso è anche quello di arrivare a dipingere divinità,
di tornare alla connessione con il divino anche nell’arte, perché secondo me
l’arte è un dono divino, quindi credo che sia molto importante rispettarlo.
Quindi ho scelto la donna perché poi alla fine è la massima espressione
dell’amore. Poi è un mondo complesso e pieno di mille sfumature.
Con quale spirito contempli le tue opere?
Quando ho finito un quadro sono soddisfatta,
poi sono scontenta e quando lo riguardo alla fine penso che devo migliorare.
Sicuramente i quadri che dipingo fanno parte di me, di tutto ciò che è la mia
emotività, quindi ne riconosco una parte affettiva, però sono molto
autocritica.
Un pittore diceva che quando era ispirato
saltava i pasti. A te è mai successo questo?
Quando sono ispirata perdo il senso del
tempo, quindi è vero questa cosa. Ecco perché ti dicevo prima
che con la musica non perdevo il senso del tempo. Io componevo, suonavo
il pianoforte ma dopo un po’ mi stancavo. Invece nella pittura, mi devono
chiamare perché rimango lì e può arrivare notte e giorno e vado ad oltranza.
I tuoi ritratti li dipingi a fantasia o ti
servo di una modella?
Solitamente vengo ispirata dalle immagini che
vedo, che mi colpiscono e che poi vado a prenderne dei particolari o a
interpretarla a seconda della mia visione poetica.
L'artista Mitzi Simonetti davanti ad alcune
sue opere.
Di arte si vive o si sopravvive?
Io devo dire che sono fortunata perché i
miei quadri li vendo, sono collezioni anche importanti e quindi sono soddisfatta
del mio operato e della mia riuscita. Però credo
che oggi per gli artisti sia difficile anche perché il mondo dell’arte
è strano ed è difficile riconoscere l’artista e poi perché oggi è tutto a
pagamento. Io ci sono cascata un paio di volte perché tu per fare una mostra
devi pagare per partecipare. Io all’inizio pensavo fosse normale, invece
quando ho capito che bisognava pagare, ho litigato con diverse persone che prima
mi avevano contattato sui social dicendomi: “Ho visto le tue opere, sei
bravissima. Perché non partecipi a delle mostre?”. Poi siccome io non vivo di
questo perché ho un altro lavoro primario, quello di albergatrice, ho detto:
“ Facciamo una cosa, vi do il mio quadro, io prendo il 20 % e a voi resta
l’80 % sulla vendita. Siete collezionisti e penso che nessun artista vi offra
questo”. Ho litigato un po’ con tutti e pensavo ad un giovane artista come
fa a farsi conoscere. Quelli che si comportano così, io non li chiamo curatori
di mostre ma parassiti. Quindi il
mondo dell’arte oggi è particolare e non credo sia così facile per un
artista emergere e questo mi addolora perché ci sono tantissimi talentuosi che
rimangono lì perché alla fine è tutto marketing.
Qual è il momento della giornata più
fertile per creare le tue opere?
Il momento migliore è il pomeriggio. Dopo
che la mattina ho lavorato e fatto le mie cose, nel pomeriggio mi dedico alla
pittura.
Dove hai lo studio?
Ho il mio atelier in via Santa Giovanna
D’Arco, vicino piazza Navona.
Quali sono le tue ambizioni, i tuoi
obiettivi?
Io vivo molto del caso e penso che tutto deve
fluire tranquillamente e naturalmente. Però l’obiettivo più importante è
approfondire la mia ricerca artistica e raggiungere una maggiore consapevolezza
di me stessa e del mio lavoro in modo da poter
comunicare in maniera più autentica ed empatica attraverso i miei
lavori, i miei quadri, la mia arte, quello che faccio. Io sono fatalista e penso
che ci sia un disegno divino per tutti, quindi il mio obiettivo è emozionare le
persone. Se riesco in quello per me è già fatta.
Hai ricevuto parecchi riconoscimenti. Ce
n’è uno a cui tieni in modo particolare?
No, in modo particolare, no. Diciamo che ho
partecipato un po’ per caso, per gioco e per
vedere che cosa succedeva, però non sono legata a questi riconoscimenti. Si, mi
fanno piacere però a dire la verità, ne sono molto distaccata.