Paolo Triestino (attore e doppiatore)
Roma 4.11.2020
Intervista
di Gianfranco Gramola
“All’accademia d’arte drammatica fui
bocciato e quindi la mia scuola è stato il palcoscenico. Meno male che sono
stato bocciato perché non avrei avuto una formazione così importante fin da
subito”
Paolo Triestino è
nato a Roma il 1° febbraio del 1959.
Debutta
nel 1978. Nei primi anni ottanta collabora con Gabriele Lavia, prendendo parte a
cinque suoi spettacoli: Amleto, I masnadieri, Il principe di
Homburg, Don Carlos e Spettri. A partire dalla metà degli anni
novanta si dedica soprattutto alla drammaturgia contemporanea. Attore attivo
soprattutto in ambito teatrale e in televisione, occasionalmente è stato
impegnato come doppiatore.
Teatro (alcune commedie teatrali)
Trote, regia di E. Erba - Ben Hur, regia di
G.Clemente – Muratori, regia di E. Erba - Fausto e gli sciacalli, regia di
Pistoia e Triestino - La cena dei cretini - Il rompiballe.
Cinema
Con gli occhi chiusi (1994)
- Viaggi di nozze (1995)
- Gallo cedrone (1998)
- Panni sporchi (1999)
- E adesso sesso (2001)
- Il pranzo della domenica
(2003)
- Il ritorno del Monnezza (2005)
- Il mio miglior nemico (2006)
- Benur - Un gladiatore in affitto
(2013)
- Ti sposo ma non troppo (2014)
- Si accettano miracoli (2015)
- Il mio nome è Mohammed (2018)
Televisione
I ragazzi del muretto - serie TV (1993) - Pazza famiglia
serie TV (1995) - Il maresciallo Rocca
- serie TV (1996) - Il caso Graziosi
(1996) - La
villa dei misteri - miniserie
TV (1997) - Amico mio - serie TV (1998) - Tutti gli uomini sono uguali
- serie TV (1998) - Commesse - serie TV (1999) -
Non lasciamoci più - serie TV (1999) - Villa Ada
(1999) - Don
Matteo - serie TV (2000) - Provincia segreta - serie TV (2000) - La
casa delle beffe -
miniserie TV (2000) - Una donna per amico - serie TV (2001) - Per
amore per vendetta -
miniserie TV (2001) - Il commissario - serie TV (2001) - Finalmente
soli - serie TV (2001) - Non lasciamoci più - serie TV (2001) - Distretto
di polizia -
Serie TV (2006) - Ma il portiere non c'è mai? - serie TV (2002) - Le
ragazze di Miss Italia - film
TV (2002) - Orgoglio - serie TV (2003-2006) - Benedetti dal Signore
- serie TV (2004) - Con le unghie e con i denti
- miniserie TV (2004) - Imperia, la grande
cortigiana - film
TV (2005) - Regina dei fiori
-
miniserie TV (2005) - Caterina e le sue figlie - serie TV (2005) - Padre
Speranza film TV (2005) - Casa Vianello - serie TV (2006) - Domani
è un'altra truffa - film TV (2006) - Un ciclone in famiglia - serie
TV (2007) - Di che peccato sei?- film TV (2007) - Mogli a pezzi
- miniserie TV (2008) - Vita da paparazzo
- miniserie TV (2008) - VIP
- film TV (2008) - Crociera Vianello
- film TV (2008) - Fratelli detective
- film TV (2009) - Furore - Il vento della speranza
miniserie TV (2018)
Intervista
Com’è nata la tua passione per la
recitazione? Hai qualche artista in famiglia?
Mia madre recitava, da ragazza, a Gorizia.
Lei era di Gorizia e recitava in una filodrammatica, poi si è trasferita a Roma
e ha continuato a recitare nella parrocchia del quartiere. Io andavo a vederla e
devo dire che guardavo tutto questo con disincanto, perché mi divertiva, ma non
pensavo che poi avrei fatto l’attore.
Cosa pensavi di fare?
Io volevo fare il giornalista sportivo e
adoravo fare le cronache di atletica leggera. Il mio sogno era proprio quello di
diventare un giornalista e raccontare le olimpiadi o i
campionati del mondo di atletica, perché ero appassionato e scrivevo
articoli. Poi la strada, casualmente, ha preso questa decisione, ma
evidentemente c’era nel sangue. Un giorno un mio compagno di scuola mi disse:
“Paolo, ci manca Caifa nella passione di Cristo. Che fai vieni?”. Mi
intrigava, ma più che altro era per stare in compagnia e da lì è cominciata
questa avventura. Avevo 16 anni e già a 18 anni questo è diventato il mio
lavoro, un mestiere, perché
all’epoca, a 18 anni riuscivo a recitare, ad essere pagato e ad essere
inquadrato con i contributi e questo è stato un bell’inizio. Chi comincia ora
ha molte più possibilità, perché c’è il web, c’è la tecnologia, però
ci sono mille garanzie in meno.
Chi erano i tuoi idoli, i tuoi attori di
riferimento?
Io mi sono formato artisticamente con
Gabriele Lavia, perché io sono entrato in compagnia con lui che avevo 21 anni e
ci sono rimasto fino a 26, anche se prima avevo fatto tante altre cose. Però
Gabriele Lavia per me è stato proprio un maestro. A quell’epoca
mi piacevano molto Gastone Moschin, Alberto Lionello, Vittorio Gassman e Paolo
Stoppa. Poi c’erano delle attrici meravigliose come Lilla Brignone e Franca
Valeri. Ho avuto la fortuna a 20 anni di stare nella compagnia del teatro Eliseo
di Roma, che era una delle compagnie più importanti d’Italia, insieme a
Gabriele Lavia, Umberto Orsini e Rossella Falk, cominciando con poche battute, e
facendo poi bellissimi ruoli. Per me è stata una formazione artistica pazzesca,
perché io all’accademia d’arte drammatica fui bocciato (risata) e quindi la
mia scuola è stato il palcoscenico. Meno male che sono stato bocciato perché
non avrei avuto una formazione così importante fin da subito.
Com’è nata la coppia artistica Paolo
Triestino e Nicola Pistoia?
Noi ci conoscevamo da tanti anni, eravamo
amici da una vita e da ragazzi andavamo a giocare a tennis insieme. Ogni tanti
ci si vedeva, a volte mi sostituiva in uno spettacolo. Poi ci siamo persi di
vista perché lui ha fatto un percorso artistico completamente diverso dal mio,
molto anarchico, un altro tipo di teatro. Io invece per almeno 20 anni ho fatto
una carriera estremamente classica, lavorando con Fantoni, Franco Parenti e
cresciuto all’ombra di questi grandi attori, imparando, con ruoli sempre più
importanti. Arrivato ad un certo punto tutto questo non mi dava molto, non mi
bastava nonostante facessi bei ruoli e con compagnie importanti. Non ero felice
perché andare in giro per l’Italia a raccontare storie di 200 anni fa non mi
soddisfaceva. Allora ho pensato che sarebbe stato bello raccontare storie
contemporanee, storie che parlassero dell’oggi, di quello che siamo noi.
Allora ho cominciato a frequentare un po’ di più la drammaturgia
contemporanea e grazie anche a questo è arrivato tanto cinema e molta
televisione. In quell’epoca, parlo degli anni ’90, la drammaturgia
contemporanea era relegata in piccoli spazi, il teatro Argot di Roma ne era un
esempio clamoroso, perché era una fucina di talenti, di autori, di attori, di
registi e lì si sperimentavano nuove forme teatrali. Lì sono nati tanti
spettacoli teatrali come “La stazione” “ Volevamo essere gli U2”,
tra cui anche alcuni miei, che ebbero parecchio successo e che poi
paradossalmente mi portarono ad arrivare al cinema e alla televisione.
Spettacoli dove si poteva veramente sussurrare, perché erano teatri con 40
posti, invece al teatro Eliseo, con 900 posti, il tipo di recitazione è
completamente diverso. All’epoca i microfoni non c’erano e meno male, perché
li odio a teatro, quindi dovevi impostare la voce. Se veniva un regista di
cinema o di televisione diceva: “Se questo recita così, davanti ad una
macchina da presa non sarà all’altezza”. Invece questo, nei teatrini era
possibile, allora sussurravi e potevi avere una recitazione, fra virgolette, più
cinematografica. Con Nicola Pistoia mi sono ritrovato casualmente a fine 2000
con uno spettacolo. Lui mi chiamò per fare una sostituzione e cominciammo a
collaborare insieme. Il nostro primo graditissimo successo è stato “I
muratori” di Edoardo Erba, che ha avuto repliche per 16 anni. Io e Nicola
abbiamo trovato tanti testi contemporanei, magari uno più divertente di un
altro, però mai banali, con dietro un gusto retro amaro, che raccontava un
po’ di noi, di oggi, della quotidianità. Ed è il tipo di teatro che
tutt’oggi continuo ad amare di più. Adesso ho in mente un paio di progetti
che parlano proprio dell’oggi, del presente. Uno parla dell’alzheimer e
l’altro parla di disabilità, due temi drammatici, anche se è una commedia
molto divertente, ma politicamente scorrettissima.
Oltre alla recitazione, curi delle
passioni nella vita?
Io sono uno a cui piace tantissimo correre.
Ora ho un po’ di problemi ai tendini e se provo a correre per 30 minuti mi
vengono i dolori. Allora faccio delle lunghissime camminate di due o tre ore.
Prendo e me ne vado al mare e mentre cammino studio, ascolto musica e faccio
telefonate. Faccio delle belle camminate anche nei boschi e questo mi da una
gioia infinita. Mi piace scrivere, ho messo in scena un paio di cose che ho
scritto, mi piace poi tantissimo fare lavori manuali in casa…
Lavoretti di manutenzione?
Lavoretti per modo di dire, ho fatto cose
importanti come l’impianto di riscaldamento, l’impianto elettrico, quello
idraulico. So fare tutto, anche mettere le piastrelle, rifare un bagno, ecc …
mi piace molto fare queste cose. Avevo uno zio che sapeva fare tutto e mi ha
insegnato tante cose.
Hai una ossessione professionale?
Sono un rompicoglioni (risata).Sono un
perfezionista, uno meticoloso. Esagero e non me ne rendo conto. C’è stato uno
spettacolo di grandissimo successo che si chiamava “Ben Hur” dove io
interpretavo un bielorusso e per me lo studio del bielorusso è stato maniacale.
Non volevo assolutamente che qualcuno potesse dire che quello che dicevo non era
bielorusso e che non fosse credibile. Era qualcosa che trovavo un insulto al mio
mestiere non fare il massimo per poter sembrare bielorusso anche nella lingua.
Anche esagerando, però era più forte di me. Mi ricordo che ero con uno
spettacolo in Calabria e c’era una ragazza bielorussa, sposata con un
calabrese, che è venuta nel mio camerino e mi parlava in bielorusso, perché
era convinta che io fossi bielorusso, che io fossi dell’est.
Parliamo un po’ della tua città. Com’è
il tuo rapporto con Roma?
Ovviamente la amo molto, però è una città
che vedo invecchiare male, sempre più sporca, sempre più cattiva, sempre meno
poetica. Ma non è legata al fatto che sto invecchiando io, ma proprio perché
è sporca. Mi ricordo che 30 anni fa ero a Palermo a fare uno spettacolo e
vedevo la sporcizia che c’è ora qui a Roma. A Roma siamo arrivati a livelli
veramente di guardia, Roma è diventata una città allo sbando, senza più
riferimenti, culturalmente è davvero più povera e Milano è dieci volte più
avanti di Roma. La gente non è curiosa, anche teatralmente. A Milano c’è
molta più energia, più curiosità. Poi è anche ovvio che a Roma ci sono tante
cose belle, però sono più rare. A Roma abbiamo il teatro Valle che è
probabilmente il teatro di prosa più bello d’Italia, che è chiuso da dieci
anni. E’ una follia e non si parla neanche di riaprirlo.
Magari il nuovo sindaco si prenderà cura
anche di questi problemi.
Ci credo poco, Gianfranco, anche perché i
danni peggiori li ha fatti la sinistra. Per la cultura è stato un disastro,
hanno fatto uno sfracello. Rutelli per il cinema sta facendo qualcosa. Intanto
abbiamo un ministro dello spettacolo e della cultura che è Dario Franceschini,
che ha dichiarato pubblicamente che a teatro si annoia. Mettere un ministro così
alla cultura è come mettere un vegano a capo del sindacato dei macellai. Spero
che Franceschini se ne vada via il prima possibile e che venga qualcuno che
conosca e apprezzi il mondo dello spettacolo. Una volta a Roma avevamo Luigi
Petroselli e Giulio Carlo Argan che avevano dei ruoli pubblici importanti,
persone con due palle così. C’era Renato Nicolini che si è inventato
l’estate romana. Ora Roma mi intristisce pur rimanendo ovviamente una città
meravigliosa, ma è una città dove non si riesce più a fare niente. Le
Olimpiadi non si fanno, lo stadio nuovo non si fa. E’ una follia. La sai la
motivazione per cui non si fanno le Olimpiadi? Non si fanno perché c’è il
rischio che rubano. E’ vero che c’è chi ruba, ma voi che siete così bravi
, dovete controllare e fare in modo che nessuno ne approfitti.
Quali sono state le tue abitazioni
romane?
San Giovanni, in via Gallia, poi in via
Boccea e adesso sono in zona Aurelia. La cosa bella è che sono vicino a villa
Pamphili, per la mia grande voglia di camminare, quindi villa Pamphili è casa
per me.
Usi i mezzi per muoverti o prendi la
macchina?
Da tantissimi anni uso e continuo ad usare lo
scooter. Raramente uso la macchina e per entrare in centro mi muovo molto a
piedi. Parto prima e vado a piedi. Parlo di distanze di 8-10 chilometri. Se ho
fretta prendo la moto o la bicicletta.
Tradiresti Roma per vivere in un’altra
città?
In realtà si, se non facessi questo
mestiere. Però facendo l’attore mi sento così fortemente radicato a Roma.
Forse tradirei Roma con Trieste, una città che mi piace molto. Io ho un pezzo
di terra in Sabina, dove ho tante piante di ulivi, di fichi e di ciliegie.
Quando posso, scappo da Roma e passo del tempo in campagna.