Pino D’Angiò (cantautore) Riace
(Reggio Calabria) 23.3.2023
Intervista di Gianfranco
Gramola
“La musica è l’unica medicina che non fa
male, perché consola gli afflitti, tiene compagnia a chi è solo, rallegra le
giornate ed è l’unica medicina che non ha contro indicazioni”
Pino D'Angiò, all’anagrafe Giuseppe
Chierchia, è nato a Pompei il 14 agosto del 1952. Figlio dell'ingegnere
Francesco Chierchia e dell'insegnante Franca Romana, ha trascorso la sua
infanzia negli Stati Uniti per seguire il padre. Dopo aver svolto il servizio
militare, scelse di iscriversi alla Facoltà di Medicina dell'Università degli
Studi di Siena. Per guadagnare decise di esibirsi in alcuni locali. Appassionato
di musica, ha incontrato il produttore discografico Ezio Leoni che ha scelto un
suo singolo da pubblicare. Il brano di maggior successo è un rap intitolato
“Ma quale idea”. La canzone, pubblicata come singolo nel 1980, vendette 2
milioni e mezzo di copie in Italia, e 12 milioni di copie nel mondo. Premiato
nel 1980 come miglior paroliere italiano, D'Angiò si afferma in 22 paesi come
protagonista assoluto delle classifiche e viene proclamato miglior cantante
straniero in Spagna. Partecipa al Festivalbar 1981 con la canzone Un concerto da
strapazzo, e al Festivalbar 1982 con la canzone Fammi un panino. Vince la
"Gondola D'Argento" alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di
Venezia nel 1980. Nel 1996 ha partecipato al Festival del Teatro d'Autore di
Liegi, sempre nel 1996 ha partecipato allo spettacolo in mondovisione da Parigi
(La Défense) per l'inaugurazione della televisione digitale. È l'unico artista
italiano presente nel DVD World Tribute to the Funk, edito dalla Sony Music nel
2003 quale enciclopedia universale della funky music mondiale. Nel 2001, unico
italiano ad averlo ricevuto, si aggiudica negli USA il Rhythm & Soul Music
Awards. Compone tra il 1980 ed il 2009 canzoni per vari artisti tra cui Mina e
lavora per la RAI dove scrive e conduce per molti anni alcuni programmi
radiofonici e televisivi tra i più seguiti. Di un certo rilievo è anche la sua
partecipazione teatrale in commedie musicali e recital da lui stesso ideati e
anche cinematografica con un ruolo nel primo film di Giuseppe Tornatore
intitolato Il camorrista. Su invito di Oreste Lionello ha doppiato vari film di
Woody Allen, tra cui La rosa purpurea del Cairo, Broadway Danny Rose e Tutti
dicono I Love You. Pino D'Angiò nel corso della sua lunga carriera ha
effettuato diverse tournée europee: in Francia, in Belgio, Spagna, Germania ed
anche tournée extraeuropee: Cile e Argentina, Venezuela, Unione Sovietica,
Ecuador, Colombia e Bolivia, Stati Uniti d'America e Canada. Da anni lontano
dalle scene, il 16 novembre 2021 è stato ospite di Serena Bortone nel programma
televisivo “Oggi è un altro giorno” su Rai 1. In quell’occasione, con una
voce diversa, conseguenza delle sei operazioni a cui si è sottoposto a causa di
un tumore alla gola, ha ripercorso la carriera musicale. Nel 2022 esce il brano
Scandalo di Franco126, in cui D'Angiò compare come ospite speciale. È sposato
dal 1979 con Maria Teresa e ha un figlio, Francesco, nato nel 1991.
Intervista
Da studente di medicina a cantautore. Mi
racconti com’è nata la passione per la musica?
Veramente io non pensavo di fare il
cantautore, è stato un caso. Io per guadagnare qualcosa da studente, facevo dei
piccoli spettacoli di cabaret in un locale di Firenze che si chiamava “Pozzo
di Beatrice”. E lì un manager, dopo lo spettacolo, mi ha lasciato un
messaggio con scritto: “Vienimi a trovare”. Lui era di Milano e io per
arrivarci ci ho messo un anno. Poi ho scoperto che era Enzo Leoni, il produttore
di Mina, il quale mi chiese se quelle cose che facevo nei miei spettacolini
erano mie. “Si, sono mie” risposi e lui : “Vuoi fare un disco?”. Ed è
cominciata così la mia avventura nel mondo della musica, senza che io avessi
intenzione di fare quello che poi avrei fatto per tutta la vita.
Com’è nato il nome d’arte Pino
D’Angiò?
Il mio vero nome è Giuseppe Chierchia, è
terribile da pronunciare e lo sbagliano tutti. Era troppo difficile e allora su
consiglio del pianista Enrico Intra, Giuseppe è diventato Pino e questo è
normale e come cognome ho scelto D’Angiò perché suonava bene.
Con il successo di “Ma quale idea” che
ha venduto 12 milioni di copie, hai girato il mondo. Qual è il pubblico più
caldo che hai trovato?
Il pubblico più caldo che ho trovato, che tu
ci creda o meno, è quello che mi spaventa in questi ultimi anni. Io mi ero
ritirato e un Dj mi ha perseguitato chiedendomi di tornare a fare spettacoli e
mi sono ritrovato davanti tantissimi ragazzi di 20 anni, in qualunque posto dove
sono andato in questi ultimi due anni, Piacenza, Roma, Milano, Taranto, ovunque.
Io adesso ho 70 anni e vedere i locali che si riempiono di ragazzi e ragazzine,
è stata una emozione enorme. Ogni volta è come se avessi ricominciato da capo
perché li vedo sorridere mentre ballano e cantano le mie canzoni in coro e mi
sembra che abbiano capito che è a loro che devo il mio successo che 40 anni fa
è stato fatto da quelli della mia generazione e adesso nasce proprio dai
ragazzi di oggi e di questo sono orgoglioso, molto orgoglioso.
La musica, secondo te, deve solo
emozionare o anche infiammare?
La musica entra nell’intimo in qualche
maniera. La musica è l’unica medicina che non fa male, perché consola gli
afflitti, tiene compagnia a chi è solo, rallegra le giornate ed è l’unica
medicina che non ha contro indicazioni. La musica è un miracolo e un giorno
scopriremo davvero che la musica è una medicina e che bisognerebbe usarla di più
e usarla meglio perché è terapeutica. Pensa che perfino Martin Lutero, il
teologo tedesco che ha fatto nascere il protestantesimo, che era una persona
serissima, quando sentiva la musica si infiammava, si entusiasmava e faceva dei
commenti come quello che ho fatto
io, cioè che la musica da e non prende mai e soprattutto che non fa mai male.
Hai composto canzoni per tanti artisti.
Chi è il cantante che ti ha dato più soddisfazione?
Mina. Il figlio, Massimiliano Pani, mi aveva
chiesto se potevo scrivere un pezzo per sua mamma e gli ho fatto ascoltare “Ma
chi è quello lì”, canzone che all’inizio avevo scartato perché non mi
piaceva. Invece Mina ha voluto registrarla immediatamente perché le piaceva
molto. Poi la canzone composta da me e cantata da Mina, fu usata per un video
clip girato in un supermercato, dove la protagonista era la mitica Monica Vitti.
La cosa mi ha fatto un piacere enorme perché essere cantata da Mina è già il
massimo, ma poi interpretata da Monica Vitti è stata una bellissima sorpresa.
C’è ancora il video su Youtube. Una delle più grandi attrici italiane che si
mette a interpretare una mia canzone, più di questo, che vuoi?
L’ambiente dove vivi, influenza il tuo
estro artistico?
Modestamente sono sempre stato così, non ha
mai contato l’ambiente che mi circonda, anche perché non ho mai preso sul
serio questo lavoro. Se leggi la mia
biografia, trovi cose incredibili che ho fatto, dal calciatore al doppiatore di
Woody Allen su invito di Oreste Lionello, scrittore di poesie, di canzoni, di
racconti. Ho fatto un po’ di tutto ma ho avuto la fortuna di essere pagato per
fare delle cose che avrei fatto anche gratis assolutamente.
Sei tra i fondatori della Nazionale
Cantanti. Com’è nata l’idea di questa associazione benefica?
L’idea è nata anche quella per caso.
Andavamo a giocare a calcio io, Eros Ramazzotti, Andrea Mingardi, Mogol, Gianni
Morandi, Riccardo Fogli e altri
cantanti. A quei tempi giocavamo all’Arena di Milano che era chiusa e vedevamo
che la gente saltava le recinzioni per venire a vederci e Mogol disse: “Perché
non mettiamo insieme una squadra e giochiamo per beneficenza?”. Abbiamo messo
insieme una squadra di cantanti e abbiamo raccolto ben 50 milioni di euro, ossia
100 miliardi di vecchie lire e sono andate tutte in beneficenza. Con quei soldi
abbiamo costruito sale operatorie all’ospedale Gaslini di Genova, abbiamo
acquistato ambulanze, abbiamo risolto dei casi di persone che avevano bisogno di
operazioni costosissime all’estero. Insomma, abbiamo fatto il possibile per
aiutare chi aveva bisogno.
Hai ricevuto parecchi riconoscimenti. Ce
n’è uno a cui sei molto legato?
A parte la "Gondola D'Argento" alla
Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia nel 1980, miglior paroliere
sempre nel 1980, miglior artista in Spagna nel 1983 e altri riconoscimenti vari,
sono molto legato ad una lettera dell’AIDO (associazione italiana per la
donazione di organi), che mi ringraziava per i donatori di midollo osseo, che
grazie all’attività che facevo, erano passati da 22 mila e 56 mila nel giro
di un mese e questo mi ha commosso e mi ha fatto un effetto che è molto
difficile da spiegare.
Quali sono le tue ambizioni, i tuoi
progetti?
Le mie ambizioni sono semplicemente quelle di
continuare a vivere, cercando di fare quello che so fare meglio. Alla fine del
mese ho degli spettacoli a Milano, in aprile sarò a Verona e poi a Taranto, poi
a Roma e a Napoli. Giro come un matto e ovunque trovo l’affetto incredibile di
questi ragazzi e quando li vedo che cantano in coro le mie canzoni, io vorrei
abbracciarli uno ad uno, tutti quanti.
Ad un ragazzo che si avvicina alla musica,
che consigli vuoi dare?
Di scrivere sempre le canzoni che piacciono a
lui, mai che piacciano agli altri, perché se ti emozionano, allora
emozioneranno probabilmente tante altre persone. Mentre invece se costruisci una
cosa falsa pensando che commuova gli altri, non riesci a combinare niente di
veramente interessante.
A chi vorresti dire grazie?
Devo
dire grazie alla vita perché ho superato tante operazioni di tumore alla gola,
un infarto e mi è successo di tutto. Sono stato per dieci anni in condizioni
terrificanti, dove tutti mi davano sei mesi di vita ma sono ancora qua e allora
voglio lanciare un messaggio a tutti i giovani: “Ragazzi, cercate di essere
felici, è vostro dovere essere felici, non un diritto, ma un dovere essere
felici. Perché questa è la vita ed è l’unica che abbiamo. Se la gettate via
adesso, è finita. Essere felici è un dovere, quindi gustatevelo”.