Pippo
Santonastaso (attore e cabarettista)
Bologna 20.2.2023
Intervista di Gianfranco
Gramola
“Io non posso che essere soddisfatto della mia vita, ho realizzato i miei
sogni per quanto riguarda il teatro, la televisione e il cinema. Ho una famiglia
stupenda composta da due figli che fanno teatro tutti e due e quindi è una
meraviglia. Ho una moglie stupenda che conobbi durante una di quelle feste che
facevamo in casa e ora festeggiamo 56 anni di matrimonio”
Pippo
Santonastaso, all'anagrafe Giuseppe Santonastaso è nato a Castel San Giovanni
il 25 maggio del 1936. Venne scoperto artisticamente da Marcello Marchesi, in
compagnia del fratello Mario, chitarrista accompagnatore e spalla per il
fratello protagonista. Nati e cresciuti nel Piacentino, ma con una parlata che
rivelava l'origine napoletana della famiglia, i fratelli Santonastaso si
dimostrarono talentuosi nella comicità di genere demenziale, veri innovatori al
pari dei colleghi Ric e Gian, Cochi e Renato, I Gufi e altri ancora, calcando i
palcoscenici dei teatri dapprima, come il Derby Club di Milano, e di seguito
quello della televisione. Pippo, primo attore tra i due, il "comico",
utilizzava la musica quale spunto per i loro sketch comici. Nel 1970 i fratelli
Santonastaso esordirono in televisione nel programma Ti piace la mia faccia? (di
cui lo stesso Marchesi era uno degli autori) e nel 1971 parteciparono al
programma Per un gradino in più. Nel 1974 presero parte al programma Foto di
gruppo, condotto da Raffaele Pisu. Nella seconda metà degli anni settanta e nel
decennio successivo apparvero in molti spettacoli di prima serata, trasmessi
dalle principali emittenti televisive nazionali; fra le partecipazioni, quella
nell'edizione del 1977-1978 di Domenica in (Uffa, domani è lunedì), e su Rai 2
la presenza fissa nel cast del programma Gran Canal di Corrado. Pippo
Santonastaso esordì al cinema nel 1976, partecipando per un decennio a diversi
film di buon successo commerciale. Abbandonò negli anni novanta il mondo della
celluloide, salvo alcune apparizioni secondarie, per dedicarsi maggiormente al
piccolo schermo e all'attività teatrale (operette).
Intervista
Signor
Pippo, mi racconta…
Dammi
del tu.
Pippo,
mi racconti com’è nata la passione tua e di tuo fratello Mario per il cabaret
e del vostro incontro con Marcello Marchesi?
Quando
io e Mario abbiamo iniziato a fare spettacolo, il cabaret non esisteva, non
c’era ancora il nome cabaret e ovviamente non c’erano i cabarettisti.
C’erano dei ragazzi che partecipavano a delle trasmissioni radiofoniche tipo
Cochi e Renato, Ric e Gian, i Gatti di Vicolo Miracoli, io e Mario che venivamo
puntualmente invitati dai proprietari dei locali di ballo che cominciavano a
spuntare uno dietro l’altro, tipo le discoteche. Ci chiamavano per fare
spettacolo la sera, durante il ballo, si interrompeva il ballo e c’era questo
spettacolo di cabaret. Fare teatro, fare queste scenette senza aver bisogno
della scenografia era una cosa molto importante per i gestori dei locali e
questa forma di spettacolo cominciò a prendere piede e gli
impresari si inventarono il nome “cabaret”, che indicava questo
genere di spettacolo qui. La mia passione per il teatro invece è nata
tantissimi anni fa, ora ho 87 anni. Negli anni ’50 vivevamo a La Spezia e mio
papà, che era una persona molto aperta allo spettacolo e gli piaceva molto
riunire la gente in casa per fare baldoria e stare in compagnia, comprò un
registratore che era un magnetofono della Philips, ossia un registratore a filo
magnetico ed era il primo registratore messo in commercio dalla Philips per i
privati, per la gente che voleva fare delle registrazioni. Quindi non si sapeva
bene cosa fosse questo oggetto e papà lo comprò perché in questo modo ci
teneva in casa e ci faceva divertire. Comprò questo oggetto che era il 1950,
quindi molti anni fa e cominciò a
fare e registrare delle interviste al farmacista, al parroco, ecc… Pensa che
il microfono non sapevamo neanche come si usava perché allora, non essendoci
ancora la televisione, sentivamo parlare dal microfono alla radio, ma non lo
vedevamo da nessuna parte, quindi fu una scoperta il microfono e il
registratore. Attaccammo questo microfono, papà cominciò a registrare e fu una
sorpresa generale sentire la propria voce e da allora cominciammo a fare
praticamente delle riunioni, perché tutto il paese si riversava la sera a casa
nostra, perché c’era questa novità, questa cosa straordinaria che era il
registratore. Pensa che il parroco del paese veniva a fare le prove della
predica che avrebbe fatto la domenica, quindi si registrava e si risentiva e
sentiva se andava bene. C’era anche un convento di frati in quel paese e
questi frati venivano a registrare i canti gregoriani dentro il registratore per
risentire le cose belle che cantavano. Nel 1953 ci siamo trasferiti a vivere a
Bologna e anche lì il registratore era una novità, difatti noi andavamo in
giro per le case lì intorno a fare delle brevi interviste e a fare degli
spettacolini e a fare vedere le cose che avevamo imparato. Ci scoprimmo un po’
cantanti e Mario aveva imparato a suonare la chitarra e io scoprii che recitavo
bene le barzellette e facevo ridere con facilità la gente e mi misi in testa
che volevo fare spettacolo e così è stato. Abbiamo iniziato a fare spettacolo
qui a Bologna prima nei teatrini parrocchiali, molte serate invernali le abbiamo
passate inventando scenette e poi successe che Mario cominciò a scrivere delle
canzoni belle e divertenti. C’era
un cantante a Bologna che si chiamava Elio Gandolfi, un cantante nazionale che
ha vinto anche un festival di Sanremo, lui frequentava
casa mia e questo artista sentì le canzoni di Mario e gli disse: “Facciamo
una cosa, io vado alla casa discografica Carosello e voglio che tu venga con me
per far sentire le tue canzoni. Se piacciono, potrei cantarle io”. Mario andò
con lui alla Carosello, fece sentire le sue canzoni e mentre suonava, passò un
maestro di musica molto noto alla televisione, perché a quei tempi la
televisione era già entrata nelle case degli italiani. Il maestro era Aldo
Bonocore e sentendo cantare Mario disse: “Datemi l’indirizzo di questo
musicista perché Marcello Marchesi sta cercando dei volti nuovi per una nuova
trasmissione televisiva”. Mario gli lasciò i contatti e la cosa sembrava
finita lì, perché naturalmente queste cose si erano già ripetute
più di una volta di gente che prendeva indirizzo e telefono, prometteva
e poi non succedeva niente. Invece questa volta successe, perché la Rai convocò
Mario per un giorno, un lunedì, per un’audizione. Andammo a Milano, in corso
Sempione c’era l’auditorium della Rai, dico andammo perché io accompagnai
Mario perché facevo il porta chitarra per poter entrare all’auditorium e per
vedere che gli facevano il provino. Ad un certo punto entrammo in questo grande
salone e c’erano i direttori, i conduttori gli autori di questa nuova
trasmissione tutti intorno ad un tavolino che ascoltavano i ragazzi che facevano
i provini. Saranno state circa 300 le persone che si erano presentate quel
giorno. Cominciarono i provini e tutti quelli che venivano chiamati erano quasi
tutti cantanti e musicisti. Mio fratello Mario, quando fu il momento suo, gli
chiesero: “Mario Santonastaso, lei cosa fa?” e Mario: “Io scrivo
delle canzoni, le canto e faccio delle scenette con mio fratello Pippo
che è qua”. Io fui paralizzato da questa cosa e facemmo praticamente una
scenetta musicale. Mario cantava e io lo disturbavo ed eravamo seduti su una
panchina come se fossimo ai giardinetti. Un po’ come quello che fanno adesso
Ale e Franz, che su una panchina uno legge e l’altro lo interrompe
continuamente. Noi invece facevamo che Mario suonava la chitarra e io lo
interrompevo, con la differenza che noi questa cosa la facevamo nel 1970, quindi
molto prima dei cabarettisti di oggi. Il provino andò benissimo e
venimmo convocati da Marcello Marchesi che era presente in questo auditorium e
Marchesi impazzì per noi due, perché gli piacevamo molto e facevamo un genere
di comicità che era diversa dagli altri, era un po’ all’avanguardia e un
tipo di comicità che non fa nessuno ancora. Ora fanno battute una dietro
l’altra, ma nessuno fa le scenette che facevamo noi. Erano scenette molto
all’avanguardia e andammo talmente bene in quel programma che si chiamava
“Ti piace la mia faccia?” (Piripicanti, gli sconosciuti che si fanno
avanti). Noi abbiamo fatto le 4 puntate e poi Marcello Marchesi ci chiamò anche
per il programma “Per un gradino in più”, dove facevamo 18 puntate con
Gloria Paul che faceva la soubrette e il cantante Memo Remigi, con cui facevamo
un quartetto, noi due, Memo Remigi e Gloria Paul e lo spettacolo andò molto
bene e noi cominciammo a fare spettacoli e lì nacque il cabaret televisivo.
Praticamente la gente diceva: “Andiamo a vedere cos’è questo cabaret”,
perché erano le prime serate che noi facevamo nei locali da ballo. Poi da lì
passammo alle feste di piazza all’aperto e la carriera praticamente è partita
lì. Poi io ho cominciato a fare anche cinema e poi in seguito ho fatto anche
l’operetta. Il cinema lo faccio ancora perché in questi giorni è uscito un
film che si chiama “Tramite amicizia” che è
un film di Alessandro Siani che ha avuto il buon gusto di chiamarmi per
fare una parte abbastanza carina di un vecchietto amico suo. E continuo a
lavorare, naturalmente molto meno di prima, perché una volta tra le serate, il
cinema, l’operetta e il cabaret, lavoravo quasi una sera si e una sera no. Poi
dopo gli anni sono passati e adesso faccio delle serate di intrattenimento e
purtroppo Mario non c’è più, l’ultima serata insieme l’abbiamo fatta
nell’aprile del 2020. Questo è
grosso modo la storia di quando abbiamo iniziato con il cabaret io e Mario.
Pippo Santonastaso con il fratello Mario
Hai
lavorato con tantissimi personaggi famosi, da Adriano Celentano a Lino Banfi, da
Paolo Villaggio a Gigio Proietti. Quale personaggio ti è rimasto di più nel
cuore?
Io
ho lavorato con tutti i grandi personaggi di quei tempi, perché ero molto
richiesto e anche perché ho sempre fatto il caratterista. I personaggi che hai
citato sono tutti grandi attori con cui ho fatto cinema e fiction televisive.
Ero molto richiesto perché ogni volta che facevo un film, mi inventavo un
personaggio diverso ed era molto divertente fare questo tipo di comicità,
inoltre andavo molto d’accordo con tutti. Chi mi è rimasto di più nel cuore
sul lato umano e amichevole è Adriano Celentano perché è un personaggio con
cui si sta bene insieme, è molto tranquillo, non è esigente, anzi, accettava
anche eventuali consigli che potevano nascere delle situazioni che si creavano
mentre giravamo le scene dei film. In luglio, come ti dicevo prima, abbiamo
girato il film con Alessandro Siani e anche con lui andavo molto d’accordo,
lui mi ha apprezzato molto e mi ha dato la possibilità di fare quello che mi
piace. Lui, oltre ad essere un ottimo attore, è molto bravo anche come regista.
Sono sempre andato d’accordo con tutti, sia con gli attori che con le attrici.
Con la Bouchet, con la Fenech e con tutte le belle attrici di quei tempi.
A
proposito di attrici, qual è l’attrice più capricciosa e quella più
simpatica con cui hai recitato?
La
più capricciosa era Gisella Pagano, che non c’è più da pochi giorni. Era
una soubrette con la quale, negli anni ’70, ho iniziato la carriera artistica.
Forse era la più capricciosa perché si sentiva protetta dall’alto perché
lei era brava, era bellina ma forse troppo esigente. Ma io mi sono trovato bene
con tutte le attrici e le soubrette. Innanzitutto perché mi hanno sempre
considerato la parte comica del film e quindi scherzavano sempre con me. Chi
ricordo con più piacere è Barbara Bouchet perché era la più aperta, la più
disponibile al dialogo.
Se
fosse andata male con lo spettacolo, con il cinema quale era il tuo piano B,
cosa avresti fatto di lavoro?
Io
sono quasi laureato in economia e commercio, sono un ragioniere
abbastanza preparato. Prima di fare spettacoli, ho lavorato per dieci anni in
una ditta, poi dopo mi hanno chiamato a fare cabaret e ho preso il largo, come
si dice. Diciamo che se non avessi fatto l’attore e il cabaret, avrei
continuato a lavorare negli uffici. In banca non ci sarei andato mai, perché ho
fatto tre mesi di prova e poi me ne sono andato perché non ci stavo volentieri
perché era un lavoro troppo monotono. Avevo bisogno di avere la possibilità di
lavorare a contatto con la gente, scherzare, dialogare con i clienti. Per
esempio avrei lavorato molto volentieri in un supermercato, proprio per stare a
contatto con le persone perché io adoro la gente, perché mi piace parlare e mi
piace stare in mezzo alla confusione. Tutto questo deriva dal periodo della
guerra che ho passato io e che è stato particolarmente difficile perché io la
guerra l’ho vissuta che ero bambino. La guerra è scoppiata nel ’40 e io
avevo 4 anni e nel ’43 sono successe delle cose che mi sono rimaste impresse
fortemente nella mia mente e me le sono portate dietro fino ad oggi perché la
guerra è una cosa terribile, terrificante. Ho sofferto la fame e forse deriva
anche da queste sofferenze che mio papà quando finì la guerra voleva tanta
gente in casa, si circondava di persone e io sono sempre stato in mezzo alla
gente perché abbiamo vissuto una periodo di grande difficoltà. Ricordo che mio
papà, che aveva un lavoro di procuratore delle imposte, quello delle tasse per
capirci a Lussinpiccolo, un’isola della Dalmazia che allora era Italia,
durante la guerra smise di lavorare ma aveva una famiglia da mantenere e non
c’erano soldi per cui abbiamo sofferto molto la fame. Un giorno un croato
vennero a casa nostra a obbligarci
di lasciare Lussinpiccolo e salire su delle barche e papà sarebbe andato a
lavorare in Russia. Ci trovavamo già sul molo per partire con la barca, quindi
pensa la paura e la sofferenza del momento, soprattutto dei miei genitori che
allora avevano 30 anni. Noi bambini sul molo e mia nonna che aveva
l’arteriosclerosi, camminava piano e arrivammo tardi alla partenza di questa
barca e quando eravamo tutti sul molo, la barca era già in mezzo al mare.
Ricordo che io e Mario eravamo rimasti un po’ delusi di questa cosa e allora
successe che questo croato si arrabbiò e coprì mio padre di insulti e ci disse
che saremmo partiti tre giorni dopo.
Tornammo a casa in attesa del giorno della partenza, soltanto che la mattina del
giorno dopo, la mamma mi venne a svegliare e mi disse: “Vieni a vedere alla
finestra” e io attraverso gli scuri vidi che la strada principale del paese
che passava sotto casa nostra, da una parte all’altra dei marciapiedi,
c’erano dei soldati che entravano in paese ed erano i tedeschi che occuparono
l’isola ed era l’ottobre del ’43. Praticamente l’arrivo dei tedeschi ci
salvò la vita perché le persone della barca che era partita andarono a finire
nelle foibe. Quindi hai capito che esperienza terribile che abbiamo vissuto noi
ragazzini e il papà e la mamma? Da lì siamo andati a finire nei campi
di concentramento dei profughi Giuliano – Dalmati, noi bambini con la mamma e
il papà da un’altra parte e ci incontravamo la sera alle 9, divisi dal filo
spinato. Tu capisci che queste cose si portano dietro per tutta la vita e allora
papà quando è finita la guerra ci portò finalmente a Levanto, questo paese
sul mare della Liguria, che era la sesta delle cinque terre in provincia di La
Spezia. Quando arrivammo in questo paese nel febbraio del ’46 ricominciò
un’altra volta la nostra vita e mio padre andava in giro dicendo: “Io voglio
gente in casa, voglio allegria”. Difatti casa mia era come essere in un bar e
la stessa cosa ce la siamo portata dietro a Bologna quando ci siamo trasferiti e
avevamo quindi la casa sempre piena di gente, piena di amici che venivano a
trovarci e c’era sempre musica, allegria e un’aria di festa. Per cui fu
facile poi dopo metter su spettacolini, fare teatro, perché eravamo aiutati
molto dalla famiglia che ci spingeva a fare queste cose. Con lo studio ho avuto
delle difficoltà perché a Lussinpiccolo avevo fatto un giorno di scuola alla
prima elementare e poi chiusero le scuole per la guerra e tornai a scuola nel
‘45/’46 perché papà mi iscrisse alla 3° elementare, ma non sapevo né
leggere né scrivere, quindi ho cominciato zoppicando. Un maestro che si
chiamava Ermanno Maggiani mi prese in simpatia e mi teneva da una parte nella
classe e non mi interrogò mai e con lui feci la terza, la quarta e la quinta.
Solo una volta mi interrogò, in quinta elementare, in geografia e mi chiese
delle Tre Venezie, perché sapeva che venivo da quelle parti e pensava che
potessi raccontargli qualcosa di più. Era la prima interrogazione della mia
vita, ma oramai avevo 12 anni. Questa è la mia storia, Gianfranco, che parte
molto triste e poi diventa una vita meravigliosa perché ho avuto due genitori
fantastici e una famiglia numerosa perché eravamo 5 fratelli. I miei genitori
erano sempre in funzione nostra, mia mamma cantava sempre con noi e quando
facevamo le feste in casa venivano tutti i miei compagni, i miei amici e lì
conoscevamo le ragazze e si ballava tutto il giorno e mia mamma ballava con noi,
ci insegnava a ballare il tango e il valzer. Quindi eravamo sempre protetti dai
genitori e quindi la nostra vita è stata stupenda anche da ragazzino, a parte
il periodo della guerra, ma quando eravamo in Croazia eravamo talmente protetti
da mamma e da papà che forse non ci rendevamo conto di cosa ci capitava, io ci
ragionavo perché ero il più grande. Mi ricordo un giorno quando venne un
soldato tedesco a prendere mio padre con una moto come quelle che si vedono nei
film, la sidecar, per essere interrogato. Era il giorno della mia prima
comunione e proprio quel giorno lì arrivò questo tedesco e si portò via mio
padre. Pensa che avevamo il terrore
quando succedevano queste cose qua, perché in tempo di guerra non sapevi dove
andavi a finire. Poi invece gli chiesero per quale ragione non avesse fatto il
militare. Allora cercavano i consensi da parte degli italiani per farli
combattere, ma siccome lui era a casa, vennero a prenderlo pensando che fosse un
reduce, un imboscato, invece lui aveva la dispensa del servizio militare perché
era fortemente malato di reni. Tant’è che quando la guerra finì, papà si
operò a Genova e gli levarono un rene. I tedeschi lo lasciarono libero, però
veder andare via papà, con la sidecar, sono ricordi che ti porti dentro.
Hai
dei rimpianti?
Io
ho solo un rimpianto, quello di aver sbagliato il primo film che ho fatto, perché
fare cinema è diverso da fare televisione ed è diverso da fare teatro. Il
cinema è una cosa particolare, quindi avrei avuto bisogno forse di essere
guidato meglio dal regista, che veniva dai film western e non era pratico del
genere comico. Quel film era
bruttissimo e non ha avuto successo e poi sono successe delle cose con Paolo
Villaggio per cui il film non è uscito bene. L’unico rimpianto della mia
carriera è aver sbagliato questo film che mi avrebbe potuto dare la possibilità
di fare qualche film un po’ più da protagonista. Però dopo ho fatto il
caratterista ma sono contento lo stesso perché la gente si ricorda bene le
caratterizzazioni che ho fatto, quindi è andata bene lo stesso. Io non posso
che essere soddisfatto della mia vita, ho realizzato i miei sogni per quanto
riguarda il teatro, la televisione e il cinema. Ho una famiglia stupenda
composta da due figli che fanno teatro tutti e due e quindi è una meraviglia.
Mio figlio oltre a teatro fa radio e cinema e ha vinto il Globo d’Oro per i
Corti, un concorso nazionale. Quindi sono contento per i miei figli che fanno
tutte queste cose, inoltre ho una moglie stupenda che conobbi durante una di
quelle feste che facevamo in casa e ora festeggiamo 56 anni di matrimonio. Mia
moglie mi accudisce e ci siamo sempre voluti bene. Io ho avuto una vita bella,
purtroppo ci sono anche i dolori, come quello di aver perso troppo presto i
genitori, che venivano da una vita terribile, quella della guerra, praticamente
la loro vita è stata rovinata dalla guerra. Sono morti alcuni dei miei
fratelli, eravamo in 5, io, Mario, Lucia, Rita, Carlo e ci siamo sempre voluti
bene. Io vado ancora a fare delle
serate e vedo che mi apprezzano molto. Sabato sera ho fatto una serata
raccontando aneddoti e altre cose. Calcola che ho 87 anni quindi va bene così,
cosa posso volere di più? Nella vita ho fatto anche calcio, calcola che io sono
piccolo di statura ma a quei tempi i giocatori piccoli andavano ancora bene.
Ho
letto che hai scritto due libri?
Si,
ci sono due libri miei. Uno si chiama “La bicicletta dalle gomme piene”
nella quale ho raccontato tutta la storia della mia famiglia e l’altro si
chiama “Voglio fare l’attore”. Due libri che si compensano l’uno con
l’altro.