Raul Cremona (comico, illusionista e attore)   Milano 19.4.2023

                         Intervista di Gianfranco Gramola

“L’improvvisazione vuol dire molto, perché se tu sei abituato ad improvvisare con il pubblico, gli stessi giochi diventano diversi ogni sera”

Il suo sito ufficiale è www.raulcremona.it  

Raul Cremona è nato a Milano il 10 novembre 1956. Proviene da una famiglia di professionisti nelle arti circensi, perché il suo bisnonno era un clown e suo nonno fu citato nel progetto di Roberto Leydi “Milano e il suo territorio”. Raul si avvicinò all'illusionismo grazie al padre, che eseguiva giochi di prestigio nelle piazze, e frequentando il “Clam”, un circolo d'arte magica di cui oggi è il presidente. Dopo una lunga gavetta come prestigiatore e dopo aver vinto vari premi e riconoscimenti, Raul Cremona approda al cabaret nella Milano del Derby Club degli anni '80, dove divide il palcoscenico con Paolo Rossi, Claudio Bisio, Aldo Baglio e Giovanni Storti, Enzo Iacchetti e Francesco Salvi, per poi approdare al “Ca' Bianca club”, dove per dieci anni viene affiancato da artisti del calibro di Nanni Svampa, Walter Valdi, Bruno Lauzi e Umberto Bindi, che diventano per lui autentici mentori. La lunga gavetta nelle pedane milanesi lo indirizza verso un genere di cui è stato il primo vero esponente italiano: il cabaret magico, unione di comicità ed illusionismo. Da lì comincerà una lunga carriera fatta di passaggi televisivi e teatrali. Nel 2021 partecipa al programma Voglio essere un mago! come insegnante della scuola di magia e torna ad esibirsi a Zelig, programma in cui è stato presente in tutte le edizioni con i suoi numeri di magia. E’ Presidente onorario del CLAM (Club arte magica).

Intervista

E’ vero che hai iniziato a fare il mago grazie alla classica scatola di magia per ragazzi?

Si, era nel ’64 o forse nel ’66 e la scatola di giochi di magia era della Arco ed era un regalo di mia nonna per Natale. La Arco è quell’azienda che fa le racchette e le reti da ping pong. Ricordo che le scatole erano classificate a - b - c – d, erano nere con su il cilindro e le carte da gioco.

Quando hai deciso di dedicarti seriamente alla magia?

Ho cominciato molto presto nel senso che sono entrato a far parte del circolo dei prestigiatori, di cui oggi sono presidente onorario, e frequentando il circolo ho cominciato ad appassionarmi. Però avevo solo 17 anni e qualche cosa facevo. Verso i 21 anni ho iniziato a fare degli spettacolini a livello dilettantesco e poi ho cominciato a pensare alla professione quando avevo 27 anni.

Illusionista, prestigiatore e mago sono la stessa cosa?

Si, sono la stessa cosa. L’illusionista crea illusioni, il prestigiatore usa la destrezza però alla fine la destrezza del prestigiatore serve a creare delle illusioni. Il mago invece è una professione più complessa, più ampia perché il mago può essere anche un cartomante, può essere un guaritore e può essere tante cose. In fondo siamo tutti un po’ maghi, però su queste tre parole ci sarebbero da scrivere dei libri.

L’idea di abbinare la magia con la comicità, com’è nata?

Diciamo che ho sempre avuto le orecchie attente su quello che succede nel mondo dello spettacolo, soprattutto quello americano. Diciamo che 40 anni fa, quando ho cominciato io, il mago era ancora un riferimento a Silvan o a Tony Binarelli e al genere che imperava in televisione, quando c’erano solo un paio di canali. Ma il pubblico non era così smaliziato, era più attento e accettava questi  giochi classici in maniera molto più aperta. Dopo il pubblico è diventato più disincantato e con l’avvento del cabaret io sono stato uno dei primi ad intuire e ad avere l’idea di mescolare il cabaret con la magia e il risultato chiaramente è stata un’idea esplosiva e funzionante. La mia era vera magia, nel senso che i giochi riuscivano ma il tutto era condito da una grande dose di ironia e comicità. Sono il pioniere del genere, il primo a portarlo in televisione.

Silvano il mago di Milano, il mago Oronzo, ecc … Come nascono i tuoi personaggi, dove trovi gli spunti?    

Mi ricordo che il grande Totò diceva che le sue gag nascevano dall’osservazione delle persone e la stessa cosa è per me. Non avendo fatto una scuola tradizionale, una scuola di teatro, quella del Piccolo di Milano o dei Filodrammatici, come molti milanesi hanno avuto il privilegio di fare, io non ho avuto questa fortuna, quindi queste cose le ho imparate con l’osservazione, guardando i personaggi con l’idea di costruire un mago cafone, guardando i tanti cafoni che magari trovavo durante gli spettacoli in giro nelle feste di piazza. Silvano il mago di Milano invece era una imitazione, una parodia di Silvan, onorevole e un po’ trasgressiva con l’idea di mescolare una forte ironia a quello che cerchi di realizzare sul palcoscenico.

Girando l’Italia con i tuoi spettacoli, qual è il pubblico più caldo che hai notato?

In tutte le regioni puoi trovare la sorpresa di una reazione diversa. Direi che ci sono delle regioni che sono più predisposte per gli spettacoli. Per esempio l’Emilia Romagna è accogliente e ha mille manifestazioni e mille attenzioni per lo spettacolo leggero, per lo spettacolo divertente. Alla fine però il successo l’ho raccolto da tutte le parti. Sono stato in Puglia, in Sicilia e ho sempre trovato un pubblico caldo che mi ha sempre accolto bene. Oggi magari giro un po’ meno perché è impegnativo, ma ricordo un paio di anni fa che ho fatto una tournée nel Molise e ho trovato un pubblico molto accogliente.

Nel tuo lavoro, oltre al talento e la tecnica, quanto conta l’improvvisazione?

L’improvvisazione vuol dire molto, perché se tu sei abituato ad improvvisare con il pubblico, gli stessi giochi diventano diversi ogni sera. Magari il gioco è sempre quello, però la reazione che tu crei o l’impatto e l’empatia che hai con il pubblico, creano reazioni diverse. L’improvvisazione chiaramente la si impara su quei palcoscenici quando sei costretto a dialogare con il pubblico, ad abbattere la quarta parete, altrimenti rimane solo un’ibrida rappresentazione tecnica. Quindi nel mio genere, per me particolarmente, l’improvvisazione rappresenta il 40 per cento.

Il tuo, oltre ad essere un lavoro, è più una passione o un divertimento?

Lì rimane sempre il concetto che quando ti diverti e quando sei riuscito a fare nella vita quello che volevi fare, non è un lavoro, anche se lavori per gli altri. Il lavoro diventa pesante quando uno non vuole fare quel lavoro, non gli piace quel lavoro, per cui quelle tre ore diventano un peso più che un divertimento. Quando invece fai quello che ti piace nella vita, anche le 24 ore non sembrano un peso. C’è solo da aggiungere che con l’età diventa un po’ difficile da sopportare. Il risultato è che ho trasformato il mio lavoro in un divertimento.

Durante uno dei tuoi spettacoli c’è stato qualcosa che è andato storto?

Tante volte. L’altro giorno ero al festival di San Marino e praticamente ero dietro le quinte completamente al buio. Esco dal sipario laterale, sono nel buio più totale, scendo la scaletta ma non era il momento in cui dovevo essere annunciato e invece vengo annunciato, allora esco ribaltando completamente il programma e qui l’improvvisazione ha avuto un ruolo molto importante. Il pezzo, quello che dovevo fare, l’ho spostato dal blocco mentale che avevo in un altro e poi alla fine ho gestito questo handicap. L’attrazione che stava dietro di me doveva fare un gioco, ma quel gioco si è rotto per cui mi hanno detto: “Esci tu, improvvisa per 20 minuti”. E lì, se non sai improvvisare, se non sei pronto, è un disastro. Poi l’esperienza è tutto.

Il mondo della magia è un ambiente riservato solo al mondo maschile?

No. Per esempio la settimana prossima presenterò un festival della magia e ci sarà anche Gaia Elisa Rossi che è una ragazza molto brava, una delle poche donne che fanno magia. Nel corso della storia ce ne sono state parecchie di ragazze che si sono dedicate alla magia, poi però devo essere sincero, sono più gli uomini e questo lo sappiamo e io ripeto tutte le volte che incontro una donna, che se io rinascessi donna, io veramente farei una grande carriera perché se ne sente forte il bisogno.

Però in televisione non se ne vedono donne che fanno magia.

La televisione è un po’ arida nei confronti della magia. La magia in televisione non funziona molto, a parte i talent, che oggi mettono in mostra qualche talento ma il tempo loro riservato è poco, perché sono brevi toccate e fuga. La magia e la televisione hanno un rapporto abbastanza conflittuale.

Quali sono le tue ambizioni?

Arrivato alla mia età le ambizioni tenderebbero a calmarsi. Diciamo che ho dei rimpianti o meglio delle cose che avrei voluto fare.

Per esempio?

Avrei voluto fare del cinema. Ho fatto delle apparizioni in una decina di film, ma mi sarebbe piaciuto fare l’attore però sai,  nella vita non è che puoi fare tutto, nel senso che quando alla fine tiri i famosi remi in barca,  devi anche dire: “Che cosa volevo fare nella vita?”. Quello che volevo fare era il prestigiatore comico, il mago comico e ho fatto quello. Cosa passo aggiungere? Oggi potrei rimettermi a fare una tournée teatrale, non ho problemi a farla, ne ho fatte tante. Volevo fare televisione e la sto facendo con questa trasmissione dal titolo “Only Fun”, sul canale Nove, insieme ai Pan Pers e ad Elettra Lamborghini. Sto lavorando  talmente tanto  e quindi cosa  devo desiderare di più? Niente.

Hai mai lavorato per solidarietà, per beneficenza?

Se noi artisti dovessimo fare la somma di tutti i fondi che abbiamo raccolto nella nostra carriera, dovrebbero farci una statua. In Italia fanno la statua a persone che hanno mandato i ragazzi di 18 anni a morire a Caporetto, perché non fanno una statua a quelli come noi che abbiamo fatto e facciamo tanta beneficenza?

Oltre al lavoro, curi delle passioni nella vita?

Si, la musica. Se non fossi stato un prestigiatore, avrei fatto il musicista. Suono la chitarra e il pianoforte, scrivo, curo alcune rubriche su riviste specializzate, scrivo qualche libro e quando posso mi diverto, soprattutto in questa dimensione. Però la mia più grande passione è la musica.

Hai qualche cantante preferito?

Sono diversi. Ieri per esempio ascoltavo Piero Ciampi, un cantante milanese dimenticato, ma che però ha segnato un periodo importante del cantautorato milanese e italiano. Però Charles Aznavour è il cantante che mi piace di più. Poi mi piace Sergio Endrigo e quelli degli esistenzialisti genovesi, come Umberto Bindi, Gino Paoli e quel genere lì.