Ron (cantautore e musicista)
Fai della Paganella (Trento) 7.9.2024
Intervista e foto di
Gianfranco Gramola
“La musica è una magia meravigliosa, è
un’aria che si immola in qualche modo per cui credo proprio che la musica
faccia bene al cuore e alla mente della gente”
Io e Ron durante l'intervista
La carriera di Ron (all’anagrafe Rosalino
Cellamare) inizia nel 1970 quando, non ancora diciassettenne, sale sul palco del
Festival di Sanremo con ``Pa’ diglielo a Ma’``, conquistando da subito
notorietà e l'anno successivo
presenta “Il gigante e la bambina”. Negli anni ‘70 Ron mette le basi per
la sua carriera: l’amicizia e la collaborazione con Lucio Dalla, la stesura
delle prime musiche, i concerti impegnati e una parentesi nel cinema formano
l’artista e lo lanciano definitivamente nel mondo della musica italiana.
Nel decennio successivo, grazie ad album di successo come “Una città
per cantare”, “Al centro della musica”, “Calypso”, “Guarda chi si
vede”, Ron diventa uno degli artisti italiani più amati. Tra il 1990 e il
1996 nascono alcune sue canzoni entrate di diritto nella storia della musica
italiana, come “Attenti al lupo”, “Non abbiam bisogno di parole”, “Le
ragazze”, “Le foglie e il vento” e ``Vorrei incontrarti fra
cent’anni”, con la quale vince, sul palco con Tosca, il 46° Festival di
Sanremo. Le collaborazioni con altri artisti, la voglia di mettersi in gioco e
l’impegno nel sociale segnano significativamente la produzione di Ron, a
cominciare dall’album “‘70/’00”, passando dal “Fab Four tour”,
dell’estate del 2002, dove Ron è sino ad sino ad arrivare nel 2006 al cd
“Ma quando dici amore” e, nel 2008, a ``Quando sarò capace d’amare”.
Nel 2016 esce con ``La forza di dire sì” e nel 2018 partecipa al 68°
Festival di Sanremo con il brano inedito di Lucio Dalla ``Almeno Pensami”
(classificandosi quarto). La canzone vince il Premio della Critica Mia Martini.
Segue l'uscita dell'album ``Lucio!``, un omaggio all'amico attraverso la
reinterpretazione di 12 tra le sue canzoni più amate, che Ron trasforma in uno
spettacolo che porta in giro nei migliori teatri. Nel 2019 incide “C’è da
fare”, in aiuto alle persone colpite dal crollo del Ponte Morandi. Il 9
gennaio 2020 esce al cinema “Hammamet”, nella cui colonna sonora sono
presenti due canzoni di Ron: “Vorrei incontrarti fra cent’anni” e
“Piazza Grande”. Per i 50 anni di attività artistica viene pubblicata nel
2022 “Non abbiam bisogno di parole” e l’atteso album di inediti “Sono un
figlio”: un lavoro autobiografico dedicato a suo padre Savino, ritratto di un
artista in stato di grazia. Una collezione di canzoni (scritte in collaborazione
con grandi autori) in cui si racconta come mai prima e come frammenti vanno a
comporre il prezioso mosaico che ci ha consegnato durante la sua carriera. Il 20
ottobre 2023 riceve il Premio Tenco alla Carriera. Queste le motivazioni:
“Quello che poteva sembrare il tipico sprint di un giovanissimo cantante,
destinato - al pari di tanti altri - a qualche quarto d'ora di meritata celebrità,
si è rivelato invece la marcia costante e inarrestabile, costellata di numerosi
grandi successi scritti per sé e per altri grandi cantautori, di un artista
caparbio e meticoloso, capace di crearsi una carriera di lungo corso. La sua
affermazione anche presso il grande pubblico dimostra come si possano
congiungere freschezza e intelligenza, e come sia possibile esprimere versi
poetici con orecchiabilità ritmica”.
Intervista
Ron lo incontro al Fun Park di Fai della
Paganella, in Trentino, dopo le prove del concerto
per la manifestazione Orme Festival.
Prima volta a Fai della Paganella Ron?
Che impressione ti ha fatto il paesaggio?
A Fai si, però in Trentino ho fatto molti
concerti. Ho trovato questo posto fantastico, pieno di verde. Appena arrivato mi
sono detto che devo stare qui almeno una decina di giorni, perché abbiamo avuto
un’estate tremenda, troppo calda e c’è bisogno di aria fresca, buona,
pulita e qua ce n’è da vendere.
Stasera canterai davanti ad una platea
gremita. Con quale criterio scegli la scaletta dei tuoi concerti?
La scaletta è più o meno sempre quella.
Ogni tanto cambiamo qualcosa. Da Il gigante e la bambina a Cosa sarà, da Joe
Temerario a Vorrei incontrarti tra 100 anni, da Una città per cantare a
Mannaggia alla musica, ecc …
Com’è nata la tua passione per la
musica? Chi te l’ha trasmessa?
Ho una cugina che è una soprano eccezionale
che si chiama Annamaria Pizzoli. Quando è venuta a casa mia e ha cominciato a
cantare, io ho sentito un brivido dentro di me, questa
voce che non potevo ambire di avere una voce così squillante, bellissima, però
da lì ho capito quanto è importante cantare.
Chi sono stati i tuoi cantanti di
riferimenti, i tuoi idoli?
Quando ero bambino sicuramente Gianni Morandi
quando cantava La Fisarmonica e andava ai concorsi per Voci Nuove. Dopo
crescendo i Beatles e i Rolling Stone, Crosby,
Stills, Nash & Young e tutti quei cantanti dei nostri tempi, della nostra età
Gianfranco.
Il mondo della musica era come te lo
immaginavi o ti ha un po’ deluso?
Deluso direi di no, perché penso di aver
fatto una buona gavetta che mi ha aiutato anche ad
accettare cose che forse prima mi sarebbe stato difficile accettare. Però
diciamo che ho fatto molta gavetta appunto con i concertini che facevo intorno
alla mia provincia con i miei musicisti per cantare e fare musica ed è arrivata
una certa sicurezza e anche molta gioia.
La musica può essere anche terapeutica
secondo te?
Sicuramente. La musica è una magia
meravigliosa, è un’aria che si immola in qualche modo per cui credo proprio
che la musica faccia bene al cuore e alla mente della gente.
Sei autore di molte canzoni. Scrivi prima
il testo e poi la musica o viceversa? Qual è il tuo metodo?
Io di solito scrivo prima la musica e poi
quando ho la musica comincio a farci l’arrangiamento
cantandoci sopra il classico la - la – la, perché il testo non c’è e poi
più avanti comincio a metterci le parole.
L’ambiente che ti circonda influisce
molto sul tuo estro artistico?
No, direi di no. Mi sento uno che ha fatto
tante cose e sono felice di questo perché sono state tante cose che mi hanno
formato e mi hanno fatto capire che la musica per me è veramente un’amica
eccezionale. E’ la mia vita.
Dopo una esibizione temi di più il
giudizio del pubblico o della critica?
Non temo nulla, nel senso che ognuno ha le
sue preferenze con la musica. Può darsi che sentendo una mia canzone dica: “A
me non piace”. E questo vale per tutti i musicisti,
tutti i cantanti.
Come hai conosciuto Lucio Dalla?
L’ho conosciuto tanto tempo fa, nel 1970
quando andai a Sanremo dove ho cantato “Pà diglielo a Mà” con Nada. Lui
quando l’ho conosciuto era tutto ingessato dalla testa ai piedi per via di un
incidente. Subito dopo c’è stata una grande simpatia fra noi e una grande
conoscenza della vita e di questo lavoro. Era un genio, un grande
filosofo.
Hai avuto molto incontri artistici e
duetti famosi. Un ricordo di Ivan Graziani?
Ho un bellissimo ricordo di Ivan Graziani, un
bravo artista che amava molto la musica. Era una persona che conoscevo poco
anche se eravamo della stessa casa discografica. Un giorno Ennio Melis della RCA
decise di mettere insieme Io, Ivan e Goran Kuzminac, grande chitarrista.
Siamo stati un trio fantastico ed è stata una bellissima esperienza.
Ad un giovane che si avvicina alla musica,
che consigli vorresti dare?
In questo momento dare consigli è una cosa
difficilissima anche perché questi giovani hanno una grande sicurezza dentro,
anche un tipo di musica che può essere il rap e possono esserci tanti generi
musicali. Questi ragazzi hanno veramente una grossa forza dentro. Probabilmente
la forza della parola è sempre più forte, secondo me e questo loro dovrebbero
capirlo di più, anche se a volte certe canzoni si assomigliano.
Hai mai suonato per beneficenza, per
solidarietà?
Io sono l’amico più caro di ASLA che è
l’associazione che sta combattendo la SLA che è una malattia terribile. Per
cui ho fatto addirittura album con altri colleghi per poter incassare soldi per
la ricerca. Se non ci fosse quella, non c’è speranza.
Cosa ne pensi dei talenti musicali?
A volte un
ragazzo che si presenta e ha un grande talento, ha un occasione immediata per
farsi conoscere perché c’è la televisione. Una volta questo non c’era,
perché io cantavo ai concorsi per Voci Nuove ma non c’era assolutamente
attenzione da parte della
televisione. Per cui è una grande occasione per i giovani da prendere al volo,
l’importante secondo me è mantenere un loro carattere anche in questo lavoro.
E’ importante perché a volte ci sono persone che cercano di deviare un
pochino, però i ragazzi di oggi sanno quello che fanno.
A chi vorresti dire grazie?
A migliaia di persone. A quelli che mi
apprezzano, mi seguono, mi stimano ma anche a quelli che ho capito che a volte
non mi capivano o forse ero io che non riuscivo a farmi capire da loro, perché
può essere anche questo. Devo dire grazie a loro perché ascoltandoli
probabilmente sono migliorato e questo è stato importantissimo per me.
Due curiosità. E’ vero che Sofia Loren
ti ha chiesto l’autografo?
Si, è vero. Lei stava cantando delle canzoni
che sarebbero andate in un film che si chiamava “La mortadella”, con Gigi
Proietti. Queste canzoni le avevamo scritte Lucio Dalla ed io ed io
stavo cantando con la chitarra per provare queste canzoni, e dopo un paio
di giorni lei mi disse: “Sei un cantante? Come ti chiami?”. “Mi chiamo
Rosalino Cellamare”, perché allora mi facevo chiamare con il mio vero nome e
allora lei mi ha detto: “Scusa, non ti conosco perché vivo a New York e non
sono aggiornata sul mondo musicale italiano”. Il giorno dopo, che era
l’ultimo giorno di riprese, lei tornò in studio con il mio disco dal titolo
“Il gigante e la bambina” e ha voluto il mio autografo.
Hai incontrato 5 Papi. Quale ti è rimasto
nel cuore?
Sicuramente papa Wojtyla è stato un grande
papa. Abbiamo avuto dei grandi papi, ma Wojtyla aveva una marcia in più e
un’umanità fortissima. L’ho conosciuto e sono rimasto con lui per pochi
minuti però mi ha colpito molto. E’ stato un papa eccezionale.