Simona Izzo (attrice, doppiatrice e
sceneggiatrice)
Roma 30.4.2020
Intervista
di Gianfranco Gramola
“Un
buon sceneggiatore deve avere una grandissima sensibilità e intelligenza
emotiva. Poi deve avere visto parecchi film e deve avere una cultura
cinematografica”
Simona
Izzo con il marito Ricky Tognazzi
Simona (Simonetta)
Izzo è nata a Roma il 22 aprile del 1953. Figlia del doppiatore e direttore del doppiaggio Renato Izzo, comincia la
carriera nel mondo dello spettacolo come doppiatrice sin dalla tenera età,
arrivando a vincere il Nastro d'argento nel 1990 per il doppiaggio di Jacqueline
Bisset nel film Scene di lotta di
classe a Beverly Hills. Tra il 1977 e il 1980 la Izzo fu una signorina
buonasera della Rai, attiva dagli studi di Roma, conducendo anche la rubrica Prossimamente
- Programmi per sette sere. Dopo aver presentato in televisione Giochi senza frontiere (1982) insieme a Michele Gammino,
anch'egli doppiatore, recita nei film In
camera mia (1992) di Luciano Martino, Prestazione straordinaria (1994) di Sergio Rubini e Simpatici
& antipatici (1998) di Christian De Sica e cura la sceneggiatura di
quasi tutti i titoli diretti da Ricky Tognazzi. Dal 1975 al 1978 era stata
coniugata con Antonello Venditti, dal quale ha avuto il figlio Francesco,
anch'egli attore e doppiatore. L'esordio nella regia avviene nel 1987, dirigendo
insieme a Rossella Izzo il film televisivo Parole
e baci. Nel 1994 dirige Maniaci
sentimentali, commedia sul matrimonio che le vale il David di Donatello
come miglior regista esordiente. Del 1997 è Camere
da letto, che la vede anche attrice al fianco dei protagonisti Diego
Abatantuono e Maria Grazia Cucinotta. Nel 2003 realizza Io
no, firmato insieme a Ricky Tognazzi, e nel 2007 Tutte le donne della mia vita. Nel 2012 ha partecipato al reality Pechino Express (Rai 2) e nel 2017 al Grande Fratello
VIP 2, mentre nel 2018 ha partecipato come opinionista al Grande Fratello. Ha
scritto 8 libri: Diario di una donna
che ha tradito (2001) - Sms -
Sesso matrimonio sofferenza (2004) - Tutte
le donne della mia vita (2007) - L'amore
delle donne (2007) - Mascalzoni
latini - Come ci amano gli uomini (2009) - Quando l'amore non aspetta - Storie di uomini e passione: come ritrovare
il controllo del piacere (2010) - Baciami per sempre. Diario di una famiglia allargata (2012) - Figli
mariti amanti. Il maschio superfluo (2016).
Attrice
Orazio - serie TV (1985) - Sposerò Simon Le Bon (1986) - Parole e baci - film TV (1987) - Il mistero del panino assassino - video (1987) - Ultrà
(1991) - In camera mia (1992) - La
scorta (1993) - Prestazione
straordinaria (1994) - Camere da
letto (1997) - Simpatici &
antipatici (1998) - I giudici -
Excellent Cadavers - film TV (1999)
Sceneggiatrice
Parole
e baci - film TV (1987) - Arrivederci e grazie (1988) - Piccoli equivoci (1989)
- Ultrà (1991) - La scorta (1993) - Maniaci sentimentali (1994) - Vite
strozzate (1996) - Caro maestro - serie TV (1996) - Camere da letto (1997) - Una
gioia involontaria - cortometraggio (1997) - Canone inverso - Making Love (2000)
- Commedia sexy (2001) - Lo zio d'America - serie TV (2002) - Il papa buono -
film TV (2003) - Io no (2003) - Lo zio d'America 2 - miniserie TV (2006) - Tutte
le donne della mia vita (2007) - L'isola dei segreti - serie TV (2009) - Il
padre e lo straniero (2010) - Tutta colpa della musica (2011) - Il caso Enzo
Tortora - Dove eravamo rimasti? - film TV (2012) - Pietro Mennea - La freccia
del Sud - film TV (2015) - La vita promessa - miniserie TV (2018)
Regista
Parole
e baci (1987) - Maniaci
sentimentali (1994) - Camere da
letto (1997) - Una gioia
involontaria - cortometraggio (1997) - L'amore delle donne (1997) - Alfabeto italiano - serie TV, 1 episodio (1997) - Un
altro mondo è possibile - documentario collettivo (2001) - Io
no - firmato in co-regia con Ricky Tognazzi (2003) - Tutte le donne della mia vita (2007) - Lasciami per sempre (2017) - L'amore strappato - miniserie TV, 3 episodi, firmata in co-regia
con Ricky Tognazzi (2019)
Doppiaggio
Elenco di alcune attrici da
Simona Izzo doppiate in alcuni film: Kim Basinger - Melanie Griffith – Jamie Lee Curtis -
Jessica Lange - Linda Blair - Jacqueline Bisset - Anna Maria Rizzoli - Barbara De Rossi - Maria Grazia Cucinotta - Madonna e molte altre.
Intervista
A
cosa stai lavorando?
Sto
lavorando ad una serie a cui tengo molto e ha per titolo “Cuore
d’acciaio”. E’ la storia di una madre-coraggio, interpretata da Sabrina
Ferilli, con la quale abbiamo già fatto “L’amore strappato”, che ha avuto
un grande successo. E’ una storia ispirata alla realtà e mi auguro di poterla
girare il prima possibile. Dovevamo iniziare il 20 aprile ma la quarantena ci ha
bloccati.
Tu
nasci come doppiatrice, visto che tutta la tua famiglia si dedica a
quest’arte. Mi racconti com’è nata la passione per il cinema, cosa ti ha
spinto a recitare?
La
passione per il cinema è nata perché mio padre faceva questo mestiere, quindi
sono cresciuta come un sarto che porta a casa la pezza da trasformare. In casa
erano copioni, erano letture, poi provava le cose che doveva fare in teatro. Di
conseguenza noi imparavamo senza volerlo, ma poi volendolo fino in fondo, questo
meraviglioso mestiere. Io ho cominciato a lavorare a 5 anni. Il primo film che
ho doppiato è stato “Il giudizio universale”, dove facevo un pianto
incredibile con il maestro De Sica. Io non volevo piangere perché ero una
bambina in scena e lui mi ha risposto che i bambini a 11 anni hanno la stessa
voce dei maschi e di conseguenza la cosa non avrebbe potuto creare scompiglio,
però io ero molto agitata, perché rivendicavo la mia femminilità. Alla fine
però l’ho fatto.
Sei
attrice, doppiatrice e sceneggiatrice. In quale di questi lavori pensi di dare
il meglio di te.
Io
penso che la mia formazione umanistica con il mio liceo classico e gli studi di
lettere, abbiano contribuito a fare di me una sceneggiatrice, quindi l’attrice
è stato secondo me un trampolino che mi ha fatto tuffare in un’altra piscina,
che era quella della scrittura e mi è servita poi per aiutare gli attori che
dirigo. Faccio vedere, senza urtare la suscettibilità di nessuno, come farei io
la scena. Diciamo che do una spinta all’attore e all’attrice, perché chi
scrive sa esattamente come vuole che siano realizzate e recitate le cose. Anche
perché la figura dello showrunner che è nata adesso, io la pratico da 30 anni
per i film di Ricky. Recitare era
una forma di esibizionismo e di conseguenza avendo io un istinto esibitorio
molto forte, facendo le imitazioni di tutte le amiche di mia madre, avevo capito
che il consenso veniva proprio da quell’imitare gli adulti, quand’ero
piccola. Mi ricordo che quando mancava una signora, io ne facevo la parodia e
ridevano tutti come dei pazzi. Desideravo far ridere le amiche di mia madre, così
cresceva la stima che avevano in me e cresceva anche la stima di mia madre in
qualche modo. Tutte le sue amiche mi cercavano e poi avendo una sorella gemella,
facevamo gli spettacolini insieme, a volte dirigeva lei, a volte io e poi
abbiamo diretto insieme il mio primo film che aveva per titolo “Parole e
baci”, dove ho conosciuto Ricky. Un film che avevo scritto io e diretto con
Rossella nel quale facevo anche l’attrice.
Il
tuo con il cinema è un grande amore, una grande passione?
Quando
hai fatto l’attrice, la doppiatrice, quando hai tradotto 150 film con
adattamento ai dialoghi, fra cui “Shining”,”Blockbuster”, “L’aereo
più pazzo del mondo” e tanti altri grandi film, penso che non ci sia un
mestiere che amo di più. Mi piacciono tutte le cose che stanno intorno al
cinema, all’arte, al teatro. Mi diverto a scrivere una commedia, mi diverto a
scrivere un film, mi diverto a recitare, a far recitare e dirigere, mi diverto a
fare un adattamento. Un anno fa ho fatto l’adattamento a quel bellissimo super
eroe che adesso mi sfugge il nome, a cui ha prestato la voce Ricky.
Fra
le colleghe attrici hai trovato più complicità o rivalità?
La
rivalità c’è sempre, però è anche vero che io le so conquistare le attrici
con cui lavoro, perché le ho scelte. Anche quando abbiamo girato il film di
Ricky le abbiamo scelte insieme. Non ho mai sentito io rivalità nei miei
confronti. Forse qualche volta è successo il contrario, perché comunque avendo
io potere decisionale, anche di scartare una scena o di scartare un attore o
un’attrice, ho potuto creare scontento da chi non è stato scelto da me. Però
ho ricevuto tanto affetto da chi mi ha conosciuto come regista, perché non sono
mai impositiva, cerco sempre una relazione con l’attore, cerco una complicità,
cerco una cosa in più che magari io non avevo visto e non avevo saputo
esprimere ma che l’attore mi ci fa pensare e io gli cambio la battuta, ma
senza stare lì a dire no, la mia è una bibbia e non si tocca. Io sono molto
collaborativa.
Quali
sono le doti di un buon sceneggiatore?
Un
buon sceneggiatore deve avere una grandissima sensibilità e intelligenza
emotiva. Poi deve avere visto parecchi film, deve avere una cultura
cinematografica e deve avere un dono, perché se non ce l’hai non puoi fare
questo mestiere. Poi è chiaro che a questo mestiere devi applicare una tecnica.
La sceneggiatura di solito nasce da una narrazione, da un racconto, quindi da un
soggetto e di conseguenza poi al soggetto viene applicata tutta la tecnica della
sceneggiatura, ma si parte sempre da una storia.
Il mio primo film “Parole e baci” partiva proprio dalla mia
esperienza, dalla separazione, dal mio divorzio con Antonello Venditti, del
fatto di trovarmi con un figlio da crescere. E’ stato difficile, poi girando
insieme a Tognazzi, interpretando insieme a mia sorella “Parole e baci”, ho
trovato l’uomo della mia vita. Quindi un buon sceneggiatore deve anche saper
ascoltare, però ad un certo punto deve saper decidere, deve saper imporre la
sua idea, perché alla fine è una testa sola che conta. La sceneggiatura si fa
in due o in tre, ci si confronta. I dialoghi ad esempio li scrivo sempre e
soltanto io di una storia, se vuoi con un po’ di autorevolezza. Difficile che
prenda dialoghi da altri. A volte nella struttura mi faccio aiutare.
Una
tua ossessione professionale?
La
mia ossessione professionale è la perfezione a cui non arrivo mai, perché ad
un certo punto devo entrare in scena e non posso più mettere a posto, non posso
correggere. Kurosawa facendo le debite proporzioni diceva: “Non si finisce mai
di correggere un film”. Questo è l’aforisma giusto, così come lo scrittore
Borges affermava: “Si pubblica un
libro per smettere di correggerlo”. Nessuno è mai soddisfatto e felice di ciò
che ha fatto, si perde sempre con se stessi, anche quando rivedo film miei che
sono stati pluripremiati, come “La scorta” o “Ultrà” che addirittura ha
vinto il festival di Berlino e il festival Europeo, penso sempre che avrei
potuto fare meglio, non mi accontento mai, non mi compiaccio mai di ciò che ho
fatto. Guardo sempre molto criticamente i film miei, anche dopo anni che li ho
fatti. Quando ho fatto “Maniaci sentimentali” ricordo che avevo tante
sicurezze, però anche tante incertezze perché pensavo che tutto poteva venire
meglio. Però il cinema ti sorprende sempre. A volte ci sono delle scene in cui
credi tanto, poi le metti in scena e poi lì per lì, io le cambio. Ho questa
facilità, che poi fa impazzire tutti i miei collaboratori, compreso mio marito,
di cambiare argomento, cioè di intervenire sul processo, perché magari ho
scritto una scena in una stanza, io e la scena e poi quando la vado a mettere en
plein air, capisco che ho sbagliato
delle cose. Il cinema è un intervento sul processo.
Tu
e tuo marito firmate le sceneggiature insieme. Chi è il più creativo e chi il
più ardente pignolo?
Devo
dire la verità, la sceneggiatura la firmo quasi sempre io. Ricky caso mai ha
firmati dei soggetti. Le firmo quasi sempre io, perché questo è il mio vero
lavoro. Ricky invece è molto bravo a mettere in scena, è un grande regista,
però sono io che decido i ritmi, i tempi e la storia. Questo naturalmente
parlandone con lui e cercando di trovarne una verità, tra la mia e la sua, e
arrivando ad una terza verità. Io sono come un cane da tartufo, cerco il
tartufo, magari non lo trovo sempre, però non smetto mai di cercare il tartufo.
Cioè cerco qualcosa che era sotto, che la storia sotto intendeva, cerco sempre
di scandagliare il terreno.
Qual
è per te l’ora più fertile per scrivere sceneggiature, per inventare nuove
storie?
Non
ho nessun orario per scrivere. Se sono obbligata alla consegna, non smetto mai
finché non ho finito. Ho passato notti che sono diventate mattino, scrivendo
senza sentire la fatica, perché poi entro in una specie di trance, di
beatitudine. La scrittura che mi fa
sentire, come quello che corre che finché corre non sente la fatica, poi ad
un certo punto crollo. Mi è capitato un paio di volte di crollare sul computer
e poi rimanere a dormire lì. Invece per quanto riguarda i soggetti, quando non
ho un obbligo, scrivo quando mi vengono in mente. Ma prima di scrivere io ho un
processo direi psichiatrico, nel senso che io scrivo ad occhi chiusi, ma in
realtà quasi in dormi veglia. Quindi poi quando vado sulla pagina, non mi fermo
mai. La prima stesura avviene dentro di me, dopo di che la metto sulla carta.
Non mi sono mai trovata davanti ad un foglio bianco. Non mi sono mai seduta
davanti ad un foglio prima di avere la certezza che l’avrei riempito.
Terminata
la sceneggiatura, segui tutta la lavorazione del film o il tuo lavoro finisce?
Io ho
sempre seguito, come faccio da 30 anni, le mie sceneggiature, perché le hanno
sempre messe in scena mia sorella e mio marito. Quindi avevo la possibilità di
stare sul set e anche di cambiare la scena sul set. Trovavo sempre un po’ di
resistenza sia da parte di Ricky che da parte di mia sorella, che si chiedevano
perché lo facessi. Io ho un senso critico molto forte e quindi quando decido
che una cosa non va bene, non me ne sto zitta a pensare che va bene così. No,
la devo cambiare a costo di litigare con gli attori perché devo cambiare le
battute, con il produttore perché non ha capito cosa sto facendo. Spesso è
successo anche che ho dovuto davvero impormi, poi alla fine avevo ragione e lo
riconoscevano tutti.
E’
vero che il cinema italiano è in crisi. Se ne parla da anni. Qual è la tua
opinione?
Tutto
il cinema è in crisi, perché il cinema è qualcosa che è parallelo alla realtà
e la realtà non è mai ferma. La crisi come diceva qualcuno, la percepisci
quando l’hai superata. Quindi vuol dire che il nostro cinema supera
egregiamente tutte le crisi, perché a volte racconta proprio la crisi del
sistema. I grandi film di denuncia sono questi. Detto questo, quando parliamo
della crisi degli spettatori, anche questa ormai è superata, perché si può
fruire sulle piattaforme, si possono vedere i film sui telefonini. Per carità,
io adoro andare al cinema, ma purtroppo chissà quando ci torneremo, con questo
corona virus che ci distanzia uno dall’altro, come fosse una lama. Però ho
sempre sentito parlare di crisi, il cinema sta finendo, il cinema sta morendo,
invece poi arrivano forze nuove, giovani oppure vecchi pieni di idee e il cinema
risorge. Tutta l’arte ha sempre combattuto con le crisi, ma non crisi
creativa, ma crisi economica. Però la crisi economica a volte ti spinge a
raccontare i motivi della crisi e prima o poi la tenacia di un regista, fa si
che un film venga messo in scena. Io tanti film non sono riuscita a realizzarli
perché ho mollato. Invece quelli dove
non ho mollato sono riuscita, magari non erano le cose migliori che avevo, però
ci sono riuscita. C’è anche una congiunzione astrale. Federico Fellini
diceva: “Non sono io che scelgo i film, ma sono i film che scelgono me”.
Quante volte io ho cambiato anche progetto, perché me ne era venuto in mente un
altro. Adesso sto scrivendo un film che forse non farò mai, però credo che sia
il più bello tra i miei film.
La
critica che ti ha fatto più male?
Io le
critiche non le leggo quasi mai. Non le leggo perché ho una bella frase che
dice: “Chi non compone, scompone”. Quando vedo che è cattiva, perché la
devo leggere? Tu dirai “Ma se leggi la critica, impari”. No, perché di
solito sono denigratorie. Ricordo una vecchia critica che scrisse una donna,
diceva: “Una commedia nepotista”, perché c’erano in campo mio figlio e
mio cognato Gianmarco. Sono due attori quindi mi è sembrato un termine
assolutamente sprecato, perché non sapendo davvero fare una critica, questa
signora mi ha solo insultata, non capendo invece che la tradizione teatrale, ma
persino quella cinematografica, spessissimo vede congiunti in scena. Ma la
signora era anche un po’ ignorante. Sai, chi fa il critico, in realtà, è un
autore mancato.
Il
complimento professionale più bello che hai ricevuto?
Quando
avevo 27 anni, scrissi un film che poi feci leggere a Lina Wertmuller e lei o
forse qualcuno intorno a lei disse: “E’ scritto talmente bene, che sembra
scritto da un uomo”. Di solito mi fanno un complimento. Scusate ma tra la
scrittore femminile e quella maschile, c’è differenza? Lo scrittore non ha
sesso. Lo scrittore è un compendio di sessi. Io sono un po’ maschio e un
po’ femmina, un po’ gay, un po’ lesbica, un po’ potente, un po’
impotente, un po’ affettiva e un po’ anaffettiva. Lo scrittore è tutto, è
quello che deve mettere in scena tanti personaggi e di conseguenza deve avere
un’anima sfaccettata quando scrive. E poi io sono una donna vera, con un
curriculum sentimentale molto fornito, un figlio, quattro nipoti e tre mariti.
Una volta, mi pare sia stato il critico Marco Giusti, mi ha detto: “Torna il
tratto della Izzo”. Quando un critico come Giusti, che è anche molto duro, ti
riconosce un tratto, è come dire ad un pittore che gli riconosci un quadro,
vuol dire che hai fondato una drammaturgia, nel tuo piccolo naturalmente.
Hai
dei rimpianti?
Rimpianti
no, semmai rimorsi. Cioè quello di non avere proseguito su certi film, su certe
cose che forse avrei dovuto continuare ad alimentare, ad appassionarmi. Però
devo anche campare, devo pagare tante tasse, ho tanti nipoti, ho anche una vita
dispendiosa, perché poi io sono molto spendacciona, essendo una donna
“Toro”, amo la casa, quindi sono sempre a comprare mobili antichi. Comunque
sono anche molto viziata e ho il rimorso di non aver fatto una carriera più
austera. Io ho scelto anche il commercio a volte, ho fatto la televisione. Ma
tutto questo l’ho fatto per pagarmi il cinema
che è un mestiere che offre pochissimo dal punto di vista economico.
Hai
mai avuto dei fan un po’ troppo invadenti? (tipo stalker)
Direi
di no. Ho ancora tanti attori, sarte, costumiste, sceneggiatori, elettricisti
che mi chiamano, soprattutto in questo periodo perché non c’è lavoro. Li
ritengo dei fan, però è gente che ha bisogno di lavorare. Quindi rispondo
sempre agli attori, cerco di piazzarli, ho fatto l’attrice anch’io, ho
combattuto tanto anch’io per affermare la mia professione, i miei progetti,
quindi capisco quelli che si dannano. Ricordo solo un fan, dopo il Grande
Fratello, perché poi la televisione porta molta popolarità, che mi ha davvero
perseguitata e mi diceva che mi voleva sposare. Io gli ho risposto molto
gentilmente che ero già sposata. Niente di che. Poi una volta ho ricevuto 100
rose, ma non ho mai capito da chi, mai. Era appena uscito il mio film “Maniaci
sentimentali” e mi sono arrivati questi fiori, chissà, magari un ex fidanzato
o qualcuno che voleva in qualche modo manifestarsi, ma che poi non ce l’ha
fatta, perché sapeva che non c’era spazio, perché c’era Ricky.
Qual
è il tuo tallone d’Achille?
Il
mio tallone d’Achille sono state le mie depressioni, ne ho avute tante.
Andando avanti con gli anni sono diminuite, però poi il tallone d’Achille è
quello che ti fa anche preservare, ti fa proteggere, ti fa pensare che devi
proteggerti e poi le mie depressioni sono
sempre state fonte di grandi ispirazioni. Il dolore mi ispira. Tolstoy diceva:
“L’infelicità è un grande soggetto”. Bisognerà raccontare storie
drammatiche, anche se io ho sempre fatto commedie, ma sono sempre commedie molto
drammatiche. Anche l’ultima: “Lasciami per sempre”, che è molto vicina al
film di Muccino “Stanno tutti bene”. Solo che io l’ho scritta e fatta due
anni prima. E’ un film doloroso sulla famiglia allargata, che è una specie di
focolare dove intorno ci sono tante persone, ma che ogni tanto ti bruci.
L’ultima
volta che hai pianto e perché?
Il 22
aprile, il giorno del mio compleanno perché c’era il lockdown ed eravamo solo
io e Ricky. Quando dico solo, non voglio minimizzare assolutamente la sua
presenza, però senza figlio, senza nipoti, per fortuna che Barbara D’Urso ha
deciso di festeggiarmi nel pomeriggio, a Canale 5,
e mi ha fatto una festa dove ero in collegamento da casa e mi vedevano da
casa i miei cari. Era come stare insieme. Ho pianto proprio in diretta. A me non
piacciono i compleanni, perché sono un momento in cui devi fare una specie di
consuntivo, però stavolta lo volevo proprio festeggiare, forse perché mi era
impedito dalla legge, dalla quarantena.
E’
vero che hai l’ossessione delle malattie?
Se
non mi fossi dedicata al cinema, avrei fatto sicuramente il medico, grande
passione a casa mia. Sulle diagnosi a casa mi chiamano la primaria. Tutto parte
da una patofobia giovanile che mi ha portato a studiare diagnostica e
sintomatologia del dolore. Quando ci incontriamo con Carlo Verdone, competiamo.
Quali
sono le tue ambizioni?
La
mia ambizione è quella di continuare a fare questo mestiere, di insegnare a
tanti giovani che hanno bisogno di imparare, compresi i miei nipoti. Spero che
qualcuno dei miei nipoti faccia questo processo, questa carriera molto
difficile, ma molto interessante, perché non smetti mai di studiare. Come un
medico che studia le medicine, tu studi il comportamento umano, come un
antropologo per poi raccontare il comportamento degli uomini. Io ho sempre
scritto film in qualche modo legati alla famiglia, perché la famiglia è la mia
vera ossessione e ho sempre cercato di far funzionare tutto, tenendo tutto sotto
controllo. A volte anche rompendo molto le palle e poi con i miei film ho
lanciato dei messaggi molto chiari, alle persone che amo. Di conseguenza ogni
tanto uno mi dice: “Ma quello ero io” o “A me non mi hai messo”. Così
come nei miei libri, quando i miei parenti ci sono, si lamentano, quando non ci
sono mi chiedono perché stavolta non li ho citati. Anche perché la
drammaturgia è molto legata agli affetti.
Parliamo
di Roma. Tu sei romana de Roma. In quali zone hai abitato?
Sono
romana di Trastevere, quindi sono una “ciumachella de Trastevere”. Mio padre
e mia madre sono milanesi e mio padre è venuto a Roma per tentare la carriera
cinematografica, poi è diventato un grande regista di doppiaggio. Ho vissuto
nel quartiere Prati, sono andata al liceo Mamiani, dove sono stata molto felice.
Adoro la zona Prati, lì c’è la Rai, ci sono tante produzioni ed è un
quartiere borghese, ma anche gioiosa, ci sono tanti cinema, c’è l’Adriano,
il Giulio Cesare, ci sono tante pizzerie e ristoranti
storici, dove vedi i vecchi che mangiano. Mi piace vedere mangiare i vecchi,
perché sono come i bambini, gustano tutto, si godono quel bicchier di vino che
gli è concesso e trasgrediscono con i dolci. Ora ho scelto di vivere un po’
fuori di Roma o meglio, come dice mio figlio, in “culonia”, perché abito
tra l’aeroporto di Fiumicino che ci arrivo in 15 minuti e Roma. Sono a 10
minuti da San Pietro. Però di zone di Roma ne ho girate tante, perché ho avuto
casa in via Giulia, quindi in centro, poi a viale Mazzini con un altro compagno.
Poi con il mio ex marito ho vissuto a Castelnuovo di Porto, poi
Casal Lumbroso, dove vive anche mia madre. Ora sono in via della Pisana,
con Ricky. Roma città, quella storica e meravigliosa non mi piace andarci a
vivere, ma mi piace molto andare a
vederla. Io ho bisogno del verde intorno, di un giardino, di un posto dove ci
sia l’orizzonte molto forte, bello lontano e irraggiungibile, devo vedere
oltre.
Il
tuo rapporto con la cucina romana? Cosa ti piace e viceversa? Trattoria
preferita?
Adoro
la cucina romana, adoro i carciofi alla giudia, non mi piace la trippa, però mi
piacciono tutti i fritti romani. Vado in una trattoria, o meglio in un ottimo
ristorante che si chiama “Da Checco al 13” ed è un ristorante romanesco. Si
chiama “al 13” perché è al tredicesimo km sulla strada del mare. Ci vado
da 30 anni e mi trovo benissimo. Un altro ristorante dove vado spesso si trova
in via Giulia e si chiama “Assunta Madre”, dove c’è il pesce di Terragna,
che è il più buono di Roma. I ristoranti romani li conosco tutti, ne ho
frequentati tanti. Mi piace anche “Da Cesare” in via Crescenzio” che
c’ha la pizza più buona del mondo. Anche lì il pesce è molto buono, è
tutto un ben di Dio, tutto molto sobrio. Come mi piace Zuma, che è un
ristorante molto “In”, molto “fusion”, che è in piazza di Spagna, sopra
il palazzo delle Fendi ed è frequentata da ragazzi chiassosi, ma ci sono anche
delle salette per le persone più mature che possono godere
della gioventù intorno, ma sono abbastanza protetti.
In
quale Roma del passato ti sarebbe piaciuto vivere e nelle vesti di chi?
Mio
padre mi ha sempre detto che ho un viso rinascimentale. Mi sarebbe piaciuto
vivere nel rinascimento, anche perché è stato un grande periodo di rinascita
culturale, artistica e intellettuale. Mi piacciono quei vestiti meravigliosi di
quell’epoca, la Roma più sontuosa. Però mi piace anche questa di epoca, dove
ogni giorno succede qualcosa di nuovo, dove siamo tutti iper connessi, per
quanto possa darci stress. Poi io alla fine sono una donna sempre connessa, non
potrei farne a meno. Mi piace il futuro, ma anche il passato e mi auguro di
poter vivere ancora 30 anni, visto che mia madre fa quasi 90 anni. Chissà come
sarà il 2050.
Tradiresti
Roma per vivere in un’altra città?
Io
tradirei Roma per vivere a Firenze, però se devo dire un luogo che ho scelto
come “buen retiro” insieme a
Ricky, è un’isola della Sicilia che si chiama Favignana, che è uno dei
luoghi più belli credo del mondo. La mia casa è davanti a Cala Rossa, una casa
in tufo, di un ex cavatore di tufo, tutta scolpita nel tufo, con dei templi.
E’ una casa dell’800, è una vecchia signora che guarda il mare e si
protegge. Perché poi Favignana
viene da Favogna e Favogna è un
vento. L’isola è molto ventosa, però adoro quel posto. Io in Sicilia ci vedo
di più, sono più senziente, sento di più i profumi. Direi che è una
dimensione più percettiva.
Roma
può essere fonte di ispirazione per le tue sceneggiature?
Io a
Roma ho girato “Ultrà”, film molto romano, che parla di due fazioni, due
squadre di calcio, con il quale abbiamo vinto il festival di Berlino. A Roma ho
girato “Maniaci sentimentali” e tanti altri film. Ho girato “Camere da
letto” tra Roma e Ostia, a Roma abbiamo girato le nostri fiction. Roma è un
grande palcoscenico. Anche i dintorni di Roma sono pazzeschi. Ad esempio
“L’amore strappato” con Sabrina Ferilli l’abbiamo girato ai Castelli
Romani che sono meravigliosi. Tra l’altro, mio suocero Ugo Tognazzi, ha una
casa a Velletri.
Cosa
ti manca di Roma quando sei via?
A
Roma c’è tutto, c’è il futuro, c’è l’avvenire, c’è il passato, ci
sono i Fori Romani e tanta storia. Cosa puoi volere di più. Quando ero in
America, mi mancava poter dire: “Ci vediamo davanti al Pantheon, oppure a San
Pietro o al giardino degli Aranci”.In America invece puoi dire “ci vediamo
al cinema sulla 5° strada o al centro commerciale” e devono dare degli
appuntamenti privi di storia. Quando non sono a Roma mi manca proprio la storia
. Roma è la città che non a caso è stata definita “Caput Mundi” e secondo
me, lo sarà sempre.