Simone Montedoro (attore)
Roma 10.1.2025
Intervista di Gianfranco
Gramola
Dal 9 al 19 gennaio 2025
al teatro Golden di Roma, Danilo De Santis, Roberta Mastromichele, Simone
Montedoro e Angelica Pisilli in
“Il padel
nostro”
Simone Montedoro è nato a Roma il 28 luglio
1973. Formatosi frequentando dei laboratori tenuti da Francesca De Sapio,
Michael Margotta e Duccio Camerini, inizia la sua carriera come attore di
fotoromanzi. In teatro debutta nella stagione 1998-99, recitando in No Exit e A
chi toccherà stasera, diretti da Massimiliano D'Epiro. Nel 2001 recita nel
video musicale della canzone "Junto A Ella", versione spagnola di
Insieme a Lei, di Gigi D'Alessio. Nel 2002 recita nello spettacolo Sopra,
diretto da Duccio Camerini con cui lavora anche tra il 2004 e il 2006 in Scoppio
d'amore e guerra, con Rocco Papaleo e Lucrezia Lante della Rovere. All'inizio
della sua carriera gira anche alcuni cortometraggi. Tra i suoi primi lavori
televisivi, il film TV Il centravanti è stato assassinato verso sera di Pepe
Carvalho: La serie (1999) e la miniserie tv L'avvocato Porta - Le nuove storie
(2000), entrambi diretti da Franco Giraldi, l'episodio Fuori gioco della
miniserie diretta da Alessandro Capone, Il commissario, con Massimo Dapporto e
Caterina Vertova, e il film tv con Luca Zingaretti, Il commissario Montalbano -
L'odore della notte, entrambi del 2002. Partecipa anche a degli episodi delle
serie tv Distretto di Polizia 2 e 6 (2001-2006), Un medico in famiglia 3 (2003),
e Medicina generale (2006). Nel 2008 appare su Rai 1 nella miniserie Ho sposato
uno sbirro, diretta da Carmine Elia, in cui ha il ruolo di un agente di polizia;
durante le riprese viene scelto dalla Lux Vide come nuovo capitano dei
Carabinieri nella fiction Rai Don Matteo, ruolo che nelle cinque serie
precedenti aveva interpretato Flavio Insinna. In essa è coprotagonista dalla
sesta stagione insieme a Terence Hill e Nino Frassica appunto nel ruolo del
capitano Giulio Tommasi. Nel 2009 torna sul piccolo schermo con la miniserie TV
Enrico Mattei - L'uomo che guardava al futuro, regia di Giorgio Capitani,
dedicata a Enrico Mattei che ha il volto di Massimo Ghini, e con la settima
stagione di Don Matteo. È tra i nuovi protagonisti della nuova serie Gente di
mare - L'isola, regia di Alberto Negrin. Nel 2012 ha preso parte al tv-movie,
prodotto da Lux Vide, Santa Barbara. Il 1º giugno ritorna con la nuova serie
firmata Mediaset, Matrimoni e altre follie, dove interpreta Luciano Moretti, un
ragazzo gay, coinquilino di Giusy (interpretata da Chiara Francini). Nel 2017
partecipa al talent show Ballando con le stelle su Rai 1. Dal gennaio al
febbraio 2019 conduce su Rai 1 con Anna Ferzetti il Prima Festival. Nel 2021 è
la voce narrante fuori campo del docu-reality La Caserma, in onda su Rai 2, e
partecipa come concorrente alla seconda edizione de Il cantante mascherato, in
onda su Rai 1, indossando la maschera dell’orsetto. Sempre nel 2021 partecipa
come concorrente a Tale e quale show.
Intervista
Dal 9 al 19 gennaio sei al Golden di
Roma con lo spettacolo “Il padel nostro”. Mi racconti brevemente la trama e
qual è il tuo personaggio?
“Il padel nostro” è una simpatica
commedia scritta da Danilo De Santis, interpretata da me, da Roberta
Mastromichele e Angelica Pisilli. Parla di una coppia innamorata che ha una
figlia che sembra sia un astro nascente del tennis. Io che sono Giulio, il papà,
riverso le mie frustrazioni, i miei sogni non realizzati, nel percorso di mia
figlia perché anch’io ero una promessa del tennis, ma non si sa se poi sarei
diventato un grande tennista, però ho rinunciato per amore per la donna che poi
ha sposato ed è nata Luna. E c’è questo nostro caro amico che è
l’istruttore di tennis di Luna, ma poichè nostra figlia è arrivata in una
classifica importante, la WTA, noi
dobbiamo dirgli che vorremmo che accanto a nostra figlia ci fosse un
professionista, perché lui comunque è un istruttore di padel. Insomma c’è
questa notizia da dare, però è tutta una commedia dell’equivoco e vengono
fuori tantissime verità. Tra l’altro i due coniugi, io e Mara, interpretata
da Roberta Mastromichele, per un periodo ci eravamo lasciati proprio per un
problema di tornei, perché io non volevo che mi seguisse, che lasciasse gli
studi per seguire me che giocavo all’estero e proprio
in quel periodo qualcosa è successo. E verranno fuori tutte queste verità
nascoste fino a quel momento perché si tende sempre ad insabbiare le cose, ma
si sa che prima o poi la verità viene fuori. Il tutto è ambientato in un
piccolo campo di padel perché loro stanno festeggiando questo risultato
raggiunto dalla figlia che in realtà non si sa se vuole proseguire o no,
proprio perché vuole rivedere questo rapporto con questi genitori un po’
oppressivi. Il padre è un po’ più oppressivo e la madre è presa da altro,
dall’apparire senza sviluppare la parte emotiva.
Dopo Roma è prevista una tournée?
Per ora no, però sai tutto può succedere,
anche perché questo spettacolo è andato a sostituire un altro spettacolo che
si doveva fare al teatro Golden. Quindi io sono subentrato a gamba tesa, mi
hanno chiesto di fare questa cosa a pochi giorni dal debutto, però ce
l’abbiamo fatta.
Parliamo della tua carriera. Hai iniziato
facendo fotoromanzi. Com’è nata questa passione per il mondo dello
spettacolo? Hai artisti in famiglia?
Artisti in famiglia, no. Io vengo da una
famiglia, da parte di mamma, di macchinisti di cinema, quindi fin da piccolo ho
sempre sentito parlare di cinema, racconti e aneddoti. Stiamo parlando del
grande cinema italiano. Adesso ho 52 anni ma ricordo i grandi raduni delle feste
comandate tipo il Natale, Pasqua dove c’erano tutti questi raduni di
famigliari in cui si erano in trenta persone in una stanza il che era
bellissimo. Adesso è una cosa rara da fare. I parenti di mia madre ci
raccontavano un po’ del loro lavoro, aneddoti, e io sentivo
e assaporavo l’aria del cinema, però non ho parenti che hanno fatto
gli attori. Ho iniziato con i fotoromanzi soprattutto per portare a casa la
pagnotta, per sbarcare un po’ il lunario, i primi soldini. Non è che mi
mantenevo facendo solo fotoromanzi anche perché non è che ti chiamavano tutti
i giorni. Capitava che ti chiamassero due volte al mese, quindi poi dovevi
arrotondare in altri modi. La passione dell’attore è nata non lavorando ma
studiando, perché qualcuno mi consigliò: “Hai un bel visetto, perché non ci
provi?”. Mi iscrissi ad un’agenzia e mi mandarono da Francesca de Sapio, che
è ancora la mia attuale insegnante, e da lì mi sono interessato al lavoro che
si fa sull’attore, sul testo e da lì è scattato qualcosa dentro di me.
Con quali miti di riferimento sei
cresciuto? Chi sono stati i tuoi idoli?
Sono cresciuto con i miti di Alberto Sordi,
di Gigi Proietti che rispecchiano un po’ una romanità che mi appartiene. La
televisione prima era più importante, meno dispersiva, per esempio io mi
ricordo anche Valter Chiari, e il presentatore Corrado, che ti trasmettevano
tanto. Adesso la televisione è un po’ più dispersiva perché tra
piattaforme, reti nazionali e reti private c’è di tutto e di più. A parte
Gian Maria Volonté che ho sempre considerato un grandissimo attore, insieme a
Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni ed in particolare stimo tantissimo Nino
Manfredi. Lui secondo me è stato un bravissimo attore e ti dico la verità, cioè
che forse andava considerato di più.
Hai lavorato con tantissimi personaggi.
Due parole su Gigi Proietti e Terence Hill.
Con Gigi ho avuto poche occasioni di lavoraci
insieme perché io ebbi un ruolo nell’avvocato Porta, interpretato da lui, ero
agli inizi, ero molto acerbo però me lo ricordo come se fossi ieri perché era
talmente carismatico e coinvolgente. Addirittura mi ricordo la scena, fatta in
esterna a Pescara, transennata per l’occasione, dove lui veniva fuori dal
commissariato e la gente gridava: “Gigi, Gigi”. Io ero veramente molto
emozionato e nella scena dovevo dargli un cazzotto in faccia perché Gigi mi
provocava. Per me è stato un momento terribile e invece lui mi ha aiutato
molto. Quella è stata la prima volta che abbiamo recitato insieme, poi ci siamo
incontrati a teatro e in occasioni mondane, però poi purtroppo non ho avuto più
occasione di lavorare con lui. Però è stata una grande esperienza e me la
ricordo come se fosse ieri, proprio l’emozione di lavorare con lui e la
sudarella lungo la schiena perché era un grande ed era anche molto generoso. Da
lui c’era solo da imparare. Terence Hill è un divo internazionale. Io i primi
tempi quando facevo la serie insieme a lui, ogni tanto me lo abbracciavo perché
me lo guardavo e mi dicevo: “Madonna, sto facendo una serie con Terence
Hill”. Io sono cresciuto vedendo i film con Terence Hill e Bud Spencer e
ancora tante altre generazioni cresceranno con i film di loro due. Terence è
una persona umilissima, molto riservata, un grande professionista e con una
educazione infinita con tutti. Ho avuto questa grande fortuna di lavorare tanto
con lui, di parlarci e di scambiare anche delle idee.
Se come attore fosse andata male, avevi un
piano B?
Si, il rapinatore (risata). Ti dico la verità,
io non è che avevo le idee molto chiare quando ero molto giovane, difatti ho
iniziato a fare l’attore intorno ai 23 anni, quindi un po’ tardi. Da giovane
ero in dubbio se andare all’università, perché mi sarebbe piaciuto fare o
psicologia o veterinaria, poi ne è nata questa infatuazione per la recitazione
e mi sono un po’ distratto. Però non so se poi avrei portato a termine questi
studi, però mi interessai a questi due indirizzi che potevano interessarmi.
Quali sono i tuoi progetti per il 2025?
A parte “Il padel nostro”, il 20 inizio
le prove di un musical che faremo al teatro
nazionale di Milano e poi al Brancaccio di Roma che è “Prova a prendermi” di
Alessandro Longobardi, che è tratto dal film omonimo con Leonardo Di Caprio e
Tom Hanks, dove io faccio il papà del protagonista.
Due parole della tua città. Che rapporto
hai con Roma?
Il mio rapporto con Roma è conflittuale, ti
dico la verità, perché è una città bellissima, stupenda che però ha tanti
problemi come tutte le grandi città, poi adesso con il giubileo e l’affluenza
dei turisti che ben vengano, sono felicissimo, però ci stanno complicando le
cose con gli spostamenti, ma so che ci stanno lavorando e io sono fiducioso.
E’ una città molto bella che come tutte le metropoli va curata, ha bisogno di
essere accarezzata ogni giorno e soprattutto noi cittadini dobbiamo dare il buon
esempio.
In quale zona sei cresciuto e in quale
quartiere hai abitato?
Io sono nato a Boccea e poi sono cresciuto a
Prati, il bel quartiere Prati quando ancora c’erano pochi uffici. Adesso è
diventata una zona di uffici di notai e avvocati. Dopo Prati ho girato tutta
Roma, da torre Vecchia al Pantheon, da Città Giardino o dove trovavo un buco
per le mie tasche.
Il tuo rapporto con la cucina romana?
Quello è molto buono, mi piace tantissimo
cucinare, reinventare qualche ricetta. La cucina romana è un po’ pesante,
buonissima ma preferisco cose un po’ più light, più leggere.
Un paio di consigli al sindaco di Roma?
Di avere molta pazienza, perché credo che ci
siano dei ruoli in cui io per esempio non mi metterei mai, perché è molto
difficile, hai tantissime pressioni, hai tantissimi problemi da risolvere e ogni
giorno non hai soltanto le beghe per il tuo mandato, ma anche beghe che sorgono
a ogni ora a Roma, se poi ci metti la situazione climatica che può provocare
molti danni, la logistica, il giubileo appunto, e poi Roma è una città
visitata tutto l’anno, quindi non deve essere facile. Al sindaco gli auguro di
avere tanta ma tanta pazienza e tanta clemenza e democrazia mentale, perché non
deve essere facile rispondere a tutti e accontentare tutti.