Stefano Cenci (musicista e compositore)      Roma 14.12.2018

                         Intervista di Gianfranco Gramola

Suonare davanti a papa Francesco è stata una emozione unica, un qualcosa di indescrivibile. Lucio Dalla? Amava dare nomignoli agli amici. Io per lui ero Olimpo.

Il suo sito ufficiale è www.stefanocenci.net

Musicista, compositore, arrangiatore e produttore, nasce a Perugia il 2 settembre 1962 dove inizia molto presto a suonare il piano, poi il violoncello al Conservatorio Morlacchi. A 21 anni il primo album come arrangiatore e produttore (Don Backy), a 26 viene assunto dalla BMG/SONY sempre in qualità di arrangiatore e produttore dove rimarrà 7 anni per poi scegliere di tornare indipendente. Si dedica alla composizione di canzoni tra cui il grande successo di Mina e Celentano “Brivido Felino”, “Volveré” grande successo latino per OV7 ed altre per G. Morandi, Mina, L. Barbarossa, M. Gazzè, Tiromancino, etc. Scrive colonne sonore per cinema (miglior canzone per film “Mystery Angel” con Pino Donaggio) e televisione (“Piper”, “I liceali”, “Anna e i cinque” etc.). Produce e arrangia per trasmissioni tv (“Furore”, “Amici”, “Buona Domenica”, “Il bivio” etc.). Partecipa sei volte come compositore e direttore d’orchestra al Festival di San Remo. Suona per molti artisti italiani (E. Morricone, S. Endrigo, G. Morandi, F. Mannoia, F. De Gregori, R. Zero, C. Baglioni, N. Marcoré, L. Barbarossa ecc.) e internazionali (J. Taylor, N. Diamond, Donovan, Miùche Buarque de Hollanda, Il Volo etc.). Dal 2010 è direttore musicale e musicista nella trasmissione radiofonica Radio 2 Social Club, condotta da L. Barbarossa con A. Perroni e L. Ocone. Nel 2013 suona sul sagrato di San Pietro alla presenza di Papa Francesco in occasione della Giornata della famiglia. Nel 2013 anche il fortunato incontro con Stefano D’Orazio che, con Saverio Marconi, gli affida la composizione delle musiche della commedia musicale “Cercasi Cenerentola” con Paolo Sol Frattini.

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E l’avventura continua …

Intervista

Hai iniziato molto presto con la musica. Hai qualche musicista in famiglia che ti ha trasmesso la passione?

Non ho artisti in famiglia, o meglio mio padre fischiava e ha conquistato mia madre fischiando. Quando chiamo la mia mamma, dice spesso: “Tutto bene Stefano, ma come fischia tuo padre” (risata). Io sono nato con la musica, in quanto sin da piccolo amavo ascoltare  i dischi e ascoltavo di tutto. A quei tempi c’erano i 45 giri e ascoltavo il lato A e il lato B e cercavo di capire perché il lato B era detto B e stessa cosa per il lato A. Era una cosa di grande istinto questa mia curiosità. E questo è  andato avanti per anni e va avanti tuttora. Questa mia curiosità mi ha fatto capire che  amare la musica è soprattutto cercare di capire cosa voleva esprimere chi l’aveva creata. E questo anche nelle canzoni che magari non mi piacevano, c’era un qualcosa che poteva essere consono ai miei gusti musicali. Quindi questo è stato un grande punto di forza. Questa caratteristica che all’inizio poteva  sembrare banale, oggi mi fa capire direttamente i codici della musica, di chi la fa e di chi la propone, perché cerco di capire perché ha voluto proporre quel brano e a cosa si è ispirato. Nel lavoro che faccio che principalmente è il direttore musicale, suonare e creare un collante con le persone con cui suono, è fondamentale, perché fa si che capisca quali sono le  caratteristiche dei musicisti con cui scelgo di suonare e il mio elemento primo è proprio quello di amplificare quel tipo di caratteristica. Per questo quando le parti sono definite per ognuno di loro, io faccio le mie che sono un po’ come quelle di un regista, che va a vedere cosa manca e lo mette.

Chi sono i tuoi musicisti di riferimenti, i tuoi idoli?

Ne ho una marea, Gianfranco. In Italia abbiamo tantissimi musicisti. Franco Migliacci mi diceva: “Solo adesso capisco quanto avevano ragione quando dicevano che sono un uomo degli anni ‘70”. Effettivamente aveva ragione, perché la musica degli anni ’70, secondo me, è stata quella più completa, perché c’era la follia, c’era la creatività , c’era anche quello che l’uomo normale non capiva o magari non arrivava a capire. A noi è stato comunicato con determinati testi che riteniamo storici, parlo dei Beatles, del Rolling Stone e andando sul rock, dei Led Zeppelin. Quelli che sono un po’ andati oltre, perché andare oltre doveva essere un nuovo punto di partenza. A noi sono arrivate attraverso le loro opere, ma non possiamo capire come loro le hanno vissute, cosa volevano trasmetterci. Però possiamo appassionarci a determinate cose che hanno creato ed io, per esempio, ne faccio un grande uso. A me piace moltissimo usare la musica come un album di fotografie e quindi ci sono  momenti in cui ascolto la musica classica, che mi piace molto. Oppure vado sul rock o il jazz, che è un mio vecchio amore e poi mi piace tanto fare come un bravo cuoco, cioè rendere commestibile un po’ di tutto, ossia usare i vari generi come fonte di ispirazione e magari usarli nel programma radiofonico Radio2 Social Club. Mi trovo a fare gli arrangiamenti in pochi minuti, perché sono tutti molto chiari dentro di me,   l’ispirazioni e la tecnologia di cui dispongo mi fanno trovare rapidamente in quale cassetto trovare quel riferimento. Quindi creo tutta una connessione che mi da un senso di originalità, perché comunque in quel modo non è stato mai eseguito.

Stefano Cenci con Francesco De Gregori a Radio2 Social Club

Ho letto sul tuo sito che hai collaborato con molti artisti …

Tantissimi artisti, Gianfranco. Chi va a vedere il mio sito pensa che io sia uno che si inventa tante stupidaggini, perché è impossibile in una sola vita collaborare con così  tanti artisti, e per di più non l’ho ancora aggiornato, perché mancano ancora moltissimi artisti con cui ho lavorato.

Mi racconti qualche curiosità su questi personaggi, tipo il più pignolo, il più professionale?

Molto pignolo è Ennio Morricone ed una persona che molti non conoscono ma che ha fatto tantissime canzoni è Bruno Zambrini. Lui ha scritto grandissimi successi e mi ha insegnato molte cose, in cui bisogna essere assolutamente puntuali e precisi. Francesco De Gregori è un bravissimo stilista, perché lui è così padrone del suo stile che comunica delle cose che probabilmente non capisci subito, ma nel momento in cui le vai a mettere in pratica, capisci che è perfettamente giusto. Altra personalità che mi ha colpito molto è stato Lucio Dalla, che mi chiamava Olimpo. Lucio Dalla, quando entravi nel suo emisfero affettivo, quando ti accettava, ti dava un nomignolo. Fiorella Mannoia la chiamava Margherita. Quando gli telefonavo e gli dicevo “Ciao, sono Stefano”. Lui rispondeva; “Stefano chi?”. Allora gli dicevo “Olimpo” e lui capiva che ero io. Anche Lucio mi ha insegnato tantissimo, anche nell’istintività e in quello che voleva dire essere dentro la musica. Se ti fai guidare dalla musica, la musica ti dice dove mettere le mani. Questa è una frase meravigliosa. Gianni Morandi è un altro artista molto preciso. Anche lo stesso Luca Barbarossa è una persona che sa cosa vuole. Diciamo che quelli più precisi, sono quelli che sanno cosa vogliono esprimere e quello che vorrebbero sentire. E i più pazienti ti portano a farlo, quelli più impazienti devi capirli tu, perché sennò la loro poca pazienza si vede o meglio, si sente.

Ad un ragazzo che vuole fare il musicista, che consigli daresti?

Di non bleffare, perché la musica è una cosa che non ti perdona. La musica è verità assoluta. Infatti le grandi opere, la grande musica nasce da qualcosa di vero. Magari la persona che l’ha fatta non è verissimo, ma in quel momento in cui ha scritto quel brano, quella canzone, era assolutamente vero. La musica è un’entità che ti premia tantissimo, ma non la devi prendere in giro, altrimenti ti fa nero.

Da quanti anni lavori a Radio2 Social Club, Stefano?

Da ben dieci anni. E’ un programma che doveva durare tre mesi o meglio ci avevano dato tre mesi di vita. Invece noi abbiamo puntato tutto sulla qualità, perché all’inizio eravamo veramente un’armata Brancaleone, perché la radio non era ancora pronta per fare il live e altre novità e noi dovevamo capire un po’ come impostare il programma. Con Luca Barbarossa ci conosciamo da 15 anni e lui mi ha chiesto di prendere in mano la situazione musicale e da lì ho creato un gruppo che oggi è denominato Social band. Della band possono cambiare gli elementi, ma il suono non cambia mai, perché il suono è quello che ti dicevo prima, cioè quello nascosto nel cassetti. Anche quando cambiano gli elementi della band, che sono sempre  di prim’ordine, io cerco di avere un suono che mi rappresenta. Tornando alla tua domanda, qui a Radio2 Social Club ora siamo organizzatissimi, sappiamo anche improvvisare alla grande. Da quest’anno siamo anche in video ed è una cosa, secondo me, che crescerà ancora di più. Ogni anno riscuotiamo grande successo. Luca Barbarossa e Andrea Perroni, che sono i capitani coraggiosi di questa nave, portano avanti il tutto con una professionalità altissima. Per noi non ci sono sabati e domeniche, nel senso che nel fine settimana dobbiamo per forza occuparci di quello che faremo lunedì, perché è una trasmissione che non è mai lasciata al caso ed è assolutamente coltivata come una pianta bonsai.

Com’è la giornata “tipo” a Radio2 Social Club?

La giornata è questa. Per forza di cose andiamo piano piano, cioè organizziamo 5 giorni alla volta. Prepariamo il da farsi, dopodiché io penso alla parte musicale. Luca insieme ad Andrea  e gli autori pensano agli argomenti da trattare in trasmissione. Gli autori, con Andrea Perroni pensano ai pezzi comici e Andrea pensa soprattutto ad innovare i personaggi che imita e ad alcuni che ha inventato, come Patacò, Davide di Donatello o l’influencer napoletano. In poche parole c’è un grande lavoro di redazione. Praticamente ci sono due sinergie, una parte di lavoro di redazione che si occupa della scaletta, degli argomenti da trattare, delle interviste da fare agli ospiti e dall’altra parte ci sono io che penso alla parte musicale live. Poi abbiamo il regista marco Lolli che pensa a fare in modo che la playlist sia consona con gli argomenti trattati. Poi si mette tutto insieme e nasce la puntata.

So che hai suonato davanti a papa Francesco.

Si, è stata una cosa meravigliosa e tra l’altro ero con Luca Barbarossa. Io ho fatto festival di Sanremo e quello di Sanremo è un palco fantastico, però quello di San Pietro è un qualcosa di indescrivibile, perché bisogna provarlo. L’emozione è unica e dentro di te senti delle vibrazioni e un’energia incredibile. Lì senti che succede qualcosa che non è una cosa normale.

Hai un sogno artistico, Stefano?

Si, ce l’ho. Sono 35 anni che faccio questo mestiere e l’ho fatto soprattutto per gli altri o accompagnando degli artisti. Adesso sento l’esigenza di cominciare a fare delle cose mie e magari non aspettarmi assolutamente niente. Credo che sia tempo di operare per le cose che faccio, cioè scrivere delle canzoni che produco, per poi metterle sul mercato e le coincidenze, che non sono mai coincidenze, facciano che queste mie cose trovino la strada. Io, se posso dire una cosa, è che sono veramente figlio delle coincidenze. Fin da piccolo ho fiutato quale poteva essere la strada per ottenere quello che volevo. La cosa che volevo di più era quella di suonare con più artisti possibili. E come hai visto nel mio sito, la lista è lunga e quindi ho realizzato il mio desiderio. Diciamo che la maggior parte dei sogni che avevo da ragazzino, li ho realizzati. Adesso, come si dice in gergo “voglio lavorare di fino”. Da qua, fino a quando ce la farò, vorrei lasciare qualcosa di completamente mio, come è successo con “Brivido felino” di Mina e Celentano. Questa canzone l’ho scritta venti anni fa e continua ad avere un successo incredibile. Vorrei cimentarmi con più collaborazioni possibili, ma che partano da una mia esigenza, invece che dalle esigenze degli artisti.

Parliamo un po’ di Roma. Tu sei di Perugia. Quando sei venuto a Roma?

Io sono arrivato a Roma da piccolino e quando ci sono arrivato è stata una cosa pazzesca, perché pensavo di essere nel giardino dell’Eden. Io ho sempre pensato Roma come il centro del mondo ed effettivamente mi ha fatto questo effetto. La cosa più incredibile è che io chiedevo a mio padre, che era usciere del direttore dell’Ufficio del lavoro, se conosceva qualcuno che mi potesse far vedere la RCA, che stava in via Tiburtina. La cosa bella è che a 24 anni mi squilla il telefono ed era la RCA che mi chiedeva se volevo andare a lavorare da loro. Avevo fatto delle cose che evidentemente erano  arrivate alle orecchie dei dirigenti e mi avevano segnalato come musicista da contattare. La RCA voleva ricreare un’entità all’interno dell’azienda, come lo erano Ennio Morricone e Luis Bacalov, che fosse in grado  di produrre e arrangiare. Incredibilmente mi contattarono e all’inizio io non ero pronto ad essere di  qualcuno, perché sono sempre stato uno spirito libero e invece mi fecero delle promesse che poi hanno mantenuto e sono stato alla RCA per 7 anni. In quegli anni ho imparato l’ira di Dio. Ho collaborato con Giorgia, con Samuele Bersani che nasceva proprio in quel periodo, facevo i provini con Renato Zero e praticamente facevo cose incredibili.  Dopo 7 anni ho deciso che dovevo appropriarmi della mia carriera, quindi ho lasciato la RCA e mi sono dedicato alla televisione. Perché pensavo che il futuro per la musica fosse la televisione, come poi è stato. Ho fatto 5 anni come produttore musicale per “Amici” e ho lavorato tantissimo per Mediaset. A quei tempi realizzavo l’85 per cento della musica per le reti Mediaset. Una cosa incredibile. Una volta fatta questa esperienza sentivo l’esigenza di tornare a suonare in giro. Ho trovato Luca Barbarossa che mi ha dato l’opportunità e da lì sono diventato il suo braccio destro musicale e abbiamo fatto un sacco di esperienze.  Infatti abbiamo creato degli spettacoli di successo, ad esempio “Attenti a quei 2” con Neri Marcorè che ha avuto un grande successo e abbiamo creato dei dischi e ho sempre dato una mano a Luca nella sua parte creativa, fino a quando, con Valentina Murri, si è pensato di fare questa cosa, quella del Social Club. Cioè portare in radio una trasmissione dove si poteva fare salotto in maniera assolutamente non seriosa, ma interessante e divertente e organizzare musica, anche improvvisata. E l’idea si è realizzata, ha avuto successo e continua ad averne, come tu sai, che sei venuto parecchie volte a trovarci con la tua  famiglia.

In che zone hai abitato?

Ho abitato vicino a piazza Bologna, poi mi sono comprato casa dove vivo adesso, a Montesacro, come la canzone di Baglioni “51 Montesacro, tutto cominciava …”. Questo posto sembra un paesino, si sta benissimo. Senti in sottofondo il vociare di bambini?

Si, lo sento.

E’ perché davanti a casa mia c’è una scuola e ci sono dei bambini che fanno ricreazione.

Cosa ti manca di Roma quando sei via per lavoro?

Diciamo che quando vado in giro, mi porto Roma dietro. Adesso, nella vita che sto facendo, quando posso scappo a Perugia, dove ho la casa che volevo fin da piccolo, una casa in mezzo al bosco, in una zona tranquilla. Adesso la mia vita ha questo senso, cioè Perugia e Roma sono la stessa città, è la stessa mia vita. Non potrei stare troppo tempo a Perugia senza tornare a Roma e viceversa. Nonostante Roma negli ultimi tempi sia massacrata, a me piace sempre di più. Una cosa cui tengo a dirti Gianfranco è questa … Roma è sempre stata così, se tu la vivi stando bene, ci stai molto bene, altrimenti ti massacra, ti uccide. Io a Roma ne ho viste di cotte e di crude, specialmente agli inizi della mia carriera, ho dormito su divano letto, nei sacco a pelo,  su delle tavole, in casa in costruzione, ecc … questo perché ho voluto fortemente quello che poi ho ottenuto e credimi, non è stato assolutamente facile. In quel periodo Roma mi uccideva tutti i giorni. Poi sono riuscito a alzarmi in piedi  e ad ottenere quello che volevo e ora Roma è meravigliosa.

La cucina romana ti ha conquistato?

Mamma mia se mi ha conquistato, Gianfranco. Però la cucina romana è una cosa da cui mi devo difendere, perché praticamente  se dessi retta all’istinto, peserei 120 kg. Carbonara, gricia, cacio e pepe, matriciana … mi viene già fame.

Hai un angolo a cui sei molto affezionato?

Con il fatto che sono “scooter dotato”,  ci sono dei fazzoletti di Roma che mi piacciono vivere, ma tutto dipende dalle persone con cui le vivi. Quando posso vado a villa Borghese, al Gianicolo o in altri luoghi bellissimi di Roma. Ma io ho la fortuna di avere degli amici che abitano proprio in queste zone, quindi quando vado a trovarli mi trovo nei posti che amo e frequento.

Un paio di consigli alla sindaca Virginia Raggi?

Io Gianfranco sono molto rispettoso di chi fa. Penso che la sindaca Raggi al suo insediamento ha trovato una città totalmente martoriata. Per quello che si dice in giro, io ho massimo rispetto per chi parte da zero, magari dicendo che è inutile continuare a fare, facendo male. Cerchiamo di capire come dobbiamo fare per fare bene, quindi tagliare quello che è stato fatto male e non ha funzionato. Secondo me però non è un momento difficile soltanto per Roma, perché vedo che in giro per l’Europa ci sono città che non se la passano tanto bene. Tutto il mondo è paese, a meno che tu non vada in Lussemburgo o in Svezia, dove hanno fatto delle politiche  all’avanguardia  e ora ne godono i frutti. Noi per godere  di politiche sane, ancora dobbiamo lavorare. Milano per esempio, è una città meravigliosa, ma ci hanno lavorato tantissimo per renderla tale. Quindi per Roma non possiamo inventarci niente e non mi sentirei di consigliare niente alla Raggi, anche perché non sono la persona giusta.